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Autore: WretchedAndDivine    22/06/2012    2 recensioni
Dakota è uno dei ragazzi più popolari della scuola, è il capitano della squadra di basket e ha un sacco di ammiratori. Dovrebbe essere felice. Ma il rischio di venire espulso dalla squadra per un insufficenza lo costringe a chiedere aiuto a Logan, un ragazzo più piccolo di lui del quale è innamorato da tempo.
Salveee! Ecco il primo capitolo della mia seconda storia... ^^ spero vi piaccia! Buona lettura, e se vi va recensite pure ^^
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo psicologo della scuola mi ha detto che scrivere quello che mi è successo mi aiuterà ad accettarlo e aiuterà lui a capire come aiutarmi. Partendo con il presupposto che non voglio che mi aiuti, mi ha in pratica obbligato a raccontargli “i cazzi miei” sottoforma di diario. Bene. È meglio che cominci.
 
28 aprile

 
Mi ero ripromesso che quel giorno sarei andato a cercarlo.
Non potevo più temporeggiare, le pagelle di metà semestre erano già arrivate da una settimana e io ero nella merda. La mia carriera scolastica dipendeva da lui.
Avevo lasciato Nate e Kit appena arrivati in mensa, gli avevo detto che li avrei raggiunti dopo al solito tavolo e me ne ero andato subito ignorando le domande che sapevo già mi avrebbero fatto, avrei spiegato dopo.
Camminare nella mensa piena di gente per me è un estrema soddisfazione. Sai di essere davvero importante, popolare in questa scuola solo quando tre quarti della gente ( ragazze, ragazzi, e pure qualche professore ) si gira a guardarti mentre passi.
Posso felicemente dire di essere una di quelle fortunate persone.
Lasciate che mi presenti: Salve, mi chiamo Dakota Hooran, ho diciassette anni, sono il capitano della squadra di basket del mio liceo e sono quello che molta gente vorrebbe portarsi a letto, ho tutto quello che vorrei avere dalla vita. Questo è quello che avrei detto quel giorno se mi fossi dovuto presentare a qualcuno ma ora sono cambiato.
Ah, ho dimenticato un piccolo particolare: sono bisex ( per chi non lo sapesse,vuol dire che mi piacciono sia le ragazze che i ragazzi ) ; questa cosa all’inizio ho cercato di tenerla segreta ma due anni fa è diventata di dominio pubblico a causa di un ragazzino che mi aveva fatto una scenata nell’atrio…Vabbè. Ciò non mi ha sminuito, non c’è molta gente che abbia voglia di mettersi contro il mio metro e 98 di altezza.
Tornando a quel giorno; avevo fatto tutto il giro della mensa e non ero riuscito a trovarlo, dove caspita poteva essere? Fatti dieci minuti a girare a vuoto, mi ero ricordato che quando c’era bel tempo lo vedevo seduto sotto la vecchia quercia, vicino al campo da calcio. Il tempo non era il massimo,  nonostante aprile fosse agli sgoccioli era una giornata piuttosto fredda, di quelle che ti fanno ripescare la felpa pesante dall’armadio e ti fanno passare la voglia di stare all’aria aperta.
Non mi andava proprio di uscire ma l’unico momento in cui potevo parlargli era la pausa pranzo perché nonostante lo vedessi tutti i giorni in classe, parlava con me, Kit e Nate solo se strettamente necessario o se obbligato dall’insegnante. Gli facevo paura? Forse. Forse i fatti sarebbero andati in maniera diversa se io mi fossi sforzato di parlargli prima…e di impedire che Kit lo chiudesse nell’armadietto almeno una volta a settimana…Forse le cose sarebbero andate diversamente.
Feci marcia indietro e uscii dalla mensa, aggirandomi per i corridoi deserti fino all’ingresso, il mio stomaco brontolava, speravo di riuscire a mangiare qualcosa più tardi.
Mi ritrovai a camminare in giardino con il vento che mi spingeva i capelli in faccia, non riuscivo nemmeno a tenere su il cappuccio perché il vento me lo strappava via…Ma cavoli, come poteva stare fuori a mangiare con ‘sto tempo?
E come pensavo eccolo lì, sotto la quercia, vedevo il suo zaino giallo evidenziatore appoggiato al tronco, lui non riuscivo a vederlo perché il tronco lo copriva, ma sapevo che era lì.
L’ho raggiunto, stava ascoltando la musica e gli ho chiesto quando vedendomi si è tolto le cuffie
-Hey Biersack! Sono il benvenuto qui?-
Alzò  gli occhi guardandomi fisso, quegli occhi…due schegge di ghiaccio che mi trapassarono l’anima, che mi fecero pesare tutto ciò che io e i miei amici gli avevamo fatto passare, le umiliazioni, l’isolamento in cui si era ritrovato anche causa nostra.
Lui era il ragazzo che avrebbe potuto aiutarmi a passare l’anno, lui era Logan Biersack.
Voglio parlare un po’ di lui…
Logan aveva sempre frequentato le scuole qua in città ma ero in classe con lui solo dall’inizio dell’anno…Si, perché Logan aveva sedici anni e i suoi genitori, d’accordo con la preside, avevano deciso di fargli saltare una classe all’inizio di questo anno scolastico. E così lui si era trovato a stare sulle palle sia alla vecchia classe che a quella nuova: la vecchia, perché erano convinti che fosse stato lui a ritenersi troppo superiore al loro livello per poter stare in classe con loro e la nuova perché…Beh, non c’era molta gente contenta che un ragazzino più piccolo venisse a fare il sapientone in classe nostra.
Era bello Logan, molto bello, i capelli dorati gli arrivavano alle spalle, in dolci onde color grano che sotto il sole sembravano catturarne la luce, aveva i lineamenti delicati, quasi da ragazza, era una bellezza eterea la sua. Quegli occhi, che anche il quel momento mi fissavano, era di un azzurro chiarissimo, erano come il ghiaccio, ma quando sorrideva, i suoi sorrisi scioglievano il cuore, ti facevano pensare solo a lui, ti facevano desiderare d’essere il motivo di quei sorrisi. E anche il suo modo di parlare era particolare, il modo in cui gesticolava animatamente quando il discorso lo infiammava, quel suo storpiare le “erre” perché faticava a dirle, la sorpresa che ti coglieva sentendolo imprecare ad alta voce…
Okay, forse si è già capito… Non chiedevo aiuto a Logan solo per il motivo che fosse il ragazzo più intelligente della classe…si aggiungeva il fatto che mi fossi innamorato di lui e volessi conoscerlo meglio. Nessuno sapeva se gli piacessero le ragazze o i ragazzi…quelle volte che qualcuno gli aveva chiesto di uscire aveva sempre rifiutato cortesemente, senza lasciar capire nulla. Ero curioso e nel frattempo speravo anche di avere una possibilità con lui.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi e lui chiese
-Dakota, cosa vuoi?- Chiese con voce gelida. Nonostante ci avesse messo una buona dose di fastidio in quelle parole mi piacque sentirlo pronunciare il mio nome.
-Oh, ma cos’è tutta questa acidità? Ti ho visto e ho pensato di salutarti…- Bugia, bugia tremenda bugia. L’avevo cercato anche un bel po’.
- Cosa vuoi? Tu porti sempre guai Dakota. Dove sono i tuoi fedeli compari?- mi stuzzicò sarcastico, questo ragazzino si divertiva a scherzare con il fuoco; mi accucciai per avere gli occhi all’altezza dei suoi e dissi sorridendo –Senti…sono venuto qua con intenzioni assolutamente pacifiche ed è per questo che Kit e Nate sono rimasti in mensa. Sono venuto da solo per parlarti a quattr’occhi e per chiederti un aiuto. Ho bisogno che tu mi dia ripetizioni in lettere, se non tiro su questa benedettissima materia ha detto la Sforza che mi da il debito e mi caccia dalla squadra di basket…Mi aiuti?- Mi guardò un secondo e rispose secco –No. Perché dovrei aiutarti? Ti arrangi e perdi l’anno. Imparavi a studiare.- Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco. Non mi avrebbe aiutato? E io come facevo? Non sarei mai riuscito a recuperare, sarei stato buttato fuori dalla squadra e sarei stato anche bocciato…E avrei perso la borsa di studio sulla quale contava mio padre…Mio padre mi avrebbe odiato, per lui il basket era la cosa più importante…era l’unica cosa per il quale l’avevo reso fiero perché al liceo lui aveva fatto vincere moltissimi tornei alla squadra…E voleva ripercorressi i suoi passi…E se l’avessi deluso…non sarei mai più riuscito a guardarlo in faccia. Anche mia madre era così fiera di me… il fatto che io fossi il capitano della squadra di basket da ormai un anno li aveva resi davvero fieri di me, aveva dato loro qualcos’altro su cui concentrarsi, quasi li aveva fatti smettere di litigare…Ma se fossi stato cacciato dalla squadra sarebbe ricominciato l’inferno, papà avrebbe ricominciato a bere, avrebbe ricominciato a malmenarci e mamma avrebbe ricominciato a piangere e a uscire, a stare via sempre di più cercando di scappare da tutto questo. Avrebbero ricominciato a urlare, a litigare e mamma se ne sarebbe andata davvero. Non volevo che la mia famiglia andasse a rotoli. Non mi resi conto che mi stavo mettendo a piangere finché non sentì le lacrime salate bagnarmi le labbra. Era il primo che mi vedeva piangere. Odiavo che mi vedesse vulnerabile ma non riuscivo a trattenerle. Con rabbia mi asciugai il viso con la manica della felpa ma le lacrime continuavano a scendere, cercai di parlare ma la mia voce tremava come mai l’avevo sentita prima –Ti…ti prego…ho bisogno…che mi aiuti…devo assolutamente passare l’anno…devo rimanere nella squadra…io…- crollai seduto a terra coprendomi il viso, non capivo che mi succedeva, non riuscivo a smettere di piangere, credo fosse per il fatto che avevo paura davvero, paura che i miei ricominciassero a litigare perché non erano più presi dal basket, paura che stavolta potessero separarsi davvero. Sentii le sue mani che scostavano le mie e riaprendo gli occhi mi ritrovai a fissare quelle iridi ghiacciate, mi guardava preoccupato e teneva le sue mani fredde sulle mie guance, quel contatto era così dolce…mi sfiorava con i palmi come se fossi qualcosa di sorprendentemente fragile. Prese a parlare piano, a bassa voce per calmarmi –Shhh…calmo…Cerca di fare respiri profondi…ecco così, bravissimo…calmo…- continuò a parlarmi così per un paio di minuti, finché le lacrime non si fermarono e i singhiozzi si affievolirono fino a cessare anch’essi del tutto. Tolse le mani che fino a quel momento aveva tenuto sul mio viso e torno a sedersi contro all’albero, di fronte a me e disse con voce calma –è davvero importante per te?- annuì e lui sospirò rassegnato –Okay, Dakota. Da oggi sarò il tuo tutor- sorrisi e chiesi perplesso –Tutor?- lui scoppiò a ridere e abbandonando il capo contro il grosso tronco della pianta, era la prima volta che lo vedevo così rilassato in mia presenza –Significa che ti darò ripetizioni- Gli sorrisi e alzandomi dissi –Grazie, grazie davvero! Hem, che ne dici se ci vediamo uhm…domani pomeriggio da me?- Lui annuì –per che ore?- ci riflettei qualche attimo e risposi –Le quattro va bene? Prima avrei gli allenamenti. Sai già dove abito?- lui annuì e disse –Le quattro va benissimo, ma…hem…non ho la più pallida idea di dove tu abiti- gli sorrisi e mi tolsi lo zaino dalle spalle frugandoci dentro, strappai un pezzo di foglio dal mio quaderno di storia e ci scrissi nella maniera più leggibile che mi riuscì (scrivo piuttosto male) il mio indirizzo e il mio numero di telefono, nel caso gli fosse servito di chiamarmi. Gli diedi una pacca sulla spalla e gli dissi sorridendo –Allora a domani Biersack- lui annuì guardando il foglietto con la mia calligrafia sghemba poi mentre mi allontanavo sentii che mi chiamava, mi voltai e lo vidi in piedi di fronte alla vecchia quercia –Chiamami pure per nome okay?- risi e dissi –Okay Logan!- mi voltai e corsi di nuovo dentro, la fame mi era passata, mi sentivo lo stomaco chiuso. Andai a sedermi in uno dei laboratori di chimica per stare un po’ da solo, sapevo che in quel momento erano tutti vuoti. Mancavano dieci minuti alla fine della pausa pranzo. Poi l’avrei rivisto in classe. Ero maledettamente agitato. Il giorno successivo lui sarebbe venuto a casa mia. Oh diamine. 
  
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