Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: OttoNoveTre    17/06/2012    7 recensioni
Peeta Mellark è stato salvato e riportato nel distretto 13. Ma il suo salvataggio non è stato indolore: le torture che gli sono state inflitte a Capitol City non gli permettono di distinguere il reale dall'onirico, gli amici dai nemici. Uno degli psicologi, il dottor Quentin, si sta occupando della sua riabilitazione, fino a scoprire un segreto rimasto sepolto nell'inconscio...
E se non fossero state le torture a destabilizzare l'equilibrio di Peeta?
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La torta





Il presidente Coin analizzò il foglio di carta, strappato da una cartella medica, che uno dei suoi soldati le aveva messo davanti. C’erano solamente due righe scritte a matita e con una grafia malferma.
- Lo psicologo, il dottor Quentin, ha detto che è il primo grosso passo avanti da giorni. Fino ad oggi il paziente aveva passato l’ora del colloquio in perfetto silenzio o, peggio, in stato confusionale. Questo è un segno di ritorno a emozioni positive, qualcosa che lo distrae dalle torture che ha subito. Il dottore ha detto che sarebbe poco saggio rifiutare, anche perché in fondo si tratta di una richiesta innocua.
- Va bene, soldato Mannick, se il dottor Quentin è d’accordo il paziente Peeta Mellark può avere ciò che desidera.
Prese un timbro dalla scrivania e validò il pezzo di carta.
Mezz’ora dopo, nella stanza d’ospedale di Peeta furono portati un televisore e un cd.
- Peeta, siamo riusciti a recuperare solo qualche episodio. Se non hai niente in contrario, lo guarderemo assieme.
Peeta voltò solamente la testa verso lo psicologo, ma negli occhi alla parola “episodio” si era accesa una luce di speranza.
Il dottor Quentin mise il cd nel lettore, il televisore lo macinò come se volesse farlo a pezzi, ma dopo un po’ restituì l’immagine di uno studio televisivo…

- Benvenuti alla penultima puntata di Kitchen Games! Ormai i nostri concorrenti sono a un passo dall’ambitissimo premio: la gestione di un ristorante sulla Torre di Vetro di Capitol City! Ma facciamo entrare il nostro giudice…
Le pareti rosse dello studio si aprirono, rivelando un uomo biondo dallo sguardo duro vestito da cuoco.
- … il temutissimo chef Goran Ransey!
Stacco sulle postazioni di cucina dei cinque concorrenti superstiti, tra cui si riconosceva Peeta Mellark, che applaudivano calorosamente. Quando l’applauso si spense, Ransey prese la parola.
- Se siete qui, non è certo perché la fortuna è stata sempre a vostro favore: nell’alta cucina non c’è fortuna, ma solo impegno! Avete dimostrato di possedere talento, abilità e sangue freddo. Pagnottino!
Il ragazzo si rizzò in tutta la sua poca statura e disse: - Sì, chef!
- Sei stato il nostro cenerentolo, Pagnottino. I quattro che adesso ti circondano vengono dalle migliori scuole di cucina di Capitol City. Chi avrebbe mai pensato che il ragazzo del pane avrebbe tirato fuori dal suo grembiule idee così belle e così buone?
Partirono una serie di filmati riassuntivi, in cui Peeta mescolava, sbatteva uova, tagliava carote e si asciugava il sudore con il braccio, concentrato sui fornelli. Lo schermo poi inquadrò una parte dello studio adibita a confessionale, con Peeta seduto su una cassa per la frutta, rovesciata.
“Mi sembra un sogno essere qui, essere in questo programma faccia a faccia col mio idolo. Al distretto 12, seguivo le edizioni precedenti, mi appuntavo ogni singola ricetta, ben sapendo che non avrei mai avuto i soldi per realizzarle. Ma sono ancora tutte qui – e tirò fuori un quadernetto rosa ad anelli – e ora ho finalmente la possibilità di mostrare ciò che valgo.”
Cominciò un altro filmato, con Peeta sorridente che stringeva la mano a Ransey e riportava alla postazione un medaglione di cervo ai mirtilli neri dall’aspetto sublime.
“Certo, è stata dura. I ragazzi che ho conosciuto qui erano tutti agguerritissimi, a volte mi dicevo “Peeta, tu sei solamente il ragazzo del pane, che cosa pensi di fare?”
Altra puntata, un soufflé miseramente sgonfio e Peeta che piangeva sotto lo sguardo fulminante di Ransey, che scuoteva la testa e buttava il contenuto del piatto in un bidone.
“Eppure non mi sono fermato, mai! Ho imparato l’umiliazione ma anche la rivincita che segue l’umiliazione.”
Nella terza registrazione, Ransey annusava una forma tonda di pane, perfetta. La tagliò con un coltello seghettato e quella rivelò un ripieno a strati di prosciutto, formaggio e soffice mollica. Peeta aveva il volto radioso e risoluto di chi non vuole mollare.
“Ed eccomi qui, niente male per un ragazzo del pane, eh?”
Le telecamere tornarono a inquadrare lo studio e il Peeta attuale che batteva le mani, felice come una pasqua.
L’obiettivo si strinse su Ransey, fino a inquadrare solamente il suo busto.
- Oggi vi presenteremo una prova difficile, forse la più difficile che si sia mai vista qui, nello studio di Kitchen Games. E non sarò solamente io a giudicare i vostri piatti, quest’oggi.
Alcuni primi piani dei concorrenti, stupiti e incuriositi.
- Spero che, appena dirò il nome della mia assistente di oggi, mostriate tutti di capire quanto sia un onore per noi che lei abbia accettato di tornare a Capitol City per prendere parte al nostro programma.
Ancora i concorrenti che bisbigliavano tra di loro alcune congetture. Stacco sul confessionale, dove questa volta c’era una ragazza con la parrucca nerissima a meches blu.
- Ero così emozionata! Mentre Goran parlava ero sempre più sicura che avrei visto a pochi metri da me Apple Beetlejuice, o Peach Smoothie! Oddio oddio stavo per svenire.
Ritorno nello studio principale, inquadratura della porta dietro a Ransey.
- Non è del mestiere ma ne capisce più di molti professionisti, ormai da qualche anno in pensione nelle sue proprietà di campagna e stasera qui per giudicare proprio voi... – ultima pausa di tensione. - …Linda Ray.
I concorrenti si spelarono le mani all’apparire della donna piccola ma dallo sguardo tremendo che i due pannelli rivelarono. Ransey le diede due baci sulle guance e la portò accanto a sé, al limite tra il palco dei giudici e le postazioni di cucina.
- Mi sentite parlare fin troppo, sarà la signora Ray a spiegarvi in cosa vi cimenterete oggi. Prego.
Bebe Linda si sistemò i già perfetti capelli. Quentin sapeva che la Stratega Suprema Onoraria era nata l’anno dei primi Hunger Games, eppure la donna inquadrata non dimostrava più di cinquant’anni, e aveva uno dei visi più affascinanti che avesse mai visto. Si ricordò di alcune conversazioni avute con Odair, e su come lui tirasse fuori confusamente la storia di una “donna diabolica”.
- Carissimi – anche la voce era qualcosa di eccezionale – immagino che vi aspettaste qualche professionista al mio posto. Eppure, anche lo stratega è uno chef, solo con una cucina un po’ più grossa.
Primo piano di un concorrente dai capelli a spazzola striati come una zebra, che rise affascinato.
- Ed è questo che io vi chiedo, stasera.
Alle spalle di Ransey e Bebe era comparso qualcosa di quadrato coperto da un telo di seta rossa. Bebe prese un angolo della stoffa e svelò una torta bellissima, a quattro strati, adornata di conchiglie, ciottoli, reti da pesca e un fiume che partiva dallo strato più alto e finiva nell’ultimo.
- Voglio che, in tre ore, facciate una torta che simboleggi uno dei distretti di Panem. Dodici, presentare la tua carbonizzata non sarà considerato valido!
Peeta, inquadrato in primo piano, gettò la testa all’indietro in una risata, anche se in fondo agli occhi si leggeva l’agitazione.
Ransey riprese la parola:
- Bene, avete tre ore di tempo da… - inquadratura dell’orologio – ORA!
I cinque corsero verso la dispensa con i cestini, in modo da accaparrarsi quanta più roba possibile. Peeta ci aveva messo poco a scegliere, poi era tornato alla postazione e già trafficava con ciotole e fruste.
Bebe gli si avvicinò mentre versava con la spatola un impasto di un bel marrone luminoso nella tortiera.
- Dodici, con cosa ci stupirai oggi? Spero che quelli che vedo lì non siano morsi della notte.
- Quelli me li riservo per l’arena, stratega.
- A che distretto sarà dedicata la tua torta?
- C’è bisogno di chiederlo?
Bebe sorrise e andò verso un’altra postazione, dove la ragazza che si era già vista prima, quella coi capelli neri e blu, stava facendo a pallini della pasta di mandorle, come fossero perle di una collana.
Il montaggio si fece sempre più concitato, con Goran e Bebe che giravano per i tavoli a vedere le torte formarsi. Peeta, inquadrato di nuovo, aveva messo a raffreddare gli strati della sua torta e stava fabbricando degli alberelli in pasta di mandorle, prima di dipingerli verdi con infinita cura.
- Un minuto!
Frenesia: il concorrente zebrato appiccicò in tutta fretta delle mele a un albero, un’altra ragazza finì di posizionare un trenino sullo strato più basso della sua torta, Peeta era chino col pennello sulla cima…
Un boato squassò lo studio: pentole, padelle e ingredienti finirono a terra e rotolarono in giro. I concorrenti si guardarono attorno spaventati, alcuni si nascosero sotto il banco di lavoro. La telecamera finì a terra e continuò a riprendere piedi che scappavano, gente che strisciava, urla e voci indistinte. Poi, nella confusione, Peeta riconobbe la voce di Gale: - Peeta, siamo venuti a salvarti.
Il filmato si interrompeva di colpo. Lo schermo rimase nero per qualche decina di secondi, poi si sentì di nuovo in cd che macinava nel lettore.
La scena successiva era di nuovo lo studio, restaurato. La scritta in sovraimpressione diceva “speciale: finale di stagione e premiazioni”.
Inquadrarono Goran e Bebe con i quattro concorrenti finalisti attorno.
- Quest’anno, la finale di Kitchen Games è stata interrotta da un attentato, che purtroppo ci ha privato del nostro concorrente più prezioso. Ma questo non ha fermato lo spirito indomito dei miei ragazzi, perché se c’è una cosa di cui un cuoco non la paura, sono le fiamme.
Applauso da parte di tutti, anche del cameraman. Goran riprese:
- Credo che la nostra vincitrice, Teodora, abbia qualcosa da dire.
Tutti applaudirono, mentre una ragazza coi capelli arancioni veniva inquadrata, commossa e con un assegno in mano.
- Abbiamo discusso tanto con gli altri ragazzi, e so di parlare per tutti quando dico che, senza quell’orrido incidente, ora non sarei io a stringere in mano questo assegno. Peeta, adorato, ci manchi un sacco.
Applausi e commozione dagli altri. La ragazza coi capelli arancioni tirò su col naso e proseguì:
- Perché nessuno, nessuno può negare che abbiamo davanti un capolavoro. Grazie, Pagnottino, non ti dimenticheremo mai.
Goran, serio, schioccò le dita e i pannelli dietro di lui si aprirono. Tutti i concorrenti delle vecchie puntate entrarono spingendo un carrello, sopra il quale stava una delle torte più belle che Quentin avesse mai visto: Le pendici erano color cioccolato fondente, con la prima base coperta da finissimi alberelli di pasta di mandorle. Sul secondo strato, gli alberi lasciavano posto a una recinzione fatta di fili di caramello, mentre sull’ultimo si distingueva chiaramente il villaggio del distretto 12, coperto da una sottile coltre di neve. Goran Ransey prese un coltello e, con fare solenne, tagliò una fetta dal primo strato. E lì Quentin non potè trattenere un grido di meraviglia: nell’impasto Peeta aveva ricreato tante venature rosse e pepite di cioccolato, a simboleggiare le miniere di carbone. A Quentin venne l’acquolina in bocca, soprattutto visto il tenore dei pasti nel distretto 13. Peeta, accanto a lui, aveva le lacrime agli occhi.
- E’ bellissima, Mellark.
Nel piccolo schermo tv, Bebe aveva addentato un pezzetto della torta e stava commentando: - In una delle mie interviste più famose, avevo dichiarato di non poter fare a meno della sponge cake al matcha. Beh, che dire, non è mai troppo tardi per cambiare parere. Ottimo lavoro Dodici.
Peeta aveva un sorriso che non finiva più, eppure aumentò ancora quando Ransey prese a sua volta una porzione di dolce e, assaporando il primo boccone, chiuse gli occhi.
- Questa – pausa – è una delle torte più deliziose che io abbia mai assaggiato. Complimenti, Pagnottino, ovunque tu sia.
Mentre tutti applaudivano, uno degli altri cuochi accese un fiammifero e lo porse a Bebe. La stratega lo avvicinò alla sommità della torta, e la neve sulle case prese fuoco. La telecamera inquadrò dall’alto la scena, e Quentin vide che, poco a poco, il fuoco aveva formato un disegno: la ghiandaia imitatrice, in fiamme.
Era talmente rapito che non fece caso alle molle del letto che cigolavano, a Peeta che si alzava e andava verso la tv, allo schermo ridotto in frantumi scintillanti dal bastone della flebo.
- No! Mellark, calmati, CALMATI!
- DOVEVO VINCERE IO! L’AVEVO DEDICATA A TE E TU MI HAI PORTATO VIA! TI ODIO, KATNISS EVERDEEN, TI ODIOOOOO!
Quentin riuscì a raggiungere il pulsante d’emergenza e due infermieri accorsero nella stanza e immobilizzarono Peeta, che piangeva disperato.

- Dottor Quentin.
Katniss si avvicinò con la solita aria inquieta e nervosa.
- Sì, soldato Everdeen?
- Mi chiedevo, quando potrò vederlo?
- Porta pazienza, temo che non sia proprio il caso oggi.













La tana di Otto
Mh, lo so che è una storia un tantinello irrispettosa e fuori luogo, dati gli argomenti dei libri. Ma è capitato che io guardassi in tv una puntata di Masterchef in cui i concorrenti dovevano preparare una torta a strati come prova. Poi, dalle chiacchierate in chat con lei mie sexy-assistenti Dragana e Vannagio, ci siamo chieste se non fosse il caso di regalare anche a Capitol City il suo programma di cucina. E quale concorrente migliore se non il nostro glassatore di torte Peeta Mellark? Se, invece che le torture, lo avessero trattato con tutti i riguardi per farlo passare dalla loro parte e avere così un valido e prezioso alleato, immagino che, oltre alle interviste con Caesar Flickermann, lo avrebbero sfruttato come star televisiva. Inoltre, se lo shock è stato causato dal perdere la finale del gioco, ha anche senso che si sia ripreso glassando la torta del matrimonio di Finnick e Annie.
Insomma, amalgamate tutti questi spunti ed ecco qui questa "what if" delirante.
Goran Ransey è il corrispettivo Capitol di Gordon Ramsay, mentre Bebe Linda Ray è stata, secondo il mio fanon, la stratega degli Hunger Games che vanno dal 25mo al 49mo. Si sa che è una donna tremenda.
Pagnottino è il soprannome che Goran ha coniato per Peeta mentre partecipava al suo gioco.







   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: OttoNoveTre