Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: La Mutaforma    25/06/2012    1 recensioni
“Se ti chiedessi il perché di questo viaggio improvviso cosa mi risponderesti?”
“Che fa bene alla circolazione”
“Non so mai cosa risponderti quando fai così”
“Ah, è per questo allora che sei muto come la materia?”
[...] Ovunque tu sia, Valentine, spero che ti sieda su un nido di Kyaktus!
È brutto essere soli, dialogare stupidamente con la propria coscienza, mangiare cioccolatino dopo cioccolatino e odiare una persona che ci manca terribilmente.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dirge of Cerberus
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Se ti chiedessi il perché di questo viaggio improvviso cosa mi risponderesti?”

“Che fa bene alla circolazione”

“Non so mai cosa risponderti quando fai così”

“Ah, è per questo allora che sei muto come la materia?”

 

La laguna aveva un odore vagamente stagnante, le acque erano limpide e salmastre, piatte come se non si lasciassero accarezzare nemmeno da un soffio di vento. Le rive erano fangose e tutt’intorno cresceva un fitto canneto alto quasi fino alla sua gamba.

Si era accoccolata nell’erba bagnata, ai piedi di un alberello rinsecchito, quasi più esile di lei. L’aria lì era fredda, per riscaldarsi aveva acceso un modesto falò con dei rami troppi piccoli, che si sarebbero consumati quasi subito.

Poco male. Intanto, favoriva la combustione gettandoci un altro pezzo di cuore.

Ah no, era solo un ramo secco, dalla forma contorta, quasi urlante di dolore.

Via, nelle fiamme, pensò Yuffie, gettandolo tra le lingue incandescenti e osservando senza interesse il ramo che si contorceva nella sua condanna al rogo.

Ma quando i rami sarebbero finiti, il suo cuore sarebbe stato ottimo per la combustione. E visto che non le suggeriva mai niente di buono, e serviva solo a fare baccano lì, nel petto minuto, lo avrebbe usato per farsi calore.

Chissà, magari in questo modo, sarebbe stato più utile anche del suo cervello.

 

Frugò rumorosamente nella sacca, afferrando una manciata di cioccolatini, luccicanti alla luce del fuoco nei loro incarti splendidamente colorati, come gemme preziose. Oppure come le materia.

Quel pensiero le strappò un avido sorriso dalle labbra imbronciate.

Ultimamente le materia sembravano essere le uniche cose che sembravano riuscire a rallegrarla. E quando non pensava alla materia, camminava. Non importava dove andasse, non importava se si perdesse e non sapesse come tornare indietro.

L’importante era che la mattina seguente, dopo essersi stiracchiata per bene, avrebbe ripreso a camminare. Così avrebbe pensato di meno. Alle materia e a tutto il resto.

Scartò il primo cioccolatino.

“Sai cosa c’è Vincent? È meraviglioso viaggiare con te! Anche perché non parli molto. Bravo, mi congratulo con te, almeno non mi dai fastidio. Se non fossi terribilmente vecchio, noioso e terrificante e non avessi quel terribile artiglio al posto del braccio credo che potrei anche innamorarmi di te!”

“…”

“Bravo, continua a non prestare attenzione ai miei deliri, sei maledettamente bravo in questo! Sai Vince, in fondo credo di amarti per davvero. Non farti l’idea sbagliata, sei vecchio per me, mi fai orrore. Ti amo come si può amare il cioccolato. Lo sapevi che il cioccolato è un’antistress? Tieni, prendine un po’ anche tu!”

Gli lanciò un cioccolatino come si lancia una moneta, oppure una palla da basket, mentre si buttava in bocca quello appena scartato, assaporandolo con gusto e lasciandolo girare nelle papille gustative, mentre ancora rifletteva sul concetto di Vincent => cioccolato => antistress.

“La cosa bella è che il cioccolato ti aiuta a superare la depressione, e ti sembra tutto più dolce! Persino tu! No aspetta, per vederti dolce ci vorrebbe un trapianto di nervo ottico, non un cioccolatino…”

“…”

“Come ti offendi facilmente! Sto mettendo a nudo i miei sentimenti per te, Mr Valentine! Non fare finta che io stia vaneggiando! Passami quel cioccolatino, vuoi vedere che grazie alla mia sbadataggine ti ho dato del cioccolato fondente? Fosse per te, il cioccolato sarebbe senza zucchero, e avrebbe il sapore di brutte pillole e di carciofi. Sì, carciofi stufati. Cucinati da Godo. Ti assicuro che non sono niente di commestibile!” e si tappò il naso sventolando una mano con aria disgustata.

“…”

“Sei spiritoso come un kyaktus con il prurito. Di cosa si può parlare con te? Di mantelli? Di fucili a pompa? Di reazioni chimiche applicate sul corpo di un chocobo? Sì dai, parliamo di chocobo!”

“…”

“Non sei il tipo esattamente loquace. Ma va bene così, ti avevo messo alla prova. Sei un perfetto compagno di viaggio. Di quelli che non ti considerano minimamente e che ti fanno blaterare per ore ed ore di cose stupide, come uno strizzacervelli. Anche gli psicologi danno il cioccolato? Dici che è stupido? No aspetta, il cioccolato non è una cosa stupida. È una cosa buona! Non è vero, Vince? Dai, adesso puoi rispondere!”

“…”

Ormai anche a lei mancava la forza di parlare. Quel discorso stava toccando i limiti della demenza, per la salvaguardia della sua sanità mentale avrebbe dovuto smettere in quel momento, senza aggiungere altro. E magari dormire; la luna ormai era alta nel cielo notturno, vagamente oppresso da qualche nube grigiastra. Non aveva idea di che ore fossero, il tempo era una dimensione a sé durante i suoi viaggi. Perdeva il conto dei minuti, dei giorni, e passavano anni prima che si decidesse di fare ritorno a casa.

“Ogni tanto dovresti rispondermi Vinnie. Sarebbe bello poter discorrere di cose normali, come due persone normali. Iniziare una conversazione che non includa Sephirot, chocobo e materia. Qualche volta potremmo parlare dei nostri problemi -i tuoi problemi, io non ho problemi- Qualche volta potresti parlare anche tu. Non è un trabocchetto e se mi rispondi non ti salterò addosso urlando.”

“…”

“Te lo prometto”

Nessuna risposta. Nemmeno un respiro. Una lieve lingua di fumo si sollevò dal falò, ridotto a poco più di una scintilla su un mucchio di cenere e di legnetti bruciacchiati. Lei non proferì parola.

 

Yuffie sospirò forte, arricciando le labbra.

“Ti confesso in tutta sincerità che i miei sentimenti per te non sono quello che tu e tutti gli altri schifosi esseri umani -e non- immaginate. Amore, tsè. Io non ti amo, tu mi fai ribrezzo, sei schifosamente letale, senza pensare a quante persone avrai ammazzato nella tua carriera da Turk. Di certo i cioccolatini non ammazzano nessuno -o forse no?- ma tu hai una caratteristica fondamentale, che ti fa sempre primeggiare in gran valore sul cioccolato, sulle materia, sui guil e qualunque altra cosa di questa galassia. Un cioccolatino ti rilassa solo se lo tieni tra le dita e lo mangi giusto?”

Si scaldò le mani infreddolite, avvicinandole alla fiamma morente.

“Non serve la tua presenza per perdere la testa. Va tutto male, anche quando non ci sei. Il che è un sollievo, non oso immaginare le mie condizioni se tu fossi qui in questo momento!”

Le scappò una risata. Nel silenzio suonò acuta e altisonante, quasi isterica. Ebbe paura di se stessa e di cosa la solitudine la portasse a fare.

Cadde nell’autocommiserazione, concedendosi un sorrisino storto per stare bene con sé stessa. Più o meno.

“E’ che… ho passato tutta la vita da sola e quando ti ho visto e ho capito che anche tu eri solo, ho pensato che noi avremmo potuto essere soli insieme, non so se intendi. Avremmo potuto condividere la nostra soliterrima solitudine. Invece io sono qua, e tu sei sperduto-chissà-dove. Come al solito, siamo soli, ma siamo soli da lontano…”

Non avrebbe dovuto pensare alle materia in quel momento?

“Ti conviene non tornare. E se dovessimo incontrarci, allontanati da me schifoso essere più o meno umano! Ti odio così tanto, così forte, che se ti vedessi non so cosa ti farei!”

Sospirò ancora, prendendosi la testa tra le mani e lasciando affondare le dita tra i capelli corvini.

No, questo non è proprio un atteggiamento da persona matura.

“Lo rivoglio indietro quel cioccolatino. E non fare finta di non avermi sentita. Giuro che se un malaugurato giorno dovessi rivederti, ti frugherò talmente a fondo nelle tasche che alla fine me lo restituirai senza fare storie. E se non lo farai, ti ruberò il mantello. Anzi, un giorno te lo avrei rubato comunque. Mi servirebbe giusto un nuovo copriletto, quando tornerò a casa! E spero per te che sia caldo!”

Ora va meglio.

Un ultimo respiro spense il suo fuocherello, nascondendosi nella cenere nera e sporca, come fuliggine, come polvere.

Rassegnata, Yuffie si distese cautamente nell’erba, poggiando la testa sulla sacca, sospirando ancora una volta, stavolta più per la stanchezza che la solitudine. O forse per entrambe.

Rimase in silenzio, perché anche la sua coscienza non aveva più parole. Nessuno aveva abbastanza parole per parlare con lei.

Tranne quel noioso, solitario, Vincent Valentine, la cui utilità era solo di dare un volto al destinatario delle parole che Yuffie acchiappava nel silenzio. Nella quiete fastidiosa che si nascondeva nella sua ombra e che la inseguiva, per poi prendere il sopravvento su di lei quando il sole sarebbe tramontato.

Oppure la spiegazione era molto più semplice.

“La verità è che sei un bastardo, molto idiota e sono contenta che tu non dica mai una parola! Non sarebbe nulla di importante o di rilevante, niente che a me interesserebbe sapere. Sei solo un maledetto antipatico che non ride alle mie battute e non mi risponde quando gli chiedo aiuto. Ovunque tu sia, Valentine, spero ti sieda su un nido di kyaktus!” urlò lei, squarciando la quiete notturna, per ritrovare un po’ di pace, per cercare il sonno.

È brutto essere soli, dialogare stupidamente con la propria coscienza, mangiare cioccolatino dopo cioccolatino e odiare una persona che ci manca terribilmente.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: La Mutaforma