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Autore: midsummer    16/06/2012    5 recensioni
«Excusez-moi. Je suis Francis Bonnefoy, je suis français. Non voglio farti male. Sono qui in vacanza con i miei genitori e mi sono perso in questo bosco, non riesco più a tornare indietro. Peux-tu m’aider, s’il vous plait?»
« … Io abito nella villa qui vicino. Se vuoi, posso portarti da me, non posso fare altro.»
«Merci beaucoup… Ehm. Come ti chiami?»

Il primo particolare che percepì fu il profumo di rose, poi il biondo dei capelli, curati come allora. Rimase a fissarlo, immobile, fino a quando Francis non lo vide e gli sorrise. L’ultima cosa che osservò prima di rifugiarsi in bagno, con il batticuore e lacrime quasi invisibili che gli rigavano le guance, furono i suoi occhi. Azzurri. Come le giornate di quel mese in cui si erano incontrati, conosciuti, divertiti, separati. L’azzurro che non avrebbe più potuto dimenticare.
[FrUK] [possibili accenni ad altri pairing]
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 
 
 

No matter how many times
did you told me you wanted to leave.
No matter how many breaths that you took

you still couldn’t breathe.
No matter how many nights

that you lied wide awake
to the sound of the poison rain.
Where did you go?
Where did you go?
Where did you go?

[Hurricane – 30 seconds to Mars]

 
 
 
In un non lontano passato…
 
«Bonjour petit
«Whoa! Who are you? I don’t talk to strangers.»
«Excusez-moi. Je suisFrancis Bonnefoy, je suis français. Non voglio farti male. Sono qui in vacanza con i miei genitori e mi sono perso in questo bosco, non riesco più a tornare indietro. Peux-tu m’aider, s’il vous plait
«Idiot! Non parlre in francese perché non capisco una parola di quello che dici. E poi io odio i francesi, solo loro possono perdersi in un boschetto.»
«Non vuoi aiutarmi?»
« …  Io abito nella villa qui vicino. Se vuoi, posso portarti da me, non posso fare altro.»
«Merci beaucoup… Ehm. Come ti chiami?»
 

[…]

 
«Come on, French bastard! Sei troppo lento!»
«Sei tu che sei piccolo e puoi passare facilmente attraverso i cespugli!»
«Io non sono piccolo! Ho 6 anni e a 6 anni si è grandi. Tu invece sei vecchio, stupid frog
«Ho solo 3 anni più di te! E perchè continui a chiamarmi “frog”?»
«Perchè fai il verso della rana e hai la bocca larga come a lei.[1]»
«Oh, allora io ti chiamerò “chenille”.»
«Scenil?E che vuol dire?»
«Bruco.»
 

[…]

 
«Qu’est-ce que c’est
«»
«Ho detto “Che cos’è?”. Ci conosciamo da due settimane e ancora non capisci la mia lingua.»
«Non voglio capire il francese. Quando sono grande[2] non andrò a Parigi come vogliono tutti i bambini; io voglio andare a New York!»
«Ma New York è lontana. In Francia, invece, puoi andarci con il tunnel sotto il mare!»
«Stai parlando troppo, frog! Questo non te lo do più!»
«Non mi hai detto ancora che cos’è.»
« È un quadrifoglio, dicono che porta[3] fortuna. L’avevo trovato nel mio giardino.»
«E lo vuoi dare a me?»
«No! Tu sei cattivo con me, lo darò al mio amichetto Alfred.»
«Ma io ti voglio tanto bene.»

[…]
 

«Petit, domani ritorno in Francia.»
«Really? … Good! Così non vedrò più il tuo brutto muso da rana.»
« … Alors, adieu mon chenille
 

[…]
 

«Frenscis! Frenscis! Non è vero. Non ti odio, anch’io ti voglio bene.Torna da me. Promettilo! Promettimi che giocherai ancora con me.»
«Non piangere, petit, je le jure: tornerò e resteremo per sempre insieme! Au revoir, Arth…»
 
 
 
 
 
 

Per quanto sia insignificante un incontro o un avvenimento
eserciterà senz’altro un’influenza sul futuro.
Per quanto un avvenimento sia insignificante,
per quanto breve e veloce esso sia
e persino se viene rimosso dalla memoria,
il percorso di una persona è un unico filo ininterrotto
e il fato che lo determinerà non sparirà mai.
[xXxHOLiC]

 
 
 
 
LONDRA, SETTEMBRE 2010
 
“Standing in line to see the show tonight and there’s a light on heavy glow. By the way I tried to say I’d be there…”
La canzone dei Red Hot Chili Peppers si espanse nel piccolo appartamento della periferia di Londra. Oltre alla lenta canzone, l’unico suono che poteva essere udito era quello delle gocce che cadevano dal rubinetto della vasca da bagno.
“Skin that flick, she’s such a little dj. Get there quick by street but not the freeway. Turn that trick to make a little leeway…”
Il ritmo della musica divenne improvvisamente assordante.
Una mano uscì dal lenzuolo e cercò a tentoni l’aggeggio infernale che, nascostosi per bene tra le altre cianfrusaglie sul comodino, impediva di dormire all’occupante del caldo e accogliente letto. Quando finalmente le dita toccarono la consistenza della radiosveglia – che quel giorno aveva gentilmente trasmesso una canzone rock – la stanza ritornò nel silenzio. A parte ovviamente il suono dall’acqua che si infrangeva sul marmo della vasca.
Il ragazzo steso sul letto aprì lentamente e controvoglia gli occhi e la luce del sole che entrava dalle finestre lo accecò per qualche istante. Girò lo sguardo verso l’“affare cinese” – non trovava termine più adatto – e notò con disappunto che erano ancora le 6 di mattina.
 
Francis Bonnefoy, 23 anni, era il classico ragazzo che, senza esagerare, poteva essere definito affascinante: alto più di 1 metro e 70 e magro, con un fisico modellato dalla scherma che praticava quand’era un ragazzino. Il suo più grande orgoglio erano i suoi lunghi capelli biondi – con cui avrebbe facilmente potuto fare il testimonial di qualche shampoo –che a volte teneva legati in una scomposta coda; e a concludere il tutto, occhi azzurri come il cielo di Parigi dentro i quali molti si perdevano. Un’Adone moderno, insomma.
Francis approfittava del proprio fascino per adescare ogni essere avente la facoltà di respirare. Come cittadino della Francia, definita da molti la “terra dell’amore”, Francis poteva affermare di “amare l’amore”: approvava qualsiasi forma di questo sentimento e, proprio per questo, lo si poteva trovare a braccetto con una dolce ragazza a passeggiare per gli Champs-Elysées o rifugiato in un angolo appartato di una discoteca qualunque con un avvenente ragazzo conosciuto da poche ore.
E nonostante avesse frequentato ogni genere di persone, non aveva ancora incontrato nessuno di così speciale con cui poter trascorrerci la vita. E spesso si ritrovava a pensare che non lo avrebbe mai incontrato.
Il mondo è grande, infinito; e, per un romantico qual è Francis, incontrare la persona giusta, la propria metà, come racconta un famoso mito greco, tra milioni e milioni di persone non è un’impresa che riescono a compiere tutti. Quindi, l’unica cosa che poteva fare era donare il proprio cuore per un giorno.
 
Dopo aver abbandonato con riluttanza il comodo giaciglio, Francis trascinò i piedi fino ad arrivare nel cucinino dove, con qualche semplice mossa, preparò il caffè. E grazie a quest’ultimo e ad un croissant di dubbia provenienza, ma comunque accettabile, ricollegò i vari neuroni che si erano disattivati nel corso della notte.
Quel giorno sarebbe dovuto andare per la prima volta all’UCL[4], la prestigiosa università di Londra. L’università parigina in cui studiava aveva proposto ai suoi migliori studenti di provare l’esperienza dell’Erasmus per un anno e il biondo, conoscendo la lingua inglese abbastanza bene grazie ai suoi numerosi viaggi in quella città, aveva subito firmato tutte le carte necessarie all’iscrizione.
Così, in qualche mese, aveva trovato un modesto monolocale in periferia che avrebbe diviso con altri due studenti stranieri di cui, però, non sapeva niente. Era arrivato nella capitale inglese ormai da una settimana e ne aveva approfittato per controllare la zona e ricordare tutto ciò che poteva essergli utile, ma dei suoi coinquilini neanche l’ombra.
Finito il caffè si vestì con ciò che aveva preparato con cura la sera prima: camicia bianca, giacca nera e jeans. Niente di complicato, almeno per i suoi canoni, ma era rimasto comunque un intero pomeriggio davanti all’armadio prima di scegliere cosa avrebbe indossato l’indomani. Legò i capelli in una coda bassa – i suoi amici dicevano che gli conferiva un aspetto più maturo – e si premurò di portare con sé il suo portafortuna: un quadrifoglio.
Guardò l’orologio: erano le 8. Se non fosse accaduto un miracolo, sarebbe sicuramente arrivato in ritardo. Il suo primo giorno. Cosa può esserci di peggio?
Prese in un millisecondo la borsa a tracolla dove aveva sistemato i libri universitari e uscì come un lampo dall’appartamento. Si sentì un tuono e poi sembrò che Dio avesse deciso proprio in quel momento di punire l’umanità rimandando il diluvio universale.
Sì, c’è sempre qualcosa di peggio!
 

* ** *** ** *

 
Le strade di Londra erano in fermento, i passanti correvano per potersi riparare dal temporale che era scoppiato da un momento all’altro, tipico elemento inglese.
Un ragazzo si distingueva dalla massa camminando tranquillamente, come se la pioggia che gli bagnava i vestiti e gli inzuppava i capelli non esistesse, l’ombrello dimenticato chissà dove. Gli occhi verdi sormontati da sopracciglia quasi supernaturali – c’era chi pensava che lì dentro vivesse una civiltà sconosciuta all’uomo – fissavano davanti a sé la propria destinazione. Una macchina troppo vicina al marciapiede gli schizzò l’acqua di una pozzanghera e, a quel punto, tutti videro un piccolo tornado dalla zazzera bionda sbracciarsi e inveire contro l’automobile giallo canarino ormai troppo lontana affinché il suo proprietario potesse sentire le sue minacce di morte violenta.
«Fuck you, idiot! Guarda dove vai la prossima volta. Oh, shit, dovrò cambiarmi prima che inizino le lezioni. Che hai da guardare, tu?» si rivolse, non troppo cortesemente, a un bambino cicciotello, curioso della sua reazione. È inutile dire che “il bambino di UP” – come lo denominò l’acido inglese – corse piangendo dalla madre, la quale gli rivolse uno sguardo non proprio gradevole. Il biondino non se ne curò e, ancora zuppo, si diresse verso l’università.
«Ohi, Arthy» un grido riuscì a sovrastare il vocio dei passanti, i motori delle macchine e il tuono che annunciava l’arrivo di un fulmine. Oh, bene, solo quello mancava! «Ehi, non mi hai sentito?» qualcuno lo afferrò per il polso e Arthy dovette girarsi verso la fonte dei tre quarti dei suoi guai. Un ragazzino un po’ troppo cresciuto, più alto di lui, con una pancetta tipica di chi beve coca-cola e mangia hamburger a colazione, pranzo e cena – gli venne da vomitare solo a pensarci – ma con dei limpidi occhi azzurri nascosti da una montatura d’occhiali all’ultima moda, gli sorrise radioso.
«Βuongiorno Alfred. Sì, ti ho sentito insieme a metà abitanti londinesi. Qual cattivo vento ti porta vicino alla mia università, quando tu dovresti essere a scuola a fare biologia?»
«Fammi indovinare: oggi hai mangiato dello yogurt scaduto. Oppure, ho capito!, hai provato di nuovo a cucinare gli scones e, come al solito, li hai bruciati. Ti ho sempre detto di stare alla larga dai fornelli, ma tu non mi ascolti mai!»
«Alfred» e marcò quel nome come se volesse lanciargli una maledizione «oggi non ho voglia di scherzare. La radiosveglia mi ha fatto alzare di soprassalto alle 6 di mattina e ho capito di odiare i Red Hot Chili Peppers; a casa non c’era niente, neanche una bustina di tè e, quindi, sono affamato; la vecchietta sopra il mio appartamento mi ha lasciato cadere un secchio d’acqua in testa mentre uscivo dal palazzo, per poi bagnarmi ancora di più grazie a questa cazzo di pioggia e poco fa un coglione che correva a 1000 mi ha annaffiato. Per concludere in bellezza, sei arrivato tu, con le tue battute idiote, a rovinarmi una giornata che è cominciata male dal risveglio!»
«Wow… Hai mai pensato di andare da uno psicologo? Sai, dicono che fanno miracoli» Arthy lo guardò furente. «Va bene, niente più battute. Oggi non sono entrato a scuola.»
«Non mi dire. Pensavo che qui davanti a me ci fosse il tuo spirito, separato dal tuo corpo dormiente a causa della noiosa lezione di biologia.» Alfred si imbronciò, con le guanciotte gonfie, proprio come farebbe un bambino. «Tua madre si arrabbierà e questa volta io non ti aiuterò.»
«Ma…»
«Quindi, se sei venuto fino a qui per chiedere soccorso, puoi benissimo entrare a scuola o ritornare a casa e affrontare tua madre, eroe.» E, detto ciò, Arthy gli diede le spalle e girò a sinistra.
«Neanche Superman riuscirebbe a sconfiggere mia madre. Lei è come il cattivo dell’ultimo livello che nessuno riesce a battere. Ti prego, Arthur, aiutami!» Alfred lo seguì, dando segno di non voler cedere.
«Non ho mai visto tua madre arrabbiarsi con Matthew. Sei tu il ragazzo problematico, tua madre è solo una santa a sopportarti.»
«Ma Matthew è noioso! Non vuole mai giocare ai videogame, né uscire con gli amici e nemmeno vedere i film horror con me. Lui studia, studia e studia. Posso venire con te?» L’americano gli si parò davanti e lo guardò con gli occhi che Arthur chiama “da gatto con gli stivali”. Il più basso lo sorpassò, fingendo una fermezza che sa di non avere. «Mi comporterò bene, lo prometto. Non romperò più la statua di quel poeta!»
«Non è un poeta, è Einstein, il più grande fisico di tutti i tempi! Ma perché continuo a parlare con un ragazzino ignorante?» Arthur si fermò, massaggiandosi le tempie. «Non puoi venire, ti annoieresti. In un’università non puoi far altro che studiare. Quindi ritorna a casa e non farmi arrivare in ritardo.»
«Oggi il russo ci sarà?» L’altro si girò di colpo, guardandolo ad occhi sgranati.
«Perché mi chiedi di Braginski? Vuoi vendicarti per due settimane fa? Ti ricordo che ti ha fatto un occhio nero e ti ha spaccato il labbro, mentre tu sei riuscito solo a lasciargli un livido alla spalla. A vedervi sembra che la Guerra Fredda sia ricominciata.»
«Tu rispondi. Ci sarà?» Alfred lo guardò determinato.
«Non conosco i suoi corsi, non saprei dirti.»
Il ragazzo sorrise, come se la discussione dell’ultimo minuto non fosse avvenuta. «Io verrò comunque, ti aspetto all’entrata!» e, correndo, lo lasciò in mezzo alla strada.
 
 
Com’era arrivata, la pioggia sparì all’improvviso, cosa che non accadde, però, con i vestiti fradici di Arthur. Arrivato di fronte all’edificio tutti i suoi colleghi lo fissarono, sghignazzando. Avrebbe voluto vedere loro nei suoi panni! Entrò di corsa, deciso ad andare in bagno e togliersi, una volta per tutte, gli indumenti bagnati per sostituirli con il ricambio che avrebbe dovuto indossare il pomeriggio per andare a far visita a sua madre. Pazienza, sarebbe passato da casa prima di partire.
Sorpassò la segreteria, senza rivolgerle particolare attenzione come sempre, ma si ritrovò a girarsi di colpo. Il primo particolare che percepì fu il profumo di rose, poi il biondo dei capelli, curati come allora. Rimase a fissarlo, immobile, fino a quando Francis non lo vide e gli sorrise. L’ultima cosa che osservò prima di rifugiarsi in bagno, con il batticuore e lacrime quasi invisibili che gli rigavano le guance, furono i suoi occhi. Azzurri. Come le giornate di quel mese in cui si erano incontrati, conosciuti, divertiti, separati. L’azzurro che non avrebbe più potuto dimenticare.
 
 
 
 
 
 
[1] [2] [3] Non sono analfabeta e conosco la grammatica xD Ma dal momento che a parlare sono bambini di 6 e 9 anni non ho rispettato qualche regoletta e congiuntivo. Anzi, mi sembrano discorsi troppo difficili per loro, soprattutto per Arthur. Chiedo venia per questo ^^”
 
[4 ]L’UCL (University College London) esiste realmente ed è davvero una delle più prestigiose università di Londra e anche dell’intero Regno Unito.
 
 


 
Cantuccio dell’autrice
Ok, in realtà non avrei voluta pubblicarla, sia per la mia poca sicurezza nella scrittura sia per il fatto che questa storia non è ancora compiuta. E sono molto lenta a scrivere un capitolo. Questo l’ho scritto 4 mesi fa e ricontrollato fino a stamattina xD
Riguardo alla storia: è principalmente una FrUk, anche se vorrei inserire accenni a qualche altra coppia, ma non saprei ben dire quale. Ancora non so nemmeno come sarà il prossimo capitolo, l’ispirazione arriva con la pagina bianca di Word xD Tra le avvertenze ho messo OOC perchè non ho mai scritto su di loro e anche se ho cercato di mantenerli IC non so se sono riuscita nel mio intento. Mi direte voi. Per ora ho inserito rating verde, perché, come ho già detto, non so come si evolverà la storia. Vorrei però arrivare almeno all’arancione. Non inserirò il rosso, quindi chi comincia a leggere può tranquillamente continuare.
Per ultima cosa, spero che questa “cosa” vi piaccia, anche perchè sarete voi a incitarmi ad aggiornare, o almeno lo spero ^^ Quindi, se ne avrete voglia lasciatemi un commento, che sia negativo o positivo, per farmi sapere che ne pensate.
Arrivata qui, mi sto chiedendo se qualcuno sta leggendo questo “cantuccio” xD
To be continued... Forse.
  
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