Bevo per dimenticare, per lasciare andare il passato.
Bevo quando mi diverto e quando non mi diverto.
Bevo per riscaldarmi e perché possa stare calma.
Bevo per conoscere gente e per trovare coraggio.
Bevo per dimenticarlo.
Ecco cosa risponderei a chi mi chiedesse perché sto
bevendo il mio quinto vodka alla pesca lemon, ma nessuno me lo chiederà, perché
nessuno mi chiede mai niente, anche ora che sto sola a questo tavolino di un
pub celato in una vecchia fabbrica tessile.
Nascosti dietro ad un separé si vedono le ombre di due
ragazzi che si stanno baciando in modo esuberante, se non ci fosse la
televisione accesa, che trasmette Mtv a palla, si potrebbero sentire i gemiti
di piacere della ragazza e le risate del ragazzo, forse sono finita in un film
porno e nessuno me l’ha detto.
Mi alzo e vado verso il bancone, sorrido al barista, sa
già cosa voglio, gli allungo una banconota da dieci sterline.
<< Paris questo è l’ultimo e dammi le chiavi della
macchina >> dice con un sorrisetto beffardo sul viso e facendo segno con
la mano, scuoto la testa bevendo un sorso del mio drink. << Dai, finisco
il turno e ti porto a casa io >>. Sorrido, è tanto carino.
<< La tua fidanzata sarà gelosa >> rispondo
cercando le chiavi nella borsetta. << Questa è già la terza sera di fila
che mi porti a casa >>.
<< Se tu non bevessi così tanto non dovrei farlo,
dai dammi le chiavi >>. Insiste, è serio, forse infastidito dal mio
comportamento.
<< Guarda che mica vengo qui per divertimento, me ne
starei volentieri a casa, ma mia madre ha messo gli alcolici sotto chiave per
via del mio piccolo fratellastro >>.
<< Non sei un’alcolizzata Paris, sembri una dannata
in cerca di qualcosa. Perché vieni qui a rovinarti la vita? >>. Tossisco,
il liquido colorato mi va di traverso, chiudo gli occhi per un istante e torno
al mio tavolino dietro ad una pila in pietra e intonaco scrostato. Prendo un
tovagliolino di carta e dalla borsa tiro fuori una penna nera, la mano sembra
scollegata dal corpo e scrive tutto ciò che non riesco a dire.
Sola, seduta su una panchina, guardo
la gente passare.
Mi sento chiamare, mi volto e vedo il
tuo viso raggiante, accompagnato da quello di una ragazza bionda, ti sorrido
imbarazzata.
Ti avvicini a me, ti chini e mi baci
sulle guance rosse prima ancora che io riesca ad alzarmi, il tuo profumo dolce
è inebriante.
Mi parli, ti rispondo senza pensare a
ciò che sto dicendo, so solo che ti mando a fanculo e tu ridi come quando
eravamo qualcosa.
Ti allontana, mi saluti con quel tuo
stupido soprannome ed io rimango persa in quel profumo.
Sola.
Ritorno al bancone in legno usurato dal tempo e dai
bicchieri sbattuti, porgo il biglietto a Ed, lui lo legge velocemente facendo
scorrere gli occhi.
<< Ecco perché vengo qui la sera, per dimenticarti
Ed >>. Con le dita gioco con le chiavi della macchina. << A domani
>>.
Per la prima sera piango, tutto ciò che ho dentro sta
uscendo accompagnato da quell’acqua salata. Mi appoggio con la schiena al
cofano dell’auto, con un balzo mi ci siedo sopra, non c’è nessuno nel
parcheggio e non ci sono luci, se non quelle della strada una cinquantina di
metri più in là. Stringo le ginocchia al petto e piango senza vergogna, pur
sapendo che lui è davanti a me, ho sentito i suoi passi tra le pozzanghere.
Non bisogna vergognarsi dell’amore, mi dicevano, ma solo
delle azioni sbagliate.
Amarlo è stata un’azione sbagliata?
<< Paris calmati, è tutto a posto >> dice
appoggiandomi una mano sul ginocchio. Alzo il volto, lo guardo e sorrido. No,
non è tutto a posto, lui ama un’altra e lo so, ma nonostante questo mi sono
lasciata trasportare dal sentimento. Che idiota. << Pensavo che ti fosse
passata questa cotta per me >>. Rido.
<< Ed non è mai stata una cotta, è sempre stato qualcosa
di più, solo che non potevo dirtelo, tu sei troppo importante per me >>.
Mi passo una mano tra i capelli, mi sento patetica e molto probabilmente lo
sono. << Ora vado a casa e domani avremo dimenticato tutto >>.
Scivolo sul cofano, sfregando la pelle delle gambe sul
metallo, brucia, ma non dico nulla, mi chino a raccogliere le chiavi cadute
sull’asfalto, ma lui è più veloce di me, non ha i riflessi indeboliti
dall’alcool.
<< Guido io >>. Scuoto la testa, non voglio.
<< Non fare i capricci, non sei in grado di guidare, hai bevuto troppo
>>. Alzo gli occhi, a pochi metri da noi vedo un ciliegio fiorito, è il
primo che vedo da queste parti, sorrido e a passo veloce lo raggiungo. <<
Paris che sta facendo? >>.
<< È un ciliegio! Non l’avevo mai notato >>
dico accarezzando il tronco ruvido. << Sai c’è una leggenda giapponese
che dice... Aspetta non me la ricordo... >>.
<< Dice che se due innamorati si dichiarano sotto un
albero di ciliegio in fiore, il loro amore sarà eterno >> spiega lui
sorridendo. << È questa la leggenda a cui ti riferivi? >>.
<< Esattamente questa, e la trovo bellissima e
romanticissima >>. Inspiro il profumo di quei fiori così piccoli.
<< Magari un giorno troverò qualcuno che mi dichiarerà il suo amore sotto
questo albero, o magari mi chiederà di sposarlo o magari mi sposerò proprio
sotto ad un ciliegio mentre indosserò un bellissimo abito bianco da principessa
con strass, pizzo e inserti rosa… >>.
<< Andiamo a casa Paris, è tardi >> dice
prendendomi la mano. << Mi racconterai un’altra volta di come sarà il tuo
matrimonio >>.
<< Sai, spesso la notte ho sognato che fossi proprio
tu a giurarmi amore sotto un ciliegio o che mi aspettassi al fondo di un’enorme
navata decorata di rose bianche e rosa, che stupida, vero? >>. Sospiro.
<< Sì, andiamo a casa, che questa sera ho già combinato abbastanza guai
>>. Stringo più forte la sua mano, poi la lascio andare, salgo in
macchina e mi addormento dimenticandomi dettagli di questa serata.
Mi sveglio sul divano con ancora gli abiti di ieri sera
addosso, il sole s’insinua tra le tapparelle non del tutto abbassate e sul
tavolino c’è un bicchiere d’acqua e un’aspirina, sicuramente sarà stata mia
madre a lasciarmele lì prima di andare a lavoro.
Il mal di testa è atroce.
Mi sporgo alla finestra, la macchina è parcheggiata in
strada come sempre, ripenso a ieri sera, ma ne ho solo un vago ricordo.
La sera ritorno al pub, ordino la mia vodka alla pesca
lemon, oggi è il giorno libero di Ed, guardo fuori dalla finestra, fisso una
pianta fiorita, lascio il bicchiere ancora a metà sul tavolino ed esco dal
locale.
Non è un ciliegio, è una semplice pianta senza
significato, con un bigliettino attaccato sopra con un chiodo, è bagnato dalla
pioggia, ciò che c’era scritto risulta illeggibile, solo la firma “Ed” si
riesce a distinguere da quella macchia. Lo strappo e lo metto in tasca,
qualunque fosse il messaggio era per me e il mio sogno infranto.
Intanto continuo a bere per dimenticarlo.
Keep Calm and
Have Breakfast
at Tiffany’s
Volevo creare un finale stile
“ e vissero per sempre felici e contenti”, ma poi ho pensato a queste parole “
e vissero per sempre..” e mi sono messa a ridere, è una presa in giro, nessuno
vive per sempre e per di più felice, così ho optato per un finale più
realistico, più doloroso, perché la vita fa male e se ci aggiungiamo l’amore,
diventa tutto una amara tortura.
È stata influenzata dal mio
stato d’animo? Sì. Credi che esista il principe azzurro? Sì, ma solo per le
principesse e le troie, e io non rientro in nessuna categoria. Sei innamorata?
Sì, e più cerco di dimenticare e più il suo ricordo si fissa dentro di me.
Spero
che questa shot vi sia piaciuta, la leggenda giapponese è vera e basta..
Non dimenticate di passare dalla mia long.