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Autore: Flownes    14/06/2012    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se i settantaquattresimi Hunger Games, quelli di Katniss e Peeta, fossero finiti normalmente come tutti gli altri? Gli Hunger Games sarebbero continuati. Ecco, immaginate che nella famiglia Everdeen ci fosse anche un ragazzo, il figlio più piccolo per esempio...
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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E se tutto fosse finito con quegli Hunger Games? Se Capitol City fosse stata messa a ferro e a fuoco con una seconda rivolta dei Distretti? Gli Hunger Games sarebbero finiti.
 Non mi sarei mai trovato a fare tutte queste domande, tutti questi “se”, tutti questi “forse” nelle profondità del mio letto a castello.
Non avrei passato gran parte della mia vita ad allenare duramente il mio corpo, ad imparare ogni tecnica di sopravvivenza, a riconoscere le piante velenose e quelle commestibili, a imparare tecniche di mimetismo, come costruire trappole per animali di grossa taglia, a combattere corpo a corpo, a maneggiare coltelli e spade, a tirare con l’arco, a tirare di lancia con Gale, con Katniss e con Peeta. Non avrei imparato nulla di tutto questo perché non ne avrei avuto motivo.
 Ma del resto il motivo c’è: gli Hunger Games ci sono ancora. Ogni anno vengono scelti due tributi per ogni Distretto e vengono mandati agli Hunger Games, i Giochi della Fame, giochi che divertono solo il gentile pubblico di Capitol City dato che i tributi devono uccidersi in un’arena. L’unico sopravvissuto, il vincitore, diventa famoso, ricco e mentore dei tributi successivi del suo Distretto. Ogni anno vede morire i ragazzi che ha cercato di preparare e di salvare nel breve periodo di preparazione agli Hunger Games. Ma poi li vede morire come bestie al macello. Nella maggior parte dei casi. E questo succede a mia sorella ogni anno, perché lei ha vinto.
Apro gli occhi e mi ritrovo a fissare il legno del letto di sopra sul quale dorme mia sorella, Prim. sono sicuro che anche lei è sveglia. Per tutta la notte ha cambiato posizione e succede solo il giorno prima della Mietitura. Il giorno in cui vengono scelti i due tributi da mandare al macello. Non ho dormito nemmeno per un secondo questa notte, come sempre quando il giorno dopo, cioè oggi, è il Giorno della Mietitura.
Mi passo le mani tra i capelli ricci e neri poi mi infilo i vestiti buoni (una camicia azzurrina e dei pantaloni neri) silenziosamente e afferro i miei soliti scarponi di pelle nera alzandomi in piedi, non ho intenzione di mettere i mocassini, li trovo scomodi per correre nei boschi. Rimango un attimo fermo guardando mia sorella Prim fingere di dormire, poi anche lei apre gli occhi e le rivolgo un piccolo sorriso triste per poi uscire dalla stanza. Lei non deve più partecipare alla Mietitura, quest’anno ha compiuto diciannove anni.
Entro in camera di mamma, mi appoggio al suo letto e le do un bacio:- ti voglio bene... – lei mi abbraccia e poi mi lascia andare. Scendo le scale, esco dal portone di casa ritrovandomi sulla veranda. Inspiro la fredda aria del mattino, guardo la casa dei Mellark, dove vivono i genitori di Peeta insieme al figlio e mia sorella, e la casa di Haymitch, il vecchio ubriacone che ha salvato la vita di Katniss. Mi siedo sui gradini della veranda e mi infilo gli scarponi di pelle nera, li allaccio ben stretti come sempre e poi mi rialzo.
Inizio a correre per tutta la strada che costituisce il Villaggio dei Vincitori: il mio nome c’è solo quattro volte, le possibilità che venga scelto io sono scarsissime. Mentre corro verso la piazza mi viene in mente una cosa: se mai sarò scelto per andare agli Hunger Games me la caverò, Gale mi ha allenato per sopravvivere, per combattere, per vincere. Lui è il migliore amico di mia sorella, nonché il fratello maggiore dei miei migliori amici, Rory e Vick, e io sono il suo fratello adottivo. La cosa bella è che sono davvero come un fratello, abbiamo gli stessi capelli neri, solo che i miei sono ricci, stessa carnagione olivastra, stessi occhi verdi, stessa corporatura. In realtà io sono un po’ più basso di lui, ma sto ancora crescendo e col tempo potrei anche superarlo in altezza.
Arrivo in piazza, mi siedo sul solito muretto, sono sempre uno dei primi insieme ai miei amici che non tardano nemmeno oggi ad arrivare. Gli sorrido mentre si avvicinano e si siedono accanto a me. Rimaniamo in silenzio come sempre nel giorno della Mietitura, sia per scaramanzia sia perché non abbiamo nulla da dirci in quel giorno. Vick  non partecipa ancora alla Mietitura, ma ci tiene ad accompagnarci, ci tiene a tenere per mano suo fratello fino all’ultimo.
Aspettiamo in silenzio che la piazza si riempia, poi io e Rory entriamo nel settore dei ragazzi. la voce di Effie Trinket sta annunciando squillante il solito:
- ... Prima le ragazze! – mentre lei si dirige all’urna di vetro che contiene tutti i nomi delle ragazze mi si dipinge sul volto un’espressione indifferente, Prim non è in pericolo. Il mio sguardo incrocia gli occhi verdi di mia sorella Katniss che è sul palco assieme a Peeta e Haymitch. Mi rivolge un mezzo sorriso rassicurante che io ricambio. La voce festosa di Effie Trinket rimbomba amplificata dal microfono in tutta la piazza sulla quale è caduto un silenzio di tomba:
- Marie Hopton. – Marie Hopton si avvia debolmente verso il palco, ha diciassette anni, magra, ma sveglia. Mi è sempre stata antipatica, ma ora, mentre si avvicina al palco sembra un coniglio impaurito, una facile preda per un cacciatore... Effie Trinket riprende a parlare con quella sua stupida vocetta da presentatrice:
- E adesso... il turno dei ragazzi! – il mio cuore inizia a palpitare. Nessuno si sarebbe sacrificato per me come aveva fatto Katniss con Prim. Io e Rory avevamo fatto un patto prima che io raggiungessi l’età dei dodici anni: nel caso in cui il nome di uno di noi fosse stato estratto, l’altro non si sarebbe offerto come volontario, così lo sfortunato avrebbe avuto la certezza che l’amico sarebbe stato salvo. Mentre Effie Trinket dispiega il foglietto che ha appena pescato di fronte al microfono una terribile sensazione mi fa pensare: “sono io..” e la voce di Effie Trinket, immersa nel suo completino verde smeraldo, con la sua parrucca riccia verde smeraldo, rimbomba ancora nella piazza:
- Cahem Everdeen... –. In quel momento sento le ossa squagliarsi.
Sono io.
Sono io che devo andare sul palco.
Alzo lo sguardo e scopro che tutti mi fissano. Non voglio mostrarmi come un coniglio impaurito, così un’espressione che dovrebbe sembrare neutra mi si stampa sul viso. Ma guardandomi nel megaschermo vedo un ragazzo che con aria feroce e combattiva si dirige verso il palco, più somigliante a un leone che a un coniglio impaurito. Salgo i gradini del palco a testa alta e prendo posto accanto a Effie Trinket che inizia a blaterare sull’onore che ci da questa possibilità, su quanto sono nobili e coraggiosi i nostri animi, su quanta gloria ci aspetta a Capitol City.
Passo quel tempo a guardare i volti dei miei amici e familiari, vedo Prim e la mamma che piangono abbracciate, vedo Gale che stringe i pugni dalla rabbia mentre Vick si aggrappa alla sua gamba, vedo Rory trattenersi dall’urlare: mi propongo come volontario! Sono sicuro che solo il nostro patto lo ha frenato. Alle mie orecchie  solo l’ultima frase di Effie Trinket risuona nitida:
- ...Stringetevi la mano! – guardo il viso terrorizzato di Marie con evidente disprezzo, ma non verso lei, verso Capitol City, verso quell’ingiustizia nei confronti di mia madre, due figli strappati da lei e mandati a combattere in chissà quali posti orrendi.
Sto per andare nell’arena.
So che dovrò uccidere la ragazza che ho davanti, prima o poi.
So che dovrò vincere per poter tornare a casa, per rivedere le mie sorelle e mia madre, per rivedere Gale, Rory e Vick.

 Così, con le sopracciglia aggrottate, la mascella serrata e il cuore che vorrebbe solo scappare dal mio petto stringo la mano di Marie. La registrazione si ferma e i Pacificatori ci scortano dentro il Palazzo di Giustizia. Ripenso a tutti quei “se” e quei “forse” che mi ero posto questa mattina, mi scappa un sorriso salendo sull’ascensore: ironia della sorte, se gli Hunger Games fossero finiti io non sarei un tributo.

  
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