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Autore: EvyStew    15/06/2012    0 recensioni
Se la storia di Biancaneve fosse più complicata, ambientata nei giorni nostri e con altre...creature?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mia mamma mi raccontava ogni notte questa storia. La adoravo perchè mi identificavo in Biancaneve. Questa storia la usavo per giustificare la morte di mia madre quando ero piccola ed era quello che mi diceva sempre mio padre. Quando crebbi, scoprii cos'era il cancro e che il mondo non era una favola dove i buoni vincono sempre, ma dove le persone più; deboli possono morire. Pensavo, nel buio della mia stanza, a come sarebbe stata la scuola nuova che avrei frequentato. Avrei compiuto gli anni a Maggio, fra poco, e mio padre mi aveva promesso che ce ne saremmo andati dal Canada e che avremmo vissuto negli Stati Uniti, anche se secondo me in quel paesino sperduto tra le foreste e vicino a Seattle, non era tanto diverso da qui. Non capivo ancora perchè non voleva mandarmi in una città soleggiata come Los Angeles, infondo non ero un vampiro. Ridacchiai come una scema alle 5 di mattina. Visto che non sapevo che fare mi svegliai e uscii sulla terrazza. Il sole sarebbe sorto tra poco e volevo vederlo prima della mia partenza. Accesi la luce del bagno e mi vidi allo specchio. Al posto dei capelli lisci che avevo ieri sera dopo la piastra, con l'umidità, erano diventati un groviglio. Presi la spazzola e malavoglia me li spazzolai. Mi misi su dei jeans e una felpa grigia e scesi a piedi nudi giù in cucina. Pensavo che mio padre stesse dormendo, ma invece era lì in piedi a frugare nel frigorifero.
- Papà hai fame? -gli chiesi a braccia conserte.
- Ciao bella, che ci fai a quest'ora in piedi?
- In verità è quello che mi chiedevo anchio di te...
- Avevo fame, va bene?
- Ecco, era la risposta che volevo.
Scoppiammo a ridere, presi due ciotole dallo scaffale, il cartone del latte e i cereali.
Adoravo i cereali alla mattina, mi facevano sentire felice, come la Domenica mattina di quando ero piccola e di quando c'era mia madre.
- Cosa c'è che ti preoccupa?
- Hmm? Niente...cioè ho paura...
- Di che cosa?
- Di non trovarmi niente, di non piacere ai compagni e ai professori...
- Eddai, se ho sopravvissuto io alle superiori, tu te la caverai alla grande come al solito
Gli sorrisi. Andai a prendere le valigie in stanza e le portai giù. Mio padre le prese - Emily, tesoro, per caso c'hai messo tutta la tua stanza qui dentro? -
- Hey, sono una donna ho il diritto di metterci ciò che voglio!
- Donna lo dirai dopo i 18 anni
- Papà! Sono quasi maggiorenne!
- Quasi, non lo sei ancora.
- Dio mio...va bene...
Andai in auto e partimmo subito.Un po' mi dispiaceva lasciare la mia casa, il posto in cui ero nata, ma sapevo anche che forse mi sarei trovata meglio. Vidi la foresta scomparire dietro alle mie spalle e l'unica cosa che vidi dopo era l'autostrada.
Prima che potessi vedere altro, crollai dal sonno.
- Emily, siamo arrivati...
- Eh? sì...ok...
Quando mi svegliai il paesaggio era lo stesso, la città era molto più vicina, ma mi sembrava di essere sempre in Canada.
La nostra casa era vicina al centro e alle foreste, era bella e grande per noi due. Fuori era di un colore bianco, azzurro come le altre case. Aveva molte finestre ampie, da cui potevo ammirare il paesaggio e fuori c'era un portico con alcune sedie. Appena entrai la casa mi sembrò molto semplice, ma aveva comunque un certo fascino. Aveva colori molto neutrali, ma era abbellita da foto nostre e quadri che avevamo nella casa vecchia.
- Papà ci sei già stato qui, vero?
- Certo, avevo portato qui già alcune cose, come vedi. Che ne pensi?
- Mi piace - sorrisi.
- Di sopra c'è la tua stanza, vieni.
Lo seguii, la mia stanza aveva vicino un piccolo bagno che usavo solo io. Mio papà pensava che fossi già grande e che meritassi un po' di più privacy.
La mia camera era grande quanto mi bastava, le pareti erano viola, uno dei miei colori preferiti e che mi trasmettevano tranquillità. La finestra era di fronte alla porta e proprio accanto, a destra, c'era un letto a due piazze. La scrivania era dall'altro lato della stanza ed era in legno con sopra delle fotografia. Sul muro mio padre aveva già appeso vari poster. Sopra alla porta era appesa una foto di me, mia madre e di mio padre, di quando ero piccola.
- Papà è stupenda...-  avevo le lacrime agli occhi.
- Tesoro non piangere - mi strinse e mi sentii subito meglio.
Quel giorno ordinammo due pizze e due coche dal ristorante vicino e ci guardammo alla TV.
- Dove sono Kira e Mailo?- chiesi a lui.
Kira era la mia cagnolina, un incrocio con un segugio italiano e Mailo era il mio gatto bianco e nero.
- Sono da Trudy.
Trudy era un'amica di mio padre, una donna anziana che prima aveva vissuto vicino a noi, ma che poi si era trasferita qui.
- Ok, avevo paura che li avessi dati via
Lui rise - Domani li rivedrai su.
Effettivamente ora non potevamo uscire visto che grandinava.
Il tempo era passato velocemente ed erano già le 23.30.
- Forse dovremmo andare a dormire, non pensi?
- Sì, ho sonno
- Ma se hai dormito durante tutto il viaggio oggi.
- Sì, ma ho ancora sonno - sorrisi.
Mi misi addosso un pigiama "quasi" invernale, ed era Giugno. Mi chiedevo se sarei riuscita a sopravvivere alle superiori come mio padre.
Dopo soli cinque minuti, crollai nel sonno.
  
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