Riconciliazione:
Anche gli dei chiedono perdono.
Introduzione:
Prologo:
T |
utto iniziò quel
fatidico giorno, in cui gli opposti si scontrarono nella battaglia finale, per
il futuro.
Crono sembrava imbattibile,
gli attimi trascorsi sotto i suoi colpi, capaci di spazzare via intere galassie
furono interminabili e i cavalieri d'oro di Athena dovettero faticare non poco
per poter sconfiggere gli altri undici titani, il Santuario era quasi distrutto
ormai e uno strano silenzio surreale regnava incontrastato, ma la pace
finalmente era portata e la salvezza dell'umanità era finalmente giunta.
Un’altra guerra sacra
si era conclusa lasciandosi dietro solo la disperazione e la distruzione
più totale.
Aiolia era sopravissuto
quasi a stento e a rischiato più volte di morire, ma la speranza mai lo
aveva abbandonato, ed ora giaceva a terra incurante di tutto, incurante di aver
distrutto un dio della genesi, e che ora su quel suolo giacevano i corpi dei
suoi fratelli i titani, voleva solo riposare, mentre suo fratello dall'alto lo
assisteva guardandolo con assoluta ammirazione era fiero di lui e di ciò
che aveva fatto.
Socchiuse gli occhi appena,
poi fu soccorso da Lithos che era stata preoccupata per la sorte di colui che
l'aveva accolta, dopo la morte di suo padre e Galan il suo più fedele
servitore, provato anche lui dalla snervante attesa.
Dopo il fatidico giorno,
calò la sera e in quello che rimaneva della casa di Aiolia i due fedeli
servitori si stavano dando da fare per curare le ferite di Aiolia, sopratutto
Lithos che era la più premurosa tanto che Aiolia dovette fermarla per un
pò.
"Ehi basta adesso, non
vedi che sto bene? Non ho bisogno che fai tutto questo per me davvero" le
disse il cavaliere del leone alla dolce ragazzina che cercava di imboccarlo.
"Niente storie, su
mangi signor Aiolia se no, non guarirà mai!" lo rimproverò
la ragazza, cercando di ficcargli in bocca il cucchiaio, colmo di una zuppa
alle verdure.
Aiolia fece un mucchio di
storie come un bimbo scherzava sempre, quando faceva così infondo era
contento che la ragazzina e Galan, si prendessero così cura di lui, si
era sempre ripetuto cosa avrebbe fatto senza il loro appoggio, era strato molto
fortunato, dopo la morte di Aiolos gli unici che veramente gli volevano bene, e
non lo trattavano come la pecora nera del santuario erano loro.
Dopo aver curato Aiolia
Lithos si ricordò che durante la battaglia, aveva perso una cosa a lei
molto cara, ovvero una collanina con un medaglione che le aveva regalato suo
padre, quindi nonostante il disappunto del suo padrone e di Galan andò a
cercarlo, sperando di trovarlo.
Si recò nel luogo
dove Aiolia aveva distrutto Crono, e iniziò a scavare tra le macerie, ma
niente non riusciva a trovarlo.
"Uffa accidenti, come
ho potuto perdere una cosa così importante, che stupida..."si
rimproverò la ragazzina, mentre scavava tra i detriti di roccia,
calcarea e i resti delle colonne antiche ormai distrutte.
Passò una buona
mezzora a cercare, si arrabbiò e imprecò più volte, poi
alla fine credendo ormai che quel pegno andasse perduto pianse.
Ad un tratto però
una voce spezzata da fremiti di dolore, simile ad un filo di lamento ormai, la
chiamò.
"Ragazzina?".
Lithos si girò
torno, ma non capiva da dove proveniva quel gemito, poi si voltò
all'indietro e con la coda dell'occhio, vide brillare qualcosa un luccichio,
poi un medaglione appeso ad una sottile catenella dorata.
La ragazza mutò
quella espressione di disperazione, in una di gioia, e un sorriso, si dipinse
sul suo infantile volto, e i suoi occhi si allargarono.
"Il mio
medaglione.".
Corse a prenderlo, voleva
proprio toccarlo sentire quasi suo padre al suo interno.
"Papà ti ho
ritrovato...”. Una lacrima le scivolò ancora, sul volto, ma
stavolta era di gioia.
La ragazzina era molto felice in quel
momento, però poi la sua felicità fu interrotta bruscamente dalla
visione che le se parò avanti, che le fece morire il sorriso sulle sue
labbra, e il suo cuore ebbe un tonfo, la paura, la avvolse.
La catena dorata era
avvolta alle dita di una mano che vestiva un guanto oscuro come la pece,
sebbene malridotto e le dita forse erano rotte tuttavia, poi si stendeva il
braccio che fece finire lo sguardo, sulla figura distesa a terra ormai, priva
di ogni energia di Iperione, il figlio di Urano era ancora vivo, sebbene a
stento, con il sangue ormai in gola, che gli colava da sotto le frange nere
sulla roccia, grigia di quella terra che ha cercato di distruggere.
Ora a vederlo così,
non era neanche più il terrore di ciò che rappresenta, la sua
forza titanica era svanita un pò perchè ora su fratello Crono era
stato sconfitto, e quindi il potere di cui tanto ha vantato, si era sopito, un
pò perchè ormai non era più nessuno, ma soprattutto non
voleva essere nessuno, stranamente era contento di essere stato sconfitto, da
guerrieri valorosi come Aiolia, anche se la morte dei suoi fratelli e sorelle e
sopratutto di Ceo lo addolorava, tuttavia l'espressione sul suo volto mostrava
un lieve sorriso sulle sue sottili labbra, che non era maligno, era tranquillo
e rassicurate.
I suoi occhi rossi come il
sangue, ma che ora avevano una strana e debole luce si fissarono su quelli
atterriti di Lithos, che prese subito il medaglione e si allontanò
subito, da quel dio distrutto, ma pur sempre terrificante, che però
chiese presto gli occhi scivolando una specie di sonno, forse morto?
La ragazza si era
allontanata di qualche passo, poi, quando vide il titano richiudere gli occhi
si sentì sollevata, forse era la fine per lui, però era bene
accertarsene, prima che si risvegliasse e riprendesse a distruggere ciò
che avevano appena ricostituito il signor Aiolia e gli alti cavalieri sacri.
"Speriamo che quel
mostro sia morto..." Si disse tra se, la ragazzina che si fece coraggio e
si avvicinò con cautela al corpo, apparentemente esanime del titano di
Crono.
Deglutì sudando
freddo, poi facendosi coraggio camminando a tratti, con il cuore in gola, si
avvicinò al corpo, del titano, che ora era completamente coperto da
ferite e il sangue colava sulla roccia dalla sua soma color dell'ebano semi
distrutta ormai.
Allungò con timore
una delle sue manine, verso quel corpo per vedere se in lui vi era ancora della
vita, e sperò con tutto il cuore, che aver visto prima che si muoveva
fosse solo un’illusione, quel mostro doveva essere morto per forza, Aiolia
lo aveva trapassato con uno dei suoi migliori colpi, purtroppo, però si
accorse presto invece che era ancora vivo, se bene il suo battito era molto
debole esattamente come il suo respiro.
Lithos del canto suo,
avrebbe voluto lasciarlo lì al suo destino, oppure avrebbe potuto
finirlo prendendo un coltello e lacerandogli la gola, dopo tutto un mostro
simile non doveva più vivere, però sicuramente non lo avrebbe mai
fatto, anche se era un mostro, e anche se Aiolia aveva fatto tanta fatica per
sconfiggerlo, non poteva ucciderlo oppure lasciarlo lì, si conosceva
troppo bene più tosto sarebbe morta lei, pur di salvarlo, e così
fece.
Guardò in giro per
vedere se c'era qualcuno che l'avrebbe vista o fermata, la strada era libera.
"Vi chiedo perdono
Signor Aiolia, so bene quanto avete faticato e sofferto e quanto sia pericoloso
ciò che sto facendo, ma anche i mostri meritano di vivere.”.
dicendo questo, si chinò e prese sebbene con fatica visto il peso il
titano sulle spalle, e lo portò in una vicina grotta che era in un bosco
semi distrutto poco più avanti al santuario.
Continua...