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Autore: Emerald Liz    22/06/2012    1 recensioni
E se un giorno Rock si svegliasse e qualcosa di molto importante fosse cambiato?
"Un trillo insistente mi stava martellando la testa.
Non sapevo quanto avessi bevuto la sera prima, ma a giudicare dalle mie condizioni non dovevo esserci andato leggero."
Liberamente ispirata al 4° episodio degli Omake di Black Lagoon.
[Gender Bender!]
[Rating giallo per la classica finezza di Revy.]
è la mia prima storia su Black Lagoon, fatemi sapere cosa ne pensate! :)
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Revy, Rock
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Un trillo insistente mi stava martellando la testa.
Non sapevo quanto avessi bevuto la sera prima, ma a giudicare dalle mie condizioni non dovevo esserci andato leggero.
«Merda…» imprecai sottovoce, cercando di spegnere la sveglia.
Avevo una voce davvero strana.
L’ennesima conseguenza di una sbronza colossale?
Non ci feci caso.
Andai in bagno, convinto che dandomi una rinfrescata il peggio sarebbe passato.
Non accesi la luce, né tanto meno mi guardai allo specchio.
Fu quando cercai di lavarmi la faccia che cominciai a notare qualcosa di strano.
Sentivo qualcosa di umidiccio e sottile attaccato al viso, una sensazione mai provata prima.
Mi spaventai, dopotutto non avevo idea di cosa fosse successo la sera prima, e corsi ad accendere la luce.
Una volta davanti allo specchio, fissai l’immagine riflessa per almeno un minuto intero, senza che il mio cervello riuscisse a capire ciò che stavo vedendo.
Capelli.
Tanti, tantissimi capelli neri e lisci, lunghissimi, che arrivavano fino alla vita della persona che avevo davanti.
Già, perché doveva per forza essere un’altra persona.
Io non avevo mai avuto i capelli lunghi.
O almeno, mai così lunghi.
Un ciuffo mi ricadeva davanti agli occhi, e senza pensarci lo spostai con la mano.
La persona –ragazza, era una ragazza- di fronte a me fece lo stesso.
Spalancai gli occhi, trattenendo il respiro.
Alzai una mano.
Lei fece lo stesso.
Cauto, scostai le ciocche bagnate che si erano appiccicate al mio viso.
Stessa reazione dalla ragazza.
Guardai in basso.
La ragazza aveva il più grande paio di tette che io avessi mai visto.
Guardai il mio petto.
Avevo il più grande paio di tette che avessi mai visto.
«AAAAAAAAAAH!»
Uscii dal bagno urlando e correndo alla cieca, finché non andai a sbattere contro una figura dall’aria familiare.
«Dutch! Dutch!» urlavo come un forsennato «Io…»
Mi si bloccarono le parole in gola.
Un donnone alto più di un metro e novanta, enorme, con degli assurdi muscoli si voltò a guardarmi.
«Che hai da urlare tanto, Rock?» mi chiese tranquillamente.
Restai a bocca aperta.
Era Dutch, senza dubbio.
E allo stesso tempo non poteva esserlo.
Voglio dire, aveva le treccine!
Continuai a fissarlo a bocca aperta.
Portava una minigonna azzurra e un top verde, cangiante e attillato.
I suoi capelli –Dutch con i capelli, oh mio Dio!- erano legati sotto una bandana gialla.
Sul viso aveva un’ombra di trucco.
Una drag queen in piena regola.
Vedendo che continuavo a fissarlo senza dire nulla, decise di ignorarmi, e mi voltò le spalle.
Fu allora che mi accorsi di un suono, piuttosto ripetitivo e irritante, che proveniva dall’altra stanza.
Sbirciai dentro.
Una ragazzina con dei lunghi capelli biondi raccolti in due codini era concentratissima sul suo Nintendo, fonte del suono che avevo sentito.
Non avevo idea di chi potesse essere, ma la gentilezza prese il sopravvento.
«Ehi, ciao! Ehm... scusa per la domanda brusca, ma chi sei?»
La ragazzina mi guardò alzando un sopracciglio.
«Sei ancora ubriaco Rock? Hai esagerato ieri sera, eh?» sorrise.
«Benny?!»
«E chi se no? Torno a giocare, bye-bye.»
Detto questo, tornò a concentrarsi sul Nintendo, chiudendo ogni comunicazione.
Rimasi a fissarlo: dimostrava sì e no sedici anni, con quei codini e una canottiera rosa abbinata ad un paio di shorts che sarebbero potuti essere benissimo di Revy.
Tornai nella stanza di Dutch.
«Io… vado a prendere un po’ d’aria.» annunciai, cercando di non guardarlo.
«Ok, ma fa’ presto. Tra un’ora abbiamo un incontro con Balalaika. E non cacciarti nei guai, Revy non è ancora tornata.»
Annuii e mi catapultai fuori.
Balalaika e Revy.
Chi sa loro due come erano conciate.
Presi coraggio, e decisi di scoprirlo subito.
Se Revy non era tornata, c’era un solo posto in cui poteva essere: alla chiesa, con Eda.
Arrancai su per la collina dove era situata la chiesa.
Avvicinandomi alla porta, riuscii a distinguere due voci all’apparenza piuttosto alterate.
«…che cazzo c’entra? Smettila di comportarti come una verginella! Ho sentito che voi due siete stati insieme per un sacco di tempo! Sto parlando di Rock, stupida scimmia! Te la sei fatta o no?»
«Fatti i cazzi tuoi, Eda! Non ti dirò niente, comunque!»
«Brutta…!»
Te la sei fatta?
Decisi di entrare.
Purtroppo, questo servì solo a confermare i miei sospetti.
Sorella Eda, o forse a questo punto sarebbe più appropriato “padre Eda”, aveva dei lunghi capelli biondi e una barba incolta che la faceva sembrare un attore di vecchi film western.
Inoltre, le maniche della sua tonaca erano arrotolate, mettendo in mostra le sue braccia muscolose.
«Ehi Rock!» mi apostrofò. «Stavamo parlando proprio di te! Come va? Gran belle tette, come sempre!»
Eda non era sicuramente la persona migliore a cui chiedere spiegazioni.
Guardai Revy.
Sembrava che nulla fosse cambiato in lei.
Mi dissi che forse c’era una speranza.
«Revy…»
«Cosa vuoi, idiota?» mi rispose annoiata.
«Tu… sei una ragazza?»
La risata di Eda rimbombò per tutta la navata.
«Una ragazza! Non ci posso credere! Aspetta che lo sappia Iolanda!» Eda stava ormai piangendo dalle risate.
«Ma che cazzo ti viene in mente, idiota?!» Revy afferrò le cutlass e me le puntò contro.
«No, no, no, no, aspetta Revy!» dissi indietreggiando.
«Eda mi prenderà per il culo a vita, stronzo!» urlò, cominciando a sparare.
Riuscii miracolosamente ad uscire dalla chiesa prima di essere colpito.
Quindi, Eda e Revy erano due uomini.
La cosa non mi sorprendeva più di tanto, in fondo non è che quelle due sprizzassero femminilità.
La mia ultima chance era Balalaika.
Tornai alla sede della Lagoon Company.
«Appena in tempo, Rock! Sbrigati, andiamo!»
Si guardò intorno.
«Sai che fine ha fatto Revy?»
«È su alla chiesa con Eda. Non credo verrà. L’ho fatta un po’ incazzare.»
Dutch rise.
«Perché ne parli al femminile?»
«Ehm… appunto, è proprio questo il motivo per cui si è arrabbiata. Le… gli ho chiesto se per caso non è una ragazza.»
«Cos’è, hai deciso di morire oggi?» continuò a ridere Dutch.
Abbozzai una risata, senza rispondere.
Una volta arrivati al quartier generale dell’Hotel Moscow, un ragazzo che doveva avere circa la mia età ci fece sedere, dicendo che Balalaika sarebbe arrivata a breve.
Mi chiesi se per caso fino al giorno prima quel ragazzo fosse stato una lei, ma rinunciai subito a queste riflessioni.
La porta si aprì.
Ero pronto al peggio.
O almeno credevo.
Balalaika fece il suo ingresso trionfale, e io per poco non svenni.
Balalaika era l’uomo più bello che io avessi mai visto.
Alto, biondo, con degli occhi azzurri glaciali e un’aria autoritaria, la sua compostezza da soldato era appena scalfita dalla lunga cicatrice sul volto, che lasciava intuire la sua indole violenta.
Non sapevo se mettermi a ridere, a piangere o che altro.
Ma in quale assurdo universo parallelo mi trovavo?
La mia lucidità cominciò a vacillare.
Da molto lontano, sentii una voce con un pesante accento russo che mi chiamava.
«Rock? Rock, ti senti bene?»
Un secondo prima di cadere a terra svenuto, sentii Benny commentare con la sua solita flemma:
«È tutto il giorno che è strano…»

Mi svegliai dopo quelle che mi sembrarono parecchie ore.
Per un attimo mi chiesi cosa fosse successo, poi la consapevolezza mi piombò addosso tutta insieme, rischiando di farmi svenire di nuovo.
Cautamente, mi alzai.
Evitai il bagno, ricordando la mia immagine da ragazza riflessa.
Quasi in punta di piedi, andai nella stanza principale.
«Ehi, Rock! Ma che hai? Non ti senti bene?» fece Dutch.
«Dutch? Sei tu?»
«Brutta cosa i postumi, eh Rock?» rise Benny.
«Benny?»
«Hai finito di fare l’appello, idiota? Siamo solo quattro, te compreso!»
«Revy!»
«Idiota!»
Le corsi incontro e la abbracciai.
«Ma che cazzo stai facendo? Vuoi trovarti con qualche buco in più?» mi urlò.
«Revy…» era giunto il momento della verità. «Sei una ragazza?»
«Per chi cazzo mi hai preso, per uno di quegli stronzi di gemelli? Ah, quanto sei insopportabile Rock!»
«No, no, è che…»
«Stai zitto!» gridò, estraendo una pistola.
Mi sembrava di aver già visto quella scena.
Mi precipitai fuori prima di essere usato per il tiro al bersaglio.
Arrivai in strada, e potevo ancora sentire Revy che imprecava.
Era stato solo un sogno.
Assurdamente, scoppiai a ridere, facendo voltare verso di me parecchie persone.
Che fosse arrivato il momento di smettere di bere?
  
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