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Autore: WillowPurple    22/06/2012    4 recensioni
“You aren’t on a plane…you are not going to fly… you aren’t on a plane…and you are not going to fly” continuavo a ripetermi come un mantra da oramai dieci minuti a quella parte, ovvero da quando ero salita su quell’aggeggio infernale, altresì chiamato aereo.
Ecco, il lavoro di dieci minuti andato perso, e dire che ero quasi riuscita a convincermi quella volta! Mi sarebbe toccato di nuovo iniziare tutto da capo!
“You aren’t on a plane…you are not going to-”.
“Excuse me, everything’s ok?”
[..] Ora ci si mettevano pure gli altri ad interrompermi? Non bastavano i pochi neuroni che non se l’erano data a gambe ed erano rimasti nel mio cervello?
[..]“Oh che caratterino, signorina…Elisabetta” ghignò lui, dando una veloce occhiata al cartellino appeso al mio bagaglio a mano, peccato che quello recitasse “E. Carpini”, come diavolo faceva lui a sapere come mi chiamavo??
Prendete un una ragazza che ha paura di volare, un bel ragazzo pronto a risolvere il suo problema, un pilota molto Gaio pronto ad aiutare all'occorrenza, un aereo pronto a decollare, shakerate e VOLATE con l'immaginazione assieme a me!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Note dell'autrice:
Salve a tutti, spero davvero che vi piacerà questa mia storia! sinceramente? mi piace un sacco! (evviva la modestia! NdA)
No seriamente, leggete leggete leggete...lo so ho visto anch'io a destra l'indicatore.. sappiate che vi sono vicina!
Ci vediamo giù (spero) ed evito di spoilerare :)


Fly High

 

“You aren’t on a plane…you are not going to fly… you aren’t on a plane…and you are not going to fly” continuavo a ripetermi come un mantra da oramai dieci minuti a quella parte, ovvero da quando ero salita su quell’aggeggio infernale, altresì chiamato aereo.
Ecco, il lavoro di dieci minuti andato perso, e dire che ero quasi riuscita a convincermi quella volta! Mi sarebbe toccato di nuovo iniziare tutto da capo!
“You aren’t on a plane…you are not going to-”.
“Excuse me, everything’s ok?” mi interruppe una voce tipicamente italiana in quella che voleva essere una blanda imitazione della lingua inglese. Ora ci si mettevano pure gli altri ad interrompermi?
Non bastavano i pochi neuroni che non se l’erano data a gambe ed erano rimasti nel mio cervello?
Mi accorsi che quello sconosciuto aspettava ancora una risposta, così mi affrettai a replicare: “Come scusi?”.
“Ah, ma è italiana!” sospirò lui sollevato, poi aggrottò la fronte: “Scusi eh, ma perché parlava da sola? In inglese poi” chiese, come se tutto quello non avesse senso.
Beh, forse un po’ ragione l’aveva, insomma, mica poteva sapere della mia folle paura per gli aerei, e che il fatto che stessi ripetendo quelle idiozie ad alta voce, ed in inglese, le rendesse un po’ meno stupide ai miei occhi o, per meglio dire, alle mie orecchie, no?
“Non sono affari suoi” fu la mia pacata risposta.
“Oh che caratterino, signorina…Elisabetta” ghignò lui, dando  una veloce occhiata al cartellino appeso al mio bagaglio a mano, peccato che quello recitasse “E. Carpini”, come diavolo faceva lui a sapere come mi chiamavo??
“Come diavolo fa a sapere come mi chiamo??” fu infatti la mia risposta.
“Intuito” ribatté subito lui, ma con una strana nota nella voce che non riuscii a riconoscere.
La mia faccia fu un misto tra lo scettico e l’irritato ma, quando feci per parlare, riprese ancora lui: “Quello che a lei evidentemente  manca, visto che sono qui da dieci minuti e lei non ha ancora liberato il mio posto dalla sua bella valigia” concluse lui ironico.
Parliamone, passi che insulti me, ci può stare, visto che chi è maleducato si comporta così con chiunque, ma non può assolutamente criticare la mia adorata valigia!
“Ma come si permette di criticare la mia valigia?” mi indignai “pensi alla sua che sembra essere foderata con una tovaglia da pic-nic!”. In realtà mi piaceva un sacco, ma questo ovviamente non glie lo dissi.
Il suo voltò si tramutò in una maschera di stupore: “ le ho appena dato molto velatamente della stupida e lei si preoccupa di quello che penso della sua valigia?”.
“Certo - risposi io - chi è maleducato non fa distinzioni e si comporta allo stesso modo di fronte a tutti, e poi, stupid is as stupid does!” recitai, in quella che era una fedele imitazione di Forrest Gump.
“ E lei ha tirato fuori questa massima della signora Gump, perché?”.
“Per spiegarle che è lei quello stupido, perché si comporta stupidamente, visto che poteva evitare tutto questo teatrino e chiedermi semplicemente di spostare la mia valigia” lo rimbeccai io.
“Ma non ci sarebbe stato lo stesso gusto” mi interruppe lui sogghignando.
“Non ho finito – proseguii io – c’è anche un’altra ragione. Anche lei ha trascurato la parte in cui le do del maleducato non molto velatamente per passare  a quella dopo” conclusi trionfante io, convinta di averlo azzittito.
“Solo per la scarsa considerazione che ho di lei e di quello che lei potrebbe pensare di me, e per gentilezza, non volendoglielo dire così apertamente, ma mi ha costretto”.
Il mio ghigno si trasformò in un’espressione irata, ma doveva sempre avere la risposta pronta quello??
Rimasi in silenzio, tolsi il bagaglio dal suo sedile, lo misi in modo tale che non desse fastidio a nessuno, mi girai dall’altra parte e posi in questo modo fine a quella sottospecie di conversazione.
Con  la coda dell’occhio lo vidi scuotere la testa facendo un mezzo sorriso e sedersi al suo posto.
Una voce metallica disse: “ Si avvisano i signori passeggeri che stiamo per decollare”.
 
Una fitta allo stomaco.
 
“si pregano i signori passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza”.
 
Mi sentii sbiancare.
 
“Le uscite di sicurezza sono qui e qui”.
 
Vidi una hostess indicare due portelloni posti a mille miglia distanti da me.
 
Mi iniziò a girare la testa e la voce mi iniziò ad arrivare ovattata.
 
“Vi ringraziamo per aver scelto la Airline International e vi auguriamo buon viaggio”.
 
Ero sul punto di svenire quando due braccia forti iniziarono a scuotermi delicatamente, nonostante la loro potenza.
“Ehi, tutto bene?” una voce, la sua voce, mi fece riacquistare un po’ di lucidità ed iniziai a fare dei respiri profondi, prima di riuscire a parlare.
“Ho paura di volare” soffiai d’un botto, pronta a sotterrarmi dalla vergogna, una delle tante emozioni che stavo provando in quei momenti di confusione, sicuramente mista all’imbarazzo che provavo nel trovarmelo così vicino, a tal punto da sentire in suo profumo, un misto tra menta e liquirizia che mi invase come un’onda, facendomi riprendere un po’ i sensi. Avevo sempre paura però che quel maleducato, nonostante tutto rimaneva sempre tale, mi avrebbe presa in giro.
“L’avevo capito” bisbigliò lui di rimando, sempre troppo vicino al mio viso “da quando ti ripetevi in continuazione che non eri su un aereo e che non stavi per volare. Avevo cercato di fartelo dimenticare, inscenando quel teatrino, come lo hai chiamato tu, ma evidentemente non ha funzionato” disse ancora, accennando un sorriso.
Rimasi sbigottita “Io…ecco…ehm…grazie?” un mormorio indistinto di monosillabi che si concludeva con una domanda, più che un’affermazione fu l’unica cosa che fui in grado di far uscire dalla mia bocca.
“Anch’io avevo paura di volare” confessò inaspettatamente lui.
“Perdi punti in fascino…ehm…com’è che ti chiami?”.
“Roberto Sarpi” rispose lui, poi si interruppe un attimo, ma continuò malizioso “Quindi credi che abbia fascino?”.
“Perdi punti dei pochi che hai già” mi corressi io, non molto sicura però di quanto stessi dicendo.
“Ah ah, ma se non ne sei convinta nemmeno tu, credi di poter essere anche minimamente convincente?” mi rimbeccò lui sardonico “Ammettilo, posseggo una bellezza travolgente”.
Non che avesse tutti i torti, dovetti ammettere con me stessa quanto effettivamente fosse bello: capelli neri, lisci, abbastanza lunghi da arrivargli sugli occhi, cosa che lo costringeva a spostarseli spesso con una mano, non che questo danneggiasse alla sua immagine, anzi, lo rendeva ancora più intrigante e … e, ahimè, sexy.
E poi quegli occhi, aveva gli occhi più azzurri che avessi mai visto, ma non un azzurro chiaro, di quelli appena accennati, era un azzurro profondo, intenso, come se al posto degli occhi avesse due zaffiri lucenti, due zaffiri che in quel momento mi stavano fissando con strafottenza: “Che hai? Incantata dalla mia presenza?” ghignò lui.
Mi riscossi, effettivamente avevo proprio un’espressione da pesce lesso in faccia: “ No, sconvolta dalla tua modestia”.
“Touché” rise lui. Ma quel sorriso smagliante e lucente dove lo aveva trovato? Aveva prima rapito e poi ricattato il topolino dei denti?
Si ok, devo ammetterlo, non stavo tanto bene, ma dovete capirmi, stare su un aereo mi aveva fatto perdere il lume della ragione.
“Quindi, cosa vai a fare di bello a New York?” ci misi un attimo prima di capire che si fosse rivolto a me.
“Perché ti interessa?” chiesi io, mentre rovistavo nella mia mega-borsa, dov’erano i cicles quando servivano?  
“Così, per fare conversazione” disse lui, con un tono calmo e innocente che non mi convinse affatto.
“E cosa le dice che io voglia fare conversazione con lei?”.
“Uh, che fredda, sei addirittura tornata a darmi del lei, e con chi vorresti fare conversazione, sentiamo?” chiese lui retoricamente “Con quel tipo dietro di te che si sta rifocillando con un panino e che ti sputerebbe addosso salse e condimenti di ogni tipo?” disse lui, indicando senza farsi notare un signore ben piazzato che stava rovistando nella sua valigia e dalla quale estrasse, poco dopo, un panino enorme avvolto nella carta stagnola, ammirandolo con uno sguardo famelico.
“Come facevi a –“ iniziai io, ma mi interruppe, ancora prima che potessi finire la mia domanda.
“Oppure con quella signora lì accanto” indicò una donna di mezz’età con il cappello di paglia e dei vestiti tipicamente hawaiani “non sembra una pronta a raccontarti tutta la sua vita e che vorrebbe coinvolgerti nel suo nuovo progetto di aprire un allevamento di gatti, dichiarandosi in questo modo una vecchia zitella inacidita, pronta a sparlare del mondo intero?”.
Dovetti costatare quanto la signora corrispondesse pienamente alla sua descrizione.
“O infine vorresti parlare con quello là” mi fece segno di guardare alla mia sinistra, qualche sedile più in là di dove si trovasse lui, un uomo con un cappello nero in testa, gli occhiali da sole e una maglia dei Knicks “che sarebbe pronto a metterti una mano sulle tette e l’altra sul sedere non appena gli rivolgi la parola?”
Vidi una hostess avvicinarsi a lui, dopo che questi l’aveva chiamata, lui che fissava un po’ troppo lo sguardo sul suo decolté e alla fine le mise una mano sulla coscia, facendosi dare un sonoro schiaffo dalla povera malcapitata che se ne andò parecchio indignata.
“Ma come fai?” chiesi stupita io, mentre lui mi guardava sorridendo “Te l’ho detto, intuito”.
“Salve a tutti i passeggeri, qui è il pilota che vi parla, vi do il benvenuto sul volo per New York delle 10:40. Stiamo viaggiando alla velocità media di 900 km/h, il tempo è sereno, anche se è prevista qualche perturbazione lungo il viaggio. Tuttavia, almeno per il momento, l’orario di arrivo resta invariato. Vi comunicheremo se dovesse subire variazioni. Buon viaggio dalla Airline International”.
Diedi uno sguardo all’orologio, erano le undici e mezza. Com’era possibile?
“E’ già quasi un’ora che siamo in volo?” chiesi sbigottita.
“Il tempo vola quando ci si diverte!” disse lui, accentuando l’accento sulla parola “vola”.
“Ah ah, che simpatico, davvero divertente”.
“Visto? Sono l’uomo perfetto: bello, intelligente e divertente. Sposami!”.
Risi “Certo, non vedo l’ora guarda” risposi ironica.
“Allora, parlando di matrimoni, di chi è quello a cui devi partecipare?” chiese lui, come se nulla fosse.
“E ora come sai che sto andando ad un matrimonio? E non dire intuito, per favore!”.
“La tua borsa” disse lui.
“Cos’ha adesso la mia borsa che non va?” chiesi, mettendomi sulla difensiva, pensando che la volesse criticare ancora.
Lui scosse la testa: “Nulla, ho solo visto l’invito di nozze mentre cercavi qualcosa prima”.
“Ah, ok, comunque è il matrimonio della mia migliore amica”.
“Da quanto vi conoscete?”.
“Un paio d’anni”.
“Ed è da tanto che non vi vedete?”.
“Hemm... – tossicchiai – non ci siamo mai viste”.
“Cosa??!” chiese lui sconcertato “Com’è possibile che non vi siate mai viste?”.
“Beh, è vero, ci siamo conosciute tramite il web e non abbiamo mai avuto modo di vederci di persona, però ci siamo sentite tramite Skype e social network vari” spiegai io, mentre lui se la rideva: “ E quindi le farai da testimone o da damigella d’onore?”.
“No, no, testimone, le ho proibito categoricamente di costringermi a mettere uno di quegli orribili vestiti confettosi che fanno indossare a quelle povere ragazze!”.
“Questo è il colmo, fare da testimone a qualcuno che non si è mai visto in vita propria!” disse lui sorridendo, scuotendo la testa.
“ Beh, pensala come vuoi, ma comunque non sono affari tuoi, tu invece cosa vai a fare a New York?” chiesi io, cercando di cambiare discorso, evitando in questo modo di farmi prendere ancora in giro.
“Vado a trovare mia cugina, sai che anche lei si sposa??” disse lui contento, evidentemente orgoglioso di lei e molto affezionato.
“Wow, congratulazioni” esclamai io, ma mi bloccai, sentendo una lieve scossa, che mi fece impallidire.
“Tranquilla, non è niente, è solo qualche vuoto d’aria”.
Mi sa che la mia faccia non lo convinse granché, perché si affrettò a prendere qualcosa dal suo bagaglio. Lo vidi tirar fuori un sacchetto pieno di biscotti e prenderne uno e offrirmelo: “Ecco, mangia, li ha fatti mia  mamma, sono veramente squisiti e ti aiuteranno”.
Io ne preso uno incerta, avevano un buon aspetto, e ne morsi metà, mentre un altro vuoto d’aria faceva oscillare l’aereo.
Mi sentii subito male e quasi non rimisi tutto lì direttamente. Mi alzai di scatto, trattenendo il più possibile quello che di certo non sarebbe stato un bello spettacolo e corsi in bagno, senza preoccuparmi dello sguardo sconvolto riservatomi da Roberto.
Una volta giunta alla tanto agognata toilette tirai fuori anche l’anima. Dovetti starci molti minuti, perché dopo un po’ sentii dei colpi frenetici alla porta e Roberto che gridava: “Ehi, Elisabetta, stai bene?? Rispondi per favore!”.
Poco dopo riuscii a riprendermi e quindi a uscire da quell’orribile buco che chiamavano bagno.
Vidi il volto del giovane rasserenarsi, costatando che fossi ancora viva e non stessi per morire.
“Mi hai fatto prendere un colpo! Che è successo?”.
Notai, però dalla sua voce quanto fosse ancora preoccupato e mi sorpresi, in fondo non mi conosceva per nulla.
Provai un moto di gratitudine per tutta quella premura, ma poi mi ricordai che era lui la causa del mio malessere e iniziai a inveire contro di lui e i suoi biscotti: “Meno male che mi sarei dovuta sentire meglio! Come ti è saltato in mente di farmi mangiare quei dannati biscotti al cocco, eh?!”.
Lui mi guardò spaesato, ma insomma! Non capiva che cos’avesse combinato??
“Ecco…veramente io...” inizio a farfugliare, ma poi si riprese: “Qual è il problema con i biscotti al cocco? Per caso sei allergica?”.
“In verità no, però proprio non riesco a tollerarlo, mi da la nausea e mi sento male!”.
“E, di grazia, vuoi dirmi come avrei fatto io a saperlo, se non dicendomelo tu stessa?” sbottò lui incredulo.
Vidi crollare il mio castello fatto sulla sabbia. Accidenti, aveva ragione!
“Beh, non eri tu quello che intuiva tutto di tutti?” dissi io, arrampicandomi sugli specchi, per quanto mi fosse possibile.
La sua espressione fu un mix tra l’esasperato, lo stupito e lo sconvolto: “Incredibile, sei assurda, ancora quando sei spacciata, non ti dai per vinta!” esclamò sorridendo incredulo, tornandosene al suo posto.
Io lo seguii ma, quando cercai di passare oltre il suo sedile per sedermi anch’io, un’altra scossa fece azzerare il mio già precario e piuttosto instabile equilibrio, facendomi cascare addosso a lui come una pera cotta.
Lui ghignò: “Aaah, potevi dirlo che era tutta una scusa, me lo avessi chiesto, ti avrei detto di sì, senza bisogno di fare tutto questo teatrino” disse malizioso, scimmiottandomi.
Io diventai rossa come un pomodoro, ma non accennai ad alzarmi, mi limitai solamente a borbottare qualcosa che poteva vagamente somigliare ad un: “Ehm...scusa...”
“Comunque se vuoi rimanere così, fa pure, per me non ci sono problemi, anzi!” continuò a sfottermi lui imperterrito.
Io, ancora più rossa, decisi che a quel punto era meglio darmi una mossa e ritornarmene al mio posto, e lo feci, senza dire una parola.
Rimanemmo in silenzio per un po’,  io persa nei miei pensieri, lui impegnato a scrivere SMS. Lo osservai senza farmi notare, colpita e sempre più attratta da quei suoi tratti mediterranei così affascinanti. A un certo punto lo vidi alzarsi ed allontanarsi, quando tornò, dopo pochi minuti, si girò dalla mia parte sorridendo ed esordì dicendo: “Allora, hai paura di volare, odi il cocco, hai una migliore amica che non hai mai visto in vita tua…ci sono altri profondi segreti da svelare?”.
“Certo – risposi io – ma, essendo appunto segreti, non vanno svelati al primo sconosciuto che passa!”.
“Non fumo, bevo molto di rado, ho un cane che si chiama Napoleone e una cagna che ho chiamato Giuseppina” prese ad elencare lui, mentre io sorridevo divertita: “Seriamente? Li hai davvero chiamati così?”.
Lui rise: “ Si si, sono un appassionato di storia, infatti insegno alle scuole superiori”.
Beate le sue alunne, mi ritrovai a pensare, mentre lui continuava a parlare:  “Non amo granché il calcio, preferisco di gran lunga la pallavolo, odio profondamente il colore giallo, amo la musica rock, il mio gruppo preferito sono gli Aerosmith, mi piace-” io lo interruppi “Perché mi stai dicendo tutto questo?”.
Lui sorrise: “Così non sono più uno sconosciuto. Ora tu sai qualcosa di me e io so qualcosa di te, siamo pari. Ah, e infine fino a qualche tempo fa avevo una paura tremenda di volare”.
“E come hai fatto a superarla?” chiesi io interessata.
“Associando il volo a cose positive che mi facessero sentire bene”.
“Ad esempio?”.
“Ad esempio, l’ho associato ad un pullman”.
Lo guardai scettica: “Un pullman? Spiegati per favore”.
“Quando eri alle superiori, non hai mai fatto gite?”.
“Si, certo” risposi io, non sapendo dove volesse andare a parare.
“Ecco, e di solito i viaggi erano per la maggior parte delle volte in pullman, giusto?”.
“Giusto” feci io, ancora più perplessa.
“Per me erano una delle parti migliori della gita! Eri lì, con i tuoi compagni, che cercavi di accaparrarti sempre gli ultimi posti perché erano quelli dove ci si divertiva e si faceva più casino. E poi provavi sempre a metterti vicino alla più carina della classe così che, quando il pullman prendeva una buca e oscillava tutto, tu avessi una scusa per finire casualmente addosso a lei, un po’ com’è successo a te prima” ghignò nella mia direzione “anche se penso fosse involontario, sbaglio?”.
“No, non sbagli” risi io.
“Quindi – concluse lui – ogni volta che c’è un vuoto d’aria, oppure una turbolenza, mi immagino di essere sul pullman della scuola, sperando che la più bella mi caschi addosso” sorrise, guardandomi intensamente e facendomi sciogliere in quello sguardo blu cobalto: “Qualche volta sono fortunato” aggiunse, ammiccando dalla mia parte.
Io, ovviamente, raggiunsi le tonalità più intense del rosso, ma ripresi subito dopo: “Quindi il trucco sta nell’associare al volo esperienze o fatti positivi, giusto?”
“Esatto, quindi sentiamo, cosa ti viene in mente di bello, se ti dico la parola volare, a parte ovviamente il grande Domenico Modugno?”.
“Mmh… fammi pensare...  ecco, ci sono! Shaggy!”.
“Shaggy? E cosa centra il cartone di Scooby-Doo con il volo?” chiese lui dubbioso.
“Ma quanto sei tonto! Mica Shaggy quello del cartone, Shaggy il cantante!” dissi io esasperata.
“Ah, Shaggy il cantante, potevi dirlo subito no?” io sospirai sollevata, ma lui aggiunse: “E chi è?”.
Ci rimasi di sasso: “Come?! Non conosci Shaggy? Andiamo! Il grande tormentone dell’estate scorsa, quello che faceva I wanna fly, fly high, with you baby…I wanna fly with you baby and just leave the world all behind!” e iniziai a canticchiare il ritornello, ma lui si mise a ridere “ Mi dispiace, non la conosco, però evidentemente è utile: hai completamente cambiato espressione! Ora hai un aspetto molto più tranquillo e sereno!”.
“Grazie a te, ti devo ringraziare davvero, con i tuoi consigli penso che riuscirò ad affrontare meglio la mia paura di volare, ti sono molto riconoscente” gli dissi io, finalmente serena, cosa che non credevo avrei mai potuto essere su un aereo.
“Oh, basta con i complimenti, ti prego! Altrimenti arrossisco – scherzò lui – Ah, senti, se non ti spiace, potresti andare dal pilota a chiedere quanto manca all’arrivo, sai, ci andrei io, ma temo che non sia una buona idea”. Si avvicinò a me con fare cospiratorio, facendomi subito imporporare il viso “ Credo sia gay, nulla contro di loro sia chiaro, ma prima, quando sono andato, mia lanciava strani sguardi, mettendomi a disagio” concluse lui, arrossendo lievemente.
“Non ci posso credere, mister tutto-d’un-pezzo imbarazzato, cos’è, ti stanno sorgendo dubbi e pensi di passare all’altra sponda?” ghignai, mentre lo vedevo guardarmi sconvolto, credeva di essere capace solo lui a fare battute?
“Ok, ok, hai vinto, però veramente, potresti andare tu? Così, se sei fortunata, al ritorno potresti beccare un’altra turbolenza e avresti di nuovo l’occasione di cascarmi addosso!”.
Fu la mia volta di arrossire e, alzandomi dissi: “Chi la fa, l’aspetti, vero?”.
Lui rise: “Esatto, non proprio come la massima della signora Gump, ma si lascia ascoltare”.
Mi avviai verso la cabina di comando e chiesi al pilota quanto mancasse all’arrivo. Effettivamente, come aveva detto Roberto, pareva proprio fosse gay, ma aveva l’aria molto simpatica e poi, quasi a confermare la regola, era un gran bel pezzo di ragazzo anche lui!
Dopo un po’ di tempo tornai al mio posto e, quando mi sedetti, Roberto mi chiese scherzando: “ Allora, per caso aspettavi che fossimo arrivati per tornare? Oppure no, ho capito, il pilota ha visto che eri seduta vicino a me e ti ha rapita per conoscere qualche mio segreto svelatoti durante il viaggio, in modo da potermi conquistare non appena atterrati a New York!”.
Risi, sconvolta dalla sua assurda idea: “Mi dispiace, mio caro Narciso, nulla di tutto ciò, mi ha detto che arriveremo in orario come previsto, e poi ci siamo fermati un po’ a chiacchierare di alta moda, smalti, prodotti per il corpo e partner ideali, mi rattrista molto deluderti, ma non sei proprio il suo tipo; lui cerca un bel fustacchione californiano dai capelli biondi che sappia fare surf”.
Si mise a ridere: “Mi stai prendendo in giro, vero?”.
Io ero serissima: “ No no, sono seria ti giuro, è vero tutto quello che ti ho detto, mi ha anche lasciato un foglietto con il numero di telefono e l’e-mail per tenerci in contatto! Ha detto che gli ha fatto piacere parlare con me”.
Lui era ancora più stupito: “Non ci credo, stai bluffando”.
“Ti ho detto che è vero! Toh, guarda, ecco il suo biglietto da visita” e gli mostrai il cartoncino che mi aveva dato.
“Alberto Vitale - lesse lui – non sembra un nome da gay!”.
“Ovvio che no! Mica i suoi pensavano che lo sarebbe diventato, gli hanno scelto un nome qualsiasi e poi, scusa, che prerogative hanno i nomi da gay?” chiesi io perplessa.
“Ah, non lo so, era così per dire”.
“Sei strano sai?”.
“Lo so, me lo dicono in tanti – sorrise – ora scusami ma dormirei un paio d’ore, visto che il viaggio è ancora lungo. Ti consiglio di fare lo stesso, magari, se ti va bene, mi ritrovi in un sogno” ammiccò scherzoso.
“Sì, credo che farò così anch’io, ma devo essere davvero sfortunata se ti ritrovo anche in un sogno” Bugiarda. “Ammettilo, sei tu che non sopporti più l’idea di non vedermi, nemmeno per un paio d’ore” lo stuzzicai io.
“Però! – esclamò lui ridendo – la signorina ha imparato a stare al gioco” poi aggiunse “Buonanotte, a più tardi” e mi fece l’occhiolino.
Mi girai dall’altra parte, mi misi la mascherina sugli occhi, le cuffie nelle orecchie e mi persi nelle note di Neutron Star Collision, mentre Morfeo mi accoglieva tra le sue braccia.

 

 
***

 

“Elisabetta, Elisabetta svegliati, siamo arrivati” Sentii qualcuno chiamarmi, ma decisi di ignorarlo, stavo facendo un sogno troppo bello, ero su un aereo e un bel ragazzo mi aveva fatto passare la paura di volare. Non avrei voluto lasciare quell’idillio per nulla al mondo.
“Su coraggio, l’aereo non ci aspetta”. Ancora quella voce insistente, ma non poteva lasciarmi dormire? “Non voglio salire sull’aereo, ho paura” mi lagnai, girando la testa dalla parte opposta rispetto a dove provenisse la voce.
“Ancora? Pensavo che oramai ti fosse passata e poi scusa, tu sei già su un aereo, è il momento di scendere!”.
Mi iniziai a svegliare da quel torpore, aprii gli occhi ma vidi due pozze color del mare a pochi centimetri da me e quasi non mi venne un infarto. Mi alzai di botto, facendo spaventare a mia volta il povero Roberto.
“Che spavento! – gridai – pensavo fosse un sogno!”.
Lui si mise a ridere: “Lo so, lo so, sono cosi bello da non sembrare vero!”.
“Ah, ma per piacere!” me lo scrollai di dosso, a malincuore devo ammettere: “Come mai non ci hanno ancora cacciati a calci?” chiesi, quando vidi che eravamo gli unici due passeggeri rimasti.
“Merito delle tue conoscenze” disse e indicò Alberto, che mi fece l’occhiolino, indicando il ragazzo accanto a me.
Alzai gli occhi al cielo: “Meglio andare allora” dissi, tirandomi in piedi e raccattando le mie cose.
Uscimmo in fretta dal gate, ma non feci in tempo a mettere un piede fuori dall’aeroporto che venni travolta da una nube di capelli rossi, che aveva il nome di Julie Walters che iniziò a stritolarmi e a sommergermi come un’onda dal suo fiume di parole.
Riuscii a capire qualcosa come: “Non ci posso credere, finalmente ti posso abbracciare…ero preoccupatissima… pensavo fossi morta dalla paura” e via dicendo.
Cercai di tranquillizzarla, buttando sempre uno sguardo a Roberto per vedere cosa facesse.
Lo vidi osservarci con uno strano sguardo, pieno di gioia e commozione.
Quando i miei occhi incrociarono i suoi mi sorrise e mi fece cenno che doveva andare.
Mi staccai così dalla mia amica e mi avvicinai a lui, non sapendo bene cosa dire.
Fortunatamente mi precedette: “É stato un vero piacere fare la tua conoscenza, spero di esserti stato utile e di non averti scocciato troppo durante il volo” disse sorridendo.
“Ma figurati, anzi, mi ha fatto davvero piacere conoscerti e grazie mille ancora per il tuo aiuto” non ero impacciata, no.
“É stato un piacere, ci si vede” mi diede un bacio sulla guancia e arretrò di qualche passo, salutando con la mano, andando verso la zona taxi.
“Si, ci vediamo… ciao” lo vidi allontanarsi e, a malincuore, mi girai dalla parte di Julie, che guardava la scena interessata: “Mica male! Si può sapere chi è?”.
“È una storia lunga, ti racconterò bene tutto a casa”.
Nulla da fare, il velo di tristezza non ne voleva sapere di andare via dalla mia faccia.
“Tu non me la racconti giusta, ma indagherò meglio a casa, tanto siamo sole, non c’è nemmeno quel rompiscatole di mio fratello! Ah, mi hai portato l’autografo di Del Piero? Jack mi uccide se no!”
“Si eccolo” risposi io, mentre lo cercavo nella mia borsa, ma mi bloccai perplessa quando vidi un cartoncino rosso in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie.
Lo presi, sempre più incuriosita, non riconoscendolo, lo aprii e lessi:
 

 

I wanna fly, with you baby, and leave the world behind
I wanna fly, so high, so high
Up up up and away and so to say, girl let’s fly today
You and me girl gonna sit up the race, flying by my side, that’s where you belong
That’s where she stay hey hey, girl you make my day
I wanna fly, fly high, with you baby
 I wanna fly with you baby and just leave the world all behind!
 
So cosa stai pensando: “Bestia! Allora conoscevi la canzone!
Ebbene si, è una delle mie preferite, però volevo sentirtela cantare!
Non avercela con me per questo, hai una voce bellissima!
Comunque ti ho scritto questo biglietto mentre eri a parlare con il caro Alberto.
 Sì, hai indovinato, era una scusa, gli avevo chiesto io di trattenerti almeno cinque minuti, evidentemente poi si è trovato davvero bene a parlare con te,
 quindi non avercela neanche con lui.
Volevo dirti solo quello che probabilmente non sono riuscito a fare giunti al momento di salutarsi, se ce l’avessi fatta avrei trovato il modo di riprendermi questo biglietto,
quindi, se leggi, vuol dire che sono stato troppo codardo per dirtelo di persona.
Mi sei piaciuta subito, fin da quando ti ho vista assorta nei tuoi pensieri
con la tua assurda valigia, e poi ancora di più quando si è rivelata dentro di te una personalità forte, dolce e divertente.
Sono un codardo, lo so, ma ti prego di perdonarmi,
spero ci sarà di nuovo occasione di vederci,
magari di ritorno dai tanto attesi matrimoni.


Un caro saluto con tanto affetto,

Roberto
 

 
 

Un sorriso fece capolino sulle mie labbra.

 

 

Note dell'autrice:
Salve di nuovo, per i coraggiosi che sono riusciti ad arrivare fin qui, complimenti! Spero che vi sia piaciuto, magari me lo faceste sapere, con una recensioncina ina ina, ne sarei davvero felice! :3
Magari qualcuno si chiederà..ci sarà un seguito? vi farebbe piacere? mmm...fischietta...forse si, forse no, chi vuole intendere, intenda ;)
Un grande saluto e un grosso bacio!
See you soon ;) <3
S.

  
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