La notte del 23 Febbraio
la città di Dubai è stata rasa al
suolo. La
città e l'intera regione sono
state distrutte in pochi minuti Nessuno riesce a spiegare la causa di
una
simile distruzione.
Cataclisma naturale? alieni?
Non è
rimasto in vita nessuno che
possa testimoniarlo. Nessuno è riuscito a riprendere niente,
tanto è stata
repentina l'esplosione.
E' esclusa l'ipotesi dell'attacco nucleare. Gli specialisti
non hanno trovato materiali fissili o radioattivi nella zona. La fonte
dell'emissione di tale energia è sconosciuta.
Il cratere del diametro di venticinque chilometri denuncia
una deflagrazione il
cui centro sarebbe
dovuto trovarsi approssimativamente nei pressi del Burj Dubai, l'ex
grattacielo
più alto del mondo, di cui ormai non rimane che cenere.
Ogni edificio è
stato
spazzato via dalla potentissima onda d'urto, nel raggio di cento
chilometri, e
la gente è stata incenerita in tutta l'area.
Più di quindici milioni di morti. Nessun sopravvissuto. Tutti quelli che hanno
assistito alla
catastrofe sono stati annientati. Gli abitanti delle città
circostanti hanno
visto un'intensissima luce abbagliante che ha reso giorno la notte.
I satelliti
continuano ad avere strane interferenze radio, e non hanno ripreso
nulla.
E intanto il mondo è impazzito.
In diverse metropoli ci sono stati episodi di
panico collettivo. Le autorità cercano di ristabilire l'ordine ma
inutilmente.
E
mentre le catastrofi colpivano il mondo intero, davanti a
tutta questa distruzione, quanto poteva significare la mia insulsa
esistenza?
Quanto potevano essere grandi i miei problemi?
Enormi.
Più giganteschi di quanto concezione umana potesse
immaginare...
I giorni passavano e tutte le volte che mi svegliavo
l'incubo continuava, sempre più diabolico, sempre
più tormentoso.
Mi misuravo di mattina, di pomeriggio, di sera. Notai che la
mia miniaturizzazione aveva
accelerato
il suo corso. Se
prima perdevo due o tre
centimetri al giorno, adesso
bastavano
addirittura poche ore, cinque
per la
precisione. Così
che ogni barlume di
speranza di poter ripristinare la mia vita si frantumava in pezzi
sempre più
piccoli.
Era Giovedì, e il cielo era coperto da densi nembi, neri
quanto il mio umore. Nel
giro di
diciotto ore da quando mi misurai, a mezzanotte, ero sceso
di
dieci centimetri, arrivando a misurare un metro e sessantacinque.
"Assurdo! Non misuravo così, dalla terza media".
Eppure
qualcosa dentro
di me mi forzava a mantenere la calma. Sapevo che tutto sarebbe
tornato come
prima, meglio di prima. Sapevo
che, come
sempre, Jack Parker l'avrebbe avuta vinta.
Se non fosse stato per questo preoccupante rimpicciolimento,
sarei stato più in forma che mai.
Il mio fisico era
divenuto realmente quello di un semidio greco, senza imperfezioni o
deformazioni, o gonfiori muscolari.
Quello che adesso era il mio corpo sembrava il frutto di
costanti cicli
di steroidi, nonostante conducessi uno stile di vita totalmente privo di limiti. Il sogno di ogni americano.
Fortunatamente nessuno riusciva a riconoscermi.
Tenendomi a debita distanza nessuno avrebbe potuto
dire che quell'ometto fosse Jack Parker.
Ormai anche la gente comune mi superava in altezza. Contavo
per strada quelli ancora più bassi: perlopiù
donne, vecchi o ragazzini.
Avevo rivelato la mia vera natura: un
frustrato nevrotico, ossessionato da sè stesso.
"Quindi è questo quello che sono realmente? Una mente debole, incapace di vivere senza un corpo forte? Forse è un bene che questa disgrazia mi abbia fatto rendere conto di questo..."
"Ehi, ma sei davvero tu?"
Una voce familiare interruppe i miei pensieri.
"Ma allora le voci erano vere. Ti
sei davvero trasformato in un manlet!"
Ci mancava solo questa. Nel mio attuale, confuso, instabile stato
d'animo,
l'improvvisa apparizione di Brad non mi sarebbe stata affatto salutare.
Dall'alto del suo metro e ottanta risicato mi squadrava
serio, ritrovandosi per la prima volta nella sua vita a dover abbassare lo
sguardo
per potermi guardare negli occhi. Scoppiò
in
una grassa risata.
I due tizi che s'era
portato dietro sghignazzarono con lui.
Io mi mantenei nella mia totale imperscrutabilità, cercando
di capire dove volessero andare a parare.
"Mi vedi strisciare?"
Brad mi girava attorno come uno squalo fa con la sua preda.
"...E nel seguito del mio
sogno, io ignoravo le tue preghiere
e ti pestavo a sangue. Ma
ormai devo
dire che ho ricevuto il mio contentino, ho avuto la mia vendetta.
Insomma, l'occasione della tua vita, quella di entrare nel
mondo del basket giovanile è andata in fumo. Sei alto quanto
mia nonna. L'intera
città ora ti ride dietro, assieme a
tutta la tua vecchia squadra di basket ovviamente,
tutti i tuoi amici ti hanno voltato le
spalle, la tua
ragazza se la fa con il
tuo migliore amico e...Dulcis in fundo, renderò la tua vita
un inferno."
Continuò a
sghignazzare fino a strozzarsi.
"Io-io non avrei mai creduto che tutte le maledizioni
che t'avevo lanciato, alla fine s'avverassero. Non avrei mai creduto
che questo
giorno potesse arrivare, e invece..."
si soffocò nella sua stessa risata .
"Non avrei mai creduto che questo giorno potesse
arrivare!"
"No, no
L'ALTRA!"
"...che le maledizioni che t'avevo lanciato, alla fine s'avverassero"
A quel punto persi la pazienza, lo presi per la maglia.
"No, no! COSA
HAI DETTO PRIMA!? Con chi se la fa Jane?"
Scoppiò nuovamente a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi
"Questo-QUESTO COGLIONE NON NE SAPEVA
NIENTE!"
Questa volta la situazione
incominciava ad irritarmi sul
serio. Presi Brad
per il collo e con
tutta la forza che avevo lo schiantai sul cofano della sua Cabrio
appena
rimessa a nuovo.
Mi sentivo così forte che sapevo che se avessi voluto avrei
potuto ucciderlo con quella stessa mano con cui gli tenevo la gola.
"PARLA!"
Da un cazzone come Brad,
mi sarei aspettato una reazione più
decisa. Invece incominciò a tremare come una foglia. Evidentemente con quel
gesto, avevo
risvegliato in lui quel terrore primordiale che gli ho sempre suscitato
sin da
quando ci conoscemmo.
"A quanto dicono i tuoi amici. I due...si vedevano già
da mesi. Erano amanti. Solo
adesso che
sei uscito dalla circolazione, si sono messi insieme ufficialmente"
Forse non fu un caso che la mia altezza ora, fosse la stessa
di quando avevo tredici anni. L'età in cui Jack Parker aveva
fama di terribile:
il flagello di ogni quartiere, il bullo dei bulli.
Esorcizzare un'ultima volta tutta quell rabbia soppressa in un' esplosione, ben peggiore di quella a Dubai.
Se quella era davvero la mia forza, se quelli erano i miei
riflessi, se quella era la mia velocità, l'aver perso 30
centimetri non mi dispiaceva
poi più di tanto.
Mi bastò un niente per schivare i loro movimenti, lenti e
goffi ai miei occhi. Con
un paio di
colpi ben assestati li feci rotolare
a
terra doloranti.
Mi rivolsi nuovamente verso Brad.
"Ti dispiace se la prendo in prestito?" dissi
indicando la sua macchina.
Emise un gemito strozzato.
"Sì vero? Allora dovrò
portarti assieme a me"
Lo trascinai con forza dentro quello stretto portabagagli cercando
di farcelo entrare.
Poi montai sulla macchina, mettendola in moto grazie alle chiavi
che aveva lasciato sul cruscotto. Accesi la radio a massimo volume e partii a tutta
velocità.
Non so quale scheggia mi saltò nel cervello, ma quando vidi
la casa di John in
fondo alla strada incominciai a dare di gas e poggiare tutto il peso
sull'acceleratore gridando come un pazzo.
"MALEDETTI! AVETE
SVEGLIATO LA BESTIA!"
Con la macchina ora mi trovavo nel bel mezzo del salotto di
Johnny, tra le macerie del muro finito in pezzi.
Sorprendentemente c'erano tutti:
la coppietta di stronzi, e gli amici
traditori. Erano seduti
su un divano, e per
terra a passarsi degli spinelli.
"Ma...ma che cazz...ma che cazzo"
John si esprimeva in monosillabi
e gli altri sembravano paralizzati dalla
paura e dalla sorpresa.
Non sapevano neppure loro se sorprendersi perché Jack Parker era diventato un nano, o perché aveva distrutto un muro con un auto rischiando di ucciderli tutti.
"Come
mai non sono stato invitato a questo ameno raduno?"
dissi.
Ci fu un lungo silenzio, in cui gli astanti cercavano il
modo più consono per reagire alla situazione.
Ad avere l'iniziativa fu il solito Danny, il quale cercò di
raggirarmi a modo suo. Ormai conoscevo i suoi modi.
Dan si alzò tremante,
"J-Jack, stai calmo, stavamo giusto per..." una gomitata
diretta allo stomaco lo azzittì
una volta per tutte.
"Danny,
Danny,
Danny! Tu hai
sempre preso la situazione
in mano, cercando di risolvere tutto con le parole, anche quando queste
non
erano sufficienti. Hai sempre provato a quietarci quando qualcuno di
noi aveva
un problema con qualcun altro, e ti ho sempre ammirato per questo. E allora perché
cerchi inutilmente di
risolvere questa situazione, quando avresti potuto farlo mesi fa, quando scopristi per la
prima volta che la
mia ragazza montava questo stronzo. Eh? Che aspettavi a dirmelo?!"
Danny, non rispose. Il colpo che gli avevo inferto era così
forte che cadde a terra svenuto.
Si intromise Craig, balbettando e gesticolando.
Stava chiaramente mentendo,
lo conoscevo da anni e ormai avevo imparato a
capire quando mentiva.
"Ma-ma è vero Jack, te lo giur..."
gli mollai un pugno in piena volto che
poteva essere paragonato ad un mig.
Vidi
per un decimo di secondo il
rallenty del
volto di Craig comprimersi da una parte e dilatarsi dall'altra, per poi essere
scaraventato a tre metri di
distanza.
"Che...che stai facendo?" Chiese John perplesso.
"Ho finito i soldi al cellulare. Ti dispiace se uso il
tuo?"
"Imbecille!
l'intera fiancata di muro è distrutta, a cosa
pensi sia attaccato quel
cordless?".
Nel momento in cui Fred si capacitò della sua stessa
ignoranza, lo colpii così forte da far perdere i sensi anche
a lui.
"Oh e immagino che la cosa ti stia oltremodo a cuore,
non è vero?" con
un movimento
brusco la levai di mezzo facendola cadere.
Eppure non provavo niente che avessi potuto considerare
dolore.
Non avevo perso la sensibilità del corpo perché
potevo sentire
il contatto del suo pugno, ma lo percepivo come una debole carezza, e
niente di
più.
John si fermò, massaggiandosi la mano, che forse era
fratturata in alcuni punti.
"Ma di cosa sei fatto!?
Di granito?"
Neppure io avevo idea di cosa diavolo stava accadendo al mio
corpo, di quali
assurde mutazioni
genetiche si fossero verificate, ma mi piaceva.
Mi rialzai.
"Questo è ciò che meriti per avermi
ingannato
per tutto questo tempo!".
Mi sentii finalmente
sollevato,mi ero liberato da un fardello pesante. Tutta la
frustrazione che
tenevo dentro dalla morte del mio allenatore, adesso s'era esaurita
come la
carica di una batteria.
"Sta...sta zitta...STA
ZITTA!"
Per alcuni istanti ebbi coscienza di ogni mio organo.
Tutto intendo. Muscoli
volontari ed involontari, organi
interni: il cuore il fegato i polmoni.
Potevo
percepirli, come si può percepire un braccio o una gamba.
Avevo sensibilità di
tutto me stesso. Era
come se il mio
cervello cominciasse a lavorare al 100%.
Se lo avessi voluto so che avrei potuto togliermi la vita
solo con il
pensiero. Me lo sentivo. Avrei potuto fermare il cuore o un altro
organo a mio
piacimento. Una sensazione meravigliosa e terrificante al tempo stesso. Era come avere la remota
coscienza di una
perduta parte di me, come
i mutilati
alle volte riescono ad avvertire il proprio arto fantasma.
Sentii delle sirene lontane.
Dovevo scappare.
---