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Autore: AoiKitsune    14/06/2012    7 recensioni
Se a Mary fosse mai stato chiesto di descrivere la sua vita con due aggettivi, lei avrebbe saputo cosa rispondere, senza alcuna esitazione: solitaria e colpevole.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Se a Mary fosse mai stato chiesto di descrivere la sua vita con due aggettivi, lei avrebbe saputo cosa rispondere, senza alcuna esitazione: solitaria e colpevole.
A volte rifletteva, mentre osservava il suo elegante dipinto, al sicuro nello Sketchbook. Cos’era lei, se non l’ultima, maledetta opera di un artista folle? Quell’uomo misterioso le aveva donato la vita con innumerevoli, leggeri tratti di pennello. L’aveva ritratta con grande maestria, le aveva regalato un viso delicato, un sorriso armonioso e due occhi azzurri, limpidi come il mare, che sembravano scrutare oltre l’orizzonte di qualsiasi futuro.
Chiunque avesse guardato quel dipinto, avrebbe pensato ad una ragazza pura, innocente e quasi un po’ timida, incerta dell’avvenire. Quello che Mary vedeva in se stessa era, invece, una persona bugiarda e ingannatrice, che scostava chiunque si avvicinasse a lei.
In fondo era così. Non aveva una vita che si potesse definire tale; l’unico scopo della sua vana esistenza era attirare ignari visitatori in un terrificante inferno, e intrappolarli come mosche nelle loro paure e nei loro incubi.
L’unica cosa che desiderava davvero era uscire, poter vedere la vera luce del sole, e non solo un artificiale, macchinoso disegno. Le sarebbe piaciuto incontrare persone e, per una volta, non tentare di ingannarle, ma diventare loro amica.
La consapevolezza che, per quanto ci potesse provare, non avrebbe mai realizzato il suo desiderio le serrava la gola ogni volta. Incapace di proseguire nei propri pensieri, si rinchiudeva nella sua egoista speranza di trovare, prima o poi, qualcuno che riuscisse a superare la fitta rete d’inganni da lei tessuta e la portasse via da quel mondo in cui viveva.

Anche quel giorno, Mary si preparò ad accogliere nuovi visitatori nel suo incubo.
Quando arrivarono si stupì, come sempre, nel vedere quanto fossero giovani. Probabilmente i loro cuori traboccavano di speranze e sogni, e a lei sarebbe spettato il compito di distruggerli.
Senza farsi notare, restando sempre nell'ombra, continuò a tessere la sua rete di menzogne, tendendo trappole e agguati, piazzando creature misteriose e inquietanti in ogni angolo di quell’inutile, crudele mondo.
Svolgeva il proprio lavoro con devozione e cura dei particolari, nonostante in cuor suo coltivasse la speranza di andarsene, un giorno. Fu molto attenta a non lasciare indizi, per fare in modo che i visitatori venissero sopraffatti dalla paura senza nemmeno incontrarla.
Eppure, qualcosa andò storto.
Aveva dipinto una stanza con graffiti che avrebbero dovuto terrorizzare i malcapitati ed era uscita di corsa, attraversando una porta dopo l’altra. Nella fretta non si era accorta di aver lasciato numerose impronte.
Fu una cosa improvvisa. Mentre si voltava per chiudere una porta a chiave, si scontrò con una piccola figura. La confusione le impedì di realizzare la sua vera identità, così si limitò a mormorare qualcosa a bassa voce.
Poi capì: aveva fallito. L’avrebbero smascherata e avrebbero bruciato il suo dipinto, così la sua speranza di uscire da quell’incubo sarebbe stata spazzata via come cenere al vento.
Persa in questi caotici pensieri, non prestò una grande attenzione a ciò che diceva. Un’altra figura, più alta e slanciata, le tese una mano per alzarsi da terra. Mary era diffidente, ma l’afferrò comunque.
« Eravamo in una galleria d’arte, e ci siamo trovati improvvisamente in questo posto. » disse la stessa persona che l’aveva aiutata a sollevarsi. « Io sono Garry, e lei è Ib. Stiamo entrambi cercando di uscire da qui. » concluse, indicando la figura più bassa, con cui la ragazza si era scontrata poco prima.
Per un istante Mary incrociò lo sguardo del giovane che le stava innanzi, sorpresa da quell’improvviso incontro. Non era mai capitato che si ritrovasse a comunicare con uno dei visitatori del suo mondo.
« Anche tu stai facendo lo stesso, suppongo? » chiese ancora il ragazzo.
Mary non sapeva cosa rispondergli per non smascherarsi. Visto che ancora non l’avevano scoperta, perché rivelare tutto?
« Io… stavo controllando se ci fosse altra gente… Volevo uscire… Perciò… » balbettò, sperando che dal suo tono non si intuisse ciò che pensava veramente. In parte, quel che aveva detto non era nemmeno una bugia: voleva davvero andarsene da lì.
I due interlocutori sembrarono convinti, e lei si unì a loro. Si presentò con il suo nome, e se ne pentì subito, temendo che i ragazzi conoscessero la verità sul suo dipinto. Per fortuna non fu così, e nessuno le disse più nulla mentre proseguirono, facendosi strada attraverso innumerevoli pericoli di cui si finse spaventata. Stava portando avanti la sua recita con grande credibilità, più di quanto non si aspettasse.
Ad ogni passo, tuttavia, si sentiva più prossima alla fine. A mano a mano che procedevano lungo gli inganni da lei tesi, iniziò ad affezionarsi sempre in misura maggiore ai due ragazzi. Non riusciva più ad ingannarli, e l'unica cosa che la teneva ancora incatenata a quella messinscena  era il suo forte senso del dovere.
Forse non avrebbe dovuto rivelare la verità, se fossero usciti indenni da quell’orrore. Forse avrebbero potuto ricominciare una nuova vita insieme.
Queste dolci speranze la coccolarono per un breve tratto, per poi dissolversi come schiuma.
Fu quando lei e Ib si trovarono separate da Garry, che comprese di essersi illusa per nulla.
Il quadro con raffigurata una bocca le parlò. Le riferì ciò che il ragazzo aveva appreso da un libro al piano di sotto. Sapeva tutto. Sapeva dannatamente tutto, e ora non si fidava di lei. Voleva distruggerla, e separarla da Ib, allontanarla per sempre da loro. Restò immobile, la mente che altalenava tra ira e disperazione, paura e sconforto.
« Mary? » bisbigliò Ib, al suo fianco. Quel nome riecheggiò nella stanza e nella mente di Mary, prendendo un nuovo significato. Anche questa volta, le speranze erano state distrutte. Era condannata a non uscire mai più da quel luogo, avrebbe vissuto lì in eterno, in mezzo alle immonde creature che eppure chiamava “fratelli” e “sorelle”.
Quello era il suo destino.
Scappò in una stanza attigua, lasciandosi indietro la bambina disorientata, e da una vecchia scatola recuperò un coltello affilato e brillante.
Sì, quello era il suo destino.
A meno che lei non lo cambiasse con le sue mani.
Impugnò saldamente l’arma, e si diresse a grandi falcate dietro a Ib. Avrebbe distrutto tutto, avrebbe sparso ancora più terrore e disperazione, e tutto pur di raggiungere la sua felicità.
Potevano chiamarla egoista, darle del mostro, ma non le importava. Si sarebbe fatta strada con le sue mani. Non poteva aspettare che le arrivasse un aiuto dal cielo.
Stava per sollevare le braccia e strappare, come in un grosso sospiro, la vita della bambina, quando Garry giunse dal piano di sotto e la travolse, facendola sprofondare in un abisso di nero oblio. Oltre le sue spalle, sentiva delle voci confuse e poi rumori di passi che si allontanavano.
Quando si ridestò, la sua finta, spregevole rosa gialla era l’unica creatura attorno a lei. Fu colta da un’improvvisa solitudine. Per la prima volta si ritrovò a pensare di aver commesso un errore, e desiderò ritornare sui suoi passi.
Forse, se non poteva andarsene, poteva costringere le persone a stare lì con lei, così non si sarebbe sentita mai più sola. Ma quel pensiero non la consolò, e lo sconforto divenne ira e disgusto per se stessa.
Ancora una volta, brandì il pugnale e corse a perdifiato lungo la galleria, poi scese fino allo Sketchbook. Setacciò ogni stanza, ogni angolo, ogni disegno per trovarli, ma fu tutto vano.
Si gettò a terra in preda alla disperazione. Avrebbero trovato il suo dipinto e l’avrebbero distrutto. Non poteva più impedirlo. Sarebbe morta in quel modo, senza aver realizzato i suoi sogni, senza nessuno accanto…
Un’improvvisa voglia di vivere la fece rialzare e correre verso la stanza in cui l’opera d’arte era conservata. I due ragazzi erano lì, proprio come aveva temuto.
Ib reggeva nel palmo un accendino.
« Andatevene. » disse Mary, scandendo la parola perché suonasse più imperiosa e terrificante.
« Andate via. » ripeté. Di fronte agli sguardi confusi dei due, mise il coltello bene in mostra e scattò in avanti, mentre la furia della sua ira minacciava di distruggere il pavimento. « ORA! » urlò.
In un lunghissimo istante, Ib si avvicinò al dipinto ed esso prese fuoco in un battito di ciglia. L’intera stanza si tinse di cremisi, mentre Mary sentiva il corpo venire divorato dalle fiamme.
Tutto era perduto. Per quanto avesse sperato, sognato, pregato e fantasticato, il mondo che tanto voleva raggiungere le si chiudeva ora davanti agli occhi. Il dipinto si lacerò pezzo per pezzo e, allo stesso modo, lei percepiva le forze venirle meno. E se invece quello fosse il momento in cui cominciava la sua libertà? Come se potessero aiutarla a capire, lanciò un ultimo, disperato sguardo ai due ragazzi, che la osservavano incerti fra la paura e la soddisfazione.
Infine, in un ultimo guizzo luminoso, si spense, ed insieme a lei anche le sue speranze.
L'ultima, la migliore tra le opere di Guertena era stata cancellata.
Un unico, triste petalo giallo cadde sul pavimento, e rimase immobile nell’oscurità della stanza.
Per sempre.





-OFF-
Questa fanfiction proprio non ne voleva sapere di farsi scrivere.
Avevo un miliardo di idee per migliorarla, ma non sono riuscita a metterne in pratica nemmeno mezza.
Non mi piace affatto, trovo che un sacco di cose stonino. ;u;
Magari la riscriverò, in futuro, chissà.
Nel frattempo fatemi sapere le vostre opinioni, se ne avete voglia. <3
  
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