CAPITOLO 9 - INSIEME…
Alle nove e un quarto Cameron giunse in ospedale, dalla sua espressione nessuno avrebbe potuto sospettare che quella notte fosse successo qualcosa di diverso dal solito. Si avviò come faceva sempre verso l’ascensore, una volta dentro premette il bottone per il terzo piano.
Dopo pochi istanti l’ascensore si fermò e lei uscì. Indossava una gonna grigia poco sopra il ginocchio e un maglioncino rosso. Aveva i capelli sciolti, non aveva fatto in tempo a legarseli, perciò ora ricadevano ribelli sulle spalle sottili.
Avanzava
lentamente, passò davanti al banco delle infermiere e prese
il camice che stava
appeso li vicino, poi gentilmente si rivolse alla donna di turno li,
-ci sono
novità?
Una volta innanzi a questo ebbe una notevole sorpresa…
In piedi, appoggiato al muro, stava un uomo, si reggeva su un bastone di legno scuro. Sorrideva appena, quando la vide la salutò con un cenno del capo e le si avvicinò.
-ciao…- disse semplicemente, mentre lei, dissipato l’imbarazzo iniziale aveva aperto la porta dell’ufficio e vi era entrata, seguita da lui -ciao House- gli rispose con una voce piatta, si sentiva che stava cercando di trattenere le emozioni… lui non le chiese come stesse, sarebbe stato troppo scontato, si limitò ad osservarla, tentando di incrociare lo sguardo di lei, che però manteneva gli occhi bassi, poi l’uomo parlò: -torna a lavorare con me…- non era un ordine, era una richiesta gentile. Cameron lo guardò visibilmente stupita, poi parlò, la sua voce era leggermente meno tesa, ma manteneva la difensiva. -Se io tornassi le cose non cambierebbero… mi faresti sempre soffrire e…- si interruppe un istante soppesando le parole –e sto cercando di dimenticarti, per questo non posso permettermi di vederti troppo spesso…- da queste parole scaturì una nota di disperazione, lui le sorrise, sinceramente, dolcemente… -io non voglio che tu mi dimentichi…- avrebbe voluto gridarle che non lo avrebbe sopportato se lei lo avesse dimenticato, ma ancora una volta l’orgoglio aveva messo un freno alle sue parole, rendendole quasi incomplete.
Lei aprì la bocca per parlare, ma poi parve cambiare idea e la richiuse, assunse un espressione come per dire: “non va sempre come vuoi tu!”.
-Ti prego, io…vorrei provarci…- aggiunse lui dopo il suo sguardo, era il suo cuore a parlare, era il suo cuore che ora prendeva il comando, lui voleva provarci! voleva provare a darle il suo amore, ora toccava a lei decidere… lei scosse il capo, sorridendo -non funzionerebbe, lo sai…- lui annuì, certo che lo sapeva, dopo un po’ si sarebbero stancati l’uno dell’altra, dopo un po’ lui avrebbe iniziato ad ignorarla e lei avrebbe preteso qualcosa di più… qualcuno di più giovane, di più gentile, di più dolce… però non si diede per vinto, -si, lo so… ma, perché vuoi privarti di una cosa che può essere bella per la paura di quello che succederà dopo?- nel dire queste parole si stupì di se stesso, da quando era diventato così sentimentale? Da quando rincuorava le persone? Poi capì, quelle parole non erano per lei, quelle erano per lui…
Lei fu altrettanto stupita dalla sua affermazione, per la prima volta dopo tanto tempo sorrise, un sorriso puro, un sorriso suo…-cosa succederà?- parlava con tono quasi divertito, avvicinandosi a lui lentamente, i suoi occhi puntati in quelli dell’uomo –sinceramente? Non ne ho idea…ma penso che potremmo scoprirlo…insieme…- diede particolare risalto all’ultima parola, lei annuì, ormai erano vicinissimi…
-insieme…- confermò infine lei, poi gli diede un bacio, casto, delicato ma allo stesso tempo intenso, lui ricambiò, con più passione, riempiendo quel gesto d’amore, di speranza, di promesse…