Anime & Manga > Anna dai capelli rossi
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Autore: Kirby    04/01/2007    8 recensioni
Eccomi qua, pronta con una nuova ficcy... Non voglio svelare troppo... Solo che i protagonisti sono Anna e Gilbert... Buona lettura...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Un leggero ma insistente bussare alla porta riscosse i due ragazzi dal magico luogo in cui la semplice unione delle loro labbr

Un leggero ma insistente bussare alla porta riscosse i due ragazzi dal magico luogo in cui la semplice unione delle loro labbra li aveva trasportati.

“Devo aprire” mormorò Gilbert staccandosi a malincuore dall’invitante bocca di Anna.

“Che cos…?” sussurrò lei, realizzando in quel mentre il rumore continuava incessantemente.

“Dottore, la prego mi apra! Mio padre sta male!” gridò una vocetta infantile da dietro la porta chiusa.

“I tuoi pazienti ti reclamano…” bisbigliò la ragazza, arrossendo e ricordandosi il bacio che si erano scambiati qualche minuto prima.

“Già… ma il nostro discorso non è ancora terminato” le disse Gilbert sicuro.

“Invece si è già concluso: cinque anni fa per la precisione” replicò lei allontanandosi di qualche passo dal ragazzo ed appoggiandosi alla scrivania “Sono una sciocca: mi ero illusa che durante questi cinque anni tu fossi cambiato ed invece ti ritrovo più determinato che mai a far carriera, ignorando il villaggio che ti ha sempre sostenuto ed appoggiato” sibilò lei, stringendo con disperazione lo spigolo della scrivania.

“Anna, io…” iniziò lui, ma nuovi colpi alla porta lo costrinsero ad aprire la porta.

Il giovane Mike Abbot, un ragazzino di dodici anni con stopposi capelli castani ed occhi color tortora, entrò nella stanza  cercando il dottore.

“La prego! Mio padre sta male!” gridò dopo averlo visto.

“Prendiamo il mio calesse, faremo prima” spiegò il giovane medico prendendo sottobraccio il nuovo venuto “Ti serve un passaggio, Anna?” chiese rivolgendosi alla ragazza che gli dava le spalle.

“No: devo tornare a casa. Marilla potrebbe preoccuparsi” mormorò uscendo rapidamente dall’ambulatorio.

Gilbert la osservò sparire dietro una curva: gli era sembrato d’aver fatto qualche passo in avanti in quei giorni, mentre ora sembrava che tutto fosse tornato al punto di partenza.

“Andiamo Mike: tuo padre ci aspetta” mormorò al ragazzino che annuì con convinzione.

 

Anna si era fermata vicino alla Polla di Driade, sedendosi sul ceppo di un vecchio acero. Aveva i nervi scossi, specie dopo le emozioni che quel bacio aveva fatto nascere nel suo cuore e dopo quell’ultimo scambio di battute con Gil.

“Sta accadendo di nuovo ed io non posso fare nulla per impedire che i fatti si ripetano” sussurrò lei, mentre una solitaria lacrima rigava il viso di porcellana.

I ricordi si affollarono minacciosi nella mente della ragazza: pareva quasi che volessero travolgerla e riportarla a dove tutto era cominciato. Esausta ed incapace di opporvisi, rivisse quello che era accaduto qualche tempo prima.

 

Cinque anni prima.

Mancava appena una settimana al ballo di White Sands e le giornate erano soleggiate e mitigate da una piacevole brezza.

Anna osservava divertita il tiepido venticello che giocava con alcune ciocche dei suoi capelli che immancabilmente sfuggivano alla severa crocchia.

“Buondì Anna: non capirò mai perché ti ostini a tenere i tuoi meravigliosi capelli legati a quel modo” fece una voce, alla ragazza nota, alle sue spalle.

“Perché in classe non avrei un aspetto professionale, signor Blythe” rispose lei con finto rimprovero.

“Ed il buongiorno?” mormorò lui raggiungendola.

“Buongiorno, Gil” disse lei, regalandogli un dolce sorriso.

“Posso portarti i libri?” chiese lui dolcemente.

“Siamo arrivati, Gil. E poi qualche bambino potrebbe vederti” sussurrò lei.

“Considera che in paese tutti sanno di noi” le rammentò lui.

“Ed altrettanti non approvano” sottolineò lei, ricordando la mezza crisi isterica che aveva colto la signora Mary Pye appena aveva appreso che l’orfana del Tetto Verde si vedeva con il maggiore di casa Blythe.

“Io li lascio parlare” disse lui mordendo una mela uscita quasi magicamente dalla sua tasca “e dovresti fare lo stesso anche tu” le consigliò, dopo aver deglutito.

“Sarà perché tutti e soprattutto tutte ti trovano irresistibilmente affascinante” ironizzò Anna, guardando altrove, mentre lui mordeva nuovamente la mela.

“Vorresti dire che tu non mi consideri irresistibilmente affascinante?” le chiese lui prontamente.

“Non stavamo parlando di me” borbottò lei, riflettendo in quel mentre che in ogni discorso che facevano insieme, Gilbert riusciva sempre a coinvolgerla.

“Vergogna Anna: non hai risposto alla mia domanda” rincarò lui, abituato ai rimbrotti della giovane.

“Forse non starei con te se non lo fossi” mormorò la ragazza, arrossendo lievemente.

“E così stai con me solo per il mio aspetto fisico!?” s’indignò lui.

“No, anche perché riesci ad esasperarmi. Sto con te perché sei dolce e sensibile. Ti basta?” chiese Anna sbirciandolo.

“Sì, mi reputo soddisfatto, almeno per il momento” precisò lui, vedendo il rossore aumentare sulle guance di lei.

“Devo andare” bofonchiò lei, mentre lui la tratteneva gentilmente.

“A dopo…” mormorò Gil, allontanandosi verso il campo del signor Barry.

 

Le lezioni erano volate ed Anna si apprestò a correggere i compiti dei suoi allievi. Rammentò con la penna a mezz’aria che aveva potuto avere quel posto grazie a Gilbert, subito dopo la morte di Matthew.

L’anziano proprietario del Tetto Verde si era spento l’anno precedente. Il dolore era ancora molto vivido sia in lei che in Marilla. Avevano dovuto vendere alcuni campi ed Anna aveva rinunciato all’università, almeno per alcuni anni, dato che non se la sentiva di lasciare sola la persona che con Matthew le aveva dato tanto. Era un ben misero sacrificio in confronto a tutto quello che i due anziani fratelli avevano fatto per lei.

E poi lei si era innamorata del piccolo e sonnacchioso villaggio che l’aveva accolta anni addietro e l’aveva aiutata a crescere e maturare, permettendole di diventare quella che era adesso.

Le dispiaceva soltanto non poter dare la sua borsa di studio a nessuno, dato che era nominativa.

Marilla all’inizio non era stata d’accordo ed aveva cercato in tutti i modi di farle cambiare idea, ma Anna era stata irremovibile ed alla fine la donna si era appoggiata a lei, fiduciosa e grata alla buona sorte che aveva fatto incrociare la sua strada con quella ragazza tanto meravigliosa e giudiziosa.

“Ancora sui libri?” esordì una voce, facendo sobbalzare la ragazza dallo spavento.

“Sei silenzioso come un gatto, Gil!” protestò lei, cercando di placare i battiti furiosi del suo cuore.

“Veramente non sono china sui libri, ma su alcuni compiti di matematica” precisò Anna incontrando lo sguardo del ragazzo.

“Hai finito prima?” chiese Anna sbirciando la pendola appesa alla parete.

“Già, ieri avevo piantato quasi tutte le piantine ed oggi ho concluso” la informò lui, sedendosi mollemente su un banco.

“Sembri preoccupato” gli fece notare lei, distogliendo lo sguardo dal compito ed osservando attentamente il giovane.

“Diciamo che da un po’ di tempo sto pensando ad alcune cose e… beh, vorrei parlarne con te” disse d’un fiato, sentendosi addosso gli occhi grigi e curiosi della ragazza.

“Sembra una cosa importante” concordò lei, alzandosi dalla cattedra e prendendo posto accanto a lui.

“Quest’anno non sono potuto andare all’università: i miei genitori avevano speso gran parte dei loro risparmi per mandarmi all’accademia e non potevo pretendere che spendessero altri soldi per la mia istruzione” spiegò Gilbert con aria grave.

Anna lo ascoltava attenta, timorosa di interrompere quel discorso così serio ed importante.

“Ho lavorato sodo, sia quando andavo all’accademia sia quest’anno. Ora ho i soldi necessari per poter frequentare l’università e poter cercarmi con calma qualche lavoretto da fare per mantenermi” concluse lui osservandola con attenzione.

Anna ricambio quello sguardo: aveva sempre saputo che lui voleva fare il medico e niente e nessuno gli avrebbe impedito di realizzare il suo desiderio. Sorrise lieta che i desideri del giovane diventassero realtà tanto in fretta.

“Qualche giorno fa ho mandato la domanda d’iscrizione all’università ed oggi mi è arrivata la risposta: mi hanno accettato” rivelò il ragazzo con una leggera incertezza iniziale.

“Ma è meraviglioso Gil, chissà che faccia faranno gli studenti di Carmody!” disse Anna con trasporto, abbracciando il ragazzo felicissima.

Lei ne era stata sicura: Gilbert aveva tutte le carte in regola per sfondare ed avrebbe lasciato basiti tutti..

“Anna? Non mi sono iscritto a Carmody ma a Toronto” la informò lui, mentre il sorriso della ragazza si spegneva.

 

Già, Gilbert le aveva spiegato solo più tardi che Toronto era considerata la migliore università, sia per quanto riguardava la preparazione che le innovazioni in campo medico.

Ma Toronto era lontanissima mentre Carmody avrebbe permesso loro di vedersi più facilmente.

Con un gesto stizzito, la ragazza gettò un sassolino nel laghetto, facendo increspare le acque tranquille.

Ancora adesso, rammentando quei fatti il suo cuore sanguinava come allora alla prospettiva di lasciarlo andare, ma sapeva che non era giusto tarpare le ali del ragazzo che tanto desiderava poter aiutare chi soffriva diventando medico.

 

 “Toronto… non è vicina” sospirò la ragazza, sbirciandolo confusa.

“Vieni con me” propose lui, prendendo entrambe le mani tra le sue “Ci sposeremo qui, ad Avonlea e dopo partiremo per Toronto:  là c’è un sacco di lavoro!” le assicurò lui.

“Io… io non posso andarmene” balbettò Anna, sgranando gli occhi grigi e sciogliendo le mani da quelle del giovane.

“Anna” sussurrò lui, realizzando in quel mentre che la ragazza non aveva reagito come lui si era aspettato.

Certo, prevedeva che Anna non avrebbe fatto i salti di gioia, ma era convinto che il loro amore avrebbe superato quella difficoltà. Era sicuro che Anna lo amasse, proprio come lui amava lei, e non riusciva a spiegarsi il perché di quel rifiuto tanto netto e deciso.

“Carmody offre molte opportunità e specializzazioni” cercò di blandirlo lei, anche se con scarsa convinzione.

Il suo cuore si era fermato nell’attimo stesso in cui Gil aveva pronunciato la parola Toronto: come poteva volersene andare dopo neppure un anno che erano tornati dall’accademia? E poi, lei non poteva andarsene. Non poteva lasciare tutto e tutti a quel modo.

Scosse la testa, quasi a scacciare la sola idea di una sua eventuale partenza.

Amava Gilbert ed aveva cercato di dimostrarglielo in più di un’occasione, ma il pensiero di abbandonare Avonlea le era quasi insopportabile.

“Ti aspetterò” promise Anna dopo una breve pausa.

“Lo so, ma io ti vorrei con me” sussurrò lui, cercando di riprenderle una mano.

“Non è possibile, lo sai” sussurrò lei con decisione.

“Non puoi pensare di accollarti tutto il peso di questo villaggio sulle tue spalle. Devi pensare anche alla tua vita!” le disse lui caparbio.

“Ci sto già pensando: posso vivere benissimo ad Avonlea. Non tutti sono accecati dalla smania di lasciare questo villaggio!” sbottò Anna, risentita con il giovane che l’accusava ingiustamente.

“Non voglio lasciare Avonlea: ritornerò. Ma purtroppo al momento Avonlea non è in grado di offrirmi la scuola che vorrei!” chiarì lui.

“Non puoi sapere se tornerai: il tirocinio dura un anno e lo decide l’università dove mandarti!” gli rammentò lei.

Gilbert la osservò: aveva gli occhi lucidi, chiaro segno che faticava a trattenere le lacrime.

Il giovane voleva poter cancellare la sofferenza che aveva arrecato alla ragazza ma sapeva che, per farlo avrebbe dovuto rinunciare al suo sogno.

Amava Anna più della sua stessa vita e desiderava diventare dottore con tutto se stesso.

“Partirò la settimana dopo il ballo di White Sands: non voglio chiederti di aspettarmi, non sarebbe giusto. Ma ti prego di riflettere bene. Ci amiamo ed entrambi vogliamo sposarci, cosa cambia farlo in un tempo più breve?” domandò lui.

“Non è il solo fatto di sposarci, Gil. Considera che mi stai chiedendo di abbandonare il mio mondo!” gridò lei, mentre una lacrima sfuggiva dai suoi occhi grigi.

“Mi dispiace Anna, ma non posso tornare indietro rischiando di perdere la possibilità di realizzare il mio desiderio” mormorò lui mesto.

“Non voglio che tu torni indietro: è giusto che tu realizzi il tuo sogno” convenne lei, annuendo con gravità “Ma io non posso seguirti. Mi dispiace” mormorò correndo fuori dall’aula.

 

Era fuggita allora proprio come ora. Sorrise sbirciando alcuni girini giocare nell’acqua stagnante del laghetto. Adesso come allora c’erano gli stessi problemi. Era suo dovere prendersi cura di Marilla e di Rachel: loro contavano su di lei. Gilbert sarebbe presto ripartito ed avrebbe trovato una ragazza con meno problemi di lei ed avrebbe formato la famiglia che meritava e che tanto desiderava.

“Ti auguro tutta la felicità di questo mondo, Gil” sussurrò Anna, correndo verso il Tetto Verde, mentre il suo cuore sanguinava nuovamente.

 

Ciao a tutti! Buon 2007 a tutti quanti…

Mi scuso per l’enorme ritardo con cui poso questo capitolo, ma purtroppo sono rimasta vittima del blocco dello scrittore… (scusate, non mi reputo ancora una scrittrice, ma non so con che altro termine spiegare la mia incapacità di scrivere il capitolo che mi ronzava in testa da un bel po’ di tempo).

Ringrazio tutti i lettori ed i recensori che mi hanno incitata e che nonostante il ritardo hanno continuato ad attendere fiduciosi il seguito di questa fanfiction.

Spero che il capitolo soddisfi le vostre aspettative.

Un ringraziamento particolare va alla mia beta-reader Nisi Corvonero, che legge in anteprima il frutto della mia mente malata e fa divenire un capitolo scialbo quasi un’opera d’arte (dico quasi perché sono bravissima a fraintendere i suoi suggerimenti ^___^’).

Ringrazio ancora tutti i lettori ed attendo i vostri commenti.

Un bacione a tutti e prometto di non farvi aspettare oltre per l’ultimo (eh già) capitolo.

Grazie ancora ed alla prossima!!

Luana aka Kirby

  
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