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Autore: Aimondev    13/06/2012    0 recensioni
Jack Parker è un ex bullo, delinquente che mette la testa a posto raggiungendo un certo successo nella sua città, fino a quando non incomincia a fare uso di una nuova droga.
Contemporaneamente la Terra sembra minacciata da una presenza aliena ostile.
Genere: Commedia, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte del 23 Febbraio la città di Dubai è stata rasa al suolo.  La città e l'intera regione sono state distrutte in pochi minuti Nessuno riesce a spiegare la causa di una simile distruzione.
Cataclisma naturale? alieni?  Non  è rimasto in vita nessuno che possa testimoniarlo. Nessuno è riuscito a riprendere niente, tanto è stata repentina l'esplosione.
E' esclusa l'ipotesi dell'attacco nucleare. Gli specialisti non hanno trovato materiali fissili o radioattivi nella zona. La fonte dell'emissione di tale energia è sconosciuta.
Il cratere del diametro di venticinque chilometri denuncia una deflagrazione  il cui centro sarebbe dovuto trovarsi approssimativamente nei pressi del Burj Dubai, l'ex grattacielo più alto del mondo, di cui ormai non rimane che cenere.
Ogni edificio  è stato spazzato via dalla potentissima onda d'urto, nel raggio di cento chilometri, e la gente è stata incenerita in tutta l'area.
Più di quindici milioni di morti. Nessun sopravvissuto.  Tutti quelli che hanno assistito alla catastrofe sono stati annientati. Gli abitanti delle città circostanti hanno visto un'intensissima luce abbagliante che ha reso giorno la notte.
 I satelliti continuano ad avere strane interferenze radio, e non hanno ripreso nulla.
E intanto il mondo è impazzito.  In diverse metropoli ci sono stati episodi di panico collettivo. Le autorità cercano di ristabilire l'ordine ma inutilmente.   

 E mentre le catastrofi colpivano il mondo intero, davanti a tutta questa distruzione, quanto poteva significare la mia insulsa esistenza? Quanto potevano essere grandi i miei problemi?
Enormi. 
Più giganteschi di quanto concezione umana potesse immaginare...

 Vivevo la mia nuova vita contenendo spiacevoli sorprese ad ogni misurazione.
I giorni passavano e tutte le volte che mi svegliavo l'incubo continuava, sempre più diabolico, sempre più tormentoso.
Mi misuravo di mattina, di pomeriggio, di sera. Notai che la mia miniaturizzazione  aveva accelerato il suo corso.  Se prima perdevo due o tre centimetri al giorno,  adesso bastavano addirittura poche ore,  cinque per la precisione.  Così che ogni barlume di speranza di poter ripristinare la mia vita si frantumava in pezzi sempre più piccoli.
Era Giovedì, e il cielo era coperto da densi nembi, neri quanto il mio umore.   Nel giro di diciotto ore da quando mi misurai, a mezzanotte, ero sceso di dieci centimetri, arrivando a misurare un metro e sessantacinque.

"Assurdo! Non misuravo così, dalla terza media".

 Eppure qualcosa dentro di me mi forzava a mantenere la calma. Sapevo che tutto sarebbe tornato come prima, meglio di prima.  Sapevo che, come sempre, Jack Parker l'avrebbe avuta vinta.
Facendo un paio di calcoli mi rendevo conto che il rapporto altezza-peso era rimasto intaccato. Se all'origine di tutto quel casino pesavo 90 chili ed ero alto 194 centimetri, adesso ne pesavo 65.   La formula del peso-forma non aveva avuto alterazioni nel risultato, nonostante tutte le schifezze che ingurgitavo. 
Se non fosse stato per questo preoccupante rimpicciolimento, sarei stato più in forma che mai.
Il mio fisico era divenuto realmente quello di un semidio greco, senza imperfezioni o deformazioni, o gonfiori muscolari.  Quello che adesso era il mio corpo sembrava il frutto di costanti cicli di steroidi, nonostante conducessi uno stile di vita totalmente privo di limiti.  Il sogno di ogni americano.

 Uscii di casa.  Il maledetto pomello della porta ora mi arrivava al petto. Ormai erano giorni che non avevo contatti umani; Jane, John e tutti gli altri non si erano più fatti sentire e le rare volte in cui uscivo mi tenevo ben lontano dalla gente per evitare di essere riconosciuto.
Fortunatamente nessuno riusciva a riconoscermi.  Tenendomi a debita distanza nessuno avrebbe potuto dire che quell'ometto fosse Jack Parker.
Ormai anche la gente comune mi superava in altezza. Contavo per strada quelli ancora più bassi: perlopiù donne, vecchi o ragazzini.   Avevo rivelato la mia vera natura: un frustrato nevrotico, ossessionato da sè stesso.

"Quindi è questo quello che sono realmente? Una mente debole, incapace di vivere senza un corpo forte? Forse è un bene che questa disgrazia mi abbia fatto rendere conto di questo..." 

 Il vero me, era dunque il corpo?  Non potevo, non dovevo crederci.  Jack Parker è più di un materiale involucro.

"Ehi, ma sei davvero tu?"
Una voce familiare interruppe i miei pensieri.
"Ma allora le voci erano vere.  Ti sei davvero trasformato in un manlet!"
Brad ed amici erano scesi dalla cabrio rimessa a nuovo dopo i danni ricevuti durante l'ultimo scontro.
Ci mancava solo questa. Nel mio attuale, confuso, instabile stato d'animo, l'improvvisa apparizione di Brad non mi sarebbe stata affatto salutare.
Dall'alto del suo metro e ottanta risicato mi squadrava serio, ritrovandosi per la prima volta nella sua vita a dover abbassare lo sguardo per potermi guardare negli occhi.  Scoppiò in una grassa risata.  

 "Ma guardatelo, ragazzi.  Jack Parker. Ci credereste? Questo nano ridicolo"

I due tizi che s'era portato dietro sghignazzarono con lui.
Io mi mantenei nella mia totale imperscrutabilità, cercando di capire dove volessero andare a parare.

"Sai una cosa Parker.  Ammetto che ho sempre sognato di poterti giudicare dall'alto, come tu hai fatto con me per tutta una vita.  Sognavo di vederti strisciare ed implorare in lacrime il mio perdono, ma non mi sarei mai aspettato che una tale situazione divenisse realtà"
"Mi vedi strisciare?"
Brad mi girava attorno come uno squalo fa con la sua preda.

"...E nel seguito del mio sogno, io ignoravo le tue preghiere e ti pestavo a sangue.  Ma ormai devo dire che ho ricevuto il mio contentino, ho avuto la mia vendetta.
Insomma, l'occasione della tua vita, quella di entrare nel mondo del basket giovanile è andata in fumo. Sei alto quanto mia nonna.  L'intera città ora ti ride dietro, assieme a tutta la tua vecchia squadra di basket ovviamente,  tutti i tuoi amici ti hanno voltato le spalle,  la tua ragazza se la fa con il tuo migliore amico e...Dulcis in fundo, renderò la tua vita un inferno."

Continuò a sghignazzare fino a strozzarsi.
"Io-io non avrei mai creduto che tutte le maledizioni che t'avevo lanciato, alla fine s'avverassero. Non avrei mai creduto che questo giorno potesse arrivare, e invece..."  si soffocò nella sua stessa risata .

 Normalmente avrei ignorato la provocazione che Brad mi stava lanciando, ma questa volta accusai duramente il suo attacco psicologico. 

 "Cosa!?  Qual è stata l'ultima cosa che hai detto?"
"Non avrei mai creduto che questo giorno potesse arrivare!"
"No, no  L'ALTRA!"
"...che le maledizioni che t'avevo lanciato, alla fine s'avverassero"
A quel punto persi la pazienza, lo presi per la maglia.
"No, no!  COSA HAI DETTO PRIMA!? Con chi se la fa Jane?"

 "la-la tua ragazza se la fa con il tuo migliore amico...? Aspetta, non mi dire che non lo sapevi?" 
Scoppiò nuovamente a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi
"Questo-QUESTO COGLIONE NON NE SAPEVA NIENTE!" 

Questa volta la situazione incominciava ad irritarmi sul serio.  Presi Brad per il collo e con tutta la forza che avevo lo schiantai sul cofano della sua Cabrio appena rimessa a nuovo.
Mi sentivo così forte che sapevo che se avessi voluto avrei potuto ucciderlo con quella stessa mano con cui gli tenevo la gola.
"PARLA!"

Da un cazzone come Brad, mi sarei aspettato una reazione più decisa. Invece incominciò a tremare come una foglia.  Evidentemente con quel gesto, avevo risvegliato in lui quel terrore primordiale che gli ho sempre suscitato sin da quando ci conoscemmo.
"Jane è la ragazza di John, adesso" disse in un soffio.  
"A quanto dicono i tuoi amici. I due...si vedevano già da mesi. Erano amanti.  Solo adesso che sei uscito dalla circolazione, si sono messi insieme ufficialmente"

 Improvvisamente, mi resi conto di quanto fosse precaria la mia vita. Tutto si reggeva sul filo della mia popolarità. Tolta quella, il castello di carte della mia vita andava in pezzi.
Dire addio a Jane ed a John non mi dava più grossi problemi,  e neppure che quei due stronzi facessero coppia. Ma quello che proprio non riuscivo a tollerare era sapere che per tutto quel tempo, durante tutti quei bei momenti passati con entrambi, rappresentavo solo l'oggetto delle loro derisioni , ed un mezzo per un fine.  Questo mi faceva infuriare oltre ogni limite,  mi rendeva folle di rabbia.



Forse non fu un caso che la mia altezza ora, fosse la stessa di quando avevo tredici anni. L'età in cui Jack Parker aveva fama di terribile: il flagello di ogni quartiere, il bullo dei bulli.

 Caso o non caso, la follia lucida del Jack Parker tredicenne s'era infusa nei miei occhi e nei miei pensieri.  Ora sentivo il bisogno di sfogare tutto l'odio che avevo accumulato in sei anni.
Esorcizzare un'ultima volta tutta quell rabbia soppressa in un' esplosione, ben peggiore di quella a Dubai.
In quel momento due degli amici di Brad fecero l'errore di fiondarsi su di me.   
Se quella era davvero la mia forza, se quelli erano i miei riflessi, se quella era la mia velocità, l'aver perso 30 centimetri non mi dispiaceva poi più di tanto.
Mi bastò un niente per schivare i loro movimenti, lenti e goffi ai miei occhi.  Con un paio di colpi ben assestati li feci  rotolare a terra doloranti. 
Mi rivolsi nuovamente verso Brad.

"Sono anni che mi rompi i coglioni per qualcosa per cui mi sono scusato in tutti i modi che conoscevo.  Anni che non reagisco alle tue provocazioni e le tue ridicole vendette.  Anni che provi a risvegliare la BESTIA che con tanta fatica ho soppresso per onorare la memoria del mio vecchio coach.  Adesso sei riuscito a risvegliarla, CONTENTO?!"
Brad pareva paralizzato dalla paura,  evidentemente aveva rivisto nei miei occhi il suo peggiore incubo. 
"Ti dispiace se la prendo in prestito?" dissi indicando la sua macchina.
Emise un gemito strozzato.
 "Sì vero?  Allora dovrò portarti assieme a me"
Lo trascinai con forza dentro quello stretto portabagagli cercando di farcelo entrare. 
Poi montai sulla macchina, mettendola in moto grazie alle chiavi che aveva lasciato sul cruscotto. Accesi la radio a massimo volume e  partii a tutta velocità.
Non so quale scheggia mi saltò nel cervello, ma quando vidi la casa di John in fondo alla strada incominciai a dare di gas e poggiare tutto il peso sull'acceleratore gridando come un pazzo.
"MALEDETTI!  AVETE SVEGLIATO LA BESTIA!"

 Ci fu uno schianto tremendo, e io per qualche attimo quasi non mi resi conto di cosa fosse accaduto.
Con la macchina ora mi trovavo nel bel mezzo del salotto di Johnny, tra le macerie del muro finito in pezzi.   Sorprendentemente c'erano tutti:  la coppietta di stronzi, e gli amici traditori.  Erano seduti su un divano, e per terra a passarsi degli spinelli.
"Ma...ma che cazz...ma che cazzo"  John si esprimeva in monosillabi  e gli altri sembravano paralizzati dalla paura e dalla sorpresa.

Non sapevano neppure loro se sorprendersi perché Jack Parker era diventato un nano, o perché aveva distrutto un muro con un auto rischiando di ucciderli tutti.

"Come mai non sono stato invitato a questo ameno raduno?"  dissi.
Ci fu un lungo silenzio, in cui gli astanti cercavano il modo più consono per reagire alla situazione.
Ad avere l'iniziativa fu il solito Danny, il quale cercò di raggirarmi a modo suo. Ormai conoscevo i suoi modi.
Dan si alzò tremante,  "J-Jack, stai calmo, stavamo giusto per..."   una gomitata diretta allo stomaco lo azzittì una volta per tutte.

"Danny, Danny, Danny!  Tu hai sempre preso la situazione in mano, cercando di risolvere tutto con le parole, anche quando queste non erano sufficienti. Hai sempre provato a quietarci quando qualcuno di noi aveva un problema con qualcun altro, e ti ho sempre ammirato per questo.  E allora perché cerchi inutilmente di risolvere questa situazione, quando avresti potuto farlo mesi fa,  quando scopristi per la prima volta che la mia ragazza montava questo stronzo. Eh? Che aspettavi a dirmelo?!"
Danny, non rispose. Il colpo che gli avevo inferto era così forte che cadde a terra svenuto.
"J-Jack, noi...Non sa-sapevamo n-nulla di questi due.  Altrimenti te lo avremmo de-detto"
Si intromise Craig, balbettando e gesticolando.  Stava chiaramente mentendo,  lo conoscevo da anni e ormai avevo imparato a capire quando mentiva.

 "...Ed ecco la vera natura di una persona uscire solo nei momenti di crisi.  Craig, tu saresti in grado di vendere anche tua madre se ti sentissi minacciato"
"Ma-ma è vero Jack, te lo giur..."   gli mollai un pugno in piena volto che poteva essere paragonato ad un mig.   Vidi per un decimo di secondo  il rallenty del volto di Craig comprimersi da una parte e dilatarsi dall'altra,  per poi essere scaraventato a tre metri di distanza.

 Tutte le mie fortune erano cadute, ma forse il timore che riuscivo ad incutere non era stato intaccato. Evidentemente la gente ricordava ancora cosa ero in grado di fare. Le mie dimensioni non facevano molta differenza, me lo confermavano ora gli occhi terrorizzati di tutti i presenti.

 "Ora basta, Jack" disse Fred  "Io chiamo la polizia"  si alzò e cercò il telefono  tra le macerie del muro, lo raccolse e incominciò a comporre il numero.
"Che...che stai facendo?" Chiese John perplesso.
"Ho finito i soldi al cellulare. Ti dispiace se uso il tuo?"
"Imbecille!  l'intera fiancata di muro è distrutta, a cosa pensi sia attaccato quel cordless?".
Nel momento in cui Fred si capacitò della sua stessa ignoranza, lo colpii così forte da far perdere i sensi anche a lui.

"Ora, siamo rimasti solo io e te, John".  Jane mi afferrò un braccio cercando di persuadermi,  "Jack, ti prego, non...non farlo...Non hai pensato alla-alla tua vita? Ti arresteranno."
"Oh e immagino che la cosa ti stia oltremodo a cuore, non è vero?"  con un movimento brusco la levai di mezzo facendola cadere.

John mi saltò addosso buttandomi a terra ed incominciò a colpirmi forte sul volto, con tutta la sua forza.  Lo capivo dalla sua foga, dalla bava che gli usciva dalla bocca, dal rossore sul suo pugno.
Eppure non provavo niente che avessi potuto considerare dolore.
Non avevo perso la sensibilità del corpo perché potevo sentire il contatto del suo pugno, ma lo percepivo come una debole carezza, e niente di più.
John si fermò, massaggiandosi la mano, che forse era fratturata in alcuni punti.

"Ma di cosa sei fatto!?  Di granito?"
Neppure io avevo idea di cosa diavolo stava accadendo al mio corpo,  di quali assurde mutazioni genetiche si fossero verificate, ma mi piaceva.

Lo colpii sulla fronte con la testa facendogli perdere i sensi.
Mi rialzai.  "Questo è ciò che meriti per avermi ingannato per tutto questo tempo!".
Mi sentii finalmente sollevato,mi ero liberato da un fardello pesante. Tutta la frustrazione che tenevo dentro dalla morte del mio allenatore, adesso s'era esaurita come la carica di una batteria.

Jane era in lacrime. Il suo pianto mi rimbombava nella testa, che cominciò a pulsare.  Ogni parte del mio corpo incomincio a dolermi oltre ogni limite. Crampi su tutti i muscoli,  fitte su tutti gli organi.  Era come se da un momento all'altro dovessi implodere.  E intanto Jane piangeva più forte di prima.

"Sta...sta zitta...STA ZITTA!"
Per alcuni istanti ebbi coscienza di ogni mio organo.  Tutto intendo.  Muscoli volontari ed involontari, organi interni: il cuore il fegato i polmoni.  Potevo percepirli, come si può percepire un braccio o una gamba. Avevo sensibilità di tutto me stesso.  Era come se il mio cervello cominciasse a lavorare al 100%.   Se lo avessi voluto so che avrei potuto togliermi la vita solo con il pensiero. Me lo sentivo. Avrei potuto fermare il cuore o un altro organo a mio piacimento. Una sensazione meravigliosa e terrificante al tempo stesso.  Era come avere la remota coscienza di una perduta parte di me,  come i mutilati alle volte riescono ad avvertire il proprio arto fantasma.

"AAAAAARGH"  levai uno strillo strozzato, e poi non sentii più nulla.  Riaprii gli occhi.   Jane era sbigottita, e lo fui anche io nel rendermi conto che adesso mi superava in altezza di tutta la testa. 
Sentii delle sirene lontane.  Dovevo scappare.

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