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Autore: Eryca    15/06/2012    1 recensioni
Adrienne.
Adrienne splendida, giovane, chiara, incantevole.
Adrienne incinta, con il pancione e il sorriso stampato in viso, l’aria di chi non vede l’ora di iniziare la vita con il suo amore, il suo sposo, il suo compagno di vita.
Lo stesso che l’ha uccisa lentamente.
Dove sei finita, Adie?

***
Billie Joe ha paura di amare. Ne ha sempre avuta.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le parole che non ti ho detto

 

 

Sbatto la porta.

Silenzio.

Si, succede sempre così, quando torno a casa, la notte; ormai mi sono abituato a quella quiete tormentata, a quel silenzio che sembra urlarmi in faccia anni di parole taciute.

Dove sei?

Vado avanti, nel buio. Ho gettato la bottiglia di Gin nell’aiuola che lei aveva curato con tanto amore, la domenica prima, mentre io non c’ero.

Io non c’ero.

Cerco di tenermi in piedi, ma continuo a barcollare, la mente ancora annebbiata dall’alcol che è entrato a fiumi nel mio organismo, come ogni sera da troppi anni, ormai. Sento rumore di passi sul parquet lindo, probabilmente lucidato la stessa mattina dalla donna delle pulizie.

Trattengo il respiro. Ho paura.

È lei, è sveglia. Di nuovo. Mi immagino il suo bel viso femminile guardarmi sorridente, come succedeva nelle sere estive di diversi anni fa, quando sia io che lei eravamo poco più che bambini. Le sue labbra erano così morbide…

Rocky.

Il mio cane si avvicina scodinzolando, gli occhi nocciola luminosi alla vista del suo amato padrone; per lui è semplice, non gli importa il fatto che ogni sera torno ubriaco, che sono assente per settimane intere.

Lui non sente quel silenzio assordante che mi picchia le orecchie.

«Billie, dove sei?»

«Non torno, questa sera.»

Mi abbasso e accarezzo le orecchie pelose dell’animale, appoggiando una mano sul lucido mobile in legno di mogano per tenermi in piedi, ancora troppo sbronzo per capire ciò che sta per succedere.

Abbandono il cane, ancora una volta, per inoltrarmi nel cuore della casa.

Quella casa che trascuro così tanto che ora fa male.

Appena metto un piedi in salotto, facendo il meno rumore possibile, la luce si accende, accecando la mia vista, inducendomi a mettermi una mano davanti agli occhi.

Questa volta è lei.

Se ne sta seduta sulla poltrona, la testa abbassata verso il pavimento. Indossa la solita vestaglia a fiori per cui l’ho presa tanto in giro in passato, dicendole che assomigliava ad una vecchia casalinga disperata. Ricordo che rideva sempre quando la apostrofavo con quel nomignolo.

Ora sento quella risata come un ricordo sfumato nei miei pensieri, che sbiadisce, mi scappa, scivola…

Rimango lì impalato, incapace di muovere un muscolo, di dire una parola, perché ormai il silenzio ha preso il sopravvento in questa casa, in questa mia vita. Sto fermo sullo stipite della porta, la mente un po’ addormentata, gli occhi rossi di chi ha appena passato una serata movimentata.

E lei sta lì.

«Mi vuoi sposare?»

«Si.»

Alza la testa e i suoi penetranti occhi neri mi catturano. Vorrei non dover guardare in quell’oceano oscuro, non ci riesco, mi fa male. È troppo per me. Io non sono mai stato forte e determinato come lei.

Lei che è una forza della natura, un uragano che ti risucchia e ti fa girare la testa.

Lei che ora ha gli occhi lucidi e pieni di lacrime, il volto stanco di una donna di mezza età che ha subito troppe ingiustizie, le rughe che le scavano un po’ nel viso, dovute alle mie continue assenze; i capelli trascurati, legati alla veloce con un elastico comprato al mercato.

Lei bellissima.

«Adie…»

Adrienne.

Adrienne splendida, giovane, chiara, incantevole.

Adrienne incinta, con il pancione e il sorriso stampato in viso, l’aria di chi non vede l’ora di iniziare la vita con il suo amore, il suo sposo, il suo compagno di vita.

Lo stesso che l’ha uccisa lentamente.

Dove sei finita, Adie?

Alza una mano per farmi tacere. Lei è sempre stata così severa, aveva paura di amare, di farsi amare, ma io l’ho amata. E lei mi ha amato.

Dov’è finito quell’amore, Adie?

Vedo che si sta trattenendo, che vorrebbe scoppiare a piangere, perché la conosco, lo so che non vuole mostrarsi debole ai miei occhi, non vuole esporsi. Ormai non si fida più di me.

L’ho uccisa.

Mi avvicino di un passo, lei si ritrae sulla poltrona come se avesse appena visto un fantasma, come se avesse paura di me. Io che l’ho amata così tanto, che l’ho desiderata nei miei sogni più profondi.

Io che l’ho uccisa.

Dove sono finite le parole? Non riesco a parlare, vorrei dirle che ho sbagliato tutto con lei, che quando sono in tour con Mike e Trè penso a lei, penso a quanto è bella, quanto la amo. Quanto mi manca.

«Mi manchi, amore mio.»

«Anche tu mi manchi, Billie.»

Ma ormai non servirebbe più a nulla, ormai l’ho persa. Adie non dà mai una seconda possibilità, non lo ha fatto nemmeno con la sua migliore amica, quando aveva provato ad andare a letto con me, anni addietro. Eppure a me ne ha già date troppe di chance.

Speranza.

«Vattene, Billie Joe. Vattene o me ne andrò io.»

La sua voce, di solito dolce ed allegra, mi arriva come un pugno nello stomaco, dura e irremovibile, come la Adrienne che ho conosciuto tanti anni fa, in quella sera estiva sulla spiaggia, tra il fuoco del falò e il mare caldo di Agosto.

La guardo.

Vorrei dirle che sono stato un idiota, che anche se non tornavo a casa la notte e passavo le serate in vecchi pub marci o che avevo dato il meglio di me con la musica, trascurando lei e i miei bambini, io non avevo mai smesso di amarla.

Ti amo così tanto che fa male, Adrienne.

Non riesco a dire niente, non so cosa fare. Mi sento come un bambino piccolo al suo primo giorno di scuola, spaesato e spaventato, incapace di emettere un solo suono.

Mi sento come se il mio cuore fosse stato sbattuto contro un muro ripetute volte, per poi essere stato calpestato e triturato da una forza senza scrupoli.

Io l’ho uccisa.

La colpa è mia e solo mia, lo so, l’ho sempre saputo. Lo sapevo quando salivo sul palco davanti ad una folla di ragazzine eccitate, conscio del fatto che lei era a casa a guardarmi alla televisione, con i nostri bambini e Rocky.

«Torna Billie, non ce la faccio più qua, da sola.»

Ma io non tornavo, no.

Rimanevo con i miei compagni di baldoria ad abbandonarmi ai fiumi dell’alcol, alla droga, al sesso con decine di donne superficiali in cerca di celebrità.

Ti ho tradito, Adie, amore mio.

E lei lo sapeva.

Lei sapeva che toccavo la pelle di altre ragazze, più giovani di lei; sapeva che dormivo in alberghi lussuosi, condividendo il letto con splendide donne prive di anima.

E anche quella sera, prima di tornare a casa, mi ero lasciato fottere da una tipa qualsiasi, di cui neanche conoscevo l’identità, di cui non mi interessava saperne di più della taglia di reggiseno.

E lei lo sapeva.

Faccio per toccarle il braccio, perché ho il bisogno disperato di sentire la morbidezza della sua pelle, del suo profumo di pesca, quello che tanto ho amato quando stavo dentro di lei, quando mi sarei voluto perdere in lei, senza mai dovermi staccare dal suo corpo.

Si scosta, si alza dalla poltrona lasciandomi lì in piedi a guardare un mobile in stoffa che mi era sembrato bello quando lo avevamo comprato, ma che ora vedevo un po’ vecchio, un po’ ammuffito e sgualcito. Avrei dovuto cambiarlo oppure cercare di sistemarlo?

«Com’era lei, Billie? »

Sento la sua voce strozzata, le parole morirgli in gola, nonostante il tono sia spavaldo, sprezzante, per farmi capire che non ha paura di me, che non le interessa di perdermi. Ma io so che non è così, io so che sta tremando, lo fa sempre.

Non posso risponderle, non posso farle ancora più male. Vorrei dirle che non c’è stata nessuna, quella sera, ma non è così, non posso mentirle, non di nuovo. Non ho il coraggio di fare uscire quelle parole che lei tanto vuole sentire.

«Adie, ti prego…»

Allungò la mano verso di lei, abbassandola subito, consapevole di non poterla toccare.

Forse mai più.

«Dimmelo.»

Sospiro. So che quando si mette qualcosa in testa è impossibile farle cambiare idea, quindi è inutile discutere: lei lo vuole sapere.

Ti amo così tanto da farmi male.

«Alta, bionda, capelli lisci e occhi azzurri. Magra.»

Le parole mi escono a fiotti, non ci penso due volte perché altrimenti non avrei più le palle di dire ciò che lei vuole sentire. Ma è la verità.

Quella ragazza era proprio così. Le cerco sempre uguali, come se facessi copia e incolla, perché non voglio assomiglino ad Adrienne, nessuna potrebbe anche solo essere simile a lei.

«Toccami, Billie.»

«Ti amo, Adrienne.»

La amo. La amo ancora, la amo sempre, come il primo giorno in cui l’ho incontrata, con quei suoi capelli ricci e ribelli, che tanto la fanno disperare e io tanto adoro.

La amo e non so perché fuggo da lei, scappo e non mi lascio prendere, corro via nel vento, lasciandomi dietro parole non dette e litigi silenziosi.

La sto uccidendo.

Si lascia scivolare a terra, la schiena contro il muro, le mani sul viso a voler nascondere le lacrime che ora stanno scendendo, bagnando le sue splendide guance rosee.

Ti amo così tanto da farmi male.

Non riesco più a stare lì impalato a guardarla soffrire.

Mi avvicino a lei e questa volta non demordo, lotto contro il suo disperato tentativo di liberarsi della mia stretta, so che non vuole essere toccata da me, si sente tradita, usata. Sa che ho toccato altre braccia prima delle sue.

Mi siedo vicino a lei, tenendola stretta a me, rassegnata a dover essere rinchiusa nella mia morsa. Non fa più resistenza ma si abbandona al mio abbraccio disperato, perché anche lei ne ha bisogno, anche lei deve sentirmi sulla sua pelle.

Le annuso i capelli e sento quell’odore di pesca che tante volte ho cercato in altre donne, ma mai ho trovato, perché Adrienne è una sola.

«Sono stanca, Billie…» la sento singhiozzare, il viso appoggiato sul mio petto. Le accarezzo una guancia, asciugandole una lacrima.

Anche io sono stanco, Adie. Sono stanco di fingere di essere single per vendere più album, stanco di dover dar da mente a delle ragazzine innamorate. Stanco di bere ogni sera, stanco di fumare erba in compagnia di due uomini che non hanno alcuna intenzione di crescere.

Sono stanco di stare lontano da te e i miei bambini.

«Ti amo…»

Finalmente riesco a dirlo, probabilmente dopo anni che non lo ammettevo. Dopo mesi di silenzio, mesi di tortura lontano da lei, la donna della mia vita.

Non ho più paura di lei, non ho più voglia di stare zitto, devo parlare, devo amarla, devo stare dentro di lei. Ora.

I suoi occhi incontrano i miei e si scaldano, come se fossero entrati in contatto con un fuoco bollente. Non posso abbandonare quel contatto, così continuo a guardarla mentre poggio le mie labbra sulle sue.

Sono morbide come le ricordavo.

«Senza te non sono niente, Billie.»

«Io senza te non esisto, Adie.»

Vorrei fare l’amore con lei in un modo disperato, ma so che non vuole. So che ha bisogno del mio abbraccio, di tranquillità, di certezze. Non è in grado di darmi ciò che voglio e io non glielo chiederò, le ho già fatto troppo male.

L’ho quasi uccisa.

«Vieni.»

Le prendo la mano, ora consapevole della mia meta, di ciò che le riempirà il cuore di gioia e forse la riporterà a me per sempre.

Perché io la voglio con me, per sempre.

Insieme, uniti come deve essere, attraversiamo i corridoi bui della casa, che ora non sembra più così solitaria, ma di nuovo colma di quello che ne è la sostanza: amore.

Apro la porta della cameretta e, facendo silenzio, entro con lei attaccata, conscio del fatto che ha gli occhi lucidi, perché sa cosa sto cercando di dirle; non ha bisogno che io le dica altre cose, comprende alla perfezione il significato di quel luogo.

Le sorrido e vedo che ricambia, mentre insieme, mano per mano, voltiamo i nostri occhi verso i nostri figli.

Ti amo così tanto che sono felice.

 

 

****

 

Ho scritto questa One-Shot in meno di un’ora, dopo aver letto l’ennesimo articolo insinuante il distacco tra Billie Joe e la moglie, Adrienne, che ha ispirato questa mia storiella.

Spero vi sia piaciuta, perché l’ho scritta con l’anima. Lasciate un commentino se leggete, ve ne prego, così saprò cosa ne pensate.

Un abbraccio,

la vostra Eryca.

   
 
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