Violenza
Arrabbiata,
delusa, triste,
amareggiata…
Era così che Gabriella si sentiva. Ogni giorno si chiedeva
dove avesse
sbagliato, cosa avesse fatto per meritarsi tutto
ciò.
L’aveva amato… Dio solo sa quanto grande fu quel
suo amore.
Gli aveva dato tutta se stessa e desiderava non averlo mai fatto.
Era orgogliosa Gabriella, ma per lui,
per il suo amore,
per la sua felicità,
aveva sempre ignorato
quella voce che le diceva di starsi umiliando per qualcuno che non la
meritava.
L’aveva amato e ora stava soffrendo.
Si poteva perdonare una bugia?
Sì…
Si poteva perdonare un tradimento?
Con il tempo…
Si poteva perdonare un abbandono?
Forse…
Si poteva perdonare la violenza?
No…
Le bugie
erano diventate centinaia, i
tradimenti decine e gli abbandoni poteva contarli sulle dita di una
mano.
Gabriella l’aveva sempre perdonato, per lei, sua
figlia.
Non le importava delle bugie, dei tradimenti; l’unica cosa
importante per lei
era che sua figlia stesse bene e che, tutto sommato, avesse un padre
presente.
Gabriella soffriva, ogni notte si svegliava piangendo… la
situazione era
insopportabile.
«Cos’hai?».
Uno schiaffo!
«N-niente, è ch-».
«Non mi interessa!».
Un altro schiaffo, ancora più forte del precedente. Ma
Gabriella era forte,
Gabriella lo amava e, nonostante tutto, lei ci credeva a quel suo
misero “Mi
dispiace, perdonami, non lo rifaccio più”.
Gabriella
gli credeva, Gabriella lo
perdonava, Gabriella lo amava.
«No, non fare del male alla mamma».
Un giorno, la piccola Giulia, sentendo le urla del padre e il pianto
mal
trattenuto dalla madre, entrò in camera e, con la sua
gracile voce, chiese al
padre di smetterla, di non colpire la sua mamma.
«Mi dispiace».
Un sussurro. La bambina sorrise felice e abbracciò il padre,
orgogliosa di aver
protetto la mamma.
«Ti voglio bene papà e…
grazie».
Una bambina che ringrazia il padre di non aver picchiato la madre
è
felice?
No, non lo è, ma Gabriella non capiva, lei pensava di fare
bene!
Gabriella era forte, Gabriella poteva sopportare qualche schiaffo,
qualche
pugno; per la felicità della sua piccolina avrebbe fatto di
tutto.
Si era
fatto tardi, il lavoro era
durato più del previsto e ora Gabriella aveva paura di
ritornare a casa, sapeva
cosa l’aspettava… sperava solo che la piccola
fosse in camera sua. Aprì
la porta con timore, come se si
aspettasse di veder comparire un mostro da un momento
all’altro e, tanto torto
non aveva, il mostro c’era. Quel mostro era suo marito!
«Dove sei stata? Mi hai tradito, vero?».
Pugni, schiaffi, calci… Faceva male, faceva tremendamente
male, ma Gabriella
sopportava perché quel mostro lei lo amava, e sperava di
cambiarlo.
«No, come puoi crederlo, io ti
amo…».
«Bugiarda!», gridò lui furioso.
«Sei mia, solo mia».
Queste parole riportavano in mente a Gabriella dolci ricordi.
«Mia, solo mia».
«Tua, per sempre».
Se lo ricordava bene quando sussurravano queste parole.
Dopo l’ennesimo pugno se ne era andato furioso.
Gabriella stava in un angolo, le ginocchia raccolte al petto, e
piangeva.
Piangeva perché ormai era troppo tardi per reagire, non
aveva nessuno, tutti le
avevano voltato le spalle.
«Se ti sposi con quello
lì, dimentica di
essere mia figlia».
Il padre lo disse con le lacrime agli occhi, sperando di far ragionare
la
figlia…
Era poco più di una bambina Gabriella quando
incontrò Stefano.
Era bello, con i suoi occhi azzurri come il cielo e i biondi capelli,
forse un
po’ troppo lunghi, che gli ricadevano sulle spalle.
«Allora tu dimenticati di
avere una figlia». Fu
la risposta di Gabriella.
Era poco più che una bambina e non capiva la preoccupazione
del padre, lei era
certa che con Stefano al suo fianco sarebbe stata felice… per
sempre.
«Sorellina mia, te ne
pentirai, dai
retta a papà, lui non fa per te».
Non si sarebbe mai perdonata per aver deluso gli unici uomini che
l’amavano
veramente: suo padre e suo fratello.
Il fratello, allora trentenne, conosceva Stefano e conosceva i suoi
vizi; aveva
fatto di tutto per persuaderlo a lasciare la sorella, ma ogni suo
tentativo fu
vano.
Il male
di Gabriella non era solo
fisico, ma anche psicologico…
«Mamma, non piangere più!».
Faceva male, faceva male vedere la figlia di neanche cinque anni
piangere
assieme a lei e tastarle i lividi.
«Ti voglio bene, mamma».
«Anche io, piccola mia, anche io».
Ignorando tutti i dolori, Gabriella strinse la figlia al petto
più forte che
poteva, era lei l’unica sua ragione di vita, era lei che le
dava la forza di
sopravvivere!
Si addormentarono, madre e figlia dormivano abbracciate, legate per
l’eternità.
«Non ti permetterò di fare i miei stessi
sbagli», sussurrò alla figlia prima di
cadere in un sonno profondo, un sonno senza sogni.
Quando
Stefano ritornò, erano le
quattro di mattina e, non trovando la moglie in cucina ad aspettarlo,
si
arrabbiò ancora di più.
La cercò in ogni camera, l’ultima che
controllò fu quella della figlia.
Quell’immagine non gli piaceva.
«Stai cercando di mettere mia figlia contro di me,
vero?».
Stefano urlò furioso, svegliando sia Gabriella che la
piccola Giulia che
scoppiò subito a piangere, terrorizzata dalle grida del
padre.
Ed ecco che ricominciava, ma questa volta faceva ancora più
male: sua figlia
era presente.
«Esci da qui, tesoro mio, vattene!».
Nonostante i forti dolori, Gabriella non pensava a sé, ma al
suo piccolo
angelo, a quella creatura nata dal suo ventre, a sua figlia.
«No, io ti proteggerò, mamma!».
Non capiva, Giulia non capiva!
«Lasciala, lasciala, non fare del male alla mia
mamma».
Gli occhi pieni di lacrime, il terrore nelle sue parole. Non era una
scena
adatta ad una bambina di quattro anni e mezzo.
«Sparisci!».
Uno schiaffo!
Due schiaffi!
Tre schiaffi!
«Togli le mani da mia figlia, pezzo di
merda!».
Gabriella non poteva accettarlo, Gabriella avrebbe dato la vita per
salvare
quella creatura.
Spaventata, anzi, terrorizzata, Gabriella prese un vaso e
colpì la testa del
marito!
Un rivolo di sangue uscì dalla testa del mostro.
Era morto.
Gabriella aveva ucciso suo marito per salvare sua figlia.
Gabriella era forte, ma ancora più forte era Giulia che,
nonostante le lacrime
che scendevano copiose dai suoi piccoli occhi azzurri – come
quelli del padre –
con un timido sorriso disse:
«Grazie, mamma».