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Autore: Momoko The Butterfly    12/06/2012    3 recensioni
All’inizio, non avrebbe pensato che una semplice donna umana potesse scatenare in lui tanti affanni e cambiamenti, che gli facesse provare delle vere emozioni; le stesse che lui repelleva con tanto disgusto perché ritenute deboli e inutili.
Però, dopo averla conosciuta, qualcosa di lei lo aveva scosso. Era il suo sorriso, i suoi modi cordiali, la sua sincerità o i suoi occhi smeraldini illuminati dalla passione? Forse tutto, forse niente. Ma probabilmente Clara gli aveva solo ricordato i piaceri dell’essere umano, che lui aveva da tempo – forse volutamente – dimenticato.

La mia prima fanfiction, enjoy ♥
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Nuovo personaggio, Tyki Mikk, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
Il Conte trama qualcosa di losco per impossessarsi dell’anima di Miss Evans. 
E, mentre la giovane trascorrerà con Tyki una piacevole giornata, la notte la lascerà con l’amaro in bocca.

 
 
Road rientrò in casa, correndo allegra verso il padre, che stava salendo le lunghe scale centrali della villa, sorprendendolo alle spalle e circondandogli i fianchi con le braccia.
- Dove siete stati? - chiese, mentre lo vedeva voltarsi verso di lei e prenderla in braccio.
- A far visita a Miss Evans - rispose amorevolmente Cheryl, riprendendo a salire le scale, con la moglie affianco.
- E' stato divertente? - domandò nuovamente Road, falsando la voce e rendendola più acuta del normale.
- Moltissimo! - fece sorridendo il padre.
A quel punto la giovane aggrottò le sopracciglia.
- E allora perché Tyki era mogio?
- Non è stato divertente per tutti - fece Cheryl per tutta risposta, alzando l'indice per aria con fare saccente. Poi, voltandosi verso la moglie, le disse - Trisha, tu va' pure avanti, io vado a mettere a dormire la piccola.
La donna sorrise e fece, dando il bacetto della buonanotte alla figlia:
- Va bene caro, buonanotte.
- Buonanotte - dissero padre e figlia.
Quando Trisha fu sparita oltre la porta in cima alle scale, Road assunse all’improvviso un tono molto più maturo, e i suoi modi dolci e zuccherini sparirono; o almeno, quasi del tutto.
- Neh, papà… Che ha fatto Tyki? – chiese abbracciandolo.
- Credo che non si sia ancora ripreso del tutto, sai? – rispose Cheryl sospirando.
Il tono che aveva assunto improvvisamente la conversazione, non era per niente paragonabile a qualcosa di famigliare. In quel momento i due non parlavano come padre e figlia, ma come la Noah del Sogno e il Noah del Desiderio…
- Oggi si è sentito male? – tornò a domandare Road, stampando un sonoro bacione sulla guancia destra del padre, che diventò rosso come un pomodoro.
- O-Oggi no… Ma penso che la notte non riesca a dormire, povero fratellino – balbettò con un sorriso non poco malizioso in volto.
Road rimase in silenzio.
- Però, il Conte ha detto che a causa di ciò, il suo Noah si è risvegliato! – aggiunse il quarto apostolo.
E ancora una volta la giovane non fiatò, rimanendo pensosa.
Si, si era risvegliato, ma a quale prezzo?
Lei ricordava distintamente la paura provata nell’attimo in cui aveva temuto di perdere un componente importante della propria famiglia. L’avversione verso Allen Walker, conseguenza di ciò, erano quasi innaturali, per lei. Lei che sembrava giocare invece che combattere,  per una volta aveva sentito di non stare partecipando a un gioco, ma alla realtà; così… diversa dai suoi sogni… Che le dava persino fastidio.
 
Ma non disse nulla al padre, con il quale salì in silenzio le scale, fino a sparire completamente nel corridoio buio.
 

Tyki camminava lungo un vialetto di campagna, le mani in tasca e l’aria assorta. Teneva lo sguardo dritto di fronte a sé, con la tuba in testa e la lunga coda che dondolava al ritmo dei suoi passi sulla sua schiena.
Arrivò fino al limitare della campagna, dove vide cominciare un piccolo boschetto. Vi si addentrò, e dopo aver passeggiato per qualche minuto al suo interno, vide sbucare davanti a sé una porta.
Era completamente nera e tonda, più simile alla superficie increspata di una grigia pozzanghera; l’Arca. Quella nuova, s’intende.
Dall’interno della porta, emerse piano una figura panciuta e ingombrante, avvolta in un cappotto color crema che ne risaltava le forme tondeggianti. Portava una tuba anche lui, solo, molto più stravagante e decorata con vistosi fiorellini colorati; ben calcate sul naso, un paio di lenti tonde che nascondevano i suoi piccoli occhi dorati.
Ma il tratto di lui più caratteristico, era il sorriso; una bocca lunga e larga che si apriva in una perenne smorfia felice, che non spariva mai nemmeno con la peggiore delle disgrazie. Era, in altre poche parole, il Conte del Millennio. E già il suo nome parlava da solo, senza che il primo Noah dovesse necessariamente aprire bocca per presentarsi.
Si avvicinò a Tyki e gli diede una sonora pacca sulla spalla, ridacchiando contento. Poi tirò fuori un fazzoletto da una manica del cappotto e si pulì il naso, tirando su molto rumorosamente.
- State bene, Lord? – domandò il Noah del Piacere con falso interesse.
Il Conte non rispose. Cominciò a inspirare profondamente, trattenendo poi il respiro. Si portò le mani paffute e il fazzoletto al volto, e dopo interminabili attimi di attesa, esplose con un violento:
- ETCIUUUUUU’ ♥!!!!
Tyki si scansò alla velocità della luce con un salto all’indietro, evitando per un pelo di beccarsi in faccia muco e germi.
- Lord, avverta quando sta per starnutire! – lo rimbeccò.
- Scusa, Tyki-pon – biascicò il Conte, soffiandosi il naso – Temo di aver preso il raffreddore, sigh ♥.
A guardarlo bene, sembrava proprio uno straccio, e il portoghese si stupì. ‘L’uomo’ che avrebbe dovuto far sprofondare il mondo nella distruzione, il creatore degli Akuma, nonché primo apostolo dei Noah… che veniva messo K.O da una banale influenza.
Ma nonostante tutto, quello non era proprio il momento adatto per simili problemi…
- Allora, Conte – fece Tyki, cambiando argomento – Qual è il mio obbiettivo questa volta?
Il Conte ridacchio vistosamente.
- Oh oh oh… Nessuno! ♥ – esclamò infine.
- Come? - esclamò il Noah sgranando gli occhi.
- Non c'è nessuno da uccidere, Tyki-pon ♥ - ripeté più chiaramente il primo apostolo.
Tyki allora disse, spazientito:
- E allora per cosa mi avete chiamato, Lord?
Il Conte rise un'altra volta.
- Eh eh, vorrei che mi raccontassi di oggi ♥ - rispose gioioso.
A quella risposta, il Noah del Piacere per poco non gli gridò addosso, irato. Da quando era diventato la sua segretaria?!
Da un po’ di tempo le missioni che gli venivano affidate non comprendevano più la caccia agli esorcisti, o la ricerca del Cuore; anzi, a dirla tutta, era da un bel po’ che non andava in missione.
Probabilmente il Lord aveva qualcosa in programma, ma perché cancellare completamente ogni altro compito che, seppur meno importante, costituiva una parte fondamentale del loro piano?
Tyki tirò un grosso sospiro di rassegnazione, misto alla volontà di non voler sfogarsi sul suo capo.
In fondo, lamentarsi non sarebbe servito a molto… Se il copione del Conte era quello, i Noah avevano l’obbligo di seguirlo, benché non ne fossero pienamente a conoscenza. Eppure, il desiderio di poterlo leggere, era molto vivo nelle menti di ognuno, soprattutto in quella del terzo apostolo.
 
- A-ehm… - iniziò a parlare quest’ultimo, incerto e ancora scosso per l’amara scoperta – Be’, è stato abbastanza noioso…
Il Conte rise ancora, come se si fosse espresso male.
- Oh oh oh, non quello, Tyki-pon! ♥ – esclamò infatti, soffiandosi il naso.
E questa volta, Tyki fu sull’orlo di esplodere. Non gli piaceva mettersi in imbarazzo, neanche davanti al Conte. Ma forse ciò che gli dava più fastidio era quando qualcuno gli faceva notare i suoi errori o la sua ignoranza.
Ora non sapeva davvero che dire… Non era adatto a quel genere di ‘compiti’.
Fortunatamente, il Lord del Millennio sollevò da lui ogni dubbio. Dopo che ebbe riso di gusto per qualche minuto, si fermò a riprendere fiato, spiegandosi poi meglio.
- Volevo sapere solo se è possibile che Miss Evans diventi un Akuma e quanto tempo ci vorrebbe per far si che ciò avvenga ♥ - disse alzando le spalle e col solito sorriso a trentadue denti in volto.
- Ah… - mormorò il Noah leggermente in imbarazzo. Però, se c’era una cosa che gli riusciva bene, era quella di fare una ottima poker face che nascondeva la sua reale espressione senza che nessuno potesse notarla. Si schiarì la voce e iniziò a parlare, cercando di riferire i fatti accaduti nella maniera migliore possibile.
- Miss Evans è una donna molto difficile. Ma probabilmente farla diventare un Akuma non sarà impossibile.
Il Conte fece una piroetta agitando Lero – il suo golem a forma di ombrello – per aria, allegro. Poi si fermò e chiese ancora, piacevolmente sollevato della risposta appena ricevuta:
- E il caro signor Evans? ♥
Tyki rimase impassibile alla sua reazione, e rispose anche a quella domanda.
- Le sue condizioni non migliorano; tuttavia, non stanno nemmeno peggiorando. Continuando così, la cosa andrà per le lunghe.
Sebbene il primo apostolo inizialmente sembrasse felice di quella notizia, col finire della frase da parte del terzo apostolo s’intristì. Le lunghe orecchie a punta sembrarono persino abbassarsi, sconfortate.
- Oh… - biascicò.
Passarono diversi attimi di silenzio.
A Tyki non importava poi molto delle condizioni di salute di quell’uomo, né delle emozioni della figlia. In verità, tutta quella faccenda gli era completamente estranea. Già era difficile far buon viso a cattivo gioco durante i balli di gala e le feste – molto numerose nella sua famiglia - ; e se poi doveva persino lavorarsi persone di tale rango, la faccenda si faceva ancora più seccante del normale. Era Cheryl quello più adatto, non lui! Avrebbe preferito di gran lunga dare la caccia a un Esorcista che sorridere come uno qualsiasi a quella gente.
Ma il Conte parve non farci molto caso, perché nel giro di un secondo le sue orecchie si drizzarono, il viso s’illuminò e i suoi occhialetti tondi risplendettero nell’oscurità, allegri e maligni al tempo stesso. Perché se c’era una cosa che di lui era sì risaputa, ma anche temuta, era proprio quel suo atteggiamento falso, contraddittorio: a volte appariva gioioso, altre volte pervaso dalla pura malvagità; e tutto senza mai perdere quell’ambiguo sorriso.
E con quella diabolicità nel tono di voce, esclamò, dirigendosi verso il gate dell’arca e immergendovisi:
- Allora, Tyki-pon, farai in modo di accorciarle! ♥
 

Clara Evans salì una grande rampa di scale in legno, su cui facevano la loro bella figura un tappeto rosso sgargiante e un corrimano finemente intagliato. Attraversò un lungo corridoio tappezzato di grossi quadri alle pareti, raffiguranti onirici paesaggi e personaggi famosi, e abbellito da eleganti vasi bianchi pieni di fiori profumati e ben curati.
Vi arrivò fino in fondo, con passi lenti, fermandosi infine di fronte ad una pesante porta di legno dalla maniglia d’oro; era chiusa.
Bussò timidamente un paio di volte, aspettò qualche secondo, e infine afferrò la preziosa maniglia e la girò, entrando piano nella stanza che stava oltre.
Richiuse la porta alle sue spalle.
Si ritrovò in una camera da letto, dai toni caldi e rilassanti e da lunghe e pesanti tende color rosso granata alle finestre.
Al centro della stanza era presente un elegante letto a baldacchino dalle cortine dorate, tutte chiuse. Un soffice tappeto decorato da tanti ghirigori geometrici ricopriva tutto il pavimento, attutendo il rumore dei passi della donna che si avvicinava con cautela ad una sedia ai bordi del letto.
Vi si sedette sopra e, senza far rumore, scostò le cortine.
La luce flebile della candela poggiata sul comodino, che a malapena illuminava la stanza, tracciò i contorni di una mano vecchia e raggrinzita; e assieme ad essa, il tremolante contorno poco definito di un vecchio, la cui voce, debole e sussurrata, arrivò alle orecchie della giovane come una gentile carezza.
- Clara… Sei tu?
Questa afferrò la mano con delicatezza, stringendola con le proprie, giovani e candide.
- Sì, padre – disse, con un sorriso premuroso in volto.
Nonostante l’oscurità della stanza non permettesse alla figlia di vedere il volto del padre, questo abbozzò un sorriso contento e si abbandonò ad un lieto: “Ohh…”
- Come sono… contento di vederti… - mormorò con voce roca ma felice.
Tuttavia, la giovane assunse un tono piuttosto preoccupato, con il quale disse:
 - Padre, c’è una cosa di cui devo parlarvi.
- Che cosa c’è… piccola mia? – domandò la voce dal buio.
Dopo qualche attimo di esitazione, Clara parlò, un po’ titubante.
- Ecco, oggi sono venuti alla mia villa Lord Kamelot e Lord Mikk… Chiedevano di voi, e di me.
Il tono della voce, prima contento, s’incrinò; divenne preoccupato anche lui. Strinse maggiormente la sua mano attorno a quelle della figlia.
- E tu cosa… hai detto loro? – domandò, ansioso si sapere la risposta. E questa arrivò veloce e rapida, concisa, quasi a rassicurare l’uomo:
- Il meno possibile.
E dopo ciò, il signor Evans parve sollevato.
- Oh, bene… - mormorò.
Allentò la presa della propria mano, lasciandola immobile sulle lussuose coperte rossastre.
- Ricorda, - cominciò a dire, con voce piena di coraggio – non lasciarti mai abbattere… Se anche dovessi morire... tu dovrai continuare a vivere… per me, per tua madre…
Clara annuiva ad ogni parola, ascoltandolo con attenzione.
- Quei Lord… sono come degli angeli della morte… tesoro. Non fidarti mai… né di loro… né del Conte del Millennio. Soprattutto di lui.
Aumentò il tono di voce, facendolo diventare pieno d’odio e rabbia.
- Sono solo delle disgrazie!
Arrivato al culmine della frase, si abbandonò ad una pesante tosse secca, che gli smorzò ogni respiro in gola. Cominciò a tossire, e a tossire, tant’è che per qualche attimo smise persino di respirare.
Clara si avvicinò a lui, allarmata, porgendogli un bicchiere d’acqua preso dal comodino.
- Padre! – esclamò, aiutandolo a smettere e porgendogli l’acqua con tempestività – Non sforzatevi troppo!
Il signor Evans inspirò profondamente, recuperando il fiato perduto. Sembrava che quell’improvviso colpo di tosse gli avesse strappato via un po’ più vita di quanta gliene avesse già portata via.
- Sto bene… Non preoccuparti per me… - mormorò con voce più roca del normale.
Clara tirò un lieve sospiro di sollievo, nel vedere che l’uomo stava bene. Non si era però accorta di avere gli occhi lucidi come due perle di vetro. Il timore che ogni momento col padre potesse essere l’ultimo, la divorava nell’anima. Tuttavia, cercava sempre di apparire forte, per adempiere alla promessa fattagli molto tempo prima.
“Non abbandonarti mai al dolore”le aveva detto una sera. E lei da quel momento aveva portato quell’insegnamento sempre vivo nel proprio cuore.
 
- Padre – tornò a chiamarlo ancora, esitante – Io… penso che Lord Mikk non sia una disgrazia. Non mi è sembrato così al ballo, e nemmeno oggi pomeriggio. Credo che sia una perso-
- Clara – la interruppe il padre, serio – Non farti… trarre in inganno… La loro è solo… una maschera…
La giovane abbassò lo sguardo.
Sarà stata anche la maschera più convincente del mondo, la sua, ma lei aveva visto qualcosa; che fosse il suo sguardo, i suoi movimenti o atteggiamenti, ma… Le era parso di intravedere, anche se ben celato in profondità, un barlume di… umanità e sincerità.
Qualcosa le diceva che, in un angolo remoto della sua anima, quando lui sorrideva – al di là di qualsiasi banale recita atta a guadagnare consensi - , c’era della verità; quella pura e vera.
E nonostante il padre non fosse d’accordo, lei non poteva e non voleva negare al suo cuore di battere come un tamburello impazzito ogni qualvolta si trovava assieme a Lord Mikk.
 
Eppure, dopo quel pensiero dolce di disaccordo, Clara si ritrovò a dire, con un velo di sconforto nella voce:
- Sì, avete ragione.
Non voleva deludere suo padre, non adesso che il tempo che gli era concesso di vederlo era poco. Voleva che ogni momento fosse bello, speciale, senza le macchie di una discussione a rovinarlo.
- Bene… - mormorò questo, sollevato.
A quel punto Clara si alzò dalla sedia, sporgendosi in avanti, verso il viso del padre. Gli posò un delicato e affettuoso bacio sulla guancia e allontanandosi verso la porta sussurrò:
- Buonanotte, padre.
- Buonanotte… piccola stella… - si sentì rispondere dalla stanza buia ormai alle sue spalle.
 

 Il giorno dopo, il sole era più alto che mai, svettando sopra al cielo azzurro e terso. La luce si posava con grazia sulle colline, facendo brillare ogni filo d’erba come fosse stato d’oro.
Da una porta secondaria dell’antica villa intonacata di bianco, uscì Clara Evans, passata attraverso una porta secondaria posta sul retro.
Indossava un elegante eppure sobrio abito verde prato, con un cappello color crema dalla tesa molto larga decorato da un altrettanto elegante nastro lilla terminante con un vistoso fiocco penzolante.
Arrivò camminando fino al tavolino bianco sotto il grande albero frondoso che gli cresceva vicino, per poi prendere posto su una delle due sedie candide; attese, con le gambe accavallate e le mani posate con divina grazia sulle ginocchia coperte dal vestito.
Non passò molto che, dalla collinetta di fronte a lei, vide sbucare il proprio maggiordomo George, seguito da Tyki Mikk.
Come vide il lord, la giovane non poté fare a meno di trattenere un piccolo sorriso felice e timido, nel vedere che indossava un frac nero e una camicia bianca corredata di cravatta ben annodata al collo. I suoi lunghi capelli mossi erano raccolti in una coda scomposta alle sue spalle. E Clara in quel momento pensò che, vestito così, stava davvero bene…
Si alzò, e raggiunse i due uomini, congedando con la solita gentilezza il maggiordomo e salutando Tyki con un accennato inchino.
Lui le prese la mano e la baciò con delicatezza.
- Madame – disse, cordiale, con un sorriso – E’ un piacere rivedervi.
Clara arrossì. E non poté fare a meno di constatare quanto pensato la sera prima: c’era un fondo di verità nei suoi occhi, in quel momento neri e brillanti come pietre di onice. Era così contenta di averlo rivisto.
Ovviamente, Tyki non la pensava allo stesso modo. Per lui, quell’incontro era una scocciatura bella e buona! Ma nonostante tutto, era sollevato dal fatto di essere solo, e non in compagnia del suo ambiguo fratello.
 
I due tornarono verso il tavolino e vi si sedettero, in silenzio. Puntualmente, comparve dal nulla una cameriera che servì loro del thè, sparendo poi nello stesso modo con cui era venuta.
Clara sorseggiò tranquillamente dalla sua tazza, mentre Tyki non toccò minimamente la sua.
- Non è di vostro gradimento? – osservò la giovane indicando la bevanda dell’ospite. Questo sorrise e rispose:
- Oh, scusate. Non sono un grande amante del thè.
- Ma questo… sono sicura che vi piacerà – replicò Clara, fermamente convinta.
Tyki non capì.
- Ho fatto spedire l’infuso direttamente dal Portogallo – continuò a spiegare la donna.
Sapeva che il Noah era Portoghese, e per fargli una gentilezza aveva provveduto personalmente a farsi esportare  il thè direttamente dalla sua patria.
A Tyki, il fatto che venissero dalla propria terra natale, non importava poi molto. Non riusciva a capire bene perché lo avesse fatto, ma non aveva intenzione alcuna di apparire scortese, altrimenti avrebbe mandato a monte la missione.
Con un po’ di esitazione, sollevò delicatamente la tazzina stringendola con l’indice e il pollice, e sollevando il mignolo, come si conveniva ad un Lord del suo rango.
Eppure, quando sorseggiò timidamente la bevanda, non ne fu disgustato, anzi. Era dolce, seppur mantenesse quel suo tipico retrogusto amaro. E assieme a ciò al Noah parve di sentire persino l’aroma di ‘casa’, ricordandosi del suo paese e della sua infanzia. Ciò lo lasciò piacevolmente soddisfatto e sorpreso perché, senza accorgersene, aveva mutato l’espressione seria che solitamente aveva in un piccolo sorriso confortato.
Clara se ne accorse, e si compiacque.
In fondo, quella donna non era malaccio, pensò Tyki. Ci teneva a mettere a suo agio i suoi ospiti, come fa una mamma con i suoi bambini.
Il Noah posò la tazzina, e con un altro sorriso, ammise:
- Ha ragione. E’ molto buono.
La giovane fece un largo sorriso; in quel momento le sue lentiggini brillarono sotto a un raggio di sole filtrato dalle fronde del grosso albero accanto a loro, quasi a volerne sottolineare la delicatezza e la bellezza. E Tyki se ne accorse perfettamente…
 
Sorseggiarono con calma il thè, finché non ebbero finito entrambi.
Posarono le tazzine sul tavolino, vuote; Clara si alzò, stirandosi ben bene il vestito davanti e dietro, per poi proporre, con un sorriso:
- Le va di fare due passi nel boschetto qui attorno?
Tyki si mise di fronte alla donna e, facendo un piccolo inchino, rispose:
- Certamente, Miss Evans.
 
La giovane faceva da guida al Noah, che la seguiva osservando la natura che lo circondava con apparente interesse.
C’era una gran quantità di alberi: tassi, pini, faggi, noccioli, querce…
E proprio davanti a una di esse si fermò la donna, carezzandone con la punta delle dita la ruvida corteccia solcata dal tempo.
Tyki si avvicinò all’albero, leggermente incuriosito. La sua persona era ricoperta di macchie di luce e di ombra filtrate dalle fronde degli alberi, sempre in movimento sotto la leggera spinta del vento.
- Quest’albero – disse Clara, con un velo di nostalgia nella voce – E’ stato uno dei primi ad essere piantato. Esisteva al tempo del padre di mio nonno, e da bambina ci giocavo spesso attorno.
Tyki ammirò la possanza della quercia, inarcando un sopracciglio mentre sollevava lo sguardo verso le fronde danzanti.
“Ma è solo un albero” pensò tra sé e sé.
- E’ davvero bella – rispose invece con un sorriso, come se mentire fosse la cosa più facile del mondo.
Clara sorrise. Successivamente indicò due radici sporgenti nel terreno, abbastanza alte e in una posizione tale da potercisi sedere sopra.
- Prego, Lord Mikk – lo invitò a sedersi la donna, cordiale, indicando una delle due radici.
Il Noah si avvicinò e ci si sedette, con un po’ di esitazione, scoprendo poi che era molto comodo.
Il canto degli uccelli sembrava quasi un suono inudibile, ma sempre presente, tanto si erano abituati ad ascoltarlo.
Sollevando la testa, Tyki vide in cima all’albero una grossa tana scavata nel tronco. All’improvviso, uno scintillio; e la folta e morbida pelliccia di uno scoiattolo Europeo risplendette alla tenue luce del sole. La bestiolina incrociò i suoi occhietti color nocciola con quelli neri e brillanti del portoghese per alcuni istanti, poi artigliò ben bene la corteccia dell’albero con le zampine e infine, con uno scatto repentino, sparì dentro la tana buia.
Il Noah del Piacere tornò a guardare di fronte a sé, perdendosi nell’orizzonte del bosco coperto di alberi.
Tutto sommato, era un bel posto; silenzioso, pieno di pace e tranquillo.
Voltò la testa nella direzione di Clara: aveva gli occhi chiusi in un espressione beata e la schiena poggiata contro il tronco, il respiro regolare e calmo. La imitò.
Come chiuse gli occhi, si sentì come trascinato da una forza misteriosa e invisibile, lontano dalla quercia, lontano dal bosco, lontano dal mondo. Per un attimo, dimenticò ogni cosa. Ricordò solo la piacevole sensazione di benessere che in quel momento provava.
Proprio allora, si sentì chiamare.
- Lord Mikk…
Aprì piano gli occhi e li voltò verso la direzione da cui proveniva la voce: era Clara, che lo osservava con quei suoi occhi verdi di diamanti.
- Vi piace? – domandò poi questa, con un sorriso sincero
- Molto – rispose Tyki, per la prima volta, senza pensare a cosa dovere dire; semplicemente, seguendo il proprio istinto. O forse, lo sguardo della giovane…
 
Il tempo passò velocemente, in quel piccolo boschetto verde e rigoglioso. E venne anche il tempo, per Tyki, di congedarsi.
Anche se un po’ gli dispiacque, dovette lo stesso alzarsi e ripercorrere la strada precedentemente fatta all’incontrario, tornando alla villa.
Davanti al cancello principale, tuttavia, lo attendeva la sua carrozza.
Salutò Clara, porgendole ulteriori ossequi, e si diresse verso la vettura.
 
Una volta entrato, però, ebbe una grossa sorpresa.
Qualcuno gli saltò addosso, gridando il suo nome con una vocetta femminile fin troppo famigliare.
- Tykiii!!
Il Noah del Piacere se la scrollò di dosso e, quando ebbe visto di chi si trattava, esclamò, sorpreso:
- Road!
La nipote sorrise, sedendosi a cavalcioni sulle gambe, con un sorrisetto malizioso in volto.
- Cosa ci fai qui? – domandò lo zio con aria perplessa, senza badare alle manine della Noah che lo stavano circondando in un affettuoso abbraccio. Road, per tutta risposta, ridacchiò divertita.
- E’ ora di far visita al signor Evans, Tyki – disse solo.
E quello bastò a far intendere al Noah del Piacere la loro prossima meta.
- E’ allora perché sei venuta anche tu? – continuò però a chiedere, non riuscendo davvero a capire il perché della sua presenza.
La bambina gonfiò le guance e aggrottò le sopracciglia.
- Ma come sarebbe a dire? Non dirmi che volevi divertirti solo tu! – esclamò capricciosa, agitando su e giù le gambe coperte da un paio di calze a strisce violette e bianche.
Ma Tyki disse, per nulla toccato dai comportamenti della nipote:
- Non c’è nulla di divertente.
Insomma, che piacere poteva esserci nel porre fine alla vita di un vecchio, malato e per giunta umano? Assolutamente nessuno.
Non avrebbe tratto nessuna soddisfazione particolare nel farlo. L’unica cosa che lo consolava era che, dopo settimane, il Conte aveva voluto affidargli una missione diversa dal solito e più movimentata delle altre.
Road non si scompose a quell’affermazione, benché la trovasse parecchio insolita da parte sua.
Si sporse fuori dal finestrino e disse, con un sorriso complice:
- Hey, Akuma.
Il cocchiere voltò la testa nella direzione della Noah.
- E’ ora – concluse questa, sparendo di nuovo all’interno della carrozza.
L’Akuma frenò i cavalli, e facendo loro invertire la direzione, disse, eloquente:
- Agli ordini, Noah-sama.
 

Era notte fonda.
Clara si trovava accanto al padre, che giaceva a letto in pessime condizioni.
La candela sul comodino era stata sostituita, ma a parte essa non sembravano esserci stati altri cambiamenti.
- Non c’è bisogno che ti attardi per me, cara – sussurrava l’anziano prendendo le mani della figlia.
- Ma non mi sento tranquilla a lasciarvi da solo, padre – ribatté però questa, scuotendo delicatamente la testa.
Il signor Evans sorrise.
- Starò bene, non devi preoccuparti – le disse, mentre le lasciava le mani e le augurava la buonanotte.
Clara fece altrettanto, alzandosi poi dalla sedia; andò fino alla porta, e mentre la chiudeva con cautela, sussurrò:
- Buonanotte…
 
Poi, il silenzio avvolse la stanza, ancora illuminata dalla piccola candela.
E nell’oscurità della stessa, contemporaneamente risplendettero due paia di occhi dorati da predatore. Con il loro avvicinarsi alla fonte di luce, rivelarono di appartenere a due figure. una era alta e vestita di nero, dai capelli mossi e un portamento paragonabile a quello di un nobile; l’altra era più bassa, vestita di pizzi e fiocchi, dai capelli scuri dalle sfumature bluastre.
Si avvicinarono senza fare il minimo rumore al letto, e si scambiarono un’occhiata complice, i loro sorrisi maligni che brillavano nel buio con la stessa intensità.
Poi, la figura più alta si fece avanti, dirigendosi verso il contorno dell’anziano uomo che dormiva placidamente del proprio letto. Si chinò su di lui e subito dopo dai suoi occhi parve stillare una malvagità pura, e un morboso piacere nel sapere che presto l’avrebbe ucciso. La sua bocca si contrasse in un insano sorriso mentre, nella propria mano, brillò qualcosa di uno strano colore violaceo. Comparvero due piccole ali, sopra alle quali svettava un simbolo somigliante a un cuore. L’esserino sbatté piano le ali e volò con inaspettata grazia sul petto dell’uomo, rivelando alla tenue luce della candela ciò che realmente era: una farfalla.
La figura in nero tese una mano verso la creaturina, e con la semplice pressione delle dita la fece affondare piano all’interno del corpo dell’anziano, che socchiuse piano gli occhi ed ebbe solo il tempo di mormorare qualcosa, con voce tremante.
- N… o… a… h…
La figura sorrise.
- Esatto – disse, mentre ritirava la mano e si alzava – Buonanotte, signor Evans…
E mentre l’anziano chiudeva gli occhi per sempre, la figura più alta andò incontro a quella più bassa, prendendola per mano. Questa rise sommessamente mentre, assieme al compagno, sparivano oltre il muro della stanza senza lasciare alcuna traccia.

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♣ Angolo di sclero di Momoko - Attenzione: non adatto ai deboli di cervello o a chi non vuole ridursi come l'autrice dopo aver scritto tale scemenza 

Momoko: Ed ecco postato il terzo capitolo! E' stato un po' un travaglio, ma alla fine ce l'ho fatta! Spero che vi piaccia^^
Tyki: *Appare dal nulla* Hey!
Momoko: *Si gira* Oh, Tyki-pon! Ciao!
Tyki: Io non ci lavoro più con te! Sei solo una pazza!
Momoko: *Fa la finta tonta* Coome? Daaaaiii, pensaci su. 
Tyki: NO!
Momoko(parte sadica): *Ride malignamente* Ah, no?
Tyki: *Lievemente preoccupato* No...!
Momoko: *Sventolando foto yaoi AllenxTyki* Allora credo che queste verranno rese pubbliche, sai? Muhahahah....
Tyki: °A°"....... *Si prostra* Oh, Momoko, Dea Suprema, ti prego di perdonare questo umile stolto!!!
Momoko: Muahahahahahah!!!!!!!!! Perdonato >:)

Poco dopo...

Momoko: *Mostrando le foto a Road e a Cheryl* E questa è l'ultima!
Road: *Facendo la capricciosa* Uffa! Anch'io voglio delle foto con Allen!
Cheryl: *Con fiotti di sangue che vengono giù dal naso* Oh, ma quella posa non s'è mai vista! Sei davvero un esperto, fratellino caro!! <3 <3 <3 <3 <3 *^* 
Tyki: °A°' ....


♥ Ultimi ringraziamenti 

Momoko: Allora, ringrazio ancora di tutto cuore Nuirene, Acquamaryne e Guchan per le recensioni fatte fino adesso^^ Vi voglio bene ragazze <3 <3 <3 <3 <3
Conte del Millennio: Oh oh oh, anch'io!!! <3 <3 <3 <3 <3

A presto,
Momoko!
   
 
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