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Autore: abbey    11/06/2012    1 recensioni
Per te,che sei il fiore più bello in questo prato troppo poco verde.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Liz! Vieni qui un attimo,ho bisogno!» urlai alla mia amica che stava comodamente stravaccata sul divano a leggere quel libro che la impegnava da giorni – ormai – e da cui non voleva proprio sapere di staccarsi. Era poi una storia orribile di stragi familiari e ammazzamenti vari,avevo paura che mi diventasse un’assassina in certi momenti.
La sentii sciabattere fino al bagno e poi la vidi fare capolino dalla porta in rovere che avevo lasciato semiaperta per non collassare dal caldo. Subito non riuscii a decifrare l’espressione sul suo viso,sembrava una specie di capra sul punto di essere investita ma poi ci fu quel lampo nei suoi occhi che mi disse “wow”.
«Debs,sei stupenda! Vedi che ho ragione io? Guarda quanto sei bella con i capelli messi in quel modo!» in realtà “messi in quel modo” significava “lisci e sciolti”. «Joseph rimarrà a bocca aperta appena ti vedrà!» e così dicendo si dissolse.
Non ne ero poi così sicura. Erano mesi che non ci vedevamo e tutti sanno com’è fatto,lui.
Sempre dietro alle ragazze,troppo impegnato a bere e senza mai un attimo serio da dedicare alle cose veramente importanti. Ultimamente aveva chiamato poco,quando ci sentivamo diceva che aveva sempre qualcosa da fare oppure che era troppo stanco per stare a parlare. Mi sentivo terribilmente male in certi momenti e pensavo che proprio non ce l’avremmo fatta ma poi mi mandava foto di lui davanti a qualcosa che gli ricordava certe nostre esperienze e allora mi dicevo che tutto sarebbe andato bene perché lui era così,libero e concreto allo stesso tempo. Era il migliore e il peggiore allo stesso tempo.
«DEBS! Ti sbrighi? E’ già giù che ti aspetta!» la voce irritante della mia amica mi giunse veloce e secca. Cosa? Era in netto anticipo e Joseph Jonas non è mai in anticipo,nemmeno se lo preghi in turco-arabo-greco-cinese. Un ultima piccolissima sistemata e cercai di correre giù per le scale senza disfarmi le gambe con quei trampoli che avevo indossato per la prima ed unica volta nella mia vita e barcollando sugli ultimi gradini rischiando una caduta degna di un premio piuttosto importante mi ritrovai davanti al portone dietro al quale si nascondeva il mio ragazzo – o meglio,speravo lo fosse ancora. Ebbi un po’ di problemi con la serratura che proprio non ne voleva sapere di aiutarmi – come sempre,del resto – così dovetti faticare parecchio prima di riuscire a spalancare completamente quel portone che odiavo con tutta me stessa e vedere la sua figura stagliarsi contro le luci secche e gialle dei lampioni circostanti.
Eh sì,era proprio lui il ragazzo di cui mi ero innamorata e che a volte proprio non sopportavo.
Era lui che avevo scorto su quel palco troppo piccolo quel giorno di primavera di tre anni prima. Era lui che con la sua risata aveva ucciso le mie paure,messo i cerotti sul mio cuore e nella mia testa. Era lui che amavo tanto – ma proprio tanto tanto – ed era grazie a quell’idiota che ero felice,tanto da sorridere fino a farmi venire male alla faccia.
Continuava a fissarmi con quel luccichio negli occhi che non perdeva nemmeno quando stava male senza dire assolutamente niente.
«Hey americano,ti hanno mangiato la lingua?» lo vidi aprirsi in un piccolo sorrisetto lucente prima di tornare a guardare i miei occhi e avvicinarsi sempre di più.
«Certo che se ti metti i tacchi mi fai sentire davvero l’ottavo nano di Biancaneve!» scoppiai a ridere incapace di controllare qualsiasi reazione perchè ero davvero un gigante in confronto a lui che a malapena arrivava al mio mento. E io che mi lamentavo di essere bassa!
Nonostante mi sentissi molto padrona del mondo da quell’altezza decisamente vertiginosa (Liz aveva insistito parecchio per farmeli mettere esordendo con «così dopo la pianti di dirmi che sono più alta e la smetti di rompermi le palle.» sempre fine,lei) decisi di togliermi le scarpe e far sfiorare i nostri nasi prima che il calore del suo viso invadesse il mio.
«Mi eri proprio mancata,sai?»
«Davvero? Non l’avrei mai detto.» sì,avevo deciso di farlo sentire un po’ in colpa perché se lo meritava davvero,come ogni volta.
«Debs,lo sai che sono stato molto impegnato,troppo.»
«Sei sempre troppo impegnato per fare qualsiasi cosa,persino stare con la tua famiglia.Io ti capisco ma la vita non si vive solo cantando su palchi immensi davanti a migliaia di persone e ragazzine con gli ormoni a palla,andando in giro per locali,distruggersi lo stomaco bevendo schifezze e scappando dalla vita reale,Joseph,e speravo che a ventidue anni ne fossi consapevole ma a volte sembri dimenticartene e sembri dimenticarti anche di cose che per te ci sono sempre state.»
abbassò la testa guardandosi la punta delle scarpe rovinatissime – dovevo ricordarmi di lavarle – senza il minimo coraggio di alzarla e puntare quelle iridi color cioccolato su di me.
«Mi dispiace.» lo abbracciai e gli diedi un bacio sul collo.
«Sono uno stupido,lo so,e di cose giuste ne faccio davvero poche ma quando dico che ti amo non mento,sono davvero serio e voglio davvero vivere con te e renderti felice.»
«Lo so,Joe,cosa credi? Se pensassi che sei un bugiardo non starei con te ma invece sono qui e mi sono anche messa in ghingheri per farti un piacere quindi adesso mi porti in un bel ristorante di lusso,con i camerieri eleganti,la musica,le candele e tutto il resto!»
«Stasera sei davvero meravigliosa,più di quanto tu lo sia sempre,ma tanto domani mi sveglierò e ti troverò già con quel cerchietto rosso che hai sempre in testa!»
«Hey,che cos’hai contro di lui? Si è anche rotto e tu non eri presente in quel momento così triste.» sghignazzò e mi strinse ancora di più contro il suo corpo muscoloso.
«Domani andiamo a comprarne un altro,va bene? E ti prometto che non gli succederà niente.» malato mentale. Era solo un malato mentale che assecondava le mie cavolate.
«Così va meglio.»
«Cosa faresti senza di me?»
«Sei solo un montato schifoso!»
«Però mi ami.»
«Sì,è vero.» mi prese per mano e ci incamminammo verso l’unico fast food aperto a quell’ora che non era di certo un luogo di lusso ma con lui tutto il mondo era il paradiso.
  
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