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Autore: Lusio    28/06/2012    7 recensioni
Un ricordo che ossessiona, come il ticchettio di un orologio, il pigro battere insistente di un dito sul tasto di una macchina da scrivere inutilizzata, il gocciolio di una bottiglia d'assenzio rovesciata. Come una voce che proviene dal profondo di un'anima disperata.
E' questo che spinge un "giovane scrittore squattrinato" a riportare su carta la storia del suo amore finito, a dipingere con lettere nere d'inchiostro "il ragazzo che amava" perché lui glielo ha chiesto.
"... così sarò sempre con te".
In una vecchia camera ammobiliata del quartiere bohèmien, in una pista da ballo di uno dei locali più famosi e più scandalosi dell'epoca, in un boudoir dallo stile orientale, sulle assi di un palcoscenico...
La loro storia, la loro vita, la loro canzone.
Ispirato a "Moulin Rouge!" di Baz Luhrmann.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Io ti amo

 

Quella sera il Moulin Rouge non era più un locale notturno, non solo per il fatto che quella che era stata la sala da ballo era piena di poltroncine occupate né per il palco più grande e coperto da un pesante drappo cremisi, ma per la presenza di signore altolocate, mai viste lì nei tempi dei piaceri. Un gran bel salto di qualità, se così poteva essere definito.

Quando il sipario si alzò, agli occhi degli spettatori si presentò uno degli scenari più belli che si fosse mai visto, con quell’enorme palazzo indiano in legno che doveva sembrare di pietra bianca, le scale che quasi non si vedevano in mezzo a quella folla di ballerini e cantanti agghindati e truccati come gli esotici abitanti dell’Oriente; qualcosa di più lo avevano i personaggi principali, così poteva subito saltare all’occhio la Califfa con i suoi ricchi abiti e il suo stregone completamente avvolto in un lungo manto nero, mentre il Suonatore di sitar squattrinato si distingueva per il trucco accennato e per gli abiti semplici. Per il Sitar magico non occorreva molto: il suo ingombrante costume, unito alla stazza dell’attore, lo facevano sembrare un violoncello con le braccia. Ma il pezzo forte dello spettacolo fu il Principe Indiano.

Era per lui che molti erano in quel neo-teatro; non per il Principe ma per l’ “Angelo” vestito di diamanti, etereo e di un altro mondo in quelle luci multicolori e con la sua voce che stregava chiunque lo ascoltasse. Erano talmente presi che nessuno si accorse del suo breve silenzio quando un secco colpo di tosse lo bloccò; a lui potevano perdonare un piccolo “errore”.

Su quel palco sfilò l’intero girotondo di vicende narrate: l’invasione della Califfa, l’inganno del Principe Indiano e il suo incontro col Suonatore di sitar squattrinato e il conseguente amore tra i due. Non furono poche le esclamazioni di indignazione di fronte ad un simile argomento ma il modo di recitare degli attori, la voce delle cantanti quasi impediva loro di lasciare la sala scandalizzati.

Il primo atto volò via in un soffio e così anche il secondo che si concluse con la separazione dei due amanti e la battuta finale della Califfa che, cingendo il Principe inginocchiato ai suoi piedi come un condannato a morte, disse: “Lui è mio”.

Le stesse parole si sentirono della prima fila, uscire dalla bocca del Duca Sebastian Smythe. 

 

* * *

 

Blaine non vide né il primo né il secondo atto: entrò dal retro del Moulin Rouge proprio mentre il pubblico applaudiva; gli bastò quello per capire la situazione tempistica e il suo intento era quello di trovare Kurt. Se fu “contento” di aver scritto lo spettacolo, in quel momento, non fu per la soddisfazione di aver creato un’opera apprezzata proprio quella serata ma per il fatto di conoscere a memoria ogni punto di quella storia; quindi, sapeva come gestirsi.

Il suo secondo intento era quello di non farsi notare e, come se fosse stato un segno del destino, vide Mike piegato scompostamente contro una parete: il poveretto era stato colpito da un altro dei suoi attacchi di narcolessia. Senza pensarci troppo, Blaine gli tolse la casacca bianca che indossava per lo spettacolo e se la infilò, incassando la testa tra le spalle per evitare di essere riconosciuto; camuffatosi, si diresse lì dove sapeva che si trovava il camerino di Kurt, inconsapevole del fatto che qualcuno lo avesse visto.

Nick, il segretario personale di Sebastian, pensò bene di andare ad avvisare Schuester visto che già aveva capito dove fosse diretto Blaine e fosse sicuro di ritrovarlo, all’occorrenza, nel caso probabile in cui avesse dovuto agire.

Schuester, vestito da guardia, si trovava nelle quinte a supervisionare l’andamento dello spettacolo; lo prese rudemente per un braccio con fare minaccioso.

- Il ragazzo è qui – gli disse Nick.

- E’… è impossibile – balbettò Will, impallidendo sotto il trucco di scena.

- Vi avverto, se state cercando di imbrogliare il signor duca…

- No, no, posso assicurarvi che non c’è nessun imbroglio. Ho detto chiaro e tondo a Kurt che, se non lo avesse lasciato, Blaine sarebbe stato ucciso.

- E vi assicuro che lo sarà molto presto – concluse Nick lasciandolo e andandosene.

Ma quella conversazione era stata ascoltata da una terza persona: Finn, imbacuccato nel suo ingombrante abito di scena, arrampicatosi su una delle passerelle degli addetti alle luci per vedere meglio Rachel impegnata nel suo ruolo, molto apprezzato dal pubblico.

In un primo momento non vi aveva prestato molta attenzione ma quando sentì nominati Kurt e Blaine si fece più attento e da quelle poche parole ricavò la soluzione a quella triste faccenda ancora viva nel suo ricordo. Blaine ucciso? Allora era per questo che Kurt lo aveva respinto; per salvarlo.

Doveva avvertirlo, subito. Peccato solo che su quelle passerelle non sapesse proprio come muoversi, costume a parte. Ma doveva fare subito qualcosa prima che le cose si complicassero ulteriormente.

Intanto, mentre questi due lati della vicenda si incatenavano, il filo principale delle storia raggiungeva il punto centrale.

Quando Blaine varcò la porta del camerino di Kurt, vide quest’ultimo già pronto per l’ultimo atto, con il viso bianchissimo (“sicuramente per il cerone” pensò il ragazzo), seduto pesantemente su una sedia con Carole accanto che lo aiutava a prendere alcune gocce da una fiala d’argento vecchio. Quando Kurt si accorse della sua presenza saltò in piedi e lo fissò con occhi sbarrati, il petto che si muoveva freneticamente e con difficoltà.

- Che cosa ci fai qui? – gli chiese, allarmato e con voce bassa e strozzata.

- Sono venuto a pagare il conto – rispose Blaine, con rabbia mal contenuta.

Ricomponendosi, Kurt distolse lo sguardo da lui, passandosi una mano tra i capelli per sistemarli.

- Non dovresti essere qui – disse cercando di mantenere un tono distaccato – Vattene – concluse semplicemente, scansandolo ed uscendo dal camerino.

Quel gesto sprezzante ebbe l’unico effetto di far esplodere la rabbia di Blaine che, sotto gli occhi sconvolti di Carole, lo seguì fuori dal camerino e lo afferrò violentemente per un braccio proprio mentre stava svoltando un angolo per raggiungere il palcoscenico.

- Mi hai fatto credere di essere importante per te. Perché non dovrei pagarti? – gli soffiò crudelmente in faccia con tutta la rabbia e il disgusto che lo stava animando.

Colpito da quelle parole, Kurt si liberò dalla sua presa e cercò di sfuggirgli. La sua  maschera stava per crollare di nuovo e solo il pensiero di un proiettile che aspettava un’occasione come quella per piantarsi nel petto di Blaine gli dava la forza di resistere. Ma anche il ragazzo dietro di lui era animato da una forza grande quanto la sua e altrettanto dolorosa.

Sentendosi perduto, Kurt iniziò a girare per gli stretti corridoi fino a trovarsi tra i soppalchi e le travi della scenografia, sperando che Blaine si perdesse lì in mezzo o che lasciasse perdere quell’inutile inseguimento ma era sempre dietro di lui.

- Sei stato veramente bravo, sai – continuava a dirgli, rabbiosamente – Ti ho creduto veramente.

- Blaine vattene – continuava a ripetergli Kurt, il respiro sempre più pesante e la testa che iniziava a girargli pericolosamente.

- Perché non posso pagarti come tutti gli altri? E’ così che si fa con quelli come te – gli ringhiò contro Blaine.

- No, ti prego – fece Kurt, ormai allo stremo – Blaine… va’ via… subito… ti prego…

La pietà che gli causarono quelle parole strozzate non fecero che aumentare la sua rabbia che, però, iniziò a rivoltarsi contro di lui, mostrandogli quello che stava facendo come riflesso in uno specchio e per zittire quei rimorsi rincarò la dose delle sue parole che acquistarono un tono lamentoso e un desiderio di finirla subito.

Kurt, di rimando, non ce la faceva più ed era sul punto di arrendersi definitivamente quando vide un bagliore proprio davanti a loro, spuntare da dietro un pannello di legno, una rivoltella seguita da uno sguardo di ghiaccio. Quell’immagine bastò a ridargli un ultimo disperato accenno di forza.

- Ti prego, vattene via subito! – urlò a Blaine, voltandosi verso di lui e spingendolo via.

- No, fammi pagare! – reagì il ragazzo afferrandolo per le braccia e spingendolo contro una rientranza tra alcuni dei pannelli – Fammi pagare e dimmi che non era vero niente!

E in un secondo furono invasi da una luce fortissima, proprio mentre Nick stava per puntare la rivoltella contro di loro.

Due assi di legno si erano aperte, trascinando Kurt e Blaine nella finzione dello spettacolo sotto lo sguardo curioso del pubblico e quello sconvolto di tutte le persone presenti in scena, anzi dell’intero cast.

Quell’inaspettata entrata in scena non sfuggì nemmeno a Sebastian che si irrigidì sulla sua poltroncina.

Per qualche secondo ci fu solo un fastidioso silenzio che nessuno sul palco sapeva come interrompere; ma Rachel, con la sua innata presenza di spirito, riprese in mano la situazione.

- Ha, ha! – rise a pieni polmoni, rivolgendosi al pubblico in maniera teatrale – Io non mi lascio imbrogliare; anche se si è messo una maschera e usa un travestimento, i miei occhi non mi ingannano. Perché è lui: il Suonatore di sitar squattrinato.

A quel colpo di genio, dal pubblico si sollevarono esclamazioni di sorpresa e qualche risatina mentre sul palco, tra gli attori, la calma sembrava ben lontana dall’essere tornata dato che nessuno ebbe il coraggio di muoversi o di dire qualcosa; solo Blaine sembrò contento dell’uscita di Rachel.

Volevano lo spettacolo? Bene, lo avrebbero avuto. Avrebbe concluso quella storia come tutti volevano; come Kurt voleva.

Trascinò Kurt, stringendolo per il polso, fino al centro del palco dove lo lasciò cadere violentemente, piegato in due dall’affanno che lo aveva preso accompagnato dalla consapevolezza di essere sotto lo sguardo di tante persone.

- Questo ragazzo è vostro adesso – riecheggiò la voce di Blaine nel silenzio della sala; tirò fuori i soldi dalla tasca interna della sua giacca – Ho pagato il mio prostituto – ringhiò, lanciando le banconote in faccia a Kurt, tra lo sconvolgimento del pubblico e degli attori e di Finn, ancora sulla passerella tra i tendaggi superiori del sipario, che fissavano costernati quel dramma che si stava consumando lì senza poter fare nulla per impedirlo – Non ti devo niente e non sei più niente per me. Grazie per avermi guarito dalla mia ridicola ossessione per l’amore – concluse, la voce che divenne poco a poco sempre più flebile fino a ridursi ad un singhiozzo strozzato.

Aveva fatto ciò che doveva fare, eppure non si sentiva meglio, non provava sollievo anzi, si sentiva peggio di prima. Non riusciva nemmeno a vedere in modo nitido. Quando aveva iniziato a piangere? Non se ne era nemmeno reso conto. Forse fu un bene: non vide che le stesse lacrime stavano inondando gli occhi di Kurt. Comunque Blaine aveva “recitato la sua parte”; non gli restava che uscire di scena.

Scese dal palco cercando di mantenere un’aria indifferente ma lasciando trasparire ciò che veramente provava nella rigidezza dei suoi movimenti, ignorando Rachel, Puck, Sam e tutti gli altri che lo guardavano con rammarico, senza voltarsi indietro per vedere Kurt, scosso dai singhiozzi, che allungava una mano sulle assi del palco nella sua direzione sperando di fermarlo con quel solo gesto.

Intanto Finn si torturava il labbro inferiore nel tentativo di ricordarsi quella battuta che continuava a sfuggirgli e che, ne era sicuro, avrebbe potuto risolvere quella situazione.

Era sceso da quel palco; adesso doveva solo uscire da quel posto maledetto, dove era nato tutto, in mezzo a quelle due mura di spettatori che continuavano a fissarlo incuriositi. Nella prima fila incrociò lo sguardo vittorioso del Duca Sebastian; aveva vinto lui, ma non aveva vinto niente, solo un pezzo di carne senza anima… no, basta! Da quel preciso momento avrebbe smesso di pensare a lui; niente più “Angelo di Diamante”, niente più “Principe Indiano”… niente più Kurt. Si lasciò scivolare di dosso la casacca del Suonatore di sitar e si diresse verso l’uscita, con passo pesante.

- Quel suonatore di sitar non ti ama – declamò Rachel, riprendendosi, cercando di non mostrare incertezza nelle sue parole – Hai visto? Lascia il regno. Guardie, aiutate il mio principe a rialzarsi.

Subito, Will emerse dal gruppo delle guardie inginocchiandosi accanto a Kurt e aiutandolo a rialzarsi.

- Kurt, è meglio così, credimi – gli sussurrò – Ricorda: lo spettacolo deve continuare.

- No… no… - mormorò Kurt, la voce affogata dalle lacrime.

A malincuore Will condusse Kurt accanto a Rachel che continuò a recitare.

- Ed ora, mio diletto sposo, innalza la tua voce al cielo e canta la nostra felicità.

Ma dalla gola di Kurt non uscì niente; solo un urlo proveniente dall’altro si sentì.

- Sì, me la ricordo! Blaine! “La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare”.

Quella frase piovve inaspettata sulla testa degli attori e per Kurt fu come una pioggia benefica. Con una decisione composta, lenta e quieta, lasciò la mano di Rachel e si voltò verso la platea; lì, nel buio della sala si sentivano ancora i lenti passi di Blaine. Avrebbe dovuto concludere lo spettacolo con la parte finale rimaneggiata per compiacere Sebastian ma non poté, non ci riuscì; non era così che doveva finire la storia. Adesso lo aveva capito.

Avanzò, Rachel che lo fissava stupita, Mercedes e le ragazze che cercarono di fare scena inchinandosi ai suoi piedi senza perderlo d’occhio, Dave e Becky sui gradini del “tempio” con le mani atteggiate in un gesto benedicente, Will che non osò muoversi. Nella prima fila Sebastian si irrigidì nuovamente.

Ma per Kurt non esisteva più niente se non quei passi che si facevano sempre più deboli. Fu a loro che si rivolse.  

 

Aspetta. Fermati solo un momento e permettimi di parlarti; sarai libero di andartene quando avrò finito, se vorrai.

Scusami. Voglio iniziare così. Scusami se ti ho allontanato, se non sono ritornato in quel posto che solo noi conosciamo e che solo a noi apparteneva; se l’ho fatto avevo le mie buone ragioni ma che, adesso, non hanno più importanza.

Tu hai sofferto tanto ma credi, forse, che io non abbia sofferto allo stesso modo? Ci sono dei momenti in cui il carnefice soffre più della sua vittima ed è quest’ultima a causarne il dolore colpendolo a sua volta a morte. Quante volte ti ho colpito io? Quando ti ho rifiutato e non ho più incrociato i miei occhi con i tuoi. Quanti sono stati i tuoi colpi? Ogni volta che hai urlato il mio nome, che mi hai chiamato, equivale ad un colpo.

Non voglio più questo. Non voglio continuare a soffrire, facendoti soffrire. 

Forse non ho diritto di cercarti, io adesso, ma vorresti rifiutarmi questa grazia?

Ti prego, fermati! Non andare. Ecco, così, rallenta i tuoi passi.

Dovrei dirti tante cose ma adesso mi sembra tutto senza importanza. Tutto si riduce ad una sola cosa.

Avevo paura e non ho voluto dirtelo perché non volevo rischiare di soffrire ancora come ho già sofferto ma non è questo che voglio; quello che voglio è qui, con te.

Io ti amo.

Blaine, mio scrittore troppo sentimentale, mio suonatore di sitar squattrinato, Blaine.

Ti amo, non per sempre, ma in questo istante e in tutti quelli che passerò con te.

Basta.

Se vuoi, adesso puoi andartene.

Basta.

Fammi solo capire che mi hai ascoltato.

Basta. Non voglio sentire altro… solo quelle parole. Ti prego, ripetile.

Ti amo.

Ancora.

Ti amo.

Ancora.

Ti amo.

E’ questa la nostra canzone.

Siamo noi, due e uno.

E’ tutto passato?

Per me sì. Per te?

Adesso che ti stringo, adesso che ti bacio, dimentico il dolore e la tristezza.

E’ questa la felicità? Sentirsi liberi. Voglio urlarlo. Ti amo.

Ti amo e ti amerò fino al mio ultimo giorno di vita.

 

Quando Kurt e Blaine, stretti, insieme sul palco, gli occhi lucidi di lacrime e le guance arrossate per lo sforzo che entrambi avevano fatto per parlarsi ai due lati opposti della sala, tremanti per l’emozione, ebbero finito di aprirsi il cuore a vicenda (non avevano recitato, questo lo avevano capito tutti, tranne il pubblico) le persone sedute iniziarono ad applaudire, alcune sinceramente commosse, altre con una leggera titubanza per quell’eccessiva dichiarazione. Ma gli applausi ci furono.

Invece Sebastian, livido di rabbia e con i denti serrati, non perse tempo a fissare i due giovani sul palco, ma fece cenno a Nick, che aveva guadagnato posizione nella seconda quinta di destra e che, a quel via libera, puntò la rivoltella in direzione di Blaine e Kurt.

- O mio Dio! State attenti!

Il secondo urlo di Finn fu seguito da uno schianto, una pioggia di pezzi di legno che mancò di poco alcuni ballerini in scena, e dallo stesso Finn che volteggiò in alto, appeso per una corda, urlante, finendo nella seconda quinta per poi ricomparire, più basso, da dove era uscito trascinandosi dietro Nick che ruzzolò sul palco con l’attore imbacuccato nel suo costume; la rivoltella scivolò in mezzo alle ragazze, terrorizzandole.

- Vogliono ucciderti! – gridò nuovamente, agitatissimo, Finn rimettendosi goffamente in piedi.

- Non era questa la battuta! – sbottò Rachel, coprendosi subito la bocca, essendosi accorta della gaffe appena fatta; ma il pubblico non le diede peso e iniziò a ridere, sinceramente divertito da quel nuovo colpo di scena.

- Attenti! Ha una pistola – continuò Finn, indicando Nick che arrancava per riprendere la rivoltella.

- Guardie! Prendeteli! – declamò Rachel, senza controllare la lingua e sbracciandosi in maniera esasperata.

- Vive la via de bohéme! – saltò su Puck agitando il suo bastone da stregone e colpendo una delle luminarie della scena e facendo saltare anche le altre.

In quel caos di luci che saltavano e di ballerine e ballerini che si agitavano e correvano di qua e di là, Nick si rialzò e si fece largo tra la folla, cercando di afferrare la sua rivoltella che veniva spinta via da ogni piede che aveva la fortuna di camminarci sopra. Ma ecco che, finalmente, riuscì a raggiungerla, si chinò per prenderla… quando un pugno di Tina lo raggiunse alla nuca, facendolo ruzzolare sulle assi del palco. Intontito dal colpo, Nick quasi non si accorse del calcio di Quinn che gli arrivò sulla mascella e lo fece rotolare all’indietro.

Dolorante, si rialzò ma una gomitata di Brittany nello stomaco ed una di Santana nella schiena, nello stesso momento, lo fece piegare in due favorendo il calcio nel fondoschiena infertogli da Mercedes che lo fece cadere nuovamente ma, stavolta, non poté rialzarsi visto che Lauren, con la sua stazza non indifferente, si gettò su di lui, rialzandosi subito lasciandolo quasi irrigidito.

Nella baraonda generale, Nick ritrovò la forza bastante per alzarsi e, per suo fortuna, durante quegli sballottamenti di cui era stato vittima si era anche ritrovato con la rivoltella in mano. Si rimise in piedi e vide davanti a sé Kurt e Blaine; puntò la rivoltella e…

Le porte in legno che formavano la struttura del “Tempio Indiano” si aprirono con violenza, scaraventandolo dall’altro lato del palco.

- Nessun problema! – esclamò Mike, in maniche di camicia, entrando dalle porte – Sono qui, possiamo continuare.

Continuare? Benissimo. Lo spettacolo sarebbe continuato… come volevano loro.

Finn attaccò con l’inizio della canzone finale dello spettacolo originale, seguito a ruota da Mercedes e le ragazze, da Mike e Puck e poi da tutte le ballerine e i ballerini. Portandosi al centro della scena, le mani unite, anche Kurt e Blaine si unirono al coro di voci.

Ma anche gli altri vollero la loro parte in quel finale. Rachel si liberò del turbante e delle pesanti vesti da califfa e si affiancò a Finn e Sam saltò dalla postazione dell’orchestra, agitando la sua bacchetta da direttore. E anche Dave e Becky scesero dalla loro postazione e si unirono al gruppo e non solo; al ragazzo non sfuggì Nick, ancora armato di rivoltella che si dirigeva verso un punto migliore dove colpire, quindi gli lanciò tra le gambe il suo scettro da divinità, facendolo precipitare giù dal palco. Ma, con un’ostinazione fastidiosa, fece nuovamente capolino, intontito e pesto, la rivoltella ancora in mano. Sinceramente stufata, Becky si sfilò un sandalo e glielo lanciò contro, colpendolo in mezzo agli occhi e atterrandolo definitivamente.

La rivoltella sfuggì di mano a Nick e finì proprio ai piedi di Sebastian che stava affogando nella sua stessa rabbia. Non appena vide l’arma, la afferrò con un unico pensiero in testa.

“Come voglio io. Lo spettacolo deve finire come voglio io.”

Si lanciò come una furia contro il palco, la rivoltella in mano ma, prima che potesse accorgersene, un pugno di Will Schuester gli arrivò dritto in faccia e lo fece precipitare in mezzo ai due schieramenti di poltrone dove il pubblico applaudiva entusiasta a quella performance finale, mentre il cast si diradava ai lati lasciando la scena al Principe Indiano e al suo Suonatore di sitar.

Sebastian aveva perso ma la sconfitta non gli avrebbe tolto una cosa importante: la dignità. Ignorando gli sguardi di alcune persone, si rimise in piedi sistemandosi la giacca e pulendosi l’angolo della bocca insanguinata con un gesto elegante. Si voltò e, a testa alta e con portamento fiero, uscì dal teatro senza voltarsi indietro.

Intanto la canzone dei due amanti terminò e il sipario calò su di loro, mentre il pubblico continuava ad applaudire.

Gli applausi si estesero anche sul palco, dove la gioia e la soddisfazione erano esplosi con fragore nella folla esultante di attori che si abbracciavano e urlavano di entusiasmo. E, in mezzo a loro c’erano Kurt e Blaine, stretti l’uno all’altro, la tristezza di qualche minuto fa spazzata via, felici.

- Kurt – riuscì semplicemente a dire Blaine, sorridendogli e baciandolo – Comunque vada.

- Comunque vada – mormorò Kurt, sorridendogli e baciandolo a sua volta, la voce un po’ più bassa e affaticata.

- Tenetevi pronti per i saluti finali – annunciò un tecnico.

Tutti si disposero, pronti a prendersi i loro applausi. Il sipario iniziò ad aprirsi e Blaine avanzò, assieme agli altri, continuando a tenere per mano Kurt; ma quest’ultimo non si mosse.

Quando Blaine si voltò verso di lui, lo vide pallido, la bocca spalancata come se non riuscisse…

 

Perdonatemi, non ce la faccio a continuare.

  
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