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Autore: rosie__posie    16/06/2012    10 recensioni
Pensandoci bene, non credeva plausibile riuscire a rimanere in silenzio fino all’ora di coricarsi. Però sicuramente non gli avrebbe parlato almeno fino allora del the! OK, forse era decisamente troppo ottimista: magari poteva resistere fino a pranzo. Certo, doveva assolutamente evitare di posare lo sguardo nei suoi splendidi occhi o sulle sue labbra invitanti e succose
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Signora Hudson!
 
L'urlo risuonò così forte che, dal piano di sotto dove  stava prendendo il the con la signora Turner, la padrona di casa avrebbe potuto affermare senza sbagliarsi troppo di aver sentito le pareti tremare. Si precipitò di sopra salendo i gradini a due a due.
 
-Di grazia, cosa è successo questa volta?
 
Comparendo sul vestibolo dell'appartamento al piano di sopra, si guardò rapidamente intorno con aria circospetta, aspettandosi di vedere, che so, gente animate da intenzioni tutt'altro che amichevoli e armate di sciabola o pistola o, peggio, la sua (una volta bella e linda) cucina saltata in aria. Vide solo il solito disordine che caratterizzava più o meno costantemente il soggiorno dei suoi inquilini, duplicato da libri, scartoffie e indumenti sparsi qua e là in misura superiore a quella che era ormai divenuta la norma, e il dottore che frugava con impazienza dappertutto.
 
-Signora Hudson, perché deve sempre far scomparire le cose quando pulisce?
 
-Io non faccio "scomparire" le cose, quando pulisco-, precisò la donna, fingendo, e nemmeno, tropo bene, una finta irritazione nella voce. -E poi  io non sono....
 
-La nostra domestica, sì sì sì...-, completò John, con un'irritazione che bastava per tutti e due.
 
-Ma cosa sta cercando, John?-, domandò la signora Hudson, la mano destra sui primi bottoni della camicia e osservando meglio il dottore; quello assomigliava di più a un comportamento da Sherlock, che da John.
 
-Il mio iPod-, rispose John, frugando dietro i cuscini del divano.
 
-Oh, quello!-, commentò la donna sollevata.
 
-Mi serve per calmarmi. E in questo momento ho un assoluto bisogno di calmarmi, signora Hudson!-, stridendo con la voce mentre pronunciava le ultime parole.
 
-Che cosa le ha fatto, questa volta?-, domandò la padrona di casa, con tono dolce e accondiscendente.
 
-Niente, a parte farmi fare la figura dello scemo davanti a un testimone.
 
Dal divano, John si spostò alla scrivania.
 
-E a Greg, la sua squadra e un buon manipolo di giornalisti!
 
Niente, nemmeno lì.
 
-Oh, ma ormai sa bene com’è il nostro ragazzo!-, disse la signora Hudson con un sorriso caldo e rassicurante. John sospettò che avrebbe trovato scusabile il comportamento di Sherlock anche quando sarebbe arrivato il giorno – oh, perché era certo che sarebbe arrivato!– in cui avrebbe davvero fatto saltare per aria la cucina. La loro e quella della signora Hudson al piano di sotto, contemporaneamente.
 
-E poi, suvvia, cosa le avrà mai fatto dire di così terribile?-, continuò, insistendo.
 
John si fermò un attimo e si portò le mani ai fianchi, guardando la donna bene negli occhi.
 
-Signora Hudson, mi ha fatto telefonare a Scotland Yard per dichiarare l’avvenuto decesso di una vittima.
 
La donna sbatté un paio di volte le palpebre, senza capire bene dove volesse arrivare il dottore.
 
-Quando solo due ore dopo la suddetta vittima si presenta con Sherlock nell’ufficio di Lestrade. Sulle sue gambe!
 
Al Sulle sue gambe John alzò le braccia al cielo.
 
-Oh…
 
-Uno dei suoi stupidi esperimenti! Con il potassio puro questa volta…
 
-Beh, chiunque può sbagliare, no?
 
-Certo, un medico che non sa nemmeno distinguere un morto da un vivo…
 
-Sarebbe stato peggio il contrario, no? Beh, in ogni caso, il suo iPod l’ha preso Sherlock, prima.
 
Questa volta fu John a sbattere ripetutamente le palpebre, sorpreso.
 
-Ha detto che aveva bisogno di rilassarsi-, spiegò la signora Hudson, prima di sparire giù per le scale e tornarsene a casa propria, dal suo the e dalla sua amica.
 
Rilassarsi. Lui aveva bisogno di rilassarsi! Il signorino! Sbuffando, John sistemò un po’ alla bene e meglio la confusione che aveva creato in salotto, poi, una volta che fu sommariamente soddisfatto del risultato, si sedette in poltrona ad aspettare il ritorno dell’amico, portatile acceso sulle cosce.
 
Decise che non gli avrebbe detto niente. Non niente nel senso che non lo avrebbe messo a parte del suo disagio e della sua arrabbiatura. Niente nel senso che non gli avrebbe minimamente rivolto la parola. E per tutto il resto della giornata, che cavolo!
 
Beh, pensandoci bene, non credeva plausibile riuscire a rimanere in silenzio fino all’ora di coricarsi. Però sicuramente non gli avrebbe parlato almeno fino allora del the! OK, forse era decisamente troppo ottimista: magari poteva resistere fino a pranzo. Certo, doveva assolutamente evitare di posare lo sguardo nei suoi splendidi occhi o sulle sue labbra invitanti e succose…
 
-Ciao!-, fu quello che gli disse Sherlock, entrando in casa.
 
-Umpf…
 
John fece un terribile sforzo su se stesso per non dirgli Ciao anche lui. Insomma, essere arrabbiati con una persona doveva proprio significare anche essere dei maleducati?
 
Lo guardò di sottecchi da sopra il portatile. Fu bravo: riuscì a evitare egregiamente occhi e labbra, ma i bianchi auricolari del suo iPod che si intravedevano da sotto i riccioli neri e che correvano ai lati del suo splendido collo furono per lui una tentazione davvero forte.
 
-Tutto bene, John?
 
Oh, adorava il modo in cui pronunciava il suo nome! Deciso, vigoroso. Nessun altro l’aveva mai pronunciato così…
 
Fu di nuovo bravo e abbassò ostinatamente lo sguardo sulla tastiera, labbra serrate. Sherlock era in piedi davanti a lui e lo sovrastava con tutta la sua elegante imponenza.
 
-Oh, capito. Siamo arrabbiati. Pensavo fossi sufficientemente intelligente da capire che non potevo metterti a parte del mio piano. Avevo assolutamente bisogno che tu fossi credibile e, non per essere scortesi, ma le tue doti d’attore non sono,per così dire, eccelse.
 
Sherlock si sedette nella sua poltrona e si sfilò le scarpe usando i talloni, buttando le braccia sui braccioli. Gli auricolari dell’iPod e l’iPod stesso non si mossero da dove si trovavano.
 
-OK, va bene, ho recepito il messaggio. Ho visto bene che sei arrabbiato. Ora per favore puoi smetterla? Sei noioso dopo un po’.
 
Di tutta risposta e senza staccare gli occhi dalla tastiera, John allungò la mano sinistra in fuori, palmo rivolto verso l’alto.
 
-Cosa c’è?
 
-Il mio iPod, grazie, gradirei riaverlo.
 
Perfetto, era miseramente ceduto alla parola già prima delle 11. Altro che arrivare almeno all’ora di pranzo.
 
-Mhm, per lo meno hai smesso di recitare la parte della Sfinge. Non eri un granché nemmeno in quella.
 
Sherlock si tolse gli auricolari dalle orecchie, sfilò l’iPod dal taschino della camicia, si chinò in avanti e appoggiò delicatamente il tutto sul palmo di John. Il contatto con la mano fresca dell’altro fece provare al dottore un leggero brivido lungo la schiena.
 
Il detective si reclinò nuovamente all’indietro, sprofondando nella poltrona e socchiudendo gli occhi. John, invece, si infilò gli auricolari e iniziò a premere sui tasti, alla ricerca delle sue canzoni preferite. Corrugò la fronte e iniziò a premere con maggiore insistenza. Proprio non riusciva a trovarle.
 
-Sherlock?
 
-Uhm?
 
-Sei sicuro che questo sia il mio?
 
-Mi sembra evidente. Io non ho un iPod. Altrimenti, non avrei bisogno di prendere il tuo.
 
-Se per quello, hai un computer e un cellulare, ma spesso usi i miei.
 
-Solo quando sono più vicini. O quando voglio ridere un po’-, ribatté l’altro, sempre con gli occhi chiusi.
 
John si morse la lingua, facendo uno sforzo su se stesso per non alzarsi e andare a picchiare il suo amico. Sentiva i pollici che prudevano, come si suol dire, ed era sicuro che al processo per aggressione lo avrebbero scagionato da tutte le accuse, vista la mole di attenuati che avrebbe presentato.
 
-In ogni caso, questo non può essere il mio. Non c’è su nemmeno una delle mie canzoni.
 
-Ah, quello! Mi sono preso la briga di cancellarle e metterci su qualcosa di più divertente-, spiegò l’altro, sempre a occhi chiusi.
 
-Tu cosa?
 
-Hai sentito bene.
 
Sentendo John che chiudeva il portatile con violenza e, con altrettanta indelicatezza, lo riponeva sulla scrivania, Sherlock aprì finalmente gli occhi e si sporse in avanti.
 
-Ma hai dato bene uno sguardo alla tua playlist? Viva la vidadei Coldplay, The Great Beyond dei Rem, Wake me up when September ends dei Green Day…
 
Dire che John era furibondo era riduttivo.
 
-Sono delle splendide canzoni, queste, delle vere e proprie hit…
 
-21 guns
 
-Con tutto il cast di American Idiot!-, puntualizzò l’altro, punto sul vivo.
 
-Già, ottime per il suicidio, qualora fossi tentato! Volevo evitare che, ascoltandole, ti buttassi giù da un cornicione. Ringraziami.
 
-Perché tu sai bene cosa si prova, vero?-, bofonchiò. La tentazione di prenderlo a pugni – per che no, anche sui suoi meravigliosi zigomi affilati – era ancora presente e invitante.
 
-Te le ho sostituite con qualcosa di più divertente! Che hai da lamentarti?
 
-Già, come no? Jennifer Lopez, Lady Gaga, il soundtrack di Mamma Mia
 
-Hai qualcosa da ridire su come canta Meryl Streep?
 
-Su Pierce Brosnan sì.
 
-Brosnan aveva del talento come investigatore in Remington Steele.
 
-Certo! Faceva il figo come te.
 
John si sistemò meglio le cuffie e iniziò a rilassarsi un po’ alle prime note di Kidz dei Take That.
 
-Comunque-, riprese Sherlock, indicando con l’indice il portatile di John, -Prima di cancellarle, le ho copiate tutte sul tuo computer. Non si è perso niente.
 
John bofonchiò un Ok poco comprensibile seguito da qualcos'altro ancor meno comprensibile.
 
-Cosa?-, domandò Sherlock, che invece aveva compreso benissimo.
 
-Ho detto grazie.
 
-Bene. Considero chiusa la questione, allora.
 
-Però, appena ti riesce, comprati un iPod tutto per te.
 
-Perché devo spendere inutilmente i miei soldi se posso usare il tuo?, ribatté il detective, che non aveva nessuna voglia di darla vinta al dottore.
 
-Ha parlato colui che spende 50 sterline in elemosina!
 
-Oh, litigate sempre come una vecchia coppia di sposi!-, commentò la signora Hudson, materializzandosi nel salotto con vassoio, arrosto e patate.
 
John arrossì leggermente, prima di mormorare un timido Noi ... uhm... non siamo...
 
-Vecchi! Indiscutibilmente non siamo vecchi, signora Hudson, e grazie.
 
Sherlock aveva parlato tenendo gli occhi fissi in quelli di John, nel malizioso tentativo di farlo arrossire di più, se mai era possibile.
 
-Prego, caro. E mangiate prima che si raffreddi.
 
E, così come era apparsa, la signora Hudson scomparve.
 
-Comunque, per inciso, non é che S.O.S. sia una canzone propriamente allegra-, puntualizzò John, iniziando a canticchiare un paio do strofe. 
 
So when you're near me, darling can't you hear me
S. O. S.
The love you gave me, nothing else can save me
S. O. S.
When you're gone
How can I even try to go on?
When you're gone
Though I try how can I carry on?

 
Sherlock si strinse nelle spalle. 
 
-Dovresti provare ad ascoltarla di notte, al buio, sdraiato sul letto, con addosso nient'altro che il lenzuolo...
 
John trattenne a stento un sorriso, scosse la testa e si leccò il labbro inferiore. Un gesto che aveva sempre un buon ascendente sul gentil sesso e che, con buone probabilità, poteva avere lo stesso effetto anche sul suo moro coinquilino, mentre cercava di immaginarsi con ogni muscolo del suo corpo e cellula del suo cervello Sherlock sdraiato sul letto con indosso niente, a eccezione di, non le famigerate gocce di Chanel 5, bensì le cuffie del suo iPod.
 
-Beh, credo sarebbe cosa buona e giusta che tu, stasera, mi facessi vedere bene come si fa.

 
 
 
Angolo dell’autrice:questo sclero mi è uscito stamattina in piscina, mentre guardavo il mio bimbetto sguazzare in acqua col papà. È stato scritto con l’iPhone, quindi vogliate perdonare eventuali errori! ^__^ Il riferimento alle pessime capacità di recitazione di John fatto da Sherlock è preso dal Canone. E, sì, le canzoni sull’iPod di John si trovano tutte sul mio :P
 
   
 
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