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Autore: Vengenz_    14/06/2012    0 recensioni
Mio padre non volle neanche saperne.
Non voleva che io diventassi come loro. Non si accorse che era troppo tardi.
Crack. Qualcosa nella mia vita regolare su ruppe. Il grigio tenue era invaso dalle sfumature di grigio cupo che diventava via via sempre più scuro.
Capii che mio padre non avrebbe accettato nemmeno me se solo avesse capito come ero fino in fondo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, The Rev, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita non è come te la descrivono nei film, o bianca, troppo da dare fastidio agli occhi per il suo bagliore, o nera, così buia da mettere paura.
Almeno,  la mia non era così. Stava sempre sui un grigio, un grigio tenue, per la maggior parte del tempo; a volte però prendeva delle sfumature di un grigio più cupo, ma sempre grigio restava.

 

I rapporti con familiari e conoscenti  non turbavano in modo eccessivo la mia quiete interiore. Quiete per modo di dire. Dentro sentivo trecentomila emozioni diverse, ma solo le più comuni e banali riuscivano ad essere esternate … forse per paura di non essere capiti, o solo per pigrizia di dover spiegare.
 

Giovedì. Bello il giovedì.
A scuola entro sempre un’ora dopo per via dell’astensione a religione. Non che io non sia credente, è solo che determinate stronzate che dice la Chiesa, e in questo caso il parroco/professore di religione, non mi vanno a genio.
Giovedì. Quel giovedì però non fu come gli altri: mi svegliai come sempre, troppo presto per prendere atto di essere sveglia. Insana decisione, ma avevo bisogno di stare un po’ da sola, con me stessa e, l’unico posto in cui potevo strare tranquilla era il cimitero.
Strano. Il cimitero non mi aveva mai dato serenità, ma da quando venne a mancare mio nonno, vedere la sua foto li, in quel posto cosi calmo, mi dava sicurezza.
Cosi presi la mia moto e mi diressi verso il cimitero.
 

Una goccia nera, dovuta al mascara, cadde sulla lapide del nonno. Non so a cosa stavo pensando. Forse neanche stavo pensando.
Ma la lacrima, puntuale, cadde.
Puntuale come Lucas, che mi squadrò dall’alto in basso.
Lucas era stato il mio migliore amico. Lo è stato fino a quando qualcosa tra non si è incrinato. Lucas.
“cazzo” sussurrai, alzandomi velocemente e dirigendomi dalla parte opposta da cui proveniva il ragazzo.
“Charlie, aspetta” mi intimò lui.
“cosa vuoi?”
“volevo dirti che …” si fermò senza concludere la frase. Odio quando qualcuno non finisce di esporre ciò che vuole dire.
“Dirmi cosa?” risposi un po’ scocciata
“Niente. Con te non si può parlare! Sei sempre la solita arrogante”
Perché, perché doveva darmi dell’ arrogante quando avevo risposto un po’ scocciatamente  ad una cosa che lui sapeva benissimo darmi fastidio? No. Non mi interessava. Mi girai e andai verso la mia moto, con la consapevolezza che era ora di tornare a scuola.
Quando incontravo Lucas, la giornata si rovinava un po’… e la scuola non era certo di aiuto. Ma non era finita qui. All’entrata della scuola, esattamente davanti alla porta, appoggiato al muro e con una sigaretta in mano, c’era Josh.
Josh era  l’unico ragazzo di cui io mi fossi mai innamorata, a parte Lucas. Solo che Josh lo sapeva. Sapeva del mio amore, anzi, della mia adorazione nei suoi confronti.
“Bene” sussurrai anche questa volta “entrambi in una mattina sola”.
Entrambi ed unici. Unici due ragazzi con cui un legame cosi forte come l’amicizia si era sciolto. Ma con Josh almeno sapevo il perché.
Per il resto la giornata fu tranquilla, fortunatamente.
 

Venerdì : ore 4.00 AM. Il cellulare sul comodino inizia a vibrare: <>
“Cosa vuoi?” risposi ancora assonnata e con la voce un po’ impastata.
“Charlie …” piangeva. Non l’avevo mai visto piangere … “Charlie, Alex … Alex è morto”
Riagganciai. Presi Jeans e felpa e mi diressi verso l’ospedale. Alex, il mio migliore amico, il migliore amico di Lucas, era morto. Alex. Quel ragazzo dagli occhi color miele, sempre disponibile ad aiutare tutti, non c’era più. Morto.
All’ospedale non mi diedero informazioni, dato che non ero un familiare. Riuscii a capire solo che una macchina con alla guida un ragazzo della sua stessa età, ubriaco, l’aveva investito.
Uscii il più in fretta dall’ospedale, incrociai lo sguardo di Lucas che mi chiamò.
“piangi da solo, io me ne sto andando”.
 

Due giorni dopo ci furono i funerali.
Mia madre decise di accompagnarmi, per non lasciarmi sola. Mi accompagnò anche la mia migliore amica, Claire.
Mio padre non volle neanche saperne. Non gli era mai andato a genio Alex, né lui, né i suoi amici.
Non voleva mischiarsi a loro e non voleva che io mi mischiassi a loro. Non voleva che io diventassi come loro. Non si accorse che era troppo tardi.
Crack. Qualcosa nella mia vita regolare su ruppe. Il grigio tenue era invaso dalle sfumature di grigio cupo che diventava via via sempre più scuro.
Capii che mio padre non avrebbe accettato nemmeno me se solo avesse capito come ero fino in fondo.
 

  
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