(Pov. Amanda)
 
Fuori albeggiava.  Eppure, io non sapevo se quel nuovo giorno sarebbe stato anche mio o se mi aspettava l’inizio di una notte senza fine.
Lo stavano decidendo altri nella sala operatoria in fondo al corridoio: da un’ora e ventitré minuti esatti, tentando di salvare Carlotta e i suoi dolcissimi quattro anni di vita.
Di fronte a me, seduto, la testa tra le mani, Felix, il padre della piccola Carlotta. Non c’era nessun’altro, in quella stanza, se non la nostra spaventosa angoscia. E tanti ricordi che non riuscivano a riavvicinarci: i giochi insieme da bambini, i primi baci sui libri di scuola, il fidanzamento… Felix ed io ci eravamo trovati davanti all’altare quasi senza rendercene conto. Poi c’erano arrivati i primi litigi e quei due aborti che mi avevano afflitto.
Che non fosse amore, il nostro, l’avevamo capito già da un pezzo e quelle due gravidanze fallite mi avevano lasciata con un invincibile senso di stanchezza.
Insofferente verso tutto e tutti, soprattutto verso Felix che, a poco a poco, si era chiuso in se stesso.
Poi ero rimasta incinta una terza volta ed era nata Carlotta. Come spesso accade, l’arrivo di quella bambina aveva riportato il sereno, ma era stata solo una parentesi. Dopo il suo secondo compleanno avevamo deciso, di comune accordo, di separarci.
Guardavo Felix e intuivo il suo strazio. Adorava Carlotta e ne era ricambiato. La bambina passava con lui due fine settimane ogni mese e, ogni tanto,  qualche pomeriggio.
-Posso tenerla oggi? Te la riporto per le nove- non avevo problemi ad acconsentire.
Felix alzò la testa –Perché non ci dicono niente, Amanda?-
Doveva aver pianto, aveva gli occhi rossi e un’ ombra di barba sul viso tirato.
Carlotta si era sentita male poco dopo le quattro del mattino. L’avevo sentito subito quel gemito strozzato nella cameretta della bambina, poco più che un singhiozzo… Uno di quei suoni  che all’orecchio di una madre significano soltanto “Pericolo!” .
Mi ero precipitata da Carlotta e l’avevo trovata rigida con gli occhi chiusi come a voler spegnere il dolore, le manine contratte vicino all’inguine, a destra. Avevo subito capito che l’appendice centrava qualcosa, anche quando disse con voce fioca- Male, tanto male, aiutami mamma,…- e poi era svenuta.

Come in trance chiamai la Croce Verde e poi di seguito Felix. Un quarto d’ora dopo l’ambulanza correva verso l’ospedale. Al pronto soccorso si allarmarono: la bimba era in peritonite acuta. Mio marito, paramedico, mi spiegò che si va in peritonite a causa di un’appendicite non curata e ad uno stadio avanzato nel quale l’appendice rischia  di perforare l’intestino causando la morte in poche ore. Restava poco tempo per intervenire.
Mente Carlotta scompariva dietro le porte della sala operatoria io restavo lì, inibita dallo shock. Felix è arrivato con Julia, la sua nuova compagna, una ragazza dolcissima.
Julia mi aveva stretto le mani –Posso fare qualcosa???-
L’avevo guardata e avevo scosso il capo. Nessuno di noi poteva fare niente, Allora si era allontanata, discreta e triste per noi. Anche lei voleva molto bene a Carlotta.
Cinque e venti, cinque e quaranta, sei meno dieci… alle sei e un quarto arrivò il chirurgo. Era ancora vestito con il camice verde sterile, macchiato di sangue… Il sangue della mia bambina… Quella vista mi paralizzò. Non ebbi nemmeno la forza di alzarmi. Felix, invece, andò verso di lui, gli afferrò il braccio, quasi lo strattonò – Allora? Parli, ci dica…-

Nota della pazza Autrice
Taa Daaaa :) Avete presente quando non sai che fare e ti metti a sfogliare riviste del 94? Ecco, ho trovato una lettera di una (allora) ragazza che raccontava brevemente questa storia.. Qualche modifica, due o tre dita di rospo, due uova di serpente e un'allungatina e la storia è venuta fuori... Ditemi che vi pare, spero c he vi piaccia e che vogliate la seconda parte su 5 capitoli (sempre se non diventa amatissima e allora continuerò)... 
XoXo Liz