Salve
a tutti! *sbuca da un angolino* Manco da un po’ di
tempo da questo sito e soprattutto da questo fandom! ^^ La storia che
state per
leggere (si spera) è stata scritta per il contest
“La tua one-shot”, indetto da
Skyler, ma poi “salvato” da Luna Ginny Jackson. La
storia è ambientata in un
contesto scolastico e vede come protagonisti Vegeta e Bulma. Ammetto
che sono
davvero tante le storie con tema scolastico su loro due, ma ho sempre
desiderato scriverne una anche io ^^ Niente, non vi annoio
più e vi lascio alla
lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate, fa sempre piacere sapere la
vostra
opinione!^^
Alla prossima!
LadyInDark.
Love Has The Taste Of Chocolate
Bulma
bagnò un tovagliolo di carta sotto il getto
d’acqua tiepida per poi portarselo
al viso e strofinarlo vigorosamente sulla sua delicata pelle di
porcellana.
“Ma tu guarda!”, disse a se stessa, sbuffando.
La campanella che segnava l’inizio della ricreazione era
appena suonata e lei
si era subito diretta verso la mensa. Arrivata davanti
l’ingresso, però, una
ragazzina che doveva essere al suo primo anno di liceo le era
praticamente
caduta addosso, lanciandole il succo d’arancia contenuto nel
bicchiere che
portava in mano direttamente sulla faccia. La ragazzina, imbarazzata e
dispiaciuta, aveva chiesto scusa più volte e Bulma,
nonostante fosse seccata a
causa dell’incidente, le aveva rivolto un sorriso e aveva
risposo: “Tranquilla,
è tutto a posto”. Dopo essersi accertata di non
essere più nel campo visivo
della ragazza, però, si era diretta a grandi falcate verso
il bagno delle
ragazze, lanciando occhiate assassine a chiunque avesse osato ridere.
Ed ora eccola lì, intenta a sfregare sempre con
più vigore, nella speranza di
risolvere quel pasticcio. Continuò fin quando la sua pelle
tornò ad essere morbida
e liscia come una pesca e non più appiccicosa. Per essere
più sicura, si
spruzzò abbondantemente il viso con l’acqua
fresca. Fortunatamente, sia i
capelli sia i vestiti erano usciti incolumi dall’impatto,
anche se in quel
momento il lungo caschetto azzurro era completamente in disordine.
Menomale che
lei era attrezzata per ogni evenienza. Nella sua borsa, che definirla
piena di
cianfrusaglie sarebbe stato un eufemismo, non poteva di certo mancare
una
spazzola.
Quando ritenne di aver assunto un aspetto presentabile, uscì
dal bagno con la
speranza di poter finalmente mangiare qualcosa. Quando
arrivò al bancone della
mensa, scoprì con sommo dispiacere che tutto il cibo era
stato preso. Era stata
talmente impegnata a darsi una ripulita da non essersi resa conto di
come il
tempo fosse passato velocemente. Grandioso,
pensò stizzita, poggiando entrambe le mani sui fianchi.
Percorse con lo sguardo
l’intero bancone sperando vivamente di non dover digiunare.
La sua attenzione
si concentrò alla fine del tavolo, dove le sembrò
di scorgere qualcosa.
Avvicinandosi, per poco non si mise ad urlare quando vide
un’ultima tavoletta
di cioccolata. Senza attendere oltre, l’afferrò
con entrambe le mani,
stringendola al petto quasi fosse un bottino di guerra. Recuperato il
cibo, non
restava che trovare un posto in cui sedersi. Peccato fossero tutti
occupati, o
quasi. Accanto a una delle finestre notò un piccolo tavolo,
un po’ in disparte
rispetto agli altri, capace di ospitare al massimo due persone. Lo
avrebbe
raggiunto di corsa se non fosse stato per il fatto che uno dei due
posti era
già occupato dal ragazzo più antipatico e
pericoloso della scuola: Vegeta.
Frequentavano gli stessi corsi, ma nonostante questo sapeva poco e
niente su di
lui, se non che era meglio non avvicinarsi. Chiunque osava
coraggiosamente
parlargli, veniva, o altamente ignorato essendo ritenuto indegno della
sua
attenzione, o se era più fortunato, liquidato in modo
minaccioso e diretto.
Anche Bulma, quando lo aveva visto per la prima volta e ancora non
sapeva
quanto fosse antipatico, aveva provato a fare amicizia domandandogli da
quale
città venisse. In risposta non aveva ottenuto niente, se non
uno sguardo
annoiato e allo stesso tempo seccato che le era bastato per capire chi
fosse in
realtà quel ragazzo.
Aveva deciso di non rivolgergli più la parola e di
ignorarlo. In quel momento,
però, se voleva godersi la misera tavoletta di cioccolata
che era riuscita a
prendere, avrebbe dovuto fare uno sforzo e chiedergli gentilmente di
permetterle di sedersi accanto a lui. Dopo aver preso un bel respiro,
si avviò
a passo deciso, senza alcun timore o ripensamento. Non era il tipo che
si
arrendeva alla prima difficoltà, lei era la grande Bulma
Brief e quando
prendeva una decisione, niente e nessuno poteva farle cambiare idea.
Quando
arrivò al tavolo, notò che il ragazzo guardava
con disinteresse fuori dalla
finestra. Rimase in silenzio per qualche secondo, in attesa che si
accorgesse
della sua presenza. Non ricevendo nessuna attenzione, decise di parlare.
“Ciao”, disse semplicemente.
Il ragazzo però non si voltò, ma rimase
perfettamente immobile, ignorandola.
Bulma incrociò le braccia al petto. Cominciamo
bene, pensò
infastidita. Decise di cambiare tattica, lasciando perdere i
convenevoli e
andando direttamente al sodo.
“Posso sedermi qui? Tutti gli altri tavoli sono
occupati”.
“No”.
La ragazza rimase alquanto sorpresa nel sentire la sua voce. Quella
misera
parola era stata capace di provocarle uno strano brivido lungo la
schiena: era
così bassa e profonda, ma allo stesso tempo dura e
minacciosa. Solo in un
secondo momento realizzò quello che aveva detto.
Posò entrambe le mani sui fianchi e lo guardò
infuriata.
“Cosa? Perché no? Non c’è
nessun altro posto libero!”.
“Non m’interessa”, disse lui, senza
muoversi di un millimetro, mantenendo un
tono di voce calmo e impassibile.
E
va
bene,
pensò Bulma. Avrebbe potuto rispondergli per le rime, ma
sapeva che lo scambio
di battutine irritanti che si sarebbe venuto a creare sarebbe durato
fino alla
fine della pausa pranzo e quella era l’ultima cosa che
voleva. Avrebbe fatto a
modo suo, allora. Poggiò la borsa ai piedi del tavolo e si
sedette. Il ragazzo
si voltò lentamente verso di lei, gli occhi ridotti a due
fessure e la mascella
serrata. Nonostante non potesse nascondere di essere spaventata da lui,
Bulma
sostenne il suo sguardo, accennando persino un sorriso vittorioso.
Vegeta
incrociò le braccia al petto, mentre il suo sguardo
diventava sempre più
minaccioso. La ragazza, come se niente fosse, cominciò a
scartare la tavoletta.
Ne addentò un pezzettino e mentre gustava il cioccolato, si
ritrovò a pensare
che quel Vegeta non era niente male. I capelli neri avevano una strana
forma,
sparati all’insù e gli occhi, dello stesso colore,
erano talmente profondi da
avere l’impressione di poter annegare e rimanere intrappolata
in quel nero
liquido come il petrolio. Ma non era stato solo il viso a catturare la
sua
attenzione, perché nonostante non fosse molto alto, aveva un
corpo a dir poco
perfetto e da come poteva intravedere da sotto la leggera t-shirt che
indossava, i muscoli erano sodi e perfettamente scolpiti.
“Hai finito di analizzarmi?”.
Bulma fu riscossa immediatamente dai suoi pensieri, ritrovandosi
addosso lo
sguardo infastidito del ragazzo. Le sue guance si tinsero di un
delicato rossore.
Imbarazzata, decise di cambiare argomento.
“Non so se mi hai riconosciuta, sono Bulma Brief.
Frequentiamo alcuni corsi
insieme”.
Eccome
se l’aveva riconosciuta,
pensò Vegeta. Era la stravagante ragazzina sempre pronta
a rispondere alle domande più difficili dei professori, la
classica secchiona,
insomma. Quel giorno, però, capì che era molto
diversa rispetto all’immagine
che le aveva attribuito. Era stata l’unica a sostenere il suo
sguardo e ad
affrontarlo senza alcun timore. Doveva anche ammettere che era davvero
carina,
nonostante fosse così irritante e sfacciata.
In quel momento lo stava fissando in attesa di una risposta, che
ovviamente non
arrivò.
“È possibile avere una conversazione normale con
te?”, chiese Bulma, usando più
sarcasmo del dovuto.
“Perché non chiudi un po’ quella
bocca?”, aveva detto lui, utilizzando lo
stesso tono di voce.
“Sei proprio un gran maleducato!”, urlò
puntandogli un dito contro. “Sto
soltanto cercando di essere gentile!”, continuò
poi, esasperata.
“Se vuoi esserlo, allora alzati e vattene”. Quelle
frase, pronunciata in modo
freddo e meschino, era stata la fatidica goccia che aveva fatto
traboccare il
vaso.
“Sei uno scimmione!”, urlò con
più foga, alzandosi dalla sedia e sbattendo
entrambe le mani sul tavolo. Sentiva su di sé gli sguardi
dei presenti, ma
decise di ignorarli. Questa volta non gliel’avrebbe fatta
passare liscia. Chi
si credeva di essere? Un principe che poteva trattare tutti gli altri
come
fossero nullità?
Vegeta, dal canto suo, la guardò annoiato, scatenando ancora
di più l’ira della
ragazza già pronta ad aggredirlo con una lista di insulti.
All’improvviso il
ragazzo, con uno scatto del mento, le indicò il pavimento.
Bulma guardò a
terra, notando la tanto agognata tavoletta di cioccolata.
Sgranò gli occhi mentre
le parole le morirono in gola, poi si accasciò sulla sedia.
“Grandioso, per colpa tua adesso mi tocca anche
digiunare!”. Quella frase
avrebbe dovuto risultare irritata e piena di rabbia, invece era
sembrata una
lamentela fatta da una bambina di cinque anni.
Vegeta l’aveva guardata per tutto il tempo, ritrovandosi a
pensare di quanto
fosse ridicola. Un attimo prima sembrava un vulcano pronto ad esplodere
e
subito dopo una mocciosa imbronciata.
La campanella segnò la fine della pausa, e Bulma
afferrò con stizza la borsa,
seccata di dover seguire altre tre ore di lezione, a stomaco vuoto per
giunta.
Quasi si spaventò quando Vegeta le lanciò
qualcosa che aveva preso dal vassoio.
Era una tavoletta di cioccolato, uguale a quella che le era caduta.
Alzò lo sguardo
incredulo verso Vegeta, che si era già voltato per andarsene.
Cercò di trovare delle parole adatte per esprimere tutta la
sorpresa e la gioia
che provava in quel momento, ma alla fine, non trovando niente di
opportuno, si
limitò a dire: “Grazie”, che alle
orecchie di Vegeta arrivò come il suono più
dolce e delicato che avesse mai sentito.
Bulma si sentì dire esclusivamente
“Tsk”, ma oramai aveva capito benissimo
com’era fatto. Lo guardò allontanarsi mentre sul
suo volto nasceva un sorriso
più dolce del solito e l’azzurro dei suoi occhi si
riempiva di una luce in
grado di sconfiggere anche l’oscurità
più profonda. Scartò con calma la
tavoletta e la mangiò, pensando a quanto si fosse sbagliata
nel giudicare
Vegeta. Chissà, magari in futuro avrebbe potuto persino
farci un pensierino. Si
alzò con aria sognante e si apprestò a
raggiungere l’aula.
“Oh no, sono in ritardo!”.
Fu l’ultima cosa che sentì prima che la stessa
ragazzina con un altro bicchiere
di succo d’arancia le cadesse nuovamente addosso. E quella
volta, né i capelli,
né i vestiti furono risparmiati.