Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Milla Chan    25/06/2012    5 recensioni
Norvegia stringe i denti.
Prova a non cedere al panico vedendo la faccia pallida del fratellino e le labbra livide, sentendolo tremare forte tra le sue braccia.
-Va tutto bene.- sussurra esitante, prendendogli le piccole dita bluastre e gelide e stringendole piano, sperando di non fargli male, di non sentirle sgretolarsi come pezzi di vetro.
-...Va tutto bene.- ripete con insistenza, forse più per se stesso, per placare lo spavento che rischia di mandarlo nel caos.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danimarca, Islanda, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il bambino realizza che non gli piace affatto stare lì, in un riparo precario, a guardare i fiocchi che scendono veloci. La situazione gli lascia una sensazione di ansia all’altezza dello stomaco e gli sembra di non riuscire a respirare bene.
È un pensiero che lo assale all’improvviso, violentamente, e gli fa detestare la neve che lo sta facendo rabbrividire come un animaletto.
All’inizio era divertente, per Islanda, camminare velocemente tra la neve con il fratellone. Erano andati avanti, avanti, tenendosi per mano.
Quando aveva iniziato a nevicare il viso del fratellone si era rabbuiato e si erano rannicchiati sotto quelle rocce grandi grandi, per ripararsi dal vento tagliente e ghiacciato.


Ora però il freddo gli brucia il naso, le orecchie e la gola, tanto da dover fare respiri brevi e veloci. È sgradevole, come il sudore che ormai è diventato freddo e gli fa girare la testa.
Ma si ripete di non piangere, nonostante gli occhi lucidi, perché lì con lui c’è il fratellone che gli sta tenendo forte la mano e lui sicuramente sa cosa fare, no?
Si sente le dita pungere e sta diventando insopportabile.
Ma la cosa peggiore sono le gambe fradice e zuppe, appesantite, sembra che abbia centinaia di aghi e gli fanno veramente male, più di tutte le altre volte.
Prova a non darci peso, ma è impossibile, ogni minuto che passa gli pesa come un macigno sulle spalle e gli riempie la mente del male e del fastidio.

-N-Nore...- mugola all’improvviso, talmente sottovoce da risultare impercettibile, mentre gli sembra di starsi spaccando le labbra secche.
Non crede che Norvegia l’abbia sentito, perché lo vede tanto preso a fissare il nulla, con lo sguardo perso e i capelli scompigliati.

È tutto troppo confuso, troppo pesante, troppo difficile. È insostenibile.
Si aggrappa con entrambe le mani alla manica del fratello e socchiude gli occhietti ametista, chiedendosi dove dannazione sia finita l’aria.
Vede appena Norvegia girarsi con una faccia preoccupata e si sente afferrare al volo, saldamente, e trascinare tra le sue braccia senza fatica.
-Is...?-
La voce seria di Norvegia gli arriva all’orecchio tanto lontana, ma riesce a mugolare un semplice “Ho freddo” in risposta, sconclusionato, mentre viene scosso appena dai tremori.
 
-Eirìk.-  Norvegia lo chiama con una nota di preoccupazione, stringendolo tra le braccia e sentendolo respirare troppo lentamente. –...Mi senti?-
Islanda annuisce ma tiene gli occhi chiusi, non trovando l’energia necessaria a tenere dischiuse anche solo un minimo le palpebre, non avendo nemmeno la forza di muovere un muscolo.
-Riesci ad alzarti?- chiede Norvegia, inquieto, scuotendolo un poco per tenerlo sveglio.
Il bambino riesce solo a gemere debolmente, l’aria che manca e il corpo che sta gelando.
Da lì sente il cuore del fratellone battere forte, molto più forte del suo, e capisce che di muoversi proprio non ne ha la forza.
La fatica e il freddo lo attanagliano da capo a piedi, rabbrividendo tra le braccia di Nore e sentendosi scivolare nel torpore.

-Resta sveglio.- lo richiama Norvegia, cupo e nervoso, andando con una mano a spostargli i capelli dalla fronte e alzandosi in piedi, sfidando la neve e il vento che fa svolazzare furiosamente i capelli e i mantelli.
–...Non addormentarti. Andiamo a casa.-
-Fa freddo.- riesce a mugolare fiaccamente il piccolo dopo lunghi attimi di silenzio.
-Sì.- sussurra comprensivo Norvegia, strigendolo un po’ più forte ed allungando il passo nella neve che arriva al ginocchio. -...Continua a parlarmi, Is.-
-...N-Nore, non...-  balbetta il piccolo, rendendosi improvvisamente conto di non sentire più le dita delle mani e dei piedi. -... Non mi sento molto bene.-
Norvegia stringe i denti.
Prova a non cedere al panico vedendo la faccia pallida del fratellino e le labbra livide, sentendolo tremare forte tra le sue braccia.
-Va tutto bene.- sussurra esitante, prendendogli le piccole dita bluastre e gelide e stringendole piano, sperando di non fargli male, di non sentirle sgretolarsi come pezzi di vetro.
 
-...Va tutto bene.- ripete con insistenza, forse più per se stesso, per placare lo spavento che rischia di mandarlo nel caos.


I fiocchi gelidi trascinati dal vento sferzante non si placano affatto.
 
-Congelerò...?- mormora flebilmente Islanda, con voce tremolante e ingenua, girando appena la testa verso di lui, sentendo un forte pesantore alla testa.
 
-No!- Norvegia sussulta, ritrovandosi a combattere contro i proprio pensieri peggiori. 
–No, no, no, cosa... Cosa dici?-  lo avvolge più stretto quando lo sente quasi scivolare via e sperando che la casa appaia presto ai suoi occhi.
 
-...Is, sai una cosa?- freme Norvegia, cercando disperatamente qualcosa da dire, una qualsiasi cosa pur di avere tutta l’attenzione del bambino.
 
Islanda fa un debole verso, un respiro esalato con fatica, lasciando il proprio braccino a ciondolare tristemente nel nulla.
 
Il fratello boccheggia, sentendo il doloroso impulso di gridare e chiedendosi perché dannazione ci stessero mettendo tanto tempo ad arrivare.
 
-...A casa, con pabbi, mangiamo quello che vuoi. Cosa vuoi mangiare, Is?- chiede, fiducioso, sperando di non star facendo trasparire l’angoscia che sente nel petto.
 
Si sente sprofondare sotto terra quando si rende conto che il bambino non trema neanche più.
Attende una risposta, invano, abbassando lo sguardo sul piccolo e scuotendolo appena.
Tutto questo lo sta straziando.

-Is, mi hai sentito?- chiede, provando a mantenere un tono tranquillo, con un risultato abbastanza pessimo.
Il bambino non si muove e Norvegia non sa più cosa fare, se non andare più veloce che può, notevolmente affaticato e rallentato dalla neve.
 
-Eirìk, facciamo... Facciamo un gioco.- ansima, spazzando via con le dita la neve depositata tra i suoi capelli e sulle guance del bambino.. -...Inventiamo una storia. Un drago, un drago enorme, e le fate... Islanda?-
Norvegia sembra gemere quando si rende conto che non risponde, cercando di distogliere lo sguardo dalla sua pelle secca e gelida e dalle mani violacee.
 
Solo gli dei sanno quanto Norvegia sia grato di vedere la casetta coperta di neve all’orizzonte. Il cuore gli si riempie di sollievo, mentre prova a fare passi più lunghi, sopprimendo il dolore alle braccia e gli ansimi dovuti alla fretta.
 
-Guarda Is, siamo a casa, siamo... Adesso c’è pabbi, chiamiamo pabbi, chiamalo.-
 
Norvegia alza la testa, prendendo dolorosamente il respiro nei polmoni che bruciano per il freddo, non ricevendo risposta nemmeno questa volta.
 
-Dan!-
 
Chiama il suo nome a gran voce, più volte, disperato, ad ogni metro che fa, con la speranza di vederlo uscire dalla porta, il bambino tra le braccia che repira terribilmente piano, tanto da sembrare che non respiri affatto.
 
Arriva quasi alla porta e questa si apre, mostrando il danese preoccupato che si affretta verso di loro dopo qualche attimo di smarrimento.
 
Danimarca si ritrova con il bambino gelido e incosciente tra le braccia e Nor che gli urla di entrare in casa.
Chiudono la porta dietro di loro, Dan non riesce neanche ad aprir bocca per chiedere cosa sia successo.
Non ne ha il tempo, ma non può starsene con le mani in mano e non ci mette troppo a intuire la situazione, aiutando il norvegese a sostituire le vesti zuppe e quasi congelate con qualcosa di asciutto e tiepido.
 
-Nor...?- gli mormora, vedendolo avvolgere se stesso e il bambino tra delle coperte, sdraiandosi poi sul letto e stringendo Islanda al petto per dargli calore.
 
Norvegia non gli risponde, ancora con il respiro affannoso, e Dan si siede affianco a loro.
 
-Nor...- lo chiama di nuovo, cercando le sue iridi blu e trovandole profondamente turbate.
Si corica accanto a loro due, passando le braccia attorno al corpicino gelido e immobile di Islanda.
 
-Andrà tutto bene...- sussurra Dan dopo qualche minuto in silenzio, andando a sfiorare le dita di Norvegia che lo guarda con gli occhi lucidi e l’espressione seria. –...Siamo tutti qui.-
 
Rimangono zitti per tutto il tempo.
Ore lunghissime e silenziose, colmate dallo scoppiettio del fuoco, dai loro cuori preoccupati e dai loro respiri.
Ore piene di carezze gentili, occhiate complici e addolorate e tranquillità pesante, di spavento che cresce e si attenua, per poi sommergerli di nuovo in attimi di crisi.
L’esperienza sussurra loro che devono solo aspettare un poco.
 
Ma quel poco diventa un’eternità quando le guance non prendono affatto colore e il bambino, il loro bambino, il loro piccolo Eirìk non accenna a muoversi, gelido e silenzioso, le dita e le labbra bluastre, le pelle gonfia e gelata.
Norvegia non riesce davvero a guardarlo.
Chiude gli occhi, strizzandoli, risparmiandosi la vista della scena pietosa e stringendolo più forte al petto.
Combatte contro le voci malvagie che nella sua testa lo incolpano e gli urlano schiette che non è capace a prendersi cura di un bambino, che sta morendo congelato, che l’ha lasciato scivolare nel buio e che forse è troppo tardi.
 
-Norge...-
 
Dischiude gli occhi, spostandoli lentamente su Danimarca.
 
-...Lui non...-
 
-Sì.- asserisce lapidario Norvegia, fulminandolo con lo sguardo e zittendolo bruscamente. –...Sta respirando.-
 
Danimarca esita, inclinando la testa, vagando con gli occhi sul bambino e passandogli le mani grandi sulle guance marmoree, indugiando sulle labbra dischiuse.
 
-...N-Non...-
 
-Danimarca, per amor del cielo, taci.- geme, tornando a chiudere gli occhi e facendosi un po’ più piccolo, continuando a stringere il corpicino.
Finge di non rendersi conto che invece ha ragione.
Non respira.
Ma entrambi sanno che non può morire. Non può morire, non in questo modo, non per cause naturali.
Devono solo aspettare, non ci metterà troppo a vivere di nuovo.
Ma Norvegia preferisce non pensarci, non pensare così concretamente a quella parola che non avrebbe dovuto spaventarlo, ma che ora come ora lo terrorizzava.
 
La morte, Norvegia.
 
Le voci in testa si stanno divertendo a farlo star male e lui non riesce a arrestarle, a contrastarle, e gli fanno male. Male da morire, mentre la notte cala e rimane a coccolare il bambino inerme come se lui potesse sentire il suo affetto.

L’hai lasciato morire.

Dischiude le palpebre, sotto il calore di tutte quelle coperte che ormai sono inutili, rimanendo a sfiorare con le dita i lineamenti dolci e gelidi.
Socchiude la bocca e sussurra il nome di Eirìk, seguito da delle lacrime troppo calde che prova disperatamente a fermare, singhiozzi tristemente soffocati sul fondo della gola .
Piangere. Oh, una debolezza che non può davvero permettersi, non ora, non quando sa che si metterà tutto a posto.
 
Non potevi fargli una cosa peggiore.
 
Alza gli occhi e trova Dan, lo sguardo serio e gli occhi lucidi e arrossati.
 
Non parlano, guardandosi afflitti, Norvegia che respira irregolare, asciuga le lacrime col palmo della mano e fa gesto a Dan di spegnere le candele.
 
Preferiscono vedere il meno possibile, nella penombra, grazie al fuoco che tiene la casa ad una temperatura vivibile.
 
Il sonno sarebbe la cosa migliore, anche se popolato da incubi e sensi di colpa, le lacrime che avrebbero continuato a scendere e la gravosa consapevolezza di star ancora accarezzando un piccolo corpo stremato dove il cuore non batte.
 
L’attesa fa male, li fa scivolare lontamente in un dormiveglia agitato, il cuore in gola e la nausea.
Non possono fare niente, se non stare a guardare, e questo li distrugge.
 
Le mani si incontrano e si intrecciano piano sul petto immobile del bambino, sostenendosi e consolandosi, dandosi coraggio, si ripetono che non sarebbe durato ancora per molto.
 
Anche loro erano morti. Tante volte. E sanno che succederà ancora.
Per una ferita non curata, per una spada in battaglia, per chissà cos’altro.
Sanno la sensazione agghiacciante della morte che ti afferra e quella altrettanto tremenda di quando il cuore fermo ricomincia a battere, con violenza, affaticato e indebolito, come a volerti ricordare che per te non ci sarà pace, ma continuerai a fare ciò per cui sei nato fino alla fine del mondo. Senza pause, fermate, soste.
Fa male.
Non avrebbero voluto che succedesse a Islanda.
Non quando avevano promesso che sarebbe stato per sempre al sicuro.
 
Com’è possibile, dormire con un pensiero talmente invadente che fa esplodere la testa?
Come può, la Nazione del ghiaccio, morire di freddo?
 
 
Sentono un verso strozzato e sussultano, nel pieno della notte,  puntando con un gesto istintivo gli occhi sul bambino.
 
-Eirìk.-
 
Danimarca lo chiama e tira il bambino a sedere mentre tossisce e ansima, gli occhi serrati, corrucciando la fronte e cercando disperatamente l’aria come se stesse affogando.
 
La luce debole fa sembrare tutto più orribile di quanto già non sia.
 
-Eirìk, siamo qui.- Norvegia gli carezza il viso, ora un po’ più vivo, non riuscendo però ad eliminare la sofferenza che gli stringe il cuore, sentendo quasi quei tremendi spasmi al petto che sta provando il bambino.
 
Islanda geme, affannato, rendendosi conto di riuscire a muoversi nonostante il dolore, come se qualcosa dentro di sé si stesse contraendo bruscamente.
 
Sussurra faticosamente i loro nomi, dischiudendo gli occhietti indolenziti e trovandosi i due uomini che lo guardano preoccupati e lo sostengono.
Si porta lentamente le mani sul costato, tossendo ancora e chiudendo gli occhi.
 
Si sente stringere forte, in silenzio, accarezzare e baciare dolcemente, ma è ancora tutto confuso e annebbiato e non capisce cosa sia successo. Rabbrividisce appena, rendendosi conto di avere i geloni alle mani e ai piedi.
 
Non riesce a parlare, sentendosi come se fosse stato strattonato e strappato in due, poi gettato di nuovo per terra e calpestato.
 
È intorpidito ma gli sembra che il battito del suo cuore non sia mai stato tanto forte.
 
-Io...-

Norvegia e Danimarca lo tengono avvolto e il piccolo alza gli occhi lucidi su di loro, lasciando una lacrima libera di rigargli la guancia candida.
 
-...Io non voglio più avere così freddo.-





____________________________________________________________________________________________

Angolo autrice.
...Eh, eccoci qui. *srotola lista di note*
Dunque... Come ben avrete capito, qui si parla di ipotermia (UBUBUUUUU*scoppia a piangere*).
Ma facciamo un piccolo discorsetto sull'assideramento: come ben sapete, è l'abbassamento della temperatura corporea sotto i 35°C.
L'ipotermia può essere favorita dalla denutrizione, dall'eccessiva stanchezza e dall'immobilità. Quando la temperatura arriva sotto i 28 °C è frequente la comparsa di alterazioni del ritmo cardiaco, mentre al di sotto dei 25 °C si è in grave stato di collasso.
Il trattamento dell'ipotermia prevede il lento e graduale ripristino della normale temperatura corporea: nelle forme di media gravità può essere sufficiente il riscaldamento esterno con coperte e bagni tiepidi, mentre in caso di ipotermia profonda il riscaldamento esterno si rivela poco efficace, in quanto sottrae sangue agli organi interni, che invece sono proprio quelli che hanno più bisogno di sangue.
Indossare vestiti bagnati accelera di cinque volte la dispersione di calore, così come il sudore e l'esposizione al vento.
Man mano che si procede verso i 28°C, il battito cardiaco e il respiro sono così irregolari che può essere difficile percepire le pulsazioni. Il corpo vuole soltanto morire, e probabilmente è già morto, dato che se si scende a 28°C c'è ben poca speranza di sopravvivenza...
Beh, sì, questo è il caso capitato al nostro piccolo Is.
Sono un mostro, non ditemelo, ho versato sudore, sangue e lacrime per questa fic. çAç Spero che comunque vi sia piaciuta e... E.... Vabbè, scusate. *si nasconde e asciuga le lacrime* çAAAAAAAAAAç
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Milla Chan