Alice.
Il cappellaio invocava il suo nome, di notte.
Non aveva mai amato Alice, ma la sognava spesso, tutte le
notti. E la invocava, invocava il nome di chi l’avrebbe salvato, salvato dalla
sua terribile malattia.
Invocava anche altro nei suoi sogni, anche nel paese delle
meraviglie è permesso sognare, dopotutto. Sentiva dentro la sua testa ripetere
strane cose, ancora di più di lui.
Tagliatele la testa!
Ripeteva la voce e lui la implorava di smettere, perché stava
diventando ancora più pazzo. Forse proprio quella voce stava riuscendo a
trasformarlo totalmente; forse proprio quella voce, aspra e velenosa come il
mercurio lo aveva fatto impazzire.
Il cappellaio ci pensava ancora, mentre sorseggiava il the nella casa del bian
coniglio. Pensava alle donne della sua vita, forse le uniche donne di tutto il
paese delle meraviglie.
Alice, la salvatrice.
La regina di cuori, il tiranno.
E, come le migliori trame dei film, lui aveva
scelto il tiranno.
- Cosa ci fate qui, cappellaio? - aveva sentito una
voce urlare.
Cosa ci faceva qui, nel parco della regina? Il
cappellaio non lo sapeva, ma si adattava velocemente.
- Volete un po’ di the? - chiese porgendo una tazza
scomparsa dal nulla alla regina.
Questa, un po’ stupita, la prese sorridendo. Poi,
come risvegliata, urlò: - Tagliategli la testa! -
Prese a correre, sorridendo. Aveva accettato il suo
the, aveva accettato il suo the!
Si era innamorata di lui, il cappellaio ne era
certo.
N'era certo proprio perché era matto.