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Autore: Morgana95    28/06/2012    2 recensioni
"Sono stata la ragazza che con il suo carattere indomabile ha infangato la nomea della propria famiglia, ma mai, dico mai, prima del mio arrivo in Inghilterra, avrei mai creduto che ci fosse qualcosa di più terribile del mio ego: il mio destino. Sono Katerina Petrova e questa è la mia storia" Katerina Petrova: la sua pelle apparentemente diafana mostra profonde cicatrici di un passato che l'ha segnata nel profondo; la sua pelle è delicata e segnata quanto una rosa screziata. Riuscirò a farvi innamorare di questo meraviglioso personaggio, attraverso i miei occhi? una piccola precisazione: non ci sarà un finale nè Steferine nè Klatherine. It always going to be Damon.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katherine Pierce | Coppie: Damon/Katherine
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che la rivelazione di tutti i segreti della propria esistenza arrivi nel momento in cui tieni per la prima volta tra le braccia tuo figlio; quando ti rendi conto della magnificenza della vita, ammirando la candida innocenza in quel corpicino tremante, caldo, dal respiro ancora agitato. E' proprio in quel momento che la tua vita cambia, radicalmente.
A me questa rivelazione non è mai arrivata. 
Correva l'anno 1490 quando diedi alla luce mia figlia; fu letteralmente uno scandalo. Avere dei figli al di fuori del matrimonio a quell'epoca era visto come un abominio, un peccato che avrebbe marchiato la tua pelle in eterno. Divenni la più deliziosa libagione per le labbra spinose di chiunque avesse aguzzato un po' più lo sguardo sul mio ventre, nonostante i miei tentativi di sviare l'attenzione altrui con indumenti larghi su ciò che mi cresceva dentro. Le malelingue furono le ultime delle mie preoccupazioni.
La mia famiglia mi ripudiò.
«Brutta puttanella che non sei altra...! Oh, Maria, falla sparire dalla mia vista prima che possa ucciderla! Ora!»
Mio padre si incarnò in un demonio quella notte. Sento ancora ronzarmi nelle orecchie il suo disprezzo più totale, crudo; il suo viso accecato dall'odio e dalla vergogna vive ancora nei miei ricordi, nemmeno fosse ieri. Le sue mani tremanti sprigionarono nell'aria forti segni d'avvertimento, come se la scritta "pericolo" lampeggiasse su esse a intermittenza. Chiusi gli occhi e protessi istintivamente con le mani il mio ventre, pronta a ricevere la più dolorosa pena e umiliazione di tutta la mia vita.
Ed eccolo arrivare poi, il rumoroso schiocco. Un urlo di dolore echeggiò nella stanza, seguito da pesanti fremiti.
Aprii gli occhi sconvolta e abbassai lo sguardo.
«Madre!», urlai con tutta l'aria che contenessero i miei polmoni.
Mia madre mi fece da scudo prima che tutta quella furia potesse solamente sfiorare la mia pelle, per abbattersi su di me. Con il cuore bloccato in gola, osservai la sua figura stesa al suolo: la veste bianca che aveva indosso mise ancor più in risalto i singhiozzi che le squarciavano il petto, fremiti continui e gemiti di dolore così forti che ebbi paura non le lasciassero tempo di prendere un po' di respiro. Come paralizzata, riuscii a malapena a notare con la coda dell'occhio il lento indietreggiare di mio pa...della bestia dalla mia visuale sfocata. Una volta che l'aria divenne sobria della sua inquietante e demoniaca presenza, mia sorella Ioana comparve in velocità e si chinò a stringere mia madre, che ancora non aveva dato alcun segno di ripresa.
Eccola comparire, la vera vergogna.
Avrei voluto sussurrarle che mi dispiaceva, esserle vicina come fu mia sorella in quel momento, ma dalla mia bocca non uscì alcun suono. L'amaro sapore della vergogna mi teneva imbrigliata in quell'angolo della stanza, apparentemente illuminato dal fuoco, ma così oscuro...
La mia bambina venne data via; la decisione fu irrevocabile, insindacabile. Decise tutto per me mio padre, io non potei fiatare.
Non me la fecero né stringere, né vedere una sola volta: l'unica immagine che ho è quella di un fagottino sfocato che passò dalle braccia dolci di mia madre a quelle troppo brusche di mio padre; poi il vuoto. Di lei mi resta solo un evanescente ricordo di un pianto nitido come un miraggio e la sensazione di sentirla ancora oggi protetta nel mio ventre, ogni volta che vi poggio una mano sopra. A distanza di così tanto tempo, la sensazione di aver ospitato nel mio corpo per nove mesi una creatura a me aliena, non per mio volere, brucia ancora.
Persi la mia identità, il mio cognome; la mia famiglia mi diseredò e in un attimo divenni invisibile.
Mi ritrovai straniera in una terra di diversi usi e costumi, ma più avanti di mentalità; ebbi la fortuna di adattarmi facilmente. Per una come me fu come ritrovarsi con una capriola in paradiso: la mia pelle, delicata come la più pregiata porcellana, e i miei occhi scuri, dall'affascinante intensità slava, furono il mio più lussuoso passaporto nell'integrazione in società, mondana, si intenda. Per la prima volta mi sentii libera di esternare la lussuria, i vizi e i desideri repressi nella Bulgaria eccessivamente moralista e chiusa.
Fui da sempre un animo indomabile, una ragazza desiderosa di libertà in un mare di privazioni, dogmi religiosi e rispetto candido verso il pudore. Ma i miei occhi erano luminosi e furbi, troppo lontani da ciò che la mia famiglia avesse potuto desiderare mai. Il mio corpo trasudava di malizia prima ancora che potessi conoscere cosa significasse "malizia".
«Se nostro padre venisse a sapere della tua relazione con quel villano, sarebbe capace di ucciderti, lo sai?», commentò mia sorella con voce di rimprovero.
«Smetti di farmi la morale, Ioana. Decido io cosa fare della mia vita, chi vedere...», dissi alzando gli occhi al cielo mentre rimiravo i miei ricci nel piccolo specchio della mia stanza da letto. Ioana era in piedi, al mio fianco, troppo tesa per poter stare seduta. Lei era più giovane di me di cinque anni e la sua aria saccente nei miei confronti mi dava sui nervi, forse perché lei incarnava alla perfezione ciò che io non sarei mai potuta essere. Ma poco mi importava all'epoca, sinceramente. 
«Chi portarti a letto!», aggiunse lei, alzando di un tono la voce. 
Non mi scaldai davanti alla sua affermazione; sorrisi divertita.
«Anche. Ioana, quando arriverai a comprendere i piaceri del rapporto fisico, sarai troppo vecchia per poterne godere egregiamente»
«Non sai quanto rischi, Katerina. So bene che i figli non cadono dalle stelle, non sono così ingenua quanto credi! Sono abbastanza grande, certe cose le so...» Fece una breve pausa, poi riprese a parlare. «Sono tua sorella e non voglio che possa accaderti qualcosa di brutto e per brutto, intendo...»
Bloccai la sua parlantina poggiandole una mano leggera sulle labbra. La ammonii con uno sguardo che ai tempi d'oggi si potrebbe interpretare con uno "smettila di scassare la pazienza", per essere educati.
«So badare a me stessa. E per la cronaca, Slath non è un villano. Con lui mi diverto», replicai difendendo il mio attuale "compagno di divertimento", arrossendo appena nel ricordare le notti passate con lui.
«Oh, certo. Immagino sia divertente come Petar, Nerm...potrei continuare l'elenco all'infinito, sorella!», urlò quasi, liberandosi dalla mia stretta.
Feci roteare nuovamente gli occhi, in cerca della pazienza che mi stava abbandonando; conoscevo bene quella frase: era la solita che mi rifilava a ogni mio rientro di nascosto a casa, nel cuore della notte o alle luci dell'alba. Mia sorella era la mia più affidabile complice e alleata nelle mie fuitine, ma anche la più grande rompiscatole e rogna.
«E' inutile parlare con te di sensazioni forti quando sei uguale a loro...»
Congedai così il discorso.
Quindi, se ci pensate, la mia gravidanza non fu poi una così grande sorpresa per mia sorella. Le sue uniche parole furono: "Te l'avevo detto".
Sono passati 520 anni da quando la mia vita è cambiata; 520 anni che non faccio altro che scappare, ma questa è un'altra storia. Ho visto passarmi davanti agli occhi il progresso dei tempi, ho vissuto in prima persona gli eventi che hanno segnato la storia, sulla mia pelle che, diafana, non accennava segno di mutare. Ho avuto modo di godere appieno delle gioie della vita, senza pentirmi di niente, senza dover per forza rendere conto a nessuno; sono stata amata da tanti uomini e talvolta ho stroncato la loro vita, per sete o per pura noia.
Le uniche cose di cui posso pentirmi sono: essere stata una figlia sbagliata in un tempo sbagliato; non essere stata la madre di mia figlia come tanto avrei desiderato, con tutta me stessa. Più di tutto però, sento gravarmi addosso il peso del mio cognome.
Petrova. Pierce dopo il mio sbarco in Inghilterra.
Sono stata la ragazza che con il suo carattere indomabile ha infangato la nomea della propria famiglia, ma mai, dico mai, prima del mio arrivo in Inghilterra, avrei mai creduto che ci fosse qualcosa di più terribile del mio ego: il mio destino. 
Sono Katerina Petrova e questa è la mia storia. 
  
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