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Autore: Cla90    26/06/2012    6 recensioni
«Mi annoiavo.»
A casa, da solo, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.
Sarebbe parso ancora più patetico ai suoi occhi, di quanto già non fosse.
«Non hai una multinazionale da gestire, un certo barman al porto da infastidire, o un sistema iperprotetto da hackerare, solo per il gusto di farlo?»
{Emily/Nolan}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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∞The truth, deep inside.∞

 

 

«Credo che questo sia proprio quello giusto.»

L’irritante voce di Ashley le giunse da lontano, mille miglia da quella vita che le stringeva la gola ogni giorno di più, e da quel pomeriggio sprecato in un maledetto atelier di abiti da sposa.

Prendere parte alla scelta del vestito, delle bomboniere, i fiori, la torta, erano cose che la disgustavano.

Osservò quella donna che la fissava dallo specchio e per un attimo vi vide riflessa quella bambina che a nove anni non pensava altro che a giocare col suo cane e Jack.

La vedeva proprio davanti a lei, coi capelli appena mossi dalla brezza marina, con le mani e i piedi ancora sporchi di sabbia. Le fece un gran sorriso, salutandola con la mano e poi sparire, portandosi via la speranza e l’ingenuità, proprie solo di quell’età fortunata.

Al suo posto comparve l’adolescente dai lunghi capelli neri, problematica e piena di rabbia, appena uscita dal riformatorio. La puntò con lo sguardo glaciale, carico del disprezzo che non l’avrebbe più lasciata, salvo per la maschera con la quale si presentava al resto del mondo. O quasi.

Abbassò gli occhi verso il corpetto dell’abito senza spalline che indossava, accarezzando i ricami tempestati di Swarovski che le donavano la luminosità di un diamante, per poi lasciar correre lo sguardo sulla gonna che si apriva intorno a lei, dandole l’aspetto di una principessa.

Ma per lei la mezzanotte era scattata da un pezzo e non ci sarebbe stato alcun lieto fine.

Lo aveva saputo fin dall’inizio, quando aveva deciso di intraprendere quell’oscuro cammino, e lo aveva accettato.

«Emily, mi stai ascoltando?»

Ancora quella sgradevole voce.

Se non avesse avuto quel tanto di autocontrollo, l’avrebbe già mandata al diavolo.

Invece fece come per riscuotersi dai proprio pensieri, mentre si affrettava a vestire un’aria stanca ed un mesto sorriso.

«Ma certo, Ashley.» le rispose pacatamente, fissandola dallo specchio. «E’ che sono ancora indecisa tra questo e il primo abito che ho provato.»

Fece una teatrale giravolta su se stessa, fissandosi a quello specchio indagatore.

«Potresti lasciarmi qualche momento da sola?»

Ashley, nonostante ne avesse abbastanza di starsene lì a servire la futura Grayson, mise su un sorriso di circostanza, e annuì comprensiva, prima di sparire dietro la porta.

A quel punto Emily esalò un sospiro liberatorio, scese dai tacchi e si lasciò cadere seduta sulla pedana dove aveva trascorso le ultime tre ore.

Lisciò l’ampia gonna che la circondava e si sciolse lo stretto chignon, lasciando i capelli, scivolare in morbide onde lungo la schiena, mentre chinava la testa e prendeva a massaggiarsi le tempie, a causa di un principio di mal di testa.

Dopo una decina di minuti trascorsi in silenzio, udì la porta aprirsi e una figura fece il suo ingresso nella stanza.

Non udendo lo scalpiccio frenetico dei tacchi di Ashley sul parquet, sbirciò appena tra le dita che ancora cercavano di apportarle sollievo e notò un paio di mocassini gialli.

Sorrise di nascosto. Solo una persona di sua conoscenza sapeva essere così eccentrica.

Decise, comunque, di rimanere lì immobile, in attesa.

«Stress da matrimonio imminente?»

Ecco la sua voce sarcastica.

Senza neanche alzare la testa per incrociare i suoi occhi, sorrise di nuovo, appena.

«Come hai fatto a trovarmi, Nolan?» gli chiese svogliatamente. Domanda stupida.

Con Nolan, era come parlare del tempo, la banalità più assoluta.

Fece in tempo a voltarsi verso di lui per vederlo alzare le sopracciglia, con aria superiore.

Si era poggiato al muro, le braccia incrociate al petto e lo sguardo su di lei.

«Mi sottovaluti, Ems.»

Touché. Il GPS del suo cellulare, fin troppo facile.

«Allora, si può sapere che ci fai qui?»

Mantenne quel tono scontroso, com’era solita fare con lui.

Lo vide alzare le spalle con noncuranza, mettersi le mani nelle tasche dei pantaloni bianchi, e distogliere lo sguardo.

«Mi annoiavo.»

A casa, da solo, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.

Sarebbe parso ancora più patetico ai suoi occhi, di quanto già non fosse.

«Non hai una multinazionale da gestire, un certo barman al porto da infastidire, o un sistema iperprotetto da hackerare, solo per il gusto di farlo?»

Nolan le rispose con una smorfia, mentre si muoveva e prendeva a vagare per la stanza, senza meta. Raggiunse il tavolo con sopra il vaso di fiori, afferrò un paio di lunghi guanti bianchi, li osservò con curiosità, per poi posarli di nuovo e rimettersi le mani in tasca.

Le passò davanti, senza guardarla, e si diresse verso il divanetto dall’altro lato della stanza, dove si sedette.

«Mi stai innervosendo, Nolan. Cosa c’è?» gli chiese, alzando appena la voce, e rimettendosi in piedi.

Nolan la fissò in quel meraviglioso abito bianco e scosse la testa.

«Stai commettendo un errore, Ems.»

Pronunciò quelle parole sconfitto, perché sapeva che era proprio così.

Lui non aveva alcuna voce in capitolo, e non sarebbe mai riuscito a distoglierla da quell’assurdo proposito che aveva in mente.

«Sei un disco rotto, ormai.» sentenziò implacabile Emily, prima di avvicinarsi e prendere posto accanto a lui.

Era stufa di sentirgli dire sempre le stesse cose, che suo padre non avrebbe voluto che lei diventasse così, che si rovinasse la vita in quel modo. Non aveva bisogno di una paternale in quel momento.

«Se tu volessi, potrei accompagnarti io all’altare.»

Nolan trattenne il respiro subito dopo aver pronunciato quella frase, decisamente non preventivata. Cosa diavolo gli era passato per la testa?

Il silenzio dall’altra parte era piuttosto eloquente, si vergognò profondamente per ciò che gli era appena sfuggito dalle labbra e desiderò fuggire, fuggire subito da quella stanza e non farvi più ritorno.

«Scusami, ho detto una cosa stupida.»

Fece per alzarsi, ma la mano di Emily, sul suo avambraccio, lo trattenne.

«Nolan, aspetta.»

Mantenne quella posizione in silenzio, per qualche minuto, prima di avvicinarsi e posare la testa sulla spalla di Nolan, che, spaesato, non mosse un muscolo.

La sentì respirare lentamente, chissà quali pensieri le passavano per la testa in quel momento, avrebbe voluto cingerle le spalle in un abbraccio, ma gli parve subito una mossa azzardata.

In fondo Emily sapeva che per lei ci sarebbe sempre stato, per qualsiasi cosa.

«Va bene.»

La sentì sussurrare appena, contro la sua polo a righe.

Registrò le sue parole dopo qualche attimo, poi una sensazione di calore si impadronì di lui, all’altezza della guancia, all’angolo della propria bocca, per poi espandersi per tutto il corpo.

Si voltò solo per ritrovarsela a pochi centimetri dal proprio viso, serena, per una volta.

Senza dar ascolto alla voce nella sua testa che gli diceva di non avvicinarsi, le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse a sè.

Con sua sorpresa, Emily non si ritirò, anzi sembrava così inerme, stretta al suo corpo.

Qualche attimo dopo, si stavano ricomponendo, grati che nessuno fosse stato testimone a quell’attimo di tenerezza.

Nolan si stiracchiò sul divano, sbadigliando.

«Dici che la tua futura e adorabile suocera approverà questo vestito?» esclamò Nolan, rompendo il silenzio, e ritrovando la sua vena sarcastica.

Sorrise compiaciuto, mentre la cristallina risata di Emily gli risuonava nelle orecchie.

 

***

NdA

Eccomi, una nuova Nemily tra di voi! *-*

Il titolo è tratto dalla canzone "Hey ya", dei Goo Goo Dolls, e da questo video bellissimo che ho trovato su YouTube, che vi invito a vedere! 

http://www.youtube.com/watch?v=EIP4mNTD28g

Comunque, mi sono divertita a scrivere questa one-shot, spero solo di essere rimasta In-character.

Claudia.

  
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