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Autore: LadyInDark    23/06/2012    11 recensioni
Semplice One-shot che vede come protagonisti Bulma e Vegeta, in un contesto scolastico, durante l'ora di ricreazione.
Estratto:
[“Sei proprio un gran maleducato!”, urlò puntandogli un dito contro. “Sto soltanto cercando di essere gentile!”, continuò poi, esasperata.
“Se vuoi esserlo, allora alzati e vattene”.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! *sbuca da un angolino* Manco da un po’ di tempo da questo sito e soprattutto da questo fandom! ^^ La storia che state per leggere (si spera) è stata scritta per il contest “La tua one-shot”, indetto da Skyler, ma poi “salvato” da Luna Ginny Jackson. La storia è ambientata in un contesto scolastico e vede come protagonisti Vegeta e Bulma. Ammetto che sono davvero tante le storie con tema scolastico su loro due, ma ho sempre desiderato scriverne una anche io ^^ Niente, non vi annoio più e vi lascio alla lettura! Fatemi sapere cosa ne pensate, fa sempre piacere sapere la vostra opinione!^^
Alla prossima!
LadyInDark.

 


Love Has The Taste Of Chocolate

 
Bulma bagnò un tovagliolo di carta sotto il getto d’acqua tiepida per poi portarselo al viso e strofinarlo vigorosamente sulla sua delicata pelle di porcellana.
“Ma tu guarda!”, disse a se stessa, sbuffando. 
La campanella che segnava l’inizio della ricreazione era appena suonata e lei si era subito diretta verso la mensa. Arrivata davanti l’ingresso, però, una ragazzina che doveva essere al suo primo anno di liceo le era praticamente caduta addosso, lanciandole il succo d’arancia contenuto nel bicchiere che portava in mano direttamente sulla faccia. La ragazzina, imbarazzata e dispiaciuta, aveva chiesto scusa più volte e Bulma, nonostante fosse seccata a causa dell’incidente, le aveva rivolto un sorriso e aveva risposo: “Tranquilla, è tutto a posto”. Dopo essersi accertata di non essere più nel campo visivo della ragazza, però, si era diretta a grandi falcate verso il bagno delle ragazze, lanciando occhiate assassine a chiunque avesse osato ridere.
Ed ora eccola lì, intenta a sfregare sempre con più vigore, nella speranza di risolvere quel pasticcio. Continuò fin quando la sua pelle tornò ad essere morbida e liscia come una pesca e non più appiccicosa. Per essere più sicura, si spruzzò abbondantemente il viso con l’acqua fresca. Fortunatamente, sia i capelli sia i vestiti erano usciti incolumi dall’impatto, anche se in quel momento il lungo caschetto azzurro era completamente in disordine. Menomale che lei era attrezzata per ogni evenienza. Nella sua borsa, che definirla piena di cianfrusaglie sarebbe stato un eufemismo, non poteva di certo mancare una spazzola. 
Quando ritenne di aver assunto un aspetto presentabile, uscì dal bagno con la speranza di poter finalmente mangiare qualcosa. Quando arrivò al bancone della mensa, scoprì con sommo dispiacere che tutto il cibo era stato preso. Era stata talmente impegnata a darsi una ripulita da non essersi resa conto di come il tempo fosse passato velocemente. Grandioso, pensò stizzita, poggiando entrambe le mani sui fianchi. Percorse con lo sguardo l’intero bancone sperando vivamente di non dover digiunare. La sua attenzione si concentrò alla fine del tavolo, dove le sembrò di scorgere qualcosa. Avvicinandosi, per poco non si mise ad urlare quando vide un’ultima tavoletta di cioccolata. Senza attendere oltre, l’afferrò con entrambe le mani, stringendola al petto quasi fosse un bottino di guerra. Recuperato il cibo, non restava che trovare un posto in cui sedersi. Peccato fossero tutti occupati, o quasi. Accanto a una delle finestre notò un piccolo tavolo, un po’ in disparte rispetto agli altri, capace di ospitare al massimo due persone. Lo avrebbe raggiunto di corsa se non fosse stato per il fatto che uno dei due posti era già occupato dal ragazzo più antipatico e pericoloso della scuola: Vegeta. Frequentavano gli stessi corsi, ma nonostante questo sapeva poco e niente su di lui, se non che era meglio non avvicinarsi. Chiunque osava coraggiosamente parlargli, veniva, o altamente ignorato essendo ritenuto indegno della sua attenzione, o se era più fortunato, liquidato in modo minaccioso e diretto. Anche Bulma, quando lo aveva visto per la prima volta e ancora non sapeva quanto fosse antipatico, aveva provato a fare amicizia domandandogli da quale città venisse. In risposta non aveva ottenuto niente, se non uno sguardo annoiato e allo stesso tempo seccato che le era bastato per capire chi fosse in realtà quel ragazzo.
Aveva deciso di non rivolgergli più la parola e di ignorarlo. In quel momento, però, se voleva godersi la misera tavoletta di cioccolata che era riuscita a prendere, avrebbe dovuto fare uno sforzo e chiedergli gentilmente di permetterle di sedersi accanto a lui. Dopo aver preso un bel respiro, si avviò a passo deciso, senza alcun timore o ripensamento. Non era il tipo che si arrendeva alla prima difficoltà, lei era la grande Bulma Brief e quando prendeva una decisione, niente e nessuno poteva farle cambiare idea. Quando arrivò al tavolo, notò che il ragazzo guardava con disinteresse fuori dalla finestra. Rimase in silenzio per qualche secondo, in attesa che si accorgesse della sua presenza. Non ricevendo nessuna attenzione, decise di parlare.
“Ciao”, disse semplicemente.
Il ragazzo però non si voltò, ma rimase perfettamente immobile, ignorandola.
Bulma incrociò le braccia al petto. Cominciamo bene, pensò infastidita. Decise di cambiare tattica, lasciando perdere i convenevoli e andando direttamente al sodo.
“Posso sedermi qui? Tutti gli altri tavoli sono occupati”.
“No”.
La ragazza rimase alquanto sorpresa nel sentire la sua voce. Quella misera parola era stata capace di provocarle uno strano brivido lungo la schiena: era così bassa e profonda, ma allo stesso tempo dura e minacciosa. Solo in un secondo momento realizzò quello che aveva detto.
Posò entrambe le mani sui fianchi e lo guardò infuriata. 
“Cosa? Perché no? Non c’è nessun altro posto libero!”.
“Non m’interessa”, disse lui, senza muoversi di un millimetro, mantenendo un tono di voce calmo e impassibile.

E va bene, pensò Bulma. Avrebbe potuto rispondergli per le rime, ma sapeva che lo scambio di battutine irritanti che si sarebbe venuto a creare sarebbe durato fino alla fine della pausa pranzo e quella era l’ultima cosa che voleva. Avrebbe fatto a modo suo, allora. Poggiò la borsa ai piedi del tavolo e si sedette. Il ragazzo si voltò lentamente verso di lei, gli occhi ridotti a due fessure e la mascella serrata. Nonostante non potesse nascondere di essere spaventata da lui, Bulma sostenne il suo sguardo, accennando persino un sorriso vittorioso. Vegeta incrociò le braccia al petto, mentre il suo sguardo diventava sempre più minaccioso. La ragazza, come se niente fosse, cominciò a scartare la tavoletta. Ne addentò un pezzettino e mentre gustava il cioccolato, si ritrovò a pensare che quel Vegeta non era niente male. I capelli neri avevano una strana forma, sparati all’insù e gli occhi, dello stesso colore, erano talmente profondi da avere l’impressione di poter annegare e rimanere intrappolata in quel nero liquido come il petrolio. Ma non era stato solo il viso a catturare la sua attenzione, perché nonostante non fosse molto alto, aveva un corpo a dir poco perfetto e da come poteva intravedere da sotto la leggera t-shirt che indossava, i muscoli erano sodi e perfettamente scolpiti.
“Hai finito di analizzarmi?”.
Bulma fu riscossa immediatamente dai suoi pensieri, ritrovandosi addosso lo sguardo infastidito del ragazzo. Le sue guance si tinsero di un delicato rossore. Imbarazzata, decise di cambiare argomento.
“Non so se mi hai riconosciuta, sono Bulma Brief. Frequentiamo alcuni corsi insieme”.

Eccome se l’aveva riconosciuta, pensò Vegeta. Era la stravagante ragazzina sempre pronta a rispondere alle domande più difficili dei professori, la classica secchiona, insomma. Quel giorno, però, capì che era molto diversa rispetto all’immagine che le aveva attribuito. Era stata l’unica a sostenere il suo sguardo e ad affrontarlo senza alcun timore. Doveva anche ammettere che era davvero carina, nonostante fosse così irritante e sfacciata.
In quel momento lo stava fissando in attesa di una risposta, che ovviamente non arrivò.
“È possibile avere una conversazione normale con te?”, chiese Bulma, usando più sarcasmo del dovuto.
“Perché non chiudi un po’ quella bocca?”, aveva detto lui, utilizzando lo stesso tono di voce.
“Sei proprio un gran maleducato!”, urlò puntandogli un dito contro. “Sto soltanto cercando di essere gentile!”, continuò poi, esasperata.
“Se vuoi esserlo, allora alzati e vattene”. Quelle frase, pronunciata in modo freddo e meschino, era stata la fatidica goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
“Sei uno scimmione!”, urlò con più foga, alzandosi dalla sedia e sbattendo entrambe le mani sul tavolo. Sentiva su di sé gli sguardi dei presenti, ma decise di ignorarli. Questa volta non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Chi si credeva di essere? Un principe che poteva trattare tutti gli altri come fossero nullità?
Vegeta, dal canto suo, la guardò annoiato, scatenando ancora di più l’ira della ragazza già pronta ad aggredirlo con una lista di insulti. All’improvviso il ragazzo, con uno scatto del mento, le indicò il pavimento. Bulma guardò a terra, notando la tanto agognata tavoletta di cioccolata. Sgranò gli occhi mentre le parole le morirono in gola, poi si accasciò sulla sedia.
“Grandioso, per colpa tua adesso mi tocca anche digiunare!”. Quella frase avrebbe dovuto risultare irritata e piena di rabbia, invece era sembrata una lamentela fatta da una bambina di cinque anni.
Vegeta l’aveva guardata per tutto il tempo, ritrovandosi a pensare di quanto fosse ridicola. Un attimo prima sembrava un vulcano pronto ad esplodere e subito dopo una mocciosa imbronciata.
La campanella segnò la fine della pausa, e Bulma afferrò con stizza la borsa, seccata di dover seguire altre tre ore di lezione, a stomaco vuoto per giunta. Quasi si spaventò quando Vegeta le lanciò qualcosa che aveva preso dal vassoio. Era una tavoletta di cioccolato, uguale a quella che le era caduta. Alzò lo sguardo incredulo verso Vegeta, che si era già voltato per andarsene.
Cercò di trovare delle parole adatte per esprimere tutta la sorpresa e la gioia che provava in quel momento, ma alla fine, non trovando niente di opportuno, si limitò a dire: “Grazie”, che alle orecchie di Vegeta arrivò come il suono più dolce e delicato che avesse mai sentito.
Bulma si sentì dire esclusivamente “Tsk”, ma oramai aveva capito benissimo com’era fatto. Lo guardò allontanarsi mentre sul suo volto nasceva un sorriso più dolce del solito e l’azzurro dei suoi occhi si riempiva di una luce in grado di sconfiggere anche l’oscurità più profonda. Scartò con calma la tavoletta e la mangiò, pensando a quanto si fosse sbagliata nel giudicare Vegeta. Chissà, magari in futuro avrebbe potuto persino farci un pensierino. Si alzò con aria sognante e si apprestò a raggiungere l’aula.
“Oh no, sono in ritardo!”.
Fu l’ultima cosa che sentì prima che la stessa ragazzina con un altro bicchiere di succo d’arancia le cadesse nuovamente addosso. E quella volta, né i capelli, né i vestiti furono risparmiati.

 

 

 

 

  
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