Legame di Sangue
The
Vampire
CAPITOLO
UNO
Da quando era successo,
le notti di luna piena si doveva chiudere in casa. Non poteva uscire, avrebbe
rischiato di fare del male a qualcuno e questa era l’ultima cosa che voleva.
Migé, Linde, Burton e Gus erano sempre pronti a dargli una mano in caso di
bisogno, ma Ville preferiva lasciarli fuori da questa storia, se lui non fosse
stato in grado di controllarsi avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito
amaramente. Alla stampa avevano dichiarato che Ville aveva contratto una strana
malattia durante un viaggio, per spiegare alcuni strani comportamenti del
cantante.
Quella era la sera
precedente al plenilunio, Ville se ne stava seduto sul letto, a gambe distese,
con lo sguardo fisso nel vuoto. La stanza era immersa nell’oscurità, non
riusciva più a sopportare granché la luce, nemmeno quella artificiale.
Cominciava già a sentire bisogno di nutrimento, anche se si sforzava di
contenerla con tutte le sue forze. Si portò una mano al collo e con le lunghe
dita sottili si sfiorò il segno lasciato dall’incidente avvenuto ormai un anno
prima: due centimetri sotto l’orecchio sinistro poteva sentire la presenza di
due minuscoli fori separati da pochissimi centimetri. La distanza che intercorre
tra due canini. I capelli tornati lunghi riuscivano a nascondere quel difetto
che si sarebbe dovuto portare dietro per tutta la vita.
Per tutta la
vita.
Era la prima volta che
realizzava che non sarebbe mai più stato normale, che avrebbe per sempre dovuto
lottare contro ciò che era diventato: un vampiro. Un sorriso amaramente ironico
gli fece tirare le labbra. Pensare quante canzoni aveva scritto a proposito dei
vampiri, quanto l’avessero sempre affascinato tantissimo fin da piccolo, fino a
quel viaggio in Transilvania che gli aveva cambiato la
vita.
Per il suo 30esimo
compleanno aveva deciso di regalarsi un viaggio nella terra di Dracula, per
respirare quell’aria intrisa di mistero che contraddistingueva quell’area
geografica, forse la più dark dell’intero globo, sicuramente la più intrigante.
Lui e Migé avevano passato una settimana intera a vagabondare per castelli e
paesetti degni delle più inquietanti storie d’orrore, raccogliendo le leggende
locali a proposito dei vampiri tra le favole e gli aneddoti raccontati dai
vecchi contadini. Non avevano creduto a una parola, naturalmente, ma avevano
ammirato il modo in cui quegli uomini dessero l’impressione di prendere tutto
molto seriamente, alcuni sembravano crederci veramente. Avesse dato retta a quei
vecchi, forse la sua vita avrebbe preso un’altra direzione, o forse no… Forse
era destinato a diventare un vampiro da quando ne era venuto a conoscenza, da
quando gli amici, scherzando, lo avevano soprannominato Valo per contrastare il
suo aspetto da vampiro. Domandarselo non aveva più senso, ormai, era troppo
tardi per tornare indietro. Lui e Migé avevano bevuto molto l’ultima sera della
vacanza ed avevano deciso di andare a fare una visita al castello diroccato
vicino alla taverna dove alloggiavano, nonostante una vecchia coppietta avesse
cercato disperatamente di convincerli a rimanersene dove stavano. Ville era
tornato bambino, rivedeva tutti gli scenari che si era immaginato quando gli
raccontavano storie dell’orrore, castelli diroccati circondati da parchi un
tempo rigogliosi, ormai decaduti e ricoperti di erbacce e rovi, pipistrelli che
cercavano riparo all’interno degli spazi vuoti che si erano creati nelle mura
del maniero… purtroppo per lui, però, erano presenti anche delle figure che lui
avrebbe giudicato immaginarie ancora per poco.
Un grido atroce aveva
sferzato l’aria mentre Migé se ne stava tranquillo a svuotare la vescica dai
liquidi assorbiti, talmente tremendo da far riprendere quasi del tutto il
bassista dalla sbronza. La sbronza scomparve del tutto quando, dopo aver
percorso pochi metri attorno al castello, si era trovato davanti l’immagine di
una Ville disteso a terra, svenuto, con due buchi sanguinanti sul collo e
pallido come la morte.
Come la
morte.
In effetti lui non era
altro che un morto che si ostinava a vivere: in lui non scorreva più sangue, era
freddo come una cadavere, ma respirava ancora, sentiva ancora il senso della
sete e, purtroppo, della fame, fame di sangue, ogni plenilunio. Per impedirsi di
mordere qualcun altro doveva barricarsi in casa, chiuso in gabbia come un
animale, aspettando che la notte finisse. Mordeva un cuscino per placare il
desiderio di mordere, ma nei casi peggiori arrivava anche a mordere se stesso
alla ricerca di qualche goccia di sangue… inutilmente.
Il telefono squillò,
facendo risuonare il suo trillo per l’appartamento
silenzioso.
-Pronto?-.
-Ville? Come stai
resistendo?-.
-Ciao, Linde. Male,
comincio già a sentire fame… e sento già che i miei canini cominciano ad
allungarsi.- rispose il darkman lasciandosi scivolare lungo disteso sul letto
sfatto.
-Capisco… Cioè, no, non posso capire, ma mi
sforzo di farmene un’idea. Io e gli altri avevamo pensato se forse non si
potesse provare col farti addentare una cosa come una bistecca al sangue.-
suggerì il chitarrista, poco convinto lui stesso della proposta, ma ormai
avevano provato di tutto, non sapevano più che pesci
pigliare.
-No, Linde, non
servirebbe a nulla.- sospirò sconsolato Ville –Mi fa schifo dirlo, ma mi
servono… prede vive. E poi sai che
detesto la carne rossa!- aggiunse poi, sforzandosi di
sorridere.
Linde tacque un attimo,
probabilmente stava sorridendo anche lui in quel momento. –Non sappiamo più cosa inventarci, Ville.
Dopo un anno non siamo riusciti a trovare una benché minima
soluzione!-.
-L’unica soluzione è
chiudermi in casa, Linde, non ce ne sono altre. Aspetterò 24h e poi potrò
tornare alla quasi normalità per un altro mese.- replicò il
cantante.
In sottofondo, dall’altro
capo del telefono Ville sentì distintamente la voce di Migé –Chiuso in gabbia come un cane pericoloso! Lo
teniamo rinchiuso come se fosse un mostro! Ma è nostro amico, cazzo!! Mi faccio
schifo!-. Povero Migé, era quello che aveva preso tutto molto più a cuore
rispetto agli altri, forse perché si sentiva responsabile per essere andato a
pisciare mentre uno dei suoi più cari amici veniva aggredito da un vampiro.
Ville bloccò il respiro per una manciata di secondi, si sentiva in colpa per
quello che causava ai suoi amici almeno quanto Migé per
lui.
-Migé è furibondo con se stesso, con noi e
col mondo. Non l’ho mai visto così nero in vita mia… non gli capita spesso. Fa
paura!- disse Linde, cercando di creare un diversivo per
Ville.
-Non lo biasimo, ma
rassicuralo, io non ce l’ho con voi, non voglio fare del male ad altre persone.
E’ giusto così.- disse questi osservando il soffitto. I suoi occhi si erano
talmente abituati al buio da consentirgli di distinguere anche i dettagli,
ormai, anche nell’oscurità più nera.
-Non si convincerà mai, Ville, lo sai: si
sente responsabile per quello che è successo. Siete sempre stati come fratelli,
è impossibile farlo ragionare. Qui c’è anche Bam, stasera, casomai dovessi avere
bisogno di noi. Almeno lui è quello autorizzato a darti una botta in testa, in
caso sia necessario.- in sottofondo Ville poté sentire Bam che gli rivolgeva
un saluto. Sorrise felice, aveva dei veri amici sui quali poteva contare in ogni
momento, anche in una condizione in cui chiunque sarebbe scappato. Jonna era
sparita completamente quando lui le aveva rivelato la notizia, non si era più
ripresentata a casa sua, non aveva più chiamato, si era concluso così il loro
secondo tentativo. Non poteva odiarla per questo, era comprensibile che si fosse
spaventata all’idea di dover passare la sua vita accanto a un vampiro, a un
morto che si illudeva di poter continuare a vivere come se niente fosse. Non
avrebbe potuto darle nulla, era giusto così, almeno non si erano dovuti dire
addio.
-Salutami Bam, e…
ragazzi, grazie. Non so cos’altro dirvi, non esistono parole abbastanza forti
per trasmettervi quanto vi apprezzo per quello che state facendo.- disse
Ville.
-Non devi ringraziarci, Ville, non facciamo
che il nostro dovere di amici. Lasciarti solo quando hai più bisogno di noi non
è un comportamento da amici, anche se devo ammettere che ci ho pensato per un
attimo all’idea di abbandonarti in autostrada…- scherzò Linde riuscendo a
strappare una vera risata a Ville.
-Sai, ci pensavo in
questi ultimi giorni, secondo te, io sono immortale adesso?- domandò il darkman
dopo qualche minuto passato a scherzare sull’argomento –Perché io non ho mai
sentito dire di come si diventa dopo essere stati morsi da un vampiro, e i
vampiri che ho presenti erano tutti già morti. Sto facendomi una cultura
basandomi su me stesso, ma non so dare una risposta a questa domanda…
teoricamente io non ho più sangue, eppure continuo a… vivere.
-.
Dall’altra parte del
cavo, Ville poteva percepire Linde nel tentativo di riprendersi da quella
domanda inaspettata. –Ville, io non ne ho
idea, ma non cercare di vedere cosa succede tirandoti un colpo, altrimenti ti
resuscito e ti uccido con le mie mani!- lo minacciò infine il chitarrista, e
nella sua voce Ville poté percepire una sfumatura di sincero
rimprovero.
-Scusami, era una domanda
infelice. La prossima volta penserò prima di parlare.- si scusò
Ville.
-Sarà il caso… senti, qui ci siamo tutti,
quindi se hai bisogno chiamaci e noi corriamo lì,
d’accordo?-.
Ville chiuse gli occhi
cercando di trovare il coraggio di accettare, o di far dimenticare a Linde la
richiesta. Non se la sentiva di coinvolgere i suoi amici in quella situazione,
era troppo rischioso per loro.
-Ville, rispondimi! Ci chiami se ne hai
bisogno?-.
Avrebbe potuto dire di
sì, ma non chiamarli, alla fine sarebbe sembrato che tutto stesse andando
meravigliosamente, nessuno si sarebbe accorto della bugia, era a fin di
bene…
-Ville, non riattacco finché non mi dici di
sì! Non fare il coglione com’è tuo solito! Non abbiamo bisogno di un eroe.-
insistette Linde.
In sottofondo Migé
sussurrò –Anche se ti dice di sì non ci
chiamerà, lo conosci. -. Ville sorrise, Migé lo conosceva come se fossero
gemelli.
-Ti prego, amico, non essere così stupido…
Noi siamo qui per aiutarti.- ripeté Linde, con un tono di voce tuttavia meno
convinto di prima.
-Se ne ho veramente
bisogno vi chiamerò, ma non aspettatevi una mia chiamata attaccati al telefono.-
rispose infine Ville. Linde trasse un profondo respiro: aveva capito che Ville
non avrebbe chiamato aiuto.
-Allora… Buona notte, ammesso che
quest’espressione valga ancora qualcosa.- disse.
-Per me vale sempre. Solo
perché adesso sono un vampiro non vuol dire che devo cambiare vocabolario!-
cercò di scherzare Ville, ma questa volta Linde non rise. –Buona notte, Linde,
anche agli altri.- concluse la chiamata, poi gettò il cordless ai piedi del
letto. Anche quella notte non avrebbe dormito.
Un dolore acuto gli attraversò il palato: la metamorfosi cominciava.
Eccomi qui con un'altra ff sugli HIM!! Ci ho preso gusto, lo ammetto, ma ieri sera mi è venuta l'ispirazione per questa storia e io devo dare ascolto al mio istinto. :) Non so quanto spesso l'aggiornerò perché prima volgio finire Opposites of Attraction, ma non la pianterò qui in eterno, promesso! ^__^ Come sempre, buona lettura, e commentatemi in tanti, anche con critiche! Enjoy me!
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