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Autore: Mushroom    18/06/2012    2 recensioni
Poi vi era anche quella categoria umana di cui facevano parte pochi esemplari; quella che ci viveva, di ossessione, per la quale Irene sembrava avere una certa inclinazione. Forse perché non aveva ancora capito bene cosa piacesse, esattamente, a quel tipo di persone.
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Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Irene Adler, Jim Moriarty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Titolo: Ossessioni
Fandom: Sherlock (BBC)
Personaggi: Irene Adler, James Moriarty
Rating: Verde
Avvertimenti:
One-shot, assurdità sparse
Scritta in risposta alla sfida di Trick_, scrivere una Moriarty/Irene, lunghezza e rating a scelta, prompt: Sherlocked.
WordCount: 1280

Si chiama Ossessione, e ognuno ne ha una.
Una stupida, piccola mania: il volere quelle cose lì, sì, perfettamente in fila; il contare i gradini uscendo di casa; il lasciarsi andare a piccoli rituali e alla superstizione incidente riposta in questi. Non sapeva dire in che modo e misura l’ossessione appartenesse alle persone, sebbene ne conoscesse le forme più particolari. Quello di cui era certa, Irene, consisteva nell’essere totalmente consapevole che i suoi piccoli tormenti – nel corso della vita – si erano sempre rivelati particolarmente utili. Bisognava semplicemente saperli trasformare in vantaggi – e allora diventavano favori, virtù, qualcosa di giocabile a proprio favore e mai, mai punti deboli.
Ma se anche avesse avuto qualche debolezza, pensava, nessuna di queste avrebbe mai potuto comprometterla in modo irreversibile. Conosceva gente – o meglio, sapeva cosa piaceva alla gente – in grado, sotto i giusti stimoli, di darle mezzi e misure per appiattire le sue piccole dimenticanze.
Poi vi era anche quella categoria umana di cui facevano parte pochi esemplari; quella che ci viveva, di ossessione, per la quale Irene sembrava avere una certa inclinazione. Forse perché non aveva ancora capito bene cosa piacesse, esattamente, a quel tipo di persone.
James Moriarty era uno di questi.
«Chi sei oggi, James?».
Moriarty le scoccò uno splendido sorriso, accennato di imbarazzo. Giocherellava col pollice e l’indice con il polsino di un brutto maglione e nel suo sguardo, placido e intimorito, vi era solo un leggero pizzico di divertimento.
Irene Adler sorrise, con il massimo di riguardo e una punta di curiosità. Londra aveva perso un grande attore, il giorno in cui James Moriarty aveva deciso di votare la propria vita al crimine. Ma era più divertente, e Irene lo capiva.
«Un medico» dichiarò con trasporto. E di nuovo quell’ampio sorriso, senza sott’intesi, senza minacce. Irene rabbrividì appena, scrollando le spalle. C’era qualcosa, in quell’uomo; qualcosa che portava la gente a scappare via, lontano, velocemente, senza un vero perché. Solo l’istinto, che sussurrava veloce “Scappa” e “Corri” e “Abbi paura”. «E un soldato. Un medico Militare, Miss Adler».
«Un medico militare con un gusto orribile nel vestiario» avvicinò un bicchiere alle labbra, storcendole appena. Fece un cenno alla cameriera, chiedendole di versare un po’ di vino nel bicchiere del suo compagno.
«Si tratta solo di un piccolo accorgimento» e ci fu uno acuto, tra le sue parole, che lo tradì. Si schiarì la voce e tornò a sorridere – e se non sapesse di star parlando con Moriarty, Irene direbbe quasi in modo civettuolo. Aveva voglia di ridere, in modo isterico e poco contenuto, e di attirare tutte le attenzioni del ristorante su di sé. Invece mandò giù un altro sorso di vino. Era rabbia, quella di James Moriarty, e Irene la trovava orribilmente divertente.
«E con che nome dovrei chiamarla, Dottore?»
«Pensavo a John ma, sinceramente, lo trovo un compromesso troppo banale. Jaime. Jaime Morstan» dichiarò, prendendo in mano il bicchiere e osservandone le superficie con un buon livello di entusiasmo. Abbassò il tono della voce e si sporse verso di lei «Sembra un individuo veramente normale» sussurrò, con una nota di isterismo «E invece si scopre che nell’essere lui vi è di più della monotonia e del disgusto» ridacchiò, questa volta; il viso che si riempiva di piccole crepe e gli occhi che si illuminavano di orrore, in una maschera che cadeva e si ricomponeva in modo discontinuo. «Non puoi capire quanto sia folle, in realtà, quest’uomo».
Irene si allontanò, aprendo e richiudendo la bocca senza emettere suono «Non ho mai pensato che John Watson fosse sano di mente – disse infine, respirando col naso, il cuore che pulsava velocemente nelle sue orecchie – ma folle? No, non è la definizione giusta, James». Nascose il tremore alla mano afferrando un piccolo pezzo di pane e rigirandolo tra le dita. La sua mente iniziava a produrre quegli ormoni necessari alla fuga (scappa, via, lontano) e pensava – ovviamente; pensava che se James Moriarty era arrivato fino alla Norvegia per parlare con lei, per trovarla, forse aveva qualcosa di meglio da fare (da dire) che fingersi un’altra persona.
Eppure lo trovava diverso, dall’ultima volta che avevano collaborato. Lo trovava bruciato, dall’interno. Un po’ come se fosse bloccato e il suo cervello fosse andato in sovraccarico; uno sbalzo di energia e, ops, tutto perduto.
Il falso dottore si lasciò scappare un'altra risata, più bonaria, ricomponendosi nella sua perfetta recita «Ho un lavoro per lei, Miss Adler» dichiarò, le parole che sembravano gocce di miele «Un lavoro semplice semplice».
«Lo immaginavo» commentò. A quell’opinione seguì l’arrivo delle prime portate, sebbene l’appetito fosse ormai un ricordo lontano. «Suppongo si tratti di informazioni».
L’ilarità sul volto dell’uomo crebbe, passando dall’ironia al più sincero divertimento. «Non ha nessuna informazione rilevante che possa servirmi, Irene».
Irene Adler prese un altro respiro e alzò un sopracciglio, leggermente sorpresa. Le informazioni erano l’unica cosa che aveva, l’unico dettaglio rilevante e l’unico cavillo che potesse spingere James Moriarty a tenerla in vita. Allora fu lei a sporgersi sul tavolo, spostando i piatti di pesce e tirando la tovaglia in modo scomposto. E nonostante quel gesto mancasse di eleganza, fu forse il modo calcolato e la scintilla furba del suo viso che spinsero James a assecondarla.
«Forse avrei potuto dartele ugualmente, Jim – sussurrò – con un po’ di persuasione, ti saresti convinto che si trattava di ottime credenziali, buone notizie per il tuo buon piano» tracciò i contorni del suo viso con un dito, fermandosi all’angolo delle labbra «Ovviamente avresti dovuto trovare il giusto modo per farmi parlare – e so che sei molto fantasioso, in queste situazioni»
«Mai quanto te, Irene» sogghignò, prendendole la mano «Ma rimango sempre meno sentimentale e dedito a metodi meno dolci dei tuoi»
Irene Adler non poté trattenere uno sbuffo «Davvero? Eppure non ti sono mai dispiaciuti».
Allora risero, risero insieme senza gioia.
«Lo distruggerò, Irene, e sappi che lo renderò così miserabile, così lurido e disperato dal farlo diventare poco più di niente» bisbigliò, di nuovo quella scintilla spaventosa nello sguardo, di nuovo il desiderio di scappare. Ma la sua mano serrava quella della donna in una stretta ferma e sicura. Dio, pensò. «Colpirò lì dove hai già fatto tu: prima l’orgoglio, poi la dignità, poi John Watson» fece schioccare la lingua sul palato, e rise da solo. Irene ripensò alla sua sensazione precedente, quella che le suggeriva il fatto che Moriarty fosse semplicemente ammattito, e le diede in parte ragione. Era solo esasperato, oppresso in un gioco senza schiaramenti. Era solo un’ossessione troppo dannosa; la stessa che, dopotutto, aveva perseguitato anche lei.
E le piaceva il modo in cui lo stava consumando, il modo in cui non riusciva a controllarla – oh, le dava tante belle immagini, quella versione di Moriarty. Quella che conteneva un po’ di lui e un po’ della persona che cercava di impersonare.
Ghignò e si portò più vicino al suo viso, quel tanto che bastava per baciarlo. Quello era il suo metodo. Percepì una sensazione di soddisfazione, e le labbra e la lingua di Moriarty, che sapevano di vino e di niente. Una mano che si sostituiva all’altra, uno scambio di un piccolo pezzo di carta. James si ritrasse dopo poco, confuso, rosso, boccheggiante – di nuovo nel suo personaggio, anche se aveva ancora molto da perfezionare.
Irene si ricompose, stringendo tra le mani il bigliettino.
Dio
, pensò di nuovo, ma non lesse. Avrebbe atteso, prima di scoprire quale lavoro aveva appena accettato.
Per il resto della serata, furono solo un Dottore e una bella ragazza in un bel locale.
Primo appuntamento
, dissero alla cameriera curiosa. Tutto quel borbottare e quel ridere sembravano aver causato qualche perplessità in sala.
Irene e il Dottore finsero divertimento, a quell’affermazione.
«Sai» gli disse Irene, mentre la cameriera si allontanava «Potrebbe essere lui a bruciare te. E mi piacerebbe tanto vederti implorare pietà, James»

 

Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP!
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