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Autore: Morgan Snape    26/06/2012    4 recensioni
Aveva vinto.
Moriarty aveva vinto. Era riuscito nel suo intento: bruciare il cuore di Sherlock Holmes.
Una piccola fanfic scritta di getto e leggermente AU che si concentra sul personaggio di John Watson. Post Raichenbach Falls.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jim Moriarty , John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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The heart out of you

 

 

 

Aveva vinto.

 

Moriarty aveva vinto. Era riuscito nel suo intento: bruciare il cuore di Sherlock Holmes.

 

Prima di spararsi in bocca, Jim aveva stretto la mano a Sherlock e gli aveva detto:

 

-Sei come me...grazie Sherlock Holmes-

 

Jim sapeva guardare in avanti, e aveva ragione: Sherlock sarebbe diventato esattamente come lui, alla sua intelligenza superiore si sarebbe accostata la solitudine.

Perché Jim aveva capito che il suo piano avrebbe funzionato, che per Sherlock non ci sarebbe stato scampo. Oh, Sherlock non se ne sarebbe accorto subito, ma si trattava solamente di una questione di poco tempo prima che si rendesse conto che il suo cuore sarebbe bruciato.

 

Il suo cuore aveva un nome, e si chiamava John Watson. Si chiamava, al passato, perché per il migliore amico di Sherlock non c'era più né presente, né futuro.

 

 

 

 

-John, sei pronto? Siamo alle solite, l'ennesima donna dalla pressione alta che si fa prendere dal panico...-

 

-Arrivo!-

 

Dopo La Caduta, John Watson era diventato una maschera di sé stesso: inizialmente aveva portato avanti un'esistenza consona alle aspettative di tutti coloro che pensavano di conoscerlo, ma nessuno riusciva a capire la sua sete di vita, il suo bisogno di avere un fine superiore che lo lasciasse soddisfatto alla fine della giornata.

 

Ad una prima fase di apatia era seguita una di incoscienza: John aveva fatto domanda per diventare medico di primo soccorso, perciò faceva turni dagli orari impossibili correndo per le strade di Londra dentro ad un'ambulanza.

 

Da allora sembrava tutto andare per il meglio, anche se niente sembrava riportare in vita quel cuore carbonizzato.

 

Poi, un giorno...la svolta. Il suo momento di pura adrenalina.

 

Un incidente in galleria poco fuori dal centro di Londra.

 

John era giunto sul posto rapidamente grazie all'ambulanza su cui viaggiava, ma era vietato l'accesso alla galleria perché tra le macchine che avevano fatalmente preso parte al violento tamponamento a catena c'era un camion che trasportava benzina e, se l'odore non mentiva, doveva esserci una grossa perdita di carburante.

Avrebbero dovuto aspettare l'arrivo dei loro colleghi medici per intervenire nella parte più interna della galleria, dove alcune persone erano ancora intrappolate, non appena i pompieri avessero fatto il loro lavoro, ma dalla galleria stavano provenendo le urla delle persone spaventate e John sentì chiaramente un uomo gridare aiuto perché una donna era ferita e stava per partorire.

 

John strinse le labbra: era indeciso sul da farsi. Gli ordini erano chiari: aspettare l'intervento dei pompieri perché la galleria avrebbe potuto trasformarsi in un inferno nel giro di pochi secondi, ma il suo istinto gli diceva di agire.

 

Improvvisamente lo colsero due pensieri, il primo era il più recente e risaliva a quando era stato ricoperto di esplosivo nei pressi di una piscina pubblica, davanti all'uomo che gli aveva cambiato l'intera esistenza. Poi pensò alla guerra in Afganistan, dove il calore della sabbia riscaldata dal sole penetrava nei vestiti e sulla pelle del viso, dove i proiettili lo avevano sfiorato più volte, fino a quando uno di essi non lo aveva colpito.

 

Ed era lì che si trovava ora, nella sua mente, mentre correva e si addentrava nella galleria, tra le lamiere contorte delle macchine, macchie d'olio e l'odore intenso di benzina e plastica bruciata.

Aveva avvertito distrattamente le mani dei suoi colleghi che avevano cercato di fermarlo, ma ormai John aveva preso la sua decisione e non sarebbero mai riusciti a fermarlo.

 

Mentre John si addentrava nel tunnel, con gli occhi non ancora abituati alla scarsa luce cercava la donna incinta. Sapeva che non poteva aiutare tutti coloro che erano rimasti nella parte più interna della galleria, ma se avesse dovuto prendere una decisione drastica, sarebbe intervenuto in aiuto di chi ne aveva più bisogno, perciò la donna e il nascituro erano la sua priorità.

 

La trovò distesa a terra accanto alla macchina. La donna era riuscita a districarsi tra le lamiere e per fortuna non aveva subito traumi al ventre, ma il forte spavento e lo scossone dovuto all' impatto dovevano aver provocato la nascita prematura del bambino.

 

John notò che erano particolarmente vicini al camion di benzina, il cui conducente era svenuto poco dopo aver evacuato il veicolo.

John sentiva che quella vicinanza era molto rischiosa, ma assistette la donna, di nome Ashley e poco dopo nacque il bambino.

 

Non c'era tempo da perdere perché l'odore di benzina si faceva più intenso e la luce arancione dei vari, piccoli incendi che si erano formati stava diventando più luminosa, così prese tra le braccia la donna che a sua volta accudiva il neonato e cominciò a correre verso l'uscita.

 

Era arrivato quasi alla fine e nonostante gli mancasse l'aria stava per farcela, quando improvvisamente un uomo lo afferrò per un ginocchio, facendolo quasi cadere insieme alla donna e al bambino.

 

-La prego! Mi aiuti, la prego!-

 

L'uomo, incastrato tra ciò che rimaneva del sedile della sua auto e il volante, era chiaramente in stato di shock, ma John non avrebbe potuto soccorrerlo senza l'aiuto dei pompieri, così cercò di districarsi dalla sua presa, ma quello non lo lasciava andare.

D'improvviso l'uomo intrappolato frugò nella macchina e tirò fuori una pistola.

 

-Quella da dove viene?- chiese John, sorpreso ma non turbato dalla novità.

 

-E' un regalo, molto utile per ottenere benefici immediati.- rispose l'uomo ridacchiando istericamente.

 

Nel frattempo i suoi colleghi lo avevano raggiunto dato che era molto vicino all'uscita. Appena videro l'uomo armato si allarmarono, ma John fece loro cenno di avvicinarsi e lasciò che essi si prendessero cura di Ashley e del suo bambino e il soldato rimase accanto all'uomo nel tentativo di calmarlo.

 

-Andrà tutto bene...come ti chiami?-

 

-Sebastian...Sebastian Moran.-

 

-Va bene, Sebastian, i pompieri devono prima cercare di isolare la benzina e poi verranno a liberarti.- cercò di rassicurarlo John.

 

-No, non andrà tutto bene! La mia gamba, non la sento più!-

 

-Potrebbe essere solo un problema temporaneo, appena possibile verrai...- John non riuscì a finire la frase perché dal punto in cui si era trovato prima, cioè vicino al camion era scaturito un'esplosione: il fuoco aveva raggiunto il serbatoio e ora, come in un film, le fiamme si stavano rapidamente avvicinando a John e alle altre persone che disgraziatamente erano rimaste nel tunnel.

Il calore aumentava e John poteva solo sentire le urla delle vittime. Poi l'istinto ebbe la meglio e cercò di districarsi dalla presa ferrea dell'uomo panicato, ma questo non lo lasciava andare, anzi gli stava puntando la pistola alla fronte.

 

Non c'era niente da fare. I colleghi di John e i pompieri che non erano entrati nella galleria insieme ai loro compagni non poterono fare altro che osservare mentre le fiamme inghiottivano tutto e tutti coloro che erano rimasti nel tunnel.

 

 

 

Questa volta era Sherlock ad essere in piedi davanti ad una tomba, e quella tomba portava scritto il nome di John Watson.

 

Sherlock chiuse violentemente gli occhi: e a cosa servivano? Non c'era più niente da dedurre: non avrebbe più avuto la possibilità di studiare quell'uomo che lo aveva cambiato, quel medico militare che in realtà era molto di più. Era morto e nulla aveva più senso, nulla aveva più motivo di essere dedotto e nessun mistero da sciogliere avrebbe mai potuto sostituire quel vuoto.

 

 

Jim aveva vinto.

 

Era riuscito nel suo intento: bruciare il cuore di Sherlock Holmes.

 

 

 

To be continued?

   
 
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