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Autore: valentis    28/06/2012    6 recensioni
Nerdanel riflette sulla sua arte, su come sia diventata una scultrice, sulle paure ed i desideri della sua giovinezza e sul potere che la scultura ha avuto ed ha su di lei ricordando la sua prima opera e la sua vita. Ambientato alla fine della terza era vuole essere un omaggio ad un personaggio femminile che ho sempre amato molto. il titolo significa: La bambola e Nerdanel.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, vorrei, in primis, ringraziare tutti quelli che trovano il tempo di leggere quello che scrivo ed aggiungere un secondo ringraziamento a coloro che trovano anche il tempo di recensire. Grazie mille a tutti voi siete fantastici. Quindi premetto che io non riesco a dare un giudizio su questa storia e mi aiutereste molto dicendomi cosa migliorare e come dato che non ne sto venendo minimamente a capo da sola.

I personaggi, i luoghi e le situazioni appartengono, per loro fortuna, agli aventi diritto; nulla è mio, salvo gli errori.

 

I toli ar Nerdanel 

La bambola e Nerdanel


Nerdanel è la figlia di un fabbro, cresciuta nel calore asfissiante della forgia, nell’ odore forte della tinta e del metallo che fonde.

Nerdanel è un’artista e che non esista uno scultore a lei pari non è una semplice opinione.

Nerdanel vive creando illusioni e per questo ha smesso di credevi. Lei che conosce meglio di ogni altro i miraggi dell’arte ne è diventata immune. Ha smesso di cercare la fiamma della vita negli occhi di gemma delle statue, ha smesso di cercare la morbidezza della pelle nelle curve perfette di un volto, ha smesso di vedere le soffici curve del tessuto nel panneggio che copre le forme di un corpo di pietra o lo splendore della pelle nel bianco appena venato del marmo. Sa che la creazione è un atto impossibile nel celibato dell’ artista davanti alla sua opera. Nerdanel guarda la gola, tra i giochi sapienti dei chiaroscuri e dei rilievi,  dove dovrebbe correre il sangue, lei riconosce dove la vena  pulsa con il suo carico rosso e dove non vi è altro che la mano abile di chi riesce a far muovere agli occhi dello spettatore la pietra muta ed immobile.

Per questo è considerata la migliore fra i Noldor nello scolpire la figura di quello che vive, nello scolpire Valar e Valier che sembra siano ad  un passo dall'aprire la bocca e parlare, cantare,muoversi, dare inizio ad una nuova creazione nella creazione stessa, nello scolpire uccelli davanti ai quali le persone camminano in punta di piedi tanto sembra siano pronti a volare via al minimo rumore, acque che lambiscono il corpo di bagnanti che appare gocciolino lente via dalla pelle. Perchè conoscendo bene la natura del fëa, lei avverte il punto  dove i sogni diventano alleati dell’illusione. Tuttavia Nerdanel ha anche imparato bene quale sia la natura delle illusioni e sa smettere di credervi senza smettere di amarle.

Le sue opere sono le migliori, non per dote innata nè per mera esperienza, ma perchè sono le sole in grado di ingannare anche lei.

L’illusione è l’obbiettivo, lo scopo ultimo dell’arte, lei la conosce come si conosce una vecchia amica, ha imparato a capire cosa chi guarda vuole credere. Poche speranze altrui le risultano incomprensibili perchè anche lei ha avuto illusioni e soprattutto, un tempo, ha guardato una figura ed ha voluto credere di essere lei. Figlia di un artigiano sin da piccola ha avuto il talento per la creazione, ma l’ amore per la scultura è cominciato il giorno in cui ha davvero guardato per la prima volta , fra gli altri apprendisti di suo padre, le fanciulle, vedendole sbocciare come rose, viole, giunchiglie e catturare gli sguardi del sesso opposto. Allora Nerdanel si è guardata in uno specchio. Dal metallo liscio dietro la lastra di vetro, là dove si forma l’immagine, è emersa una figura e le ha restituito uno sguardo che andava ad incupirsi. Braccia possenti, piu’ adatte ad un uomo per cavarsela in una miniera che ad una fanciulla per abbracciare un bambino, la carnagione tendente al rosso costellata di lentiggini non le guance d’ alabastro delle altre, le gambe forti, i fianchi larghi. Ha visto l’ aspetto del suo corpo ed ha compreso che lei non sarebbe mai stata come le altre, che lei non sarebbe mai stata bella agli occhi di un elfo.

Nerdanel, suo padre quando era venuta al mondo le aveva dato il nome giusto: fanciulla uomo, piu’ adatta a forgiare il metallo che ad essere desiderata.

Quella notte, nella sua stanza illuminata da Telperion ha portato di nascosto un ciocco di legno ed ha cominciato ad intagliarlo lentamente attenta a ciascuno dei mutamenti portati dalla lama, andando avanti per notti e notti dopo quella, fino a ricavarne una figura di ragazza esile ed alta. Poi lo ha dipinto e le ha dato dei capelli lisci e rossi con polvere di rubino, pelle bianca con vernice di piombo appena macchiata di rosso carminio, delle labbra rosee, degli occhi verdi. Era bellissima, di una bellezza quasi inconcepibile. Era quello che lei non sarebbe stata mai ed un sorrisetto storto piegava le sue labbra, mentre i suoi occhi la fissavano. Il frutto dei suo sforzi ghignava davanti al suo viso nella flebile luce filtrata dalle tende. Ancora oggi ricorda la fiammata di rabbia ed invidia che saliva dallo stomaco togliendole il respiro ed appannandole la vista.

La ha gettata in una fornace e la ha guardata bruciare finchè della bambola, di tutto l’ innumerevole insieme di colpi impressi nel legno e di notti insonni che la componevano, non è rimasto che un tizzone maleodorante coperto da vernice sciolta.

Da quel giorno ha cominciato a scolpire, l’arte in cui oggi è maestra. Prima modellando nel legno la sua figura ideale, imparando a studiare quel materiale singolare, vivo. Poi, piano piano, scoprendo nuovi materiali da cui liberare i suoi sogni. E nella sua fantasia il materiale è diventato importante quanto la forma.

E’ passata alla pietra dura ma delicata, al marmo in cui devi indovinare la venatura per ricavarne la bellezza senza crepe, di cui devi indovinare i punti deboli per renderlo forte, in cui l’ intuito vale quasi più dell’abitudine.

Ed ha imparato. Ha imparato ad essere un'artista, a smettere di risentirsi degli sguardi rivolti alla sue opere invece che a lei ed a gioirne, si è rassegnata agli sguardi di ammirazione senza desiderio al singolare piacere di essere un’ anomalia.

Ha imparato a non invidiare chi aveva doti che lei non avrebbe avuto mai, a non crucciarsi del fatto che, probabilmente, non avrebbe avuto mai una famiglia.

Ha imparato a viaggiare solitaria nelle terre lontane alla ricerca di nuovi materiali. Ha imparato il piacere di essere indipendente.Di essere forte e felice, anche se sola.

Ha imparato come toccare la creta umida fino a renderla il corpo di un elfo, come premere e toccarlo per modellarlo lasciando che la sua mano seguisse una strada oramai conosciuta, come sfiorare il lavoro dandogli gli ultimi ritocchi e come aggiungere un lieve difetto sempre diverso che rendesse ogni figura unica.

Ha imparato come riconoscere le pietre ed esaminarle durante le sue esplorazioni. Ma la bambola non ha mai smesso di ghignare nelle notti più fredde.

E' stato proprio in uno dei suoi solitari e lunghi viaggi che lo ha conosciuto, del viaggio non  ricorda neppure più lo scopo oggi. Quando si sono incontrati erano lontani dalla luce, in una landa desolata ai confini di Aman dove grossi blocchi di granito verde battuti dal vento sporgevano dal suolo arido e crepato, gli unici ostacoli a coprire un orizzonte vuoto.

Lui era giovane, ma bruciava come una lingua di fuoco che si solleva improvvisa nell’ aria arroventata confondendo con il suo calore l’ immagine di ciò che ha intorno. Il suo volto era bellissimo, i suoi occhi grigi come le nuvole squarciate da fulmini in una tempesta, la sua figura alta, il suo orgoglio profondo come gli abissi di Ulmo, capace di tutto; allora persino di riconoscere quando Nerdanel aveva ragione e piegare la sua volontà a quella di lei.

A lungo hanno viaggiato insieme per le pianure dimenticate fra la perfezione e l’abisso ai confini estremi di Aman, dove nessuno aveva mai posto piede; in quel nulla gettato da degli dei incuranti ai confini della terra promessa. Allontanandosi fino a che persino la luce di Laurelin arrivava appena a lambire il buio ed il cielo senza stelle sembrava un gorgo pronto a risucchiarti. Hanno imparato a vedere il valore l’ uno dell’ altra, imparato a stimarsi e rispettarsi, a sostenere due opinioni opposte senza perdere il rispetto reciproco, si sono stretti intorno allo stesso fuoco quando Laurelin cedeva a Telperion il dominio dell’ aria e tutto diveniva buio come in un cortile nascosto di Tirion e lei si è accorta che il desiderio e la passione non nascono solo dalla forma, ma che il fëa come le venature nella pietra è quello che rende possibile la nascita di qualcosa  dalla materia grezza.

Insieme hanno camminato dove nessun’ altro ha osato avventurarsi, la loro vista ha sfiorato i punti in cui Arda sprofondava nel vuoto ed insieme hanno creato.

Modellando pietre e metalli con le loro mani e sviluppando con le loro menti nuove forme, tecniche ed idee; sono riusciti ad intrappolare la luce nei cristalli per vedere dove nessuna luce splendeva, hanno creato parte di ciò che ha reso grandi i Priminati. Si sono uniti donando la vita ai loro figli, hanno formato intorno a loro quello che lei aveva perso ogni speranza di avere.

Ma mentre Nerdanel ha accettato la bellezza dell’illusione lui ha continuato ad inseguire il sogno della vera creazione, un colosso che ha occupato sempre la sua mente ed è divenuto, piano piano una ragione di vita in quel paradiso di soffocante perfezione, mentre il veleno della soddisfatta inedia cominciava a coprire il fuoco di lei.

Dopo la nascita di Ambarussa lui si è allontanato a lungo, fino a che, una mattina, non è ricomparso e la ha presa per mano con un sorriso di trionfo, conducendola fino alla forgia.

E Nerdanel li ha visti, i Silmaril, posati su un panno blu, ma insieme alla meraviglia in lei è sbocciato un sospetto e si è voltata per guardare i suoi occhi. E’ stato quello il momento in cui ha compreso che era la fine; tutto ciò che è avvenuto poi è stato come la frana che segue la caduta del primo sassolino lungo i fianchi di un monte.

Dalla fuga dei Noldor molti hanno detto che la fine della gloria di Valinor è avvenuta nel buio; lei sa, invece, che la fine è iniziata nella luce accecante di un’ illusione divenuta più reale della realtà, non sono stati il buio e l’ inganno a causare la rovina dei Noldor, ma quella luce e la verità che ogni creazione ha il suo prezzo.

La storia scrive come poi il mondo sia cambiato ed abbia preso nuova forma, ma gli elfi vivono di memorie, e così fa lei, divisa fra realtà ed illusioni, attenta a camminare sul filo teso sopra il baratro dell’ apatia.

A volte Nerdanel si trova a pensare a quella figura intagliata nella sua giovinezza, oramai così lontana, ma non la guarda più con l’ invidia di chi vede qualcuno che avrà quello che lui non avrà mai.

Non è più il simbolo ghignante di ciò che lei non è, pronto a ricordarle i suoi fallimenti e le sue mancanze, ciò che allora sedeva al centro delle sue paure è divenuto ridicolo nella trama che il tempo ha tessuto intorno a lei. Ma la bambola ormai è diventata il simbolo dei suoi momenti più bui, tornando a ghignare davanti ai suoi dolori.

A lungo la ha tormentata, dopo che i Noldor hanno lasciato Tirion, il pensiero che quella bella ragazza forse non sarebbe rimasta sola, non avrebbe sposato uno spirito di fuoco come Fëanor, non avrebbe partorito e cresciuto sette figli per poi vederli svanire inseguendo un incubo, non avrebbe stentato a riconoscere i suoi cari nei racconti degli altri e non avrebbe mai pianto in segreto su un vecchio comò pieno di ricordi senza sapere se sarebbe mai riuscita a smettere. Tuttavia, e questo Nerdanel lo ha capito con il tempo, quella ragazza non avrebbe mai vissuto tutto quello che ha vissuto lei, avrebbe avuto un lungo e casto fidanzamento non conoscendo mai la passione repentina che consuma l’ anima insieme al corpo, forse avrebbe perso qualcuno di caro, ma non si sarebbe trovata ultima di una stirpe disonorata e non avrebbe mai compreso l’ orgoglio che ci tiene in piedi davanti all’onda amara della disperazione e la dolcezza del perdonare i propri ricordi. Non avrebbe provato sulla sua pelle quanto lontano possano ricadere le conseguenze di un’azione; non avrebbe conosciuto le gioie ed i  dolori che la hanno resa forte non come il granito che lavora, ma come un vecchio albero ancora capace di piegarsi sotto la furia del vento per conservare il carico di vita e di memoria nascosto nei cerchi del suo corpo.

Non sarebbe mai stata lei anche se fosse nata dalla stessa madre e dallo stesso padre. E quando pensa alla bambola oggi, stranamente, i suoi occhi si illuminano e Nerdanel sorride.

 

 

 

Note

Nerdanel è un personaggio che mi è molto caro quindi spero di non averla resa troppo male, naturalmente non è una creatura orrenda (come qui potrebbe sembrare), ma dato che il Professore la descrive come : "intelligentissima, ma non particolarmente bella" la sua adolescenza deve essere stata dura ad Aman; come crescere in una città in cui la più brutta è Naomi Campbell essendo una ragazza normale. Per quanto riguarda il canone  Nerdanel è effettivamente più "vecchia" di Fëanor (che si è sposato giovanissimo) ed i due non hanno aspettato molto per zomparsi addosso sposarsi con le disastrose conseguenze note a tutti; ho preso una piccola libertà, tuttavia ,inserendo gli specchi ricoperti da vetro; il procedimento più antico che fa uso del mercurio per unire il vetro alla lastra di metallo risale, se non mi sbaglio, al XIV secolo (scusate, sbagliai e grazie Hareth di avermi corretto!), e Tolkien non menziona specchi nel Silmarillion, tuttavia sti benedetti elfi hanno le lampadine (lampade Feanoriane), vuoi che non abbiano gli specchi? Ed una grossa libertà con i Silmaril. XD

 

  
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