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Autore: Shyar    22/06/2012    1 recensioni
"Faccio parte della KSC, alias la Keyblader Search Company. Cerchiamo persone che abbiano il potere di maneggiare il Keyblade."
In un mondo coinvolto in una guerra contro l'oscurità, solo i due prescelti dal Keyblade, Shad ed Angelica, possono sconfiggere il male e riportare tutto alla normalità.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Capitolo 1: Keyblader Search Company
 
Angelica sospirò per l’ennesima volta, guardando fuori dal finestrino: stava volando ormai da alcune ore in compagnia di Sight e di nessun altro, ma non aveva aperto bocca fino a quel momento, persa com’era nei propri pensieri. Non sapeva assolutamente dove stessero andando, né chi fosse l’altra persona che aveva il suo stesso potere. Aveva provato già più volte ad immaginare che tipo di dono avessero, però ogni volta aveva concluso il tutto con una scrollata di capo, pensando che non fosse possibile, che fosse troppo fantasioso; però la situazione che l’aveva portata su quell’elicottero era altrettanto assurda.
Si passò una mano tra i capelli, che in quel lasso di tempo si erano asciugati, così come i loro vestiti, poi si sistemò gli occhiali sul naso, dato che le erano scivolati ancora.
Si voltò verso l’uomo seduto davanti a lei, impegnato nella lettura di alcuni fogli; aveva la fronte corrugata per la concentrazione, sicuramente stava cercando di non farsi distrarre dal forte rumore delle pale del velivolo.
Dopo pochi minuti ripose gli stessi fogli in una cartelletta trasparente che aveva appoggiato sul sedile affianco al proprio, poi osservò la ragazza.
-Hai qualche domanda da pormi, non è vero?- le chiese, sorridendo. Lei storse la bocca in una smorfia, chiedendosi come diamine facesse a leggerle nella mente.. no, ce lo doveva aver scritto in faccia, magari con un bel neon luccicante. Indugiò qualche secondo, indecisa sulla risposta da dargli, ma infine annuì, silenziosamente.
-Quando arriveremo, potrò rispondere a tutte le vostre domande, che immagino siano le stesse..- accennò il moro, non perdendo il suo sorriso. –Sarai preoccupata per ciò che è successo, immagino..-
Di nuovo, la castana annuì solamente. Temeva che lui potesse avvertire il tremore nella sua voce, smascherandola di nuovo.. ma molto più probabilmente l’uomo aveva già capito da molto tempo e si limitava a non farglielo notare per evitare che la situazione peggiorasse.
-Ti posso assicurare che ciò che hai visto non accadrà più, ora che vi abbiamo dalla nostra parte- tentò di rassicurarla Sight, senza successo; la vera domanda della ragazza era: è rimasto qualcosa della mia città? Ma sapeva già qual era la risposta.
L’uomo sospirò, non sapendo più come dovesse fare per tirarla su di morale, quando il solito paesaggio cedette il posto ad una foresta. I suoi occhi si illuminarono e, chiamando per nome la ragazza, le consigliò di guardare fuori.
Angelica accettò il consiglio: stavano sorvolando un’immensa foresta di un verde acceso, rigogliosissima, tanto che pensò a come facesse la luce del sole a penetrare tutte quelle fronde... in fondo, forse nemmeno ci riusciva. Ad un secondo sguardo e spaziando un po’ con la mente, pensò che quel posto sarebbe stato perfetto per un nascondiglio.
-Sight, stiamo per atterrare- lo avvertì il pilota, mentre il moro lo ringraziò, poi si rimise ad osservare lo sguardo concentrato della ragazza, chiedendosi che cosa stesse immaginando.
-Servirà uno spiazzo per atterrare.. ma dov’è..?- si lasciò sfuggire la castana, parlando a bassa voce, e l’uomo ridacchiò, per poi indicare il luogo d’arrivo: Angelica aveva visto giusto, era proprio uno spiazzo molto piccolo, in mezzo alla foresta, anche se, da dove si trovavano loro, non lo si vedeva molto.
La ragazza arrossì violentemente, accorgendosi solo in quel momento di aver parlato senza accorgersene; il moro rise di nuovo, mentre lei diventava ancora più rossa.
Sight si toccò poi l’orecchio.
-Aaron, stiamo per atterrare. Quanto vi manca per arrivare?-
 
Shad guardò di sbieco il suo accompagnatore mentre rispondeva alla chiamata appena ricevuta; non avevano parlato per tutto il viaggio e questo lo infastidiva: non una sola spiegazione, né una sola parola di conforto. Non che ne volesse, ma almeno avrebbe saputo che non era finito in mano ad un omone senza cuore.
-Otto minuti e cinquantatre secondi- disse l’uomo diretto all’apparecchio, lasciando il moro senza parole: era davvero così maniaco della precisione? Ne aveva avute diverse prove durante il volo (si era messo a riordinare una pila di fogli per data e per nome, ogni tanto si lisciava la coda e controllava con regolarità su una mappa che stessero seguendo esattamente il percorso indicata), ma adesso era ufficiale. D’un tratto, ripensando a queste cose, si congratulò mentalmente con il loro pilota: se viaggiava tutte le volte con il rosso e riusciva a sopportarlo, era davvero un santo. Si chiese come il rosso si comportasse in caso di imprevisto. La logica suggeriva che si sarebbe fatto prendere dal panico, ma il suo istinto diceva che si sarebbe potuto adattare molto facilmente alla nuova situazione.
Aaron, che aveva appena smesso di parlare, si accorse degli occhi neri che aveva puntati addosso già da un po’ e quindi si volse a guardare il ragazzo.
-Non ti senti triste? Per ciò che è accaduto, intendo- gli chiese, sforzandosi di apparire sincero: non era mai stato bravo a trattare con i bambini, figuriamoci con i ragazzini come lui.
-Ogni essere umano si sentirebbe triste se dovesse vivere qualcosa del genere- rispose il ragazzo, con la voce un po’ roca dal lungo silenzio. –Lei non lo sarebbe?-
L’uomo inclinò di poco la testa, pensando alla risposta da dare. Poi sospirò, non trovando altra scelta che dire la verità. Dopotutto, era solo un ragazzo, non una spia.
-Quando è toccato a me, ero molto triste, sì. Ma avevo già deciso di troncare tutti i miei legami per combattere contro questi nemici- rispose, continuando a guardare il ragazzo. Dal canto suo, Shad si sentì in dovere di guardare il rosso nei luminosi occhi verdi, che adesso mostravano solo un po’ di nostalgia, ma nulla che si potesse notare ad una prima occhiata.
Dopo un po’, l’uomo riprese alcune cartellette, le sistemò di nuovo e infine le ripose in una piccolo zaino nero. Il ragazzo sospirò, un po’ deluso che avesse abbassato lo sguardo, però si mise a guardare fuori dal finestrino.
Rimase allibito dalla grande macchia verde che si trovava a sorvolare, pensando che, se si fosse perso qualcuno all’interno, non ne sarebbe più uscito.
L’uomo lanciò un borbottio di soddisfazione, guardando l’orologio. –In perfetto orario- accennò, sospirando, per poi chiudere gli occhi per qualche secondo, finché non sembrò infastidito dal rumore delle pale; li riaprì, osservando attentamente il moro, come aveva fatto qualche ora prima.
Il ragazzo indurì l’espressione dei suo occhi, rendendo lo sguardo una lama. Il rosso ridacchiò appena, mentre il velivolo atterrò.
Scese prima l’uomo, che non si preoccupò minimamente di Shad: era certo che lo avrebbe seguito. Il ragazzo non deluse certo le sue aspettative: dopo aver visto dall’altro la fortezza verde nella quale si trovavano, non aveva assolutamente intenzione di fuggire. Era sopravvissuto alla distruzione della sua città, non voleva morire lì.
-Vedi quel capannone?- gli chiese Aaron; il ragazzo annuì. –Benissimo; entraci e aspetta finché non arriverà qualcuno a prendervi- ordinò, per poi allontanarsi. Il pilota rimase nell’elicottero, che decollò di nuovo, diretto chissà dove.
Il moro rimase fermo davanti a quella specie di tenda gigante per qualche minuto, un po’ titubante: sarebbe rimasto da solo, o c’era qualcuno ad aspettarlo, lì dentro? Con un sonoro sospiro scacciò tutti i dubbi, convincendosi che avrebbe dovuto andarci comunque.
Fece qualche passo, scostò la ‘porta’ ed entrò, lasciandola tornare al suo posto dietro di sé.
La prima cosa che notò era l’ampiezza di quel posto: c’era abbastanza spazio per ospitare un grandissimo tavolo rettangolare, con molte sedie ai lati e varie cartine alle pareti ed alcuni oggetti di misurazione che non aveva mai visto sparsi a terra. Quel luogo poteva servire da luogo per una riunione d’emergenza, o qualcosa di simile, pensò. Era dotato anche di minuscole finestrelle, che lasciavano passare un po’ d’aria e di luce, che era l’unica fonte d’illuminazione.
Fu solo quando vide queste finestre che notò la presenza di un’altra ragazza nella stanza, girata di spalle rispetto a lui; stava percorrendo con la mano il perimetro della tenda, con lo sguardo perso nel vuoto.
Colse l’occasione per osservarla bene: sembrava più piccola di lui, forse di un anno o poco più, però i suoi gesti sembravano appartenere ad una persona matura.
“E’ lei la mia compagna?” non potè fare a meno di chiedersi, facendo un passo avanti; urtò un oggetto con il piede, facendo rumore. La castana si voltò immediatamente, impaurita, mentre lui fece un salto all’indietro.
Lei lo guardò, perplessa, cercando di capire chi fosse: all’apparenza sembrava Sight, ma gli occhi erano molto diversi e la persona che si trovava davanti era molto più giovane.
Si fece coraggio, prendendo un respiro profondo.
-Chi sei?- domandò, con la voce che tremava, anche se impercettibilmente. Shad all’inizio fece un sospiro di sollievo, ma poi si ritrovò ancora più impacciato di prima: come faceva a spiegare a quella ragazza chi fosse?
-Ehm..- mormorò, giocherellando con le mani, -Mi hanno appena portato qui da una città in fiamme- disse, suonando strano anche a se stesso: che razza di presentazione era quella?! Ma lei sembrò divertita da quella spiegazione; ridacchiò e sorrise.
-Allora siamo in due..- disse, tentando di apparire allegra, nonostante la situazione. –Piacere, mi chiamo Angelica- gli disse, gli si avvicinò e porse la mano.
-Shad- si limitò a dire il moro, un po’ in imbarazzo, stringendogliela. Si sorrisero.
-Shad..- ripeté la ragazza, facendo un passo indietro. –E’ un nome particolare, ma ti si addice- accennò, osservandolo e portandosi una mano al mento, come un critico d’arte davanti ad una statua. Il moro ridacchiò.
-E’ solo un soprannome; il mio vero nome è Francis, ma a me non piace per niente.. dopo un po’ hanno cominciato a chiamarmi Shad, e non mi dispiaceva affatto- spiegò, sospirando, mentre Angelica annuì. –Ti sarei grato se evitassi di usare il mio vero nome- concluse infine, sperando che accettasse.
-Con molto piacere- gli rispose lei, sempre sorridendo. Lui sorrise di rimando, molto sollevato: se loro due erano compagni, sarebbe stato abbastanza piacevole..
Si lasciò sfuggire l’ennesimo sospiro di sollievo, così come fece la compagna, che arrossì subito dopo.
In quel momento sentirono entrare nella tenda qualcun altro. I due ragazzi fecero qualche passo indietro, non sapendo più che cosa aspettarsi: di nuovo i mostriciattoli neri? Oppure qualcosa di ancora più spaventoso.
-Sight!-
-Aaron!- esclamarono contemporaneamente i due compagni, guardandosi subito dopo e faticando a trattenere un sorriso, così come i due uomini, che avanzarono verso di loro.
-Piacere che vi ricordiate ancora i nostri nomi- ironizzò Sight, mentre l’altro uomo sbuffò, per niente interessato a quel tipo di discussioni. L’uomo moro sorrise ai due ragazzi, e fu piacevolmente sorpreso nel vederli così tranquilli. Forse sarebbe stato più facile di quanto si fosse aspettato. Lanciò una veloce occhiata ad Aaron, che annuì.
-Adesso vi prego di seguirmi, vi porteremo nella nostra base- accennò, voltandosi e dirigendosi fuori dalla porta. I due ragazzi obbedirono subito, mentre Sight li seguì subito dopo.
Durante tutta la strada, nessuno dei due ragazzi osò dire nulla, non volendo essere rimproverati dal rosso, che comunque aveva una camminata molto veloce e quindi dovevano concentrarsi per non perderlo di vista e non cadere su radici sporgenti o rami un po’ più grossi caduti a terra. Però, quando l’uomo si fermò improvvisamente, i due non poterono fare altro che andare a sbattere contro la sua schiena, rossi per l’imbarazzo. L’uomo moro rise, mentre l’altro non diede segno di essere arrabbiato, ma gli angoli delle sue labbra si erano leggermente alzati a mostrare un sorrisetto.
-Questa è l’entrata- annunciò la guida, accennando a quello che somigliava molto all’ingresso di una grotta. Senza nemmeno dare il tempo ai due compagni di annuire, entrò e tutti gli altri lo seguirono.
La strada era tutta in discesa, ma non c’era nemmeno un filo di luce, così i due rischiarono più volte di inciampare nei loro stessi passi: cominciavano a sentirsi nervosi.
Angelica prese un respiro profondo, calmandosi, ma Sight la sentì e le mise una mano sulla spalla, segno che non doveva preoccuparsi. Lei annuì piano e, anche se era buio, era pronta a scommettere che l’uomo aveva percepito la sua risposta.
Dopo qualche minuto, sentirono Aaron mormorare qualcosa all’auricolare e, d’improvviso, videro una parete di roccia davanti a loro scorrere e finire sotto un’altra parete di fianco ad essa. I due ragazzi rimasero esterrefatti: davanti a loro si trovava un lungo corridoio argentato, che sembrava completamente di ferro o di qualche materiale simile, ben illuminato da molti led. Entrarono e subito la parete di roccia si risistemò nella sua posizione iniziale, chiudendo l’ingresso.
Adesso che lo vedevano bene, più che un corridoio sembrava una sala d’attesa: sulla destra c’era un tavolino in vetro con alcuni divanetti rossi, probabilmente di velluto, raggruppati lì attorno e, dall’altra parte, si trovava una grande scrivania, dello stesso materiale del pavimento, dietro alla quale si trovava una giovane donna dall’aspetto cordiale.
-Bentornati, signor Sight, signor Aaron- questa salutò i due uomini con un inchino. I due ricambiarono, per poi condurre i ragazzi ancora più avanti, verso un ascensore. Sight digitò una password e questo si aprì, lasciandoli entrare. Appena le porte si richiusero, cominciarono a scendere. Il ragazzo moro deglutì, avendo un po’ paura degli ascensori, ma riuscì a resistere all’impulso, di solito irrefrenabile, di chiudere gli occhi.
Quando le porte si riaprirono, trovarono un lunghissimo corridoio (quella volta lo era sul serio) dello stesso materiale della sala di prima, percorso da centinaia, se non migliaia, di persone, uomini e donne, tutti in una specie di uniforme militare scura, dall’aria molto poco comoda, che correvano affaccendati di qua e di là, alcuni con in mano delle armi, altri con altissime pile di fogli. Alcuni si fermavano a salutare con un inchino i due uomini che erano con i ragazzi.
Percorsero una buona parte del corridoio, finché Aaron non svoltò a destra, facendo aprire una porta automatica in vetro. In quell’ala vi era molta più tranquillità e i suoni vi giungevano smorzati. Arrivati alla fine del passaggio, Aaron indicò la porta alla sua sinistra.
-Questa sarà la vostra stanza; finché non imparerete la strada vi accompagnerà qualcuno- accennò. I due compagni annuirono. –Adesso andate a farvi una doccia e a cambiarvi, dovrebbero già esserci dei vestiti per voi- concluse, voltando loro le spalle e andandosene. Sight sospirò.
-Più tardi verremo a prendervi e vi spiegheremo tutto, ma per ora avete bisogno di un po’ di riposo: una doccia calda può aiutare molto, in questi casi- consigliò, andando via anche lui.
I due rimasero per un po’ in silenzio, indecisi su cosa fare: se avessero trovato qualcun altro in camera con loro? Già essere in stanza insieme era un po’ imbarazzante, ma ci avrebbero fatto l’abitudine..
-Direi di entrare..- disse il ragazzo, guardando la castana, che annuì. Quest’ultima prese la maniglia e la tirò giù, aprendo poi la porta.
Rimasero per un po’ con la bocca aperta, ma dopo poco si diedero un contegno, ricordandosi per un soffio di richiudere la porta dietro di loro.
La prima cosa che notarono fu che non c’era nemmeno una finestra, in nessuna delle due stanze in cui era divisa la camera, ma non si sentivano soffocare e l’aria era molto più buona di quella a cui erano abituati nelle loro città.
C’era un piccolo salone, con un televisore appoggiato su un tavolo e un divanetto blu; poco distante, erano stati posizionati due letti e due comodini al loro fianco, ognuno dotato di una abat-jour. Sia quest’ultime che i copriletto erano in bianco, i comodini e il tavolo, inaspettatamente, erano fatti di legno. Nel piccolo bagno c’erano una doccia e gli altri soliti servizi; avevano già appeso all’interno numerosi asciugamani.
Curiosando nei comodini, trovarono due pacchetti, ognuno con il nome di uno dei due.
-Vado prima io a farmi la doccia- annunciò il ragazzo e, prendendo il pacchetto col suo nome, sparì nel bagno, chiudendo la porta a chiave. La castana sospirò, rassegnandosi ad aspettare.
Si sedette sul divano, appoggiando la testa sul bracciolo. Socchiuse gli occhi, sentendosi stanca. Si assopì per qualche minuto, finché non fu svegliata da Shad, già abbigliato con i nuovi vestiti.
-E’ libero- accennò, sorridendo. La castana rimase per qualche secondo ad osservarlo: ciò che gli avevano dato assomigliava tantissimo alla divisa delle persone viste poco prima. Quindi, pantaloni neri come gli stivali, una cintura, un maglioncino smanicato blu e due pezzi d’armatura (che, a quanto assicurava il ragazzo, non erano affatto pesanti) a proteggergli le spalle.
-Vado io, ora- disse Angelica, alzandosi; prese il suo pacchetto e si chiuse a chiave nel bagno. Quando ne uscì, finalmente pulita ed ordinata, tirò un sospiro di piacere.
I suoi vestiti le sembravano un po’ più leggeri di quelli del compagno, ma ciò non le dispiaceva affatto: aveva un paio di pantaloni neri, che aveva infilato nei lunghissimi stivali color cuoio, e ogni volta che ruotava su se stessa, veniva accompagnata da un corto vestitino a maniche lunghe bianco, con su un’altrettanto lunga giacchetta smanicata azzurra.
Il moro schioccò la lingua in segno d’approvazione, mentre l’amica arrossì immediatamente. Lui rise, andando poi a sdraiarsi sul primo letto, tirando un profondo sospiro.
-Dopo tutto quel tempo seduto in elicottero, questa è una sensazione fantastica..- mormorò, stiracchiandosi un po’; lei fece per dire qualcosa, ma un discreto bussare alla porta attirò la loro attenzione.
-Vado io- accennò la castana e si diresse verso la porta. Aprendola, si trovò davanti Sight, sorridente.
-Oh, il nuovo vestito ti veste alla perfezione. Ti sta benissimo, Angelica- disse e lei arrossì di nuovo, voltando il volto di lato, cercando di nascondere l’imbarazzo.
-Come ho detto prima, sono venuto a prendervi. Siete pronti?- chiese; la ragazza annuì, mentre l’amico si alzò con molto dispiacere dal morbido letto e si avvicinò, notando l’uomo aveva i capelli umidi. Ovviamente, si sarà fatto una doccia anche lui, concluse, annuendo a sua volta.
L’uomo sorrise, cominciando poi ad incamminarsi, senza dare segno di essersi dimenticato nulla. La castana si morse le labbra, indecisa se chiedere o meno; l’amico si accorse della sua difficoltà e le toccò leggermente la spalla per farla voltare verso di lui.
-C-come facciamo a chiudere la porta..?- gli mormorò lei, in imbarazzo: le vecchie abitudini erano dure a morire..
Sentirono l’uomo moro fermarsi, ridacchiando, per poi tornare indietro da loro, sorridente. I due ragazzi rimasero esterrefatti: come diamine aveva fatto a sentirli da quella distanza? La ragazza ripensò alle proprie parole, convinta di aver parlato pianissimo.
-Si chiude in automatico e si apre solo al vostro tocco o al mio- rispose, tranquillo, forse godendo un po’ delle espressioni stupite dei due. –Questo perché ha un lettore d’impronte digitali incorporato nella maniglia- concluse.
Angelica, imbarazzata, mormorò un grazie, così come fece il compagno. L’uomo sorrise di nuovo, riprendendo a camminare. Stavolta i due amici lo seguirono.
Mentre tornavano alla grande porta di vetro, Sight spiegò loro che c’erano molte altre ale come quella sparse per il complesso e che tutte fungevano da dormitorio. Più o meno, ognuna di esse poteva ospitare duecento persone. Ridendo, aggiunse che nessuna delle stanze era simile ad una di un albergo di lusso, ma che perlomeno ci si poteva stare comodi senza alcun problema.
Rifecero al contrario lo stesso percorso di poco prima, ma erano rimaste ben poche le persone che ancora si affaccendavano andando da una porta all’altra. Alcune camminavano con fare stanco, mentre altri sorridevano, accelerando. Forse il loro turno di lavoro era quasi finito.. se quello si trattava di un lavoro.
Sight si fermò solo quando arrivarono dinnanzi ad una piccola porticina in ferro, quasi impossibile da vedere, mimetizzata perfettamente con la parete nello stesso materiale.
Si assicurò che non ci fosse nessuno che li stesse guardando, poi aprì la porticina e fece segno ai due di entrare velocemente; appena richiuse la porta dietro di loro, la stanza si illuminò.
Non era piccola come si aspettavano, ma non era grande nemmeno quanto la loro camera: c’era abbastanza spazio solo per un piccolo tavolo rettangolare posizionato orizzontalmente rispetto a loro e alcune sedie. Tutto era di un colore più chiaro del grigio, alla ragazza sembrò quasi bianco. Seduto in una delle sedie, si trovava Aaron, anche lui molto più in ordine di prima.
-Sedetevi- li invitò a fare l’uomo moro, con un sorriso. I due compagni annuirono, obbedendo. Lui si avvicinò al rosso, che fece pressione con una mano sul tavolo. Le tre pareti davanti e di fianco ai quattro si illuminarono violentemente, accecandoli per qualche minuto. Quando tornarono a vedere, osservarono attentamente, a bocca aperta, gli schermi: quello alla loro sinistra mostrava le informazioni personali di ognuno dei due, con foto, nome, età, data di nascita e luoghi di provenienza, quello al centro invece lo stesso simbolo che la ragazza aveva visto sul portellone dell’elicottero e l’ultimo alcuni tipi di armi che nessuno dei due ragazzi aveva mai visto in vita propria.
Capirono che li avevano portati in quel luogo per spiegare loro la situazione, cosa di cui avevano un forte bisogno, ma non si spiegavano perché l’uomo dagli occhi azzurri non cominciasse a parlare. Infatti lanciò un’occhiata ad Aaron, come se non sapesse da dove cominciare. Quello annuì e ruotò leggermente la mano, ancora sul tavolo. Il contenuto dello schermo di fronte cambiò: su di esso c’erano adesso alcune riprese provenienti dalle città dei ragazzi, che rimasero a fissarle, mentre i brutti ricordi assalivano le loro menti.
-Questo è ciò che avete visto di persona, durate la vostra fuga- accennò il rosso, mentre il compagno annuì, facendogli segno che avrebbe continuato lui.
-Poco tempo fa, sono accaduti dei fatti molto simili a questi, in alcune città lontane dalle vostre. Da allora, abbiamo cercato di trovarne la causa e la soluzione- proseguì infatti lui. –E adesso, finalmente, possiamo dire di esserci riusciti-.
Con queste sue parole, la schermata cambiò, mostrando solo alcune foto dei mostriciattoli neri.
-Questi esseri vengono chiamati Heartless. Sono esseri senza cuore che vengono comandati a distanza da qualcuno. Purtroppo, non abbiamo ancora scoperto l’identità di questo manipolatore- accennò, abbassando lo sguardo.
-E noi cos’abbiamo a che fare con tutto questo?- domandò Shad, con voce dura. La castana lo guardò, per poi annuire, non capendo nemmeno lei.
-Voi due avete un potere particolare che vi consente di evocare un’arma mistica chiamata Keyblade. E’ l’arma più efficiente per far sparire questi mostri- rispose Sight, tendendo il braccio destro innanzi a sé; subito dopo, la sua mano si strinse attorno all’elsa blu di una spada a forma di chiave, con la lama completamente nera.
-La vostra arma è uguale alla mia, ma la differenza è che questa che avete davanti è solo una copia, con caratteristiche abbastanza simili- accennò il rosso, indicando l’arma.
I due ragazzi guardarono attentamente il Keyblade nella mano dell’uomo, chiedendosi se non fosse tutto uno strano sogno.. ma quando Sight, percependo i loro pensieri, si avvicinò, permettendo ai ragazzi di toccarla, si accorsero che quel pensiero era davvero stupido.
-Vi serviamo per far cessare gli attacchi di quegli esseri, giusto? Solo perché abbiamo questo potere- chiese la ragazza, un po’ spaesata. I due uomini annuirono. –Come sapete che noi due possediamo i Keyblade? Come fate ad essere sicuri di non esservi sbagliati?-
Gli accompagnatori si guardarono e con un tacito accordo, Aaron prese la parola.
-Abbiamo scoperto il vostro potere grazie ad una vecchia leggenda, che Sight aveva trovato molto tempo fa in un libro antico e da allora ha continuato a studiare il vostro potere. A quanto si dice, i portatori del Keyblade devono avere un cuore puro. Per questo, qualche tempo fa, abbiamo costruito un macchinario in grado di leggere la purezza dei cuori. Solo i vostri solo stati considerati puri al 100%- spiegò, impassibile. –Abbiamo passato al setaccio molti luoghi, finché non abbiamo trovato voi due-.
Ci fu un lungo silenzio, interrotto solo dal rumore dell’arma di Sight che spariva così com’era comparsa e lui s’inginocchiò innanzi ai due, tentando di vedere cosa c’era negli sguardi dei due ragazzi. Sospirò.
-E’ una cosa molto improvvisa ed assurda, lo capisco- mormorò, non smettendo di guardarli, -Ma devo chiedervi un grosso favore. Vorremmo che vi uniste alla nostra società per aiutarci a porre termine a questa guerra- disse.
-Siete necessari, noi da soli non potremmo fare nulla, se non temporeggiare- aggiunse a sua volta Aaron, tentando di dar man forte al compagno.
Lasciarono passare qualche altro minuto, dando ai ragazzi un po’ di tempo per pensare. Se avessero risposto di no, sapevano fin troppo bene che avrebbero dovuto costringerli..
-Accetto-.
Angelica rivolse lo sguardo un po’ impaurito verso l’amico, che aveva la sicurezza negli occhi neri. –Voglio evitare che un’altra città scompaia, voglio evitare che altre persone soffrano come stiamo soffrendo noi-.
Sight e Aaron sorrisero, un po’ sollevati dalla risposta del ragazzo, poi tornarono a guardare la castana.
Lei prese un respiro profondo e chiuse per qualche secondo gli occhi, calmandosi.
Li riaprì.
-Accetto-.
I due uomini tirarono all’unisono un sospiro di sollievo, mentre lei sorrise al compagno; il ragazzo ricambiò.
Sight si alzò, con un’espressione felice sul volto.
-Benvenuti nella Keyblader Search Company, ragazzi-.
 
Angolo dell’autrice:
 
Eccoci qua, primo capitolo..
Mentre stavo scrivendo, mi sono messa a cambiare tutta la società, dall’ingresso fino all’ultimo anfratto, dannazione a me e alle mie improvvise idee di rivoluzione.. -.-
Vorrei sapere che cosa pensate riguardo al capitolo, recensite! ^^
 
Shyar
   
 
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