Aveva sentito
la voce di lei echeggiare fra gli alberi e subito era corso verso la
Cornucopia.
Continuava a urlare sempre le stesse parole. Il suo nome si ripeteva
all’infinito rimbombando nel bosco. “Cato! CATO!”
Arrivato alla grande pianura, la vide. Clove era stesa a terra vicino alla
grande Cornucopia dorata. Cato le si avvicinò velocemente, senza curarsi troppo di
chi potesse essere nei paraggi, e si inginocchiò al suo fianco.
Non appena si avvicinò riuscì a vederla bene; era messa parecchio male, non avrebbe
potuto fare nulla per salvarla. Sentiva che gli occhi gli si stavano riempiendo
di lacrime ma non gli interessava, non in quel momento. “Stai con me…” Furono
le uniche parole che in un lieve
sussurro uscirono dalle labbra del ragazzo.
“Stai piangendo?” Chiese lei con un filo di voce.
“Tu puoi farcela! Ci faremo mandare qualcosa…Io…” Voleva salvarla, doveva
salvarla. Come avrebbe potuto fare senza di lei?
“Pensavo che non saresti venuto.” Cato prese fra le sue mani quelle di lei
tentando di trasmette calore a quel corpo che si faceva sempre più freddo. Come
poteva anche solo pensare una cosa del genere? Appena aveva sentito le sue urla
era corso a cercarla, perché per quanto non lo volesse ammettere, lui aveva
bisogno di lei.
“E lasciarti qui da sola? Mai!”
“Non parlavi così quando è morta lei…”
“Lei?”
“Ti ho visto con Lux, stesi sull’erba, lei fra le tue braccia…” Le sembrava
davvero quello il momento più opportuno per parlarne? Cato la guardò negli
occhi per qualche secondo. Beh forse non ne avrebbero più avuto uno.
“Quindi?! Pensavo che non ti importassi, non in quel modo!”
“Forse ho mentito.” Sussurrò lei con la poca voce che le rimane.
“Forse volevo solo farti ingelosire.”
“Ci sei riuscito.” Sorrise lei.
“Anche tu a farmelo credere.”
“Credo che ormai sia tardi.”
“No! Io posso provare a…” Nemmeno lui credeva alle sue parole ma non poteva
lasciarla andare, non così non senza lottare. Era questo che gli avevano
insegnato fin da bambino. Lottare. Contro tutti e tutto. Cosa importava se
cambiava il premio? Se invece di vincere la gloria fra i Distretti poteva
vincere lei.
“Cato, uno dei due doveva morire, non ci avrebbero lasciato vincere in due.
Quindi ora sei tu che devi vincere, per la gloria, per far divertire Capitol
City.” Disse lei. Aveva capito quanto orribili fossero i giochi solo troppo
tardi. Aveva capito che si erano addestrati tutti quegli anni solo per andare
incontro alla morte. Erano nati per morire. Ma non voleva che Cato lo capisse.
Lui doveva essere combattivo, doveva riuscire ad uscire di lì, doveva vivere.
“Si divertiranno un bel po’, quando ucciderò Tresh!” Gli occhi di Cato
traboccavano di rabbia e tutto del suo corpo urlava vendetta.
Non voleva vederlo così per l’ultima volta, arrabbiato e vendicativo, perché
Clove lo sapeva, il suo tempo stava per finire.
“Io credo di amarti.” Quelle erano le
ultime parole che voleva dire all’ultima persona che voleva vedere. Chiuse gli
occhi tentando di ricordare il viso di Cato così, dopo quella notizia che lo
aveva fatto sorridere.
“Io ti amo.” Le sue parole furono sovrastate dal suono sordo di un cannone.
Lei era morta.
Una lacrima di Cato cadde sul volto di lei.
Cato si alzò in piedi e stringendo i pungi e si diresse oltre il lago, verso
Tresh. Verso la vendetta.
Avrebbe pagato per ciò che aveva fatto a Clove.
Per ciò che aveva fatto a loro.
I veri innamorati sventurati dei 74° Hunger Games.