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Autore: soxy88    14/01/2007    0 recensioni
Kate era rimasta affascinata da Rukawa che desiderava conoscere: le sarebbe piaciuto scontrarsi con lui... Ma era fiduciosa perché sapeva che il suo desiderio si sarebbe realizzato presto: osservando la sua divisa, infatti, aveva capito che era un giocatore dello Shohoku, e che quindi l’indomani si sarebbero rivisti…
Genere: Romantico, Malinconico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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IL SEGRETO DI KATE

IL SEGRETO DI KATE

Rukawa, non appena entrato in salotto, vide uno spettacolo raggelante: Kate era distesa, immobile, in mezzo alla stanza. Il suo corpo era appoggiato di lato sul pavimento freddo; i capelli nascondevano parzialmente il volto bianchissimo, e nella mano sinistra teneva ancora la cornetta del telefono che emetteva il classico suono della mancanza di linea telefonica.

Il ragazzo corse a soccorrerla, ma non rinveniva. Le sorresse la testa, spostando i capelli biondi e mostrando ai suoi occhi il pallore della pelle di lei.

“Kate! Che hai?! Che ti è successo?!” chiese, urlando, ma non ebbe risposta.

“Kate!” urlò di nuovo, ed abbracciò il suo corpo caldo per la febbre.

 

Kaede non sapeva cosa fare: non conosceva il motivo del malessere della ragazza.

“Ti aiuterò io, vedrai!” le sussurrò nell’orecchio.

La prese in braccio e si diresse verso l’uscita, deciso a portarla in ospedale.

-Non permetterò che ti accada qualcosa. Ti aiuterò in ogni modo!- pensò.

Mentre stava per uscire dalla porta, un’ombra gli sbarrò la strada.

“Bene sei qui anche tu: in due l’aiuteremo meglio” disse il misterioso ragazzo, nascosto dall’intensa luce del sole che stava tramontando dietro di lui.

“Ma tu che ci fai qui?” chiese Rukawa quando lo riconobbe.

 

“Presto, sistemala nei sedili di dietro della mia macchina: non abbiamo tempo da perdere!” e Mitsui si sedette nel posto di guida.

Rukawa si sedette dietro, appoggiando la testa di Kate sulle sue gambe.

Si avviò il motore, e l’auto si diresse a gran velocità in direzione dell’ospedale più vicino.

 

“Ehi, come va lì dietro? Non si è ancora ripresa?” chiese Mitsui mentre lottava con il traffico cittadino.

Rukawa osservò con preoccupazione il viso di Kate. Ora respirava affannosamente e la sua fronte era ancora più calda di prima; sembrava soffrire molto.

“Accidenti! Con questo traffico non faremo mai in tempo!” gridò l’amico, entrando in una strada intasata dalle auto degli operai di ritorno dal lavoro.

“In tempo?! Cosa intendi dire?!”

“Voi farmi credere che Kate non ti ha ancora rivelato il suo segreto?!”

“Di cosa stai parlando?! Che segreto?!” Rukawa era sconcertato.

“Se non arriveremo in tempo… Kate… potrebbe non farcela” disse grave Mitsui.

“Cosa hai detto?!!!” la realtà lo travolse in un attimo.

“E spostati, lumaca!!!” Mitsui era in preda ad un attacco di nervi e se la prendeva con gli innocenti automobilisti davanti a lui.

“Ma tu come fai a sapere che Kate potrebbe non farcela? E come facevi a sapere che Kate stava male poco fa?” indagò Kaede.

“La persona con cui era al telefono, ero io; non appena si è sentita male, mi ha chiamato… è riuscita a fatica a chiedermi aiuto, poi ho sentito un tonfo: avevo capito che era svenuta e mi sono precipitato a casa sua. Non immaginavo di trovarci anche te”

“Ma che cos’ha?”

“Hai ragione... hai diritto di saperlo. Kate è gravemente malata: lo stesso male che ha ucciso il padre. È una rara malattia ereditaria; attualmente non ne esiste una cura. L’unica soluzione è provare un intervento sperimentale… la guarigione non è assicurata. Kate è venuta in questo paese non solo per realizzare il sogno di suo padre, ma anche per sottoporsi alla sperimentazione: solo in Giappone è autorizzato il delicato intervento, perché è qui che si sono compiuti i dovuti studi e solo in questo paese esistono gli specialisti adatti. Negli altri stati, se una cura sperimentale non è certificata come efficace, non è consentita”

“Ma allora perché non si è sottoposta prima alla cura? Perché ha aspettato?” chiese Rukawa.

“L’intervento è molto delicato ed inoltre può essere eseguito solo quando la malattia è arrivata ad uno stadio gravissimo: prima non si riesce a riconoscere il punto esatto dove operare… Chi si sottopone alla cura sa che, se fallirà, non sopravviverà…”

Rukawa non riusciva a credere alle sue orecchie. Tutte quelle rivelazioni l’avevano atterrito: non immaginava che Kate si fosse tenuta dentro una cosa simile.

-Come ho potuto essere così cieco? Come posso esserle stato accanto per tanto tempo e non aver capito nulla di lei?- si chiese dentro di sé, mentre guardava impietrito il suo viso febbricitante e dolorante.

 “Come hai saputo tutte queste cose?” chiese improvvisamente.

“Intendevi chiedermi se me l’ha detto lei, non è vero? No, sta tranquillo, di sicuro l’avrebbe detto prima a te che a me… A lei non piace parlarne. L’ho saputo da Anzai: me l’ha detto perché credeva che avrebbe avuto bisogno di qualcuno con cui poter parlare. Non ho mai fatto domande specifiche, è per questo che, come avrai capito dalla mia spiegazione scientifica, non ne so molto riguardo la sua malattia”

“Capisco…” e rimase in silenzio.

-Nessuno vorrebbe restare da solo… nessuno vorrebbe affrontare una cosa del genere senza nessuno accanto…- e guardò fuori dal finestrino, ripensando alla frase che aveva detto quella stessa mattina mentre parlavano sulla riva del fiume.

-Sei stata veramente sommersa da tutto ciò… Il mio problema è così… insignificante…- e le accarezzò una guancia bollente.

 

 

“Kaede… Kaede…” disse piano una voce sofferente.

“Kate! Ti sei ripresa? Come ti senti?” chiese piano Rukawa per non spaventarla.

“Kaede… devo… devo dirti una cosa…”

“Dimmi!” era preoccupassimo.

“Voglio rivelarti… quello che… ho pensato quando… ho tirato il sasso… nel fiume…” la sua voce si stava affievolendo: era una grande sofferenza per lei parlare.

“Non ti sforzare. Me lo dirai quando ti sarai ripresa, ok?” e le sorrise.

“Non ho più molto tempo…” e fece un sorriso sofferente “Voglio dirtelo…” e tossì ripetutamente.

Il ragazzo le sollevò il busto, e con la mano le appoggiò il viso alla sua spalla.

“Ora basta: non voglio vederti soffrire in questo modo” le sussurrò.

“Mentre ho tirato… quel sasso… ho… pensato… alla mia paura di morire…”

Rukawa spalancò gli occhi.

“Ho… tanta paura… tanta… paura…”

Lui la strinse a sé.

“Non devi avere paura: ci sono qui io. Prometto che non ti accadrà niente” e la guardò intensamente; i suoi occhi erano socchiusi, quasi a rifiutare gli ultimi raggi del sole che penetravano dai finestrini della macchina.

Poi la ragazza sorrise tristemente.

“Mi fido… di te… Ti amo… Kae… de…” e chiuse gli occhi, svenendo nuovamente per il dolore; un’unica lacrima aveva bagnato la sua guancia caldissima.

“No!!! Kate!!!” ed osservò il suo volto pallido.

 

“Qui non ci muoviamo di un millimetro e Kate sta sempre peggio” concluse Mitsui, osservando la strada piena d’auto.

“A mali estremi…” fu l’umica frase che disse Rukawa.

Aprì lo sportello; prese con sé la ragazza, adagiandola sulla sua schiena, tenendola per le gambe e piegando un po’ il busto per non farla cadere all’indietro.

-Ti porterò io all’ospedale- e cominciò a correre tra le vetture più in fretta che poteva.

-Bravo amico! A mali estremi, estremi rimedi- pensò Mitsui, vedendolo sparire tra il traffico.

 

Arrivò dopo poco all’ospedale. Entrò immediatamente, urlando a gran voce che aveva bisogno di un medico.

Fu subito raggiunto e lui spiegò la situazione.

Kate fu adagiata su un lettino e portata subito via.

Il ragazzo la seguì fin che poté, tenendole la mano, poi si divisero all’entrata della sua stanza.

“Lei non può entrare qui” gli disse un’infermiera, chiudendo la porta dietro di sé.

Kaede rimase ad osservare Kate dalla finestra interna della stanza per un po’; poi si sedette nella sala d’aspetto, in attesa di notizie.

 

Rukawa si era addormentato in quella sala, sdraiandosi su diverse sedie imbottite.

Fu svegliato da Mitsui che era riuscito a raggiungerlo.

“Ehi, dormiglione… è già notte, lo sai?”

“Notte…?” non pensava che fosse già così tardi.

“Ti va? L’ho preso al distributore, non so se sia buono…” e gli porse un caffé, cominciando a bere il suo.

“Ti ringrazio” prese il bicchiere di plastica, sedendosi e sorseggiando lentamente.

“Hai saputo qualcosa?”

“No, non mi hanno ancora detto niente” e guardò il pavimento con sguardo distratto.

“Vedrai che starà bene” e Mitsui chiuse la conversazione.

 

“Chi di voi due è un parente della signorina Brandon?” chiese un medico, raggiungendo i ragazzi.

“Veramente, nessuno dei noi” ammise Mitsui.

“Allora non posso dirvi niente” e fece per andarsene.

“No, senta, lei mi deve dire come sta!” disse Rukawa, prendendogli una spalla e fermandolo.

“La ragazza non ha nessun famigliare” intervenne Mitsui.

“Lei, cos’è per la ragazza? Il fidanzato, forse?” chiese il vecchio signore a Kaede.

“Beh…” non sapeva cosa rispondere.

“Sì, è esatto: è proprio il fidanzato. Gli parlerà ora?” si intromise di nuovo Mitsui.

Rukawa lo guardò male.

“E va bene: visto che la ragazza non ha parenti, dirò a te la diagnosi. Seguirmi” e il dottore si allontanò.

“Ma come ti è venuto in mente di dirgli che sono il fidanzato?!” lo prese per il collo Kaede, rosso in volto.

“E dai, su. Guarda il lato positivo: ora saprai come sta Kate. Questo è l’importante” cercò di giustificarsi Mitsui, prendendolo un po’ in giro.

“Per questa volta te la sei cavata” e lasciò la presa, seguendo poi il vecchio dottore.

Quando era ormai alla fine del corridoio, e stava per entrare in un altro, Mitsui urlò

“E comunque è vero che sei il suo fidanzato: si capisce da come arrossisci per lei” e si mise a ridere.

Rukawa si fermò e rivolse il suo sguardo, imbarazzato e furioso allo stesso tempo, verso l’amico.

“Piantala di dire sciocchezze!” e si allontanò.

-Spero di avergli tolto un po’ di tensione. Chissà come starà Kate…- pensò Mitsui. Rimasto solo si sedette nuovamente ed, immerso nei suoi pensieri, finì di bere il caffé.

 

Rukawa entrò nello studio del dottore.

“Si sieda, la prego” gli disse il signore, e lui eseguì.

“Allora, com’è la situazione?” chiese nervoso.

“Molto seria. La malattia della sua fidanzata è attualmente in uno stadio gravissimo. Sapeva che era malata, vero?”

“Sì”

“Sa, per caso, se qualcuno della sua famiglia soffrisse della stessa cosa?”

“Il padre”

“Capisco…”

“Ma ora come sta?!”

“Per il momento le abbiamo solo abbassato la febbre; è sotto sedativi: il dolore la sfiniva…”

Rukawa deglutì.

“Dovremo aspettare che si svegli per decidere il da farsi”

“Cosa intende dire?”

“Se non la operiamo in fretta potrebbe non farcela, ma senza il consenso di lei non possiamo procedere”

“Acconsento io!” urlò Rukawa, sbattendo i pugni sulla scrivania del dottore, alzandosi in piedi.

Il vecchio signore, osservò lo sguardo deciso del ragazzo.

“Apprezzo la sua determinazione, ragazzo, ma lei non è un parente diretto e la sua concessione non vale; la legge è chiara: solo l’interessato, o un parente stretto, può autorizzare un intervento tanto difficile e con una percentuale di successo così bassa”

“Quindi non può fare niente per lei?!”

“Ho le mani legate”

“Non è possibile! Sa come aiutarla, ma non può farlo per un motivo tanto stupido?!”

Il medico annuì.

“Mi dispiace”

“Maledizione!!!” e si voltò, quasi come se volesse rifiutare la realtà.

“Ma non si preoccupi: per il momento è salva; dovrebbe riuscire a risvegliarsi nei prossimi giorni, così potremo chiedere il suo consenso. Però se non riuscirà a svegliarsi entro una settimana…”

“Se non si risveglierà entro una settimana…?!”

“Credo che non potrò più fare più nulla per lei” concluse con voce grave.

“No!!!” urlò Rukawa.

Uscì dallo studio, sbattendo la porta dietro di sé, e corse verso la camera di Kate; la osservò a lungo, appoggiandosi al vetro della finestra interna, sentendosi inutile.

-Riuscirò a mantenere la promessa… guarirai presto- pensò.

E tornò nella sala d’aspetto per spiegare a Mitsui la situazione.

 

Passarono sei giorni, e niente cambiò.

Rukawa andava a trovarla ogni giorno, dopo la scuola. Si sedeva sempre accanto al letto di Kate, prendendole la mano. La osservava in silenzio; le sistemava la coperta, nascondendo il corpo fino a metà busto; le sistemava i capelli, incorniciandole il viso con la sua chioma biondissima; infine, osservava il volto dall’alto, posizionandosi in modo da avere il suo viso a pochi centimetri da quello di lei, sperando di rivedere i bellissimi occhi blu che l’avevano cambiato così tanto in così poco tempo.

Questo, però, non avveniva mai. Quindi si risedeva e rimaneva a fissarla per molto tempo, senza fare niente.

Ogni tanto veniva a fargli compagnia anche Mitsui, quando non era impegnato con il suo lavoro d’allenatore; ma le sue visite non erano mai lunghe, e Rukawa si ritrovava di nuovo solo.

A volte capitava che si addormentasse sul letto di Kate, esausto per la giornata passata a sperare in qualcosa che non accadeva, e che solo l’infermiera lo risvegliasse di mattina all’ora delle visite mediche.

 

Anche il sesto giorno si ripeterono le stesse azioni, e la sera stava avanzando velocemente.

-Perché non ti svegli? Oggi è l’ultimo giorno… e sta per finire- pensò stringendole la mano, appesantita dalla flebo.

Poi le alzò il braccio in modo che le dita senza forza di lei gli accarezzassero la guancia; chiuse gli occhi e si fece trasportare dal gesto involontario di Kate. Subito dopo si alzò dalla sedia e la baciò sulla fronte, accarezzandola successivamente.

Fece per andarsene, ma fu fermato da un suono bellissimo.

“Kaede” sussurro la ragazza, compiendo uno sforzo immenso.

Lui si voltò di scatto.

“Kate!” si limitò a dire, e corse ad abbracciarla.

 

Rukawa poté rientrare dopo molto: quando i medici la lasciarono in pace, avendole fatto tutti gli esami che dovevano farle.

“Allora, come ti senti?” le chiese piano.

Lei sorrise; quell’espressione serena rincuorò il ragazzo: era da tanto che la voleva rivedere.

“Kaede, senti…” ora parlava quasi normalmente.

“Dimmi”

“Mi dispiace”

“E di cosa?!” non riusciva a capire di cosa stesse parlando.

“Di non essere stata onesta con te: non ho avuto il coraggio di dirtelo. Tu mi hai rivelato ogni cosa del tuo passato, io invece…”

Lui le sorrise.

“Davvero credi che io possa avercela con te per un motivo tanto stupido” e le accarezzò la fronte con delicatezza.

Lei cominciò a piangere.

“Che ti succede? Perché stai piangendo ora?” chiese preoccupato.

“Ho paura. Ho paura dell’operazione”

“Quindi hai accettato”

“Sì, ma ci sto ripensando…”

“Per quale motivo?!”

“Non vedo perché dovrei farla… non c’è nessuno che mi aspetta fuori dalla sala operatoria: mio padre non c’è più, mia madre è morta in seguito al parto… Io non servo a nessuno: la mia nascita a ucciso mia madre, sono un mostro!” e si nascose gli occhi con le mani, continuando a piangere a dirotto.

Lui le prese i polsi, allontanandoli dal suo volto.

“Come puoi pensare delle cose simili?!” le urlò contro.

Kate si spaventò per il tono del ragazzo.

“Come puoi fare dei discorsi tanto egoistici?!” ora strinse la presa.

“Mi stai facendo male!” urlò per cercare di fermarlo.

“Non pensi agli altri?! Alle persone che ti stanno accanto?! Non pensi a come reagirebbero alla tua morte, sapendo che ti sei arresa in questo modo?!”

“Ma tu che ne sai di come reagirebbero le persone?! Che ne sai di come mi sento?! Tu non sai come ci si sente quando si è soli!” gli urlò contro.

Lui le lasciò i polsi, e le rivolse uno sguardo severo.

“Hai ragione. Io non so come ci si sente” disse in tono sarcastico.

Si voltò ed uscì dalla stanza.

“Kaede, aspetta!” urlò.

“MI dispiace” sussurrò.

Si sdraiò di nuovo e, voltandosi dall’altra parte, riprese a piangere.

 

Rukawa non ritornò a trovarla nei giorni successivi.

Kate aveva rinunciato all’intervento ed era peggiorata moltissimo; ormai era al limite della sopportazione: il dolore era fortissimo, anche i sedativi non facevano più effetto.

Mitsui la vedeva sempre più debole e triste. Non poteva stare lì senza fare niente: decise di parlare con l’amico cocciuto.

Lo trovò al campetto del primo allenamento con Kate, che si stava esercitando. Lo osservò per un po’, mentre cercava le parole adatte da dirgli, e lo vide sbagliare canestri facilissimi.

“Ehi, amico. Come va? Che fai: ti alleni?”

Lui non rispose e fece come se non ci fosse.

“Ignorarmi non ti aiuterà a giocare meglio. Scusa se telo dico, ma fai veramente pena. Che ti è successo?”

“Smettila di distrarmi!” e tirò nuovamente, mancando di molto il tabellone.

Si sedette a terra per prendere fiato, umiliato dall’insuccesso.

Mitsui si sedette al suo fianco.

“Non ho bisogno di una balia” disse asciugandosi il sudore con la maglia.

Lui lo osservò con sguardo punitivo.

“Per quale motivo non sei più andato a trovare Kate?” chiese grave.

Rukawa si fermò, spalancando gli occhi: ripensò a lei sul letto d’ospedale sofferente.

“Non credo che siano affari tuoi” si rialzò cercando di allontanarsi da Mitsui.

L’amico si alzò in piedi, parlando alla schiena di Kaede.

“Non so cos’è successo tra voi, e non m’interessa neanche, ma lei e peggiorata…”

Lui si fermò.

“Quindi si è arresa definitivamente?”

“Esatto. Sta morendo. Devi farle cambiare idea! Devi farla ragionare!”

“La scelta è sua”

“Vuoi dire che non ti interessa se soffre in quel modo?! Mi vuoi far credere che non t’interessa se si sta spegnendo lentamente?!”

Rukawa non rispose.

“Fai come ti pare! Fai puro il duro! Lasciala fare, ma non ti disperare poi quando non potrai più fare niente per lei!” e se n’andò, adirato.

-Kate…- pensò Rukawa; poi si allontanò dal campetto, lasciando la palla a terra.

Si fermò sulla riva del suo fiume preferito; si sedette e raccolse un sasso. Lo guardò a lungo, poi lo lanciò con tutta la forza che aveva.

“Maledizione!!!” urlò.

Subito dopo, ripensò a quanto aveva appena fatto e gli venne l’idea giusta; raccolse un altro sasso e attuò il suo pensiero.

 

Kate stava fissando la città dalla finestra che dava all’esterno; dalla sua stanza, all’ultimo piano, quella città le era apparsa davvero bellissima. Voleva uscire da quel luogo e correre per le strade senza una meta precisa, invece era bloccata lì senza nessuno che l’andasse a trovare.

Poi, finalmente, ricevette una visita. Era al settimo cielo: non vedeva qualcuno da molti giorni. Voleva alzarsi, ma era troppo debole e rimase sdraiata. Non riusciva a riconoscere quella persona perché vedeva tutto offuscato; vide solo un’ombra entrare e chiudere la porta dietro di sé.

“Chi è?” chiese con un filo di voce che quasi non si sentì.

“Come chi è? Non mi riconosci?” chiese con voce dolce quella persona.

Kate lo riconobbe subito; man mano che si avvicinò, riuscì anche a vederlo.

“Rukawa!” urlò, con gli occhi bagnati da lacrime di felicità.

“Esatto. Sono proprio io. Come va? Ti trovo in ottima forma”

“Bugiardo…”

Lui le sorrise.

Lei cominciò subito a scusarsi per il loro ultimo incontro, ma fu fermata da lui che le mise un dito sulle labbra.

“Non parlare. Ti ho portato un regalo”

“Davvero?!” era felicissima.

“Ora chiudi gli occhi”

Lei eseguì. Il ragazzo le prese la mano e vi porse il dono, chiudendo poi le dita in modo che non lo vedesse subito.

Lei riaprì subito gli occhi; osservò con attenzione il contenuto della sua mano e riuscì ad alzare il busto e abbracciarlo con tutte le forze che le rimanevano.

Lui si stupì in un primo momento, poi ricambiò l’abbraccio.

“Hai capito il senso del regalo, vero?” chiese.

“Certo! Come avrei potuto non capirlo? Le parole che hai scritto sono bellissime! Ora sono pronta per sottopormi all’intervento…”

Lui sgranò gli occhi, poi li richiuse subito per godersi la dolcezza dell’abbraccio della ragazza.

 

Dopo alcune ore dalla comunicazione della scelta della ragazza, la sala operatoria fu finalmente pronta e Kate fu trasportata d’urgenza.

Mentre il lettino veniva spinto a gran velocità per i corridoi, Kate chiese all’infermiere di fermarsi un attimo.

“Kaede…”

“Sono qui. Dimmi” si mostrò ai suoi occhi.

“Mi stavi seguendo fino alla sala operatoria, vero?”

“Sì. Ti aspetterò fuori”

“Quindi quel giorno parlavi di te: eri tu quello che avrebbe reagito male alla mia morte”

Lui arrossì ed annuì.

Lei sorrise.

“Ora ho una persona che mi aspetta. Ora non sono più sola. Sono felice”

“Io ti aspetterò. Quando sarai uscita torneremo ad allenarci: ricordati che mi devi portare in America” ed alzò il pollice in segno di vittoria.

“Farò più in fretta che posso” e sorrise.

“Ora basta parlare! Non c’è più tempo!” intimò un’infermiera, allontanando Rukawa, e facendo sparire Kate dietro una porta chiusa.

Il ragazzo rimase a lungo ad osservare la luce dell’insegna luminosa della sala operatoria, in attesa di buone notizie.  

 

Kate, mentre si stava addormentando per effetto dell’anestesia, riguardò il regalo che le aveva fatto Kaede.

Lesse le parole scritte su quella pietra di fiume

-La mia più grande paura è perderti per sempre-

Era scritto con un pennarello indelebile con la calligrafia di Rukawa.

-Lui l’ha scritto su questo sasso per farmi sapere qual è la paura che lo sta angosciando in questo momento; solo io posso aiutarlo a vincerla: devo riuscire a sopravvivere. Vincerò la mia paura di morire, e ritornerò da lui- pensò.

Subito dopo si addormentò ed incominciò il lungo e difficile intervento.

 

Rukawa stava seduto fuori da quella sala operatoria da molte ore ormai.

“Come sta andando?” chiese Mitsui, che sopraggiunse all’improvviso.

“Non so: l’operazione non è ancora finita”

“Ho appena incontrato il dottore che l’aveva in cura. Mi ha detto che forse è troppo tardi, che ha aspettato troppo prima di accettare…”

“Ma che dici?!!!”disse in preda al panico.

“Io non gli credo: sono sicuro che ce la farà. Riuscirà a tornare da te!”

Rukawa fece un sorriso triste e rassegnato.

“Anche tutti noi ne siamo più che certi: Kate guarirà!” dissero in coro tutti gli amici di lui.

“E voi che ci fate qui?” chiese sorpreso.

“Anche noi siamo preoccupati per lei, cosa credi?!” intervenne Aruko.

“Vi ringrazio di essere qui” si limitò a dire.

Così tutti (Mitsui, Miyagi, Hanamichi, Eric, le matricole e Aruko) rimasero a fare compagnia a Kaede. Aspettarono insieme, con l’ansia nel cuore, l’esito dell’operazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

  
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