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Autore: Shnusschen    19/06/2012    4 recensioni
Haymitch beve per dimenticare, ma i ricordi sono sempre lì, in agguato, e basta poco a ridestarli...
[ Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest. ]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Haymitch Abernathy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA:

Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP! I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

La camera è immacolata, talmente pulita da mandare un tenue chiarore, che nell’oscurità risalta come un fare nella notte. Tutt’altra cosa rispetto alla sua casa nel Villaggio dei Vincitori.

In quella camera così bianca, asettica, tutto sa di Capitol City e le bottiglie piene di liquidi ambrati, sono lì, tentatrici. Sarebbe facile afferrarne una e tenerla stretta fino all’arrivo del tanto agognato stordimento, fino al momento in cui finalmente i suoi pensieri si sarebbero spenti e non avrebbe più saputo dove si trovava.

Ma non poteva farlo.

Aveva due Tributi di cui occuparsi.

Nei ventiquattro anni in cui aveva dovuto svolgere l’orribile ruolo di Mentore- solo un’ennesima punizione travestita da premio, come tutto quello che veniva da Capitol City- aveva visto innumerevoli ragazzi affidati a lui e innumerevoli volte li aveva visti trucidati senza ragione. I primi due anni, forse, non aveva toccato neanche un goccio, concentrando ogni fibra del suo essere per aiutare i suoi Tributi a sopravvivere, fallendo miseramente.

Poi il dolore era semplicemente diventato troppo. Troppi i morti di cui tenere conto, troppe le occhiate accusatorie dei loro parenti, troppo il senso di colpa. E quindi era arrivato l’alcool, e lo stordimento che gli impediva di soffrire. Ogni anno, appena iniziavano i giochi, si riprometteva di non bere, di restare lucido per aiutare quei ragazzi ma puntualmente ci ricascava, vedendo come fossero tutti senza speranza. Era molto meglio essere ubriaco quando, inevitabilmente, venivano massacrati dai Favoriti, o uccisi da uno dei trucchetti degli Strateghi. Molto meglio guardare quelle immagini attraverso una bruma indistinta, in modo che non s’imprimessero a fuoco nella sua mente.

Ma quell’anno era diverso. Già dalla Mietitura, quando la ragazza si era offerta volontaria per salvare la sorella, aveva capito che era diversa da tutti gli altri Tributi che avesse mai avuto e poi all’intervista, quando erano apparsi come torce umane e Peeta aveva dichiarato il suo amore per la compagna, Haymitch aveva capito che, forse per la prima volta, aveva la possibilità di far tornare vivo a casa uno dei suoi Tributi.

Purtroppo per far ciò era necessario che restasse sobrio, e così non c’era nulla a proteggerlo dal dolore; era solo ad affrontare i suoi demoni personali.

Con un profondo sospiro si sedette sul letto, aspettando. Chissà chi sarebbe venuto a trovarlo quella sera… la Favorita del Distretto 2 che aveva ucciso nell’Arena, forse, o Maeve, che non era riuscito a salvare, o uno dei tanti ragazzi di cui aveva scordato il nome e che aveva visto morire…

Senza nemmeno accorgersene, chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno, attendendo gli incubi.

 

Si trovava in un prato meraviglioso, pieno di colori, profumi, suoni. Il suo respirò accelerò e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Una parte di lui sapeva che era un sogno ma non riusciva a svegliarsi. Era tornato nell’Arena.

Devo nascondermi- pensò. –Tra poco arriveranno gli altri Tributi e sarà un bagno di sangue.

Appena il tempo di formulare questo pensiero e una pioggia rossa, calda e vischiosa, cominciò a cadere dal cielo. In pochi secondi Haymitch fu completamente coperto di sangue.

Strizzando gli occhi per vedere attraverso quell’inferno rosso, scorse una figura che avanzava leggera verso di lui. Indossava un vestito bianco, lordo di sangue, e avanzava sicura. Era sicuro che fosse la Favorita, decisa ad ucciderlo, a punirlo perché era stato più bravo di lei.

Senza esitare, deciso a non farla avvicinare ulteriormente, Haymitch scagliò la lancia che si era ritrovato in mano e colpì dritto al cuore la ragazza.

La pioggia cominciò a cadere più fitta mentre la Favorita crollava a 100 metri da lui, rantolando.

-Haymicth…

Poco più di un rantolo, quasi sommerso dalla distanza e dal rumore del sangue che colpiva il suolo, eppure lui lo sentì e gli si fermò il cuore. Non era la Favorita.

Quella era la voce di Maya.

Disperato, corse accanto alla figura esanime e la prese tra le braccia, mentre dal cielo il sangue cadeva sempre di più.

Anche Maya era interamente coperta di sangue, impossibile dire quale fosse suo e quale fosse caduto dal cielo, eppure Haymicth riusciva ugualmente a vedere i suoi lunghi capelli rossi e la pelle chiara, tempestata di lentiggini, e gli intensi e gioiosi occhi verdi, ormai chiusi per sempre.

Cullandola, le diede un bacio sulla fronte, sporcandosi di sangue, e lei aprì di scatto gli occhi, guardandolo con odio e furia omicida:- Tu mi hai ucciso- sibilò.

 

Haymitch si svegliò di colpo, il respiro affannoso.

Di tutti gli incubi che aveva avuto, questo era stato il peggiore. Cercava sempre di concentrarsi su altri ricordi, magari più violenti o terrificanti, pur di non pensare mai a lei perché sapeva che se solo la sua mente vi avesse indugiato un attimo sarebbe impazzito di dolore.

Ma ormai era come se l’incubo avesse abbattuto una diga e i ricordi, tenuti lontano per tanto tempo, lo colpirono.

 

La prima volta che aveva visto Maya, a scuola, e aveva pensato che fosse timida, visto che arrossiva in continuazione…

La prima volta che le aveva parlato, in occasione della sua prima Mietitura. Di come lei fosse terrorizzata e di  come lui, solo di un anno più grande, l’avesse tranquillizzata.

Il loro primo bacio, dopo che le aveva portato un Iris blu colto fuori dalla rete che delimitava il Distretto.

La prima volta che avevano fatto l’amore, in una capanna vicino al lago, poco lontano dal Distretto, e di come le avesse promesso che l’avrebbe sposata, appena avessero entrambi compiuto diciannove anni. Lui ne aveva appena compiuti diciotto, quella sarebbe stata la sua ultima Mietitura. E lei non aveva tessere in più. Sarebbe andato tutto bene…

Ricordava lo stordimento al sentire il suo nome come Tributo, e l’espressione sconvolta di Maya.

Il momento in cui l’aveva salutata, prima di salire su quel maledetto treno. Il corpo di lei, caldo e fragile, stretto contro sé, le sue lacrime che gli inzuppavano la camicia e la sua voce che ripeteva incessante, come una supplica:- Torna da me, torna da me, torna da me…

Ricordava come un Pacificatore senza volto gliel’avesse strappata dalle braccia e di come la sua espressione si fosse improvvisamente indurita. Era forte, Maya, e non avrebbe pianto di fronte a quegli uomini senza cuore.

Ricordava come nell’Arena avesse cercato di tenerla lontano dalla sua mente, per non distrarsi e per non lasciare che tutto quell’orrore, tutte quelle morti, intaccassero i loro ricordi.

Ricordava quando l’aveva riabbracciata, dopo la Vittoria, e di come aveva pensato che sarebbero ancora potuti essere felici insieme.

E poi ricordava il suo cadavere, esanime sul tavolo del dottore. Aveva mangiato per errore delle bacche velenose, avevano detto. Ma lui non era uno sciocco, aveva riconosciuto in casa di Maya le bacche che c’erano nell’Arena e aveva capito: il suo giochetto col campo di forza non era stato dimenticato né perdonato.

 

-Haymitch, dobbiamo andare. Stanno mandando il riepilogo della giornata.

La voce di Effie lo strappò ai suoi ricordi dolorosi. Con un sussulto e uno sforzo tornò al presente. Era quasi alla porta quando si ricordò di una cosa e tornò indietro per gettare tutte le bottiglie. Era più importante che mai che restasse sobrio. Quella ragazza doveva vincere e per farlo aveva bisogno di lui.

   
 
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