Afrodite sarebbe invidiosa
della sua bellezza.
‹‹ Ho detto di no, brutto caprone! Smettila di insistere
così tanto. ››, risoluta. Ferma. Impassibile.
‹‹ Per tutte le saette di Zeus! Smettila di fare
la bambina una volta per tutte. Herc mi ha chiesto di prendere il suo posto ed
è quello che farò! ››
Phil pestava gli zoccoli sul pavimento di marmo bianco
mentre faceva avanti ed indietro per la stanza sfarzosa.
Iniziava ad irritarmi.
‹‹ E quando ti parlo saresti pregata di degnarmi
d'attenzione! ››, per istinto portai le braccia saldamente piantate
sotto il seno e voltai lo sguardo da un'altra parte.
Il suo corpo tozzo stava vibrando leggermente per la rabbia
contenuta, avrei scommesso i miei sandali che il suo viso in quel momento
dovesse essere color porpora.
Poteva sbraitare quanto gli pareva, non mi sarei mossa da
quella poltrona.
‹‹ Ma per chi mi avete preso?! Non sono la tua
balia! Non è colpa mia se il tuo ragazzo ha un affaruccio come quello di
salvare Atene dalla comparsa delle Arpie! Stasera c'è quello
stramaledettissimo incontro con i regni vicini e dato che lui non può
essere presente ci dobbiamo andare noi. NOI. E' chiaro dolcezza? Perciò
vestiti che siamo in ritardo! ››
“La salvaguardia dei regni”! Puah! Sai quanto
può fregarmene di una stupida festa piena di sofisticati gentiluomini
rinchiusi nei loro panciotti facendo ipocriti sorrisi con la puzza sotto il
naso.
Non mi interessava nulla dell'etichetta, da quale forchetta
iniziare a mangiare, da come camminare, quando era il momento adeguato per
ridere appena mettendo la mano dinnanzi alla bocca, da come dovevo starnutire.
Non me n’era mai importato.
L'unica cosa che mi importava era Mega-Fusto, solo lui.
Avevo scelto lui. Avevo scelto la vita di palazzo per stare con lui, lo avevo
messo in cima a tutto ma la cosa sembrava essere a senso unico.
Non che lui non ci avesse provato, avevo visto i suoi
sforzi, il suo impegnarsi ma ogni volta che andavamo al teatro o mi portava a
fare una passeggiata in giardino, le Parche sembravano avere tutt'altri
programmi per noi.
Un nuovo mostro cercava di distruggere
Il mondo era in pericolo e subito il grande Ercole andava in
suo soccorso, ed io ad aspettare ed aspettare ed aspettare... ma aspettare poi
non era più sufficiente, ti sfiniva e capivi che l'amore alle volte non
era tutto.
C’è bisogno di coltivarlo e farlo crescere
insieme, quello duraturo è fatto da due e non da un'unica persona.
‹‹ Uomini, siete tutti uguali. ››,
mi alzai dalla poltrona rivestita in vellutino rosso e mi incamminai verso il
bagno. Non mi voltai nemmeno a capire cosa bofonchiava Filottete quando svoltai
la colonna a sinistra per introdurmi nell'imboccatura dello stretto corridoio
che portava alla stanza prima della camera da letto.
Quel sontuoso palazzo era troppo per una come me, una
semplice ragazza che proveniva da un piccolo borgo non desiderava tutto questo
sfarzo eccessivo, non che dispiacesse, ma essere circondati costantemente da
belle statue, pesanti tende e quadri antichi non era una delle mie aspettative
più grandi della vita.
Ero nata per essere libera ma per amore mi sono fatta
rinchiudere in una gabbia d'oro.
Presi la spazzola di crine e iniziai a pettinare i capelli
bruni; dovevo ancora rifarmi la coda, tra qualche ora avrei dovuto essere
radiosa e sfoggiare il sorriso più smagliante che possedevo per essere
accompagnata da un satiro.
Provai a stirare le labbra davanti allo specchio ma mi
sentii ridicola, rinunciai subito.
Quella sera si prospettava assai deludente.
Il castello del principe Eric era completamente differente
dai palazzi che si ergevano sulle nostre terre.
Le torri erano alte, sembravano voler squarciare il manto della
notte, magari l'Olimpo era a qualche metro di distanza dalla cima più
appuntita...
‹‹ Dolcezza, cerca di essere tollerabile almeno
per la prima mezz'ora, dopo sarò troppo ubriaco e sarai libera di
lagnarti quanto ti pare e piace, d'accordo? Chissà dove avranno messo i
vini buoni...››, ormai Phil era immerso in tutt'altri pensieri.
Lo lasciai perdere, mi concentrai invece sull'odore
salmastro che proveniva dall'oceano Atlantico, le onde si muovevano pigramente
mentre raggiungevano la costa per abbandonarla mollemente e disperdersi
nuovamente tra acque meno spumose.
Il vento afoso di quella sera sospirava leggero, alzando
minuscoli granelli scuri di sabbia che filtravano tra i miei sandali nonostante
avessimo preso il sentiero ciottolato per raggiungere il palazzo candido e
illuminato.
Il satiro aumentò il suo rozzo trotterellare, forse
si era accorto che la festa aveva preso il via anche senza i rappresentanti
della Grecia.
‹‹ Sbrigati Megara, non ho voglia di farmi
soffiare le cortigiane dagli altri invitati! ››
Strinsi i denti dall'irritazione e un sorrisetto isterico si
formò sul mio viso, non eravamo ancora entrati e già avevo voglia
di tornare a casa.
‹‹ Sicuro, ruba cuori. ››, mi
limitai a dire, varcando la grande arcata che conduceva alla sala d'onore.
Il nostro arrivo fu preceduto da una musica soffusa di
violoncelli e flauti dolci, la stanza si trovava in una zona bassa rispetto
all'intera struttura del palazzo, forse per sfruttare maggiormente gli spazi
concessi.
Volti su volti si mischiavano fra colori, etnie, e bellezze
di vario genere, ogni invitato sembrava poter raccontare la propria storia solo
osservandolo negli occhi, erano tutti così particolari che si perdevano
con facilità insieme ai visi di tutti gli altri.
Sommersi. Dispersi. Stupendamente anonimi.
Deglutii con fatica, ero una mosca bianca all'interno di
quel luogo. Non avevo nulla da dire su di me. Ero solo stata trovata per puro
caso e portata lì. Cosa ci stavo a fare? Era Mega-Fusto il viso che
doveva rappresentarci tutti, ed invece? C'ero solo io con un vecchio caprone
che si leccava le labbra per aver intravisto il sontuoso banchetto che era
stato preparato.
Stavamo per raggiungere le scale lucidate da scendere per
mischiarci in mezzo agli altri quando un ragazzo vestito di tutto punto si
mosse verso di noi dal muro cui era appoggiato. Avvicinò Phil che ci
presentò con doverosa cura e il ragazzo, impugnando la tromba in ottone
che aveva in mano la portò alle labbra soffiando con tutta l'aria che
aveva nei polmoni, distruggendo il delicato chiacchiericcio e le dolci melodie
che si erano create di sotto.
‹‹ Mr Filottete e Miss Megara, da
Tebe.››
Gli sguardi di tutti si puntarono su di noi, non c'era
disprezzo, forse disappunto da parte di qualcheduno per essere stato interrotto
su qualche aneddoto interessante.
Sentii l'imbarazzo di Phil diffondersi esattamente come il
mio; se ci fosse stato Ercole a quest'ora mi avrebbe presa per mano e condotto
tra gli altri ospiti con un sorriso caloroso, scusandosi per il ritardo con il
suo consueto tono caldo... ma lui non c'era.
Trovando la mia solita sfacciataggine, portai una ciocca di
capelli dietro l'orecchio e con naturalezza discesi ogni singolo scalino
seguita dai pesanti zoccoli del mio accompagnatore.
Un giovane uomo si fece strada verso di noi, indossava un
vestito bianco come la spuma del mare che ci circondava, gli occhi blu
risaltavano sul suo viso chiaro, incorniciato da folti capelli corvini,
allargò le braccia in un caloroso saluto.
‹‹ Siate benvenuti nel mio regno, miei graditi
ospiti. ››, il bambolone impomatato confermò ogni mio
sospetto, doveva essere il principe Eric.
‹‹ Grazie per il suo gentile invito, vostra
altezza. Sono dispiaciuto nel dovervi informare che Herc-…Ercole non
potrà essere presente questa sera e che ciò lo angustiava
particolarmente. ››.
Osservai Phil parlare esattamente come un essere civile.
Allora anche lui possedeva un’educazione!
Dov’era finito il caprone rozzo e saccente che
conoscevo?
‹‹ Oh, non prenderti pena. Posso comprendere
quanto possa essere difficile mantenere equilibrio sulle proprie terre,
soprattutto per coloro che, come Ercole, rischiano la propria vita nel farlo!
››, la voce calda si zittì per un attimo, notai come i suoi
occhi si spostarono da Phil a me, studiandomi con genuina curiosità,
ancora non avevo proferito parola.
‹‹ E lei sarebbe? ››, domandò
al caprone, continuando a studiare ogni lineamento del mio viso, la cosa mi
infastidiva.
‹‹ Lei è la comp-››
‹‹ Sono Megara. Rappresento Tebe e tutto il
regno circostante.››, interruppi Phil che si voltò per
scoccarmi un’occhiata di intesa. Potevo leggere a chiare lettere come nei
suoi pensieri passassero frasi di avvertimento.
‹‹ Megara….proprio un bel nome. Posso
darti del tu? Venite. Vi presento gli altri ospiti. ››, senza
aggiungere altro ci diede le spalle e iniziò a farsi strada nel grande
salone addobbato appositamente per quel grande evento.
Sempre con quel sorriso sulle labbra che lo accompagnava da
quando lo avevo visto per la prima volta, Eric ci indicò e –
purtroppo – presentò ai più grandi rappresentanti dei regni
confinanti.
Dai sovrani dell’esotica Agrabah, la principessa
Jasmine e il suo compagno Aladdin, ai rappresentanti della Cina, la giovane
eroina Mulan e il generale Shang, vestiti entrambi con degli elegantissimi
kimoni che mi fecero sentire molto a disagio con il mio solito abito
attillato.
Passammo in rassegna le storie di ogni Paese presente in
quella sala finché Eric si fermò a cercare con gli occhi una
persona e quando la individuò, sorrise soddisfatto.
‹‹ Ho il piacere di farvi conoscere qualcuno di
davvero speciale. ››, ci informò per poi farci segno di
aspettare dov’eravamo.
‹‹ Ariel, mia cara, sono qui. Potresti venire un
secondo? ››, una fitta capigliatura fiammeggiante si spostò
verso la nostra direzione, sommersa com’era dagli ospiti che
l’avevano quasi presa in ostaggio.
Quando si avvicinò umilmente al fianco di Eric mi si
bloccò il fiato nei polmoni.
Teneva lo sguardo basso, gli occhi imprigionati sotto le
palpebre rosate, non aveva un filo di trucco se non due labbra rosse come il
corallo, era silenziosa quasi quanto me e quando ci osservò sentii
Filottete trasalire esattamente come avevo fatto io.
Definirla ‘bella’, sarebbe stato riduttivo,
era…disarmante.
I suoi occhi, a differenza di quelli del ragazzo che le
stava accanto, erano profondi e vivi, estremamente grandi, ti trafiggevano e ti
davano l’impressione di affogare in un mare pieno di silenziosa
curiosità, di voglia di scoprire ma la cortezza di tacere. Ti spogliava
con lo sguardo e ti incantava con tutto il corpo.
Non riuscivo a capire se ero invidiosa di quella bellezza
sfolgorante o ne ero spudoratamente incantata.
Indossava un abito lungo, molto chiaro che andava a sfumare
in un delizioso verde acqua fin sotto le caviglie, il piccolo seno era fasciato
strettamente, quasi come a voler sottolineare l’esilità di quel
fisico asciutto.
‹‹ Salve. ››, il suo sguardo si fece
dolce mentre il capo si inclinava leggermente da un lato, con le labbra tese in
un sorriso affascinante. Io non sarei mai stata capace di possedere tutta
quella raffinatezza e femminilità che la caratterizzavano.
Un fischio di apprezzamento mi destò dai miei
pensieri, abbassai gli occhi e vidi come Phil stesse per iniziare a sbavare
alla vista della giovane ragazza.
Per la vergogna gli pestai pesantemente uno zoccolo ma
sembrò non soffrirne come desideravo.
Ariel ed Eric sembrarono non aver fatto caso a quel volgare
atteggiamento, la cosa non si poté dire anche di me che sentii la pelle
del viso surriscaldarsi.
‹‹ Tesoro, loro sono i rappresentanti di Tebe,
Filottete e Mega-››.
‹‹ Megara. Lo so, lo so, li ho notati non appena
sono entrati. E' un piacere fare la vostra conoscenza. ››, la mano
affusolata di Ariel prese morbidamente la mia mentre mi sorrideva con quelle
fossette piene da far morire d'invidia ogni donna presente in sala.
Sentii il cuore vibrare nella mia ristretta cassa toracica.
Non mi piaceva granché il contatto fisico con le persone, anche se il
calore della sua mano infondeva un piacevole torpore in quel salone dalle
pareti e i sorrisi freddi.
Lei mi parve l'unica veramente reale in quel posto, in
quell'istante, non dava l'impressione di lasciarsi vivere come tutti gli altri.
‹‹ Il piacere è tutto
mio...››, sussurrai, cercando di sorriderle di rimando ma sapevo
che non era paragonabile al suo.
La mano di Eric poggiò sulla spalla della sua
compagna ma c'era qualcosa di strano, il suo sguardo pareva sfiorarla ma
scivolava ermetico intorno al suo corpo, come se non riuscisse a raggiungerla.
‹‹ Vi lascio conversare amabilmente, io vado a
intrattenere gli altri ospiti. ››, annunciò, prima di
separarsi da noi.
La mano di Ariel andò subito in soccorso della sua.
‹‹ Resta ancora un po'. Si stanno divertendo tutti,
nessuno scapperà via...››, sorrise, sperando di trattenerlo
ma la sua presa non valse a nulla, il palmo di lui si scostò, non in
maniera aggressiva ma abbastanza decisa da recarmi fastidio.
‹‹ Cara, devo essere un padrone di casa fino in
fondo. Cosa penserebbe di me tuo padre se mi vedesse perder tempo qui, con
persone importanti a non essere doverosamente accolte? ››, la
seconda frase era quasi un sussurro intimo tra lui e la ragazza.
Gli occhi di lei si fecero tristi, anche se il sorriso
forzato voleva mostrare tutto il contrario.
‹‹ E' giusto. Allora ci vediamo più
tardi. ››
‹‹ Certo, certo. ››, si
sbrigò a dire, voltandosi nuovamente verso di noi per salutarci
compostamente e allontanarsi verso la folla.
Il sorriso di lei morì non appena Eric scomparve tra
gli invitati.
‹‹... tutto bene? ››, domandai, la
mia occhiata era più che eloquente ma non sembrò scomporla.
Tutt'altro, non finse, restò con il suo viso abbacchiato mentre si
limitò a scusarsi e a sospirare.
‹‹ E' solo un uomo tanto impegnato. Alle volte
mi sento un po' trascurata ma è normale, no? Cosa si può
pretendere da un sovrano? ››
"A chi lo dici..."
Un grugnito si fece spazio tra di noi.
‹‹ Questa storia mi ricorda
qualcosa...››, borbottò Phil, con le fauci piene di qualche
leccornia che aveva preso dal tavolo vicino.
Lo sguardo della ragazza sembrò voler investigare
ancora più in profondità ma lo scatto della mia mandibola fece
rinsavire il caprone che incrociando lo sguardo con il mio si ficcò in
bocca tutti gli antipasti che aveva in mano così da non poter rivelare
altro in presenza di sconosciuti.
‹‹ Uhm, è meglio che vada in cucina ad
avvertire gli chef di portare qualcosa di più sostanzioso.
››
Solo una banale scusa per allontanarsi? Le sue spalle
piccole erano irrigidite, come se portasse qualche ingombrante macigno, i suoi
capelli fiammeggianti ricadevano sulla schiena come sottili fili di rame.
Il cuore riprese a battere velocemente.
‹‹ Phil, te l'hanno mai detto che sei un idiota?
››
‹‹ Che ho fatto-? ››,
brontolò, sputacchiando pezzetti di cibo.
Mi allontanai con passo deciso, avevo bisogno di restare un
po' per i fatti miei. L'isolamento totale non mi era mai dispiaciuto, era
quando la gente mi toglieva la solitudine senza restare con me a darmi fastidio
che preferivo restare a riflettere sui miei pensieri.
Mi appoggiai ad una colonna che si trovava accanto
all'impressionante vetrata del castello, il vento sbatteva contro la finestra e
interrompeva la melodia dell'orchestra di tanto in tanto. Quel posto mi dava
l'impressione di una grossa scatola piena di manichini.
Afferrai un calice pieno di un liquido ambrato, lo portai
alle labbra, almeno avrei passato il tempo in maniera differente anziché
annoiarmi, impelagandomi in qualche discussione noiosa.
Ebbi appena il tempo di dimezzare il contenuto nel bicchiere
che vidi il principe Eric spuntare nuovamente tra gli ospiti, regalava pacche
sulle spalle e sorrisi cortesi, usati e riciclati con ogni singolo individuo,
mi domandai se non facesse così anche con Ariel...
‹‹ Che damerino squallido. ››, consumai
tutto d'un fiato la mia bevanda, soffermandomi a studiare qualche strano
personaggio spuntare di tanto in tanto nella sala.
Forse quella specie di liquore era un po' troppo forte, un
coniglio bianco con il panciotto rincorreva una bambina bionda, pregandola di
non correre ma questa non dandogli retta urtò un ragazzino vestito
unicamente di verde che stava dialogando con una luminosa lucciola che
sembrò risentire di quella interruzione, afferrando in volo una ciocca
bionda dei capelli della bambina, scampanellando in modo acceso.
‹‹ Per Zeus, dove diavolo sono finita?
››, sospirai.
‹‹ Ma lassù, cosa mai ci sarà?
Imparerei tutto, già lo so...››
La mia attenzione fu sviata da quel quadretto che mi si
stava creando davanti da una melodia. Non era accompagnata da un'orchestra, era
solo una canzone cantata in solitudine, attutita dalle finestre, portata alle
mie orecchie dal vento.
Mi voltai e cercai nel buio un volto da poter accostare a
quel canto ma la luce della luna era fioca e illuminava a malapena la spiaggia.
I miei occhi intercettarono una folta capigliatura e cercando di sopprimere
ogni rumore circostante cercai di focalizzarmi solo su quella voce.
‹‹ Vedrai anch'io la gente che
Al Sole sempre sta, come vorrei
Essere lì, senza un perché in libertà.
Come vorrei poter uscir fuori dall'acqua...
Che pagherei per stare un po' sdraiata al Sole...?
››
La canzone sembrava diventare sempre più triste, una
nenia inconsolabile. Mi feci strada verso l'uscita dal castello, per
raggiungere quella melodia irresistibile, con un nodo in gola e un peso sul
petto, non riuscivo a fermare i miei piedi e quella sagoma nascosta
dall'oscurità sembrava davvero molto familiare.
L'istinto era sempre stato un tratto importante del mio
carattere. Non avrei lottato contro di lui proprio in quel momento.
Uscita fuori, sentii la canzone farsi sempre più
forte fino a rivelare la figura di Ariel rannicchiata sul bagnasciuga, le sue
scarpe lasciate scompostamente sulla sabbia più morbida.
‹‹ Ma un giorno anch'io, se mai potrò,
Esplorerò la riva lassù,
Fuori dal mar...
Come vorrei... vivere là...››
La voce le si ruppe in gola e gli occhi le si velarono di
lacrime mentre la mano che aveva teso verso l'oceano, si richiuse saldamente in
un pugno che si portò sul petto. Il silenzio intorno a noi era rotto
soltanto dai suoi singulti e dalla lontana sinfonia che stavano suonando al
castello.
‹‹ Ariel? ››, sussurrai, cercando di
non spaventarla mentre mi avvicinavo a lei ma i miei sforzi si rivelarono vani,
il suo corpo si contrasse come uno spasmo, cercò di guardarmi per
qualche attimo con i suoi occhi arrossati per poi alzarsi in preda alla
vergogna e gettarsi verso il mare.
‹‹ Ma che diavolo-?! ››, aveva perso
il senno?!
Velocemente mi slacciai i sandali e la inseguii verso il
mare aperto, nuotava incredibilmente bene ma era troppo sconvolta per potermi
fidare delle sue capacità mentre si allontanava in acque ben più
profonde.
Il mare era glaciale e non avrei escluso un probabile
assideramento.
‹‹ Ariel...fer-fermati! ››, urlavo
mentre cercavo di avvicinarmi a lei evitando di ingerire acqua salata.
Sentendo la mia voce o notando che quella in pericolo alla
fine sembravo più io che non lei, si arrestò, tornando indietro
più lentamente rispetto all'andamento frenetico con cui era partita.
‹‹ Che cosa avevi intenzione di fare?!
››, sgridarla era l'ultima cosa che mi sarei aspettata di fare ma a
quanto pare gli Dei avevano uno strano senso dell'umorismo quella sera.
‹‹...tornarmene a casa. ››
‹‹ A casa?! E avevi intenzione di raggiungerla a
nuoto?! Quella è casa tua. Il tuo posto è là! Insieme ad
Eric! ››, puntai con l'indice il castello, cercando di rimanere a
galla.
Forse fu il tono della mia voce o più probabilmente
quello che dissi ma Ariel si agitò nuovamente.
‹‹ Non è vero! Non è più
casa mia! ››
Le afferrai un polso mentre si dimenava sofferente.
‹‹ Tu non sai cosa voglia dire essere un pesce
fuor d'acqua! Stare con qualcuno che non ti ama più come un tempo! Tu...
tu non lo sai. ››
Assottigliai gli occhi, non mi guardava in faccia, il suo
sguardo era puntato sull'invisibile fondale marino, dalle guance continuavano a
rotolare perle salate che si ricongiungevano alle acque gelide marine. Ora
stava combattendo il suo dolore con la rabbia, si mordeva prepotentemente il
labbro inferiore piccolo ma pieno.
‹‹ So cosa vuol dire amare qualcuno e so anche
quanto faccia male non essere più la prima scelta. ››, la
voce mi divenne roca.
Finalmente vidi riaccendersi il suo sguardo che cercò
il mio, stupita dal fatto che un'altra principessa che avrebbe dovuto avere il
suo lieto fine condividesse una storia tanto analoga alla sua.
Le scostai dalla fronte una ciocca ramata per poi perdermi
sul suo profilo, fino al taglio dolce della sua mascella, mi accostai taciturna
a lei, chiudendo gli occhi, per poggiare le mie labbra sulle sue, assaporando
la salsedine e che contaminava il suo sapore. Iniziai a sentire un leggero
torpore diffondersi per tutto il corpo ma non smisi di far muovere le gambe,
cercando di spingermi un poco di più verso il suo corpo che non opponeva
resistenza, per l'ennesima volta, colta di sorpresa.
Quando mi scostai, intravidi le sue palpebre tremare per poi
rivelare i suoi occhi grandi e vivi.
‹‹ Ti chiedo scusa... io-...non era mia
intenzione, ecco. Volevo dirti solo che sarai amata perché è
impossibile che qualcuno non riesca ad amare una persona come te. ››
Allungò le braccia sulle mie spalle e si
appoggiò al mio corpo quasi fosse un'ancora di salvezza, chiuse gli
occhi, in cerca delle mie labbra. Non la respinsi, anzi, l'accolsi come fosse
la cosa migliore che quella serata potesse offrirmi. Baciarla era del tutto
naturale, come respirare, come sbattere le gambe per sopravvivere.
Presi le sue braccia e le allontanai dalla morsa per
stringere le sue mani e indirizzarle verso la battigia. Mi seguì
docilmente.
Una figura tozza e incaponita mi chiamava a gran voce dove
l'acqua non l'avrebbe raggiunto.
‹‹ Megara! Ti sembra ora di fare un bagno?! Lo
sai da quanto tempo è che ti cerco?! ››
‹‹ Ma sta’ zitto, caprone. Mi immagino
quanto tempo tu abbia speso a cercare di guardare sotto le gonne delle
cameriere. ››, rimbeccai acida. Proprio ora doveva rompermi le uova
nel paniere.
Strizzai i capelli dall'acqua in eccesso e con la coda
dell'occhio vidi Ariel imitarmi, sorrisi non appena intravidi la sua figura,
lei sembrò rattristarsi quando capì che Phil era venuto a prendermi.
La festa era finita.
‹‹ Sbrigati! La carrozza ci sta aspettando!
››
‹‹ Arrivo! Quanto baccano per nulla! Ho capito,
sto venendo, ti raggiungo, dammi un secondo.››, ringhiai rivolta a
lui.
‹‹ Spero per te sia davvero un
secondo...››, borbottò per poi rabbonirsi quando
incrociò lo sguardo della ragazza ‹‹...signorina.
››, salutò in un goffo inchino mentre trotterellava verso lo
spiazzo delle carrozze.
‹‹ Devo andare. ››, dissi a
malincuore.
‹‹ Aspetta...non ci rivedremo più?
››
Mi avvicinai a lei e mi inchinai per sganciare la mia
cavigliera per riattaccarla al suo polso, lei lo alzò per studiare i
piccoli ciondoli dal basso. Sembrava confusa da quel mio piccolo gesto.
‹‹ Così sarò costretta a tornare
da te per riprendermelo, no? ››, sorrisi, lei fece altrettanto.
‹‹ Trattalo con cura...››, mormorai
salutandola con un leggero bacio sulle labbra.
‹‹ Dunque... a presto. ››
‹‹ Ci puoi giurare. ››, dissi, congedandomi da lei per avviarmi da Phil.