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Autore: Carla Volturi    11/06/2012    13 recensioni
Hans, giovane soldato nazista, ricorda il suo amore per Giulia, diciottenne italiana, morta sotto il colpo della sua pistola.
RACCONTO SCRITTO PER POTER PARTECIPARE AL CONTEST DI TALISMAA "A SPASSO NEL TEMPO"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa OS per partecipare al contest di Talismaa "A spasso nel tempo". Mi sono classificata 7/12.
Piccola trama: Hans, giovane soldato nazista, ricorda il suo amore per Giulia, diciottenne italiana, morta sotto il colpo della sua pistola.


                          
 

Giulia, ovvero il senso di colpa


Le ho fatto del male, lo so, ed è questo che conta. Di solito non mi soffermo a pensare sulle mie azioni. Forse tale peculiarità del mio carattere mi permette di essere freddo e calcolatore.
In fondo dovrei averne di rimorsi per tutto ciò che ho commesso, ma nulla...
Breve è stata la mia vita, troppo breve per aver un solo ed unico pensiero: lei, il senso di colpa. Il suo omicidio.
Un'estate calda quella del 1945, calda e colma di speranze. C’era chi cantava, chi sorrideva, chi piangeva il passato, chi raccattava i resti di una vita. Chi, semplicemente, iniziava a ricordare la guerra e a non sentirsi più parte di essa.
Giulia avrebbe fatto la stessa cosa.
Chissà… forse sarebbe corsa nel prato di margherite che tanto amava. Che poi di fiori non ve ne erano più in quel lotto di terra, tutti andati a fuoco a causa delle bombe. Ma a Giulia poco importava. Le margherite bianche, puntellate dalla rugiada, le immaginava nella sua mente fantasiosa. Le sfiorava con le dita delle mani, che prontamente portava sotto le narici per annusarne l’odore. Sì, Giulia avrebbe fatto questo. Giulia avrebbe compiuto diciannove anni. Forse Giulia mi avrebbe chiesto di sposarla o magari me l’avrebbe fatto capire. Ed io avrei assecondato la sua richiesta, perché ci tenevo a lei, tanto. E poi, detto tra noi, in Italia non si stava poi così male. E Giulia viveva in un piccolo paesino di campagna al Sud, ove il sole splendeva e il limoncello sgorgava come acqua cristallina di fonte.
In guerra tutti sono nemici, pochi tuoi alleati. Tra questi i nazisti del tuo reggimento, con i quali condividi ogni cosa, compreso un misero pezzo di pane.  Tuttavia quella profonda solidarietà, vista nel pieno della battaglia, sparì nel cuore di un villaggio. Celebre fu l’egoismo e l’ingordigia dei miei superiori. Tutti alla ricerca di beni preziosi, molti dei quali in carne ed ossa. Il bene non esiste sempre ed ovunque, eppure Giulia continuava a crederci nei suoi sani ideali. E poco le importava che io fossi “dall’altra sponda”, come affermava lei. Diceva che non avevo scelto io da che parte stare.
Giulia e i capelli neri come il piombo. Giulia e gli occhi a mandorla. Giulia e il suo abitino rosa. Giulia e il sangue.
Sono partito volontario. Primo incarico il fronte, naturalmente. La svastica sul braccio, la pistola tra le mani e i capelli biondi ben pettinati e nascosti dal mio cappello. Lanciai delle granate. Uccisi a sangue freddo. Unico obiettivo: comportarmi da nazista. Non avere dubbi.
Un villaggio italiano piccolo, deserto e disabitato. Ma lei era lì con la sua famiglia, con i pochi rimasti. Cinquanta persone in tutto. Volevano la vita, la loro. Ci offrirono cibi, bevande e una giovane fanciulla, con cui trascorrere delle ore in allegria. Preferii, quella notte, starmene seduto su un masso a fissare le stelle. Le contai e sperai che tra quelle non vi fossero i miei due fratelli minori. Vent’anni appena loro e il folle gesto di seguire l’esempio del fratello maggiore. Io.
Giulia non aveva paura di me. Doveva, ma non le fece nulla il fucile puntato all’addome. Sapeva che era un morto che camminava tra le case fatiscenti. Rimasi in quel paese per tre settimane, il tempo di recuperare delle armi, con cui battermi durante gli ultimi giorni di guerra. Il tempo di veder guarire alcuni miei commilitoni. Il tempo di innamorarmi di Giulia, che sorridente cantava tra le sue margherite immaginarie. Dicevano che fosse una sciocca. Dicevo io che si godeva quel po’ che le era rimasto. Molte volte le baciai le labbra, calde, morbide, carnose. Le labbra di Giulia. Non mi spinsi oltre, perché tutto ciò che adoravo era accarezzare la pelle delle sue mani. Era così spensierata Giulia, così viva nonostante la guerra. Giulia la traditrice, alleata con lo straniero invasore. Due volte la salvai dalle angherie dei suoi concittadini. Nel piccolo paese di campagna mal sopportavano chi si piegava alla volontà nemica. Ma Giulia era altro da questo. Era una ragazzina, accecata dal suo primo amore.
Quel pomeriggio durò un' eternità. Dura tutt’oggi ancora tanto. Se fisso il muro della cella in cui mi trovo riesco ad immaginare tranquillamente i cinquanta abitanti disposti in ordine d’altezza, con tanto di spalle incastonate nella pietra. I fucili carichi di pallottole. Il terrore negli occhi di una donna, il pianto di un anziano. E il sorriso di Giulia. Cinquanta facce divennero mille e tra quei mille vi era lei, la giovane delle margherite.
Chiesi il perché di quell’ultimo reato. Non mi sono mai pentito come quel giorno di essermi arruolato. La guerra era terminata ormai, a cosa serviva uccidere ancora? Ma la mente dell’uomo non si controlla, soprattutto quando si tratta di compiere del male. Non c’è nulla da fare, si prova gusto ad esser malvagi. Le unghie spezzate e le mani mie piene di sangue. Mi ribellai e fui ripagato: “Uccidi tu, soldato Hans”.
Giulia non aveva paura di me. Doveva ma non le fece nulla il fucile puntato all’addome. Sapeva che era un morto che camminava tra le case fatiscenti”.
L’ammazzai con un solo colpo alla testa. Il viso ancora sorridente. Preferii ucciderla io, che vederla nelle mani degli altri. Preferii ucciderla io per non assistere ad altro. Mi salutò facendomi cenno con la mano. Ricambiai il suo addio scavandole una fossa. Una margherita solo per lei. E il vento la portò lontano. L’illusione di averla salvata con la morte. La consapevolezza di esser morto io quel giorno. Lei che viaggia viva in un altro mondo.
Tre mesi ed una denuncia, la mia. Le azioni hanno delle conseguenze. I crimini si pagano.
La cella in cui alloggio da un mese è piccola, forse troppo grande per me. Una finestra con le sbarre. Numeri romani incisi nella pietra. Una richiesta d’aiuto. Un materasso sporco. Un plotone d’esecuzione schierato. Nemici contro nemici. Ma questa volta non sono io a decidere della vita altrui. Il mio tempo è finito. Il mio tempo vola via come le margherite di Giulia.
Se non mi uccidono loro, lo farò io.
I crimini si pagano.
  
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