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Autore: MoonRay    29/06/2012    1 recensioni
“Che cosa succederebbe se il famoso Joker di Christopher Nolan incontrasse un famoso personaggio di Iron Man?"
Cross-Over tra il mondo della DC e della Marvel!
Genere: Angst, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Psychosocial

 
 

“And the rain will kill us all,
Throw ourselves against the wall
But no one else can see,
The preservation of the martyr in me”
 
[Psychosocial – Slipknot]

 
 
Louis Lowell. Era la guardia di sicurezza all’entrata del manicomio.
I piedi poggiavano non troppo comodamente sul tavolo, uno schermo lampeggiava regolarmente cambiando immagine e la rivista ripescata da un cestino dell’immondizia era quasi spalmata sulla faccia.
 
Mancavano ancora due ore alla fine del suo turno: erano le 02:14 del mattino e la notte sarebbe durata ancora a lungo. Sarebbe uscito da quel posto pieno di pazzi scatenati per andare al pub del suo amico, Eric, dove neanche due giorni fa si era fatto una puttanella... e forse ricordava anche come si chiamava quell’altra tipa in mini; senza contare la portinaia della sua palazzina, Shannon, con cui si vedeva puntualmente ogni fine settimana o la prostituta da cui andava regolarmente ottenendo molti sconti, Alexia.
La sua vita sessuale andava proprio alla grande... e questo bastava a farlo felice.
Ma i suoi ricordi erotici furono interrotti quando un suo collega bussò al vetro antiproiettili per farsi aprire la ferriata: c’era un nuovo “paziente”.
 
-Muovi il culo!- gli intimò di sbrigarsi, scoccando un’occhiataccia ai piedi esposti in bella vista sul banco.
 
Fece velocemente sparire il mensile alla vista del suo superiore, tornando ad un atteggiamento decentemente accettabile; premette il pulsante alla sua destra che fece scattare la serratura con un suono secco mentre una sirena risuonò, indicando che la porta era aperta; quando venne richiusa la luce verdastra si spense, riportando qualcosa che avrebbe dovuto assomigliare alla quiete nel corridoio.
 
L’uomo si scagliò improvvisamente contro il vetro facendo cadere a terra l’agente dall’altra parte per lo spavento; gli agenti intervennero subito, cercando di staccargli la faccia dalla spessa lastra trasparente alla quale si era avvinghiato per impaurire l’agente.
Il suo sorriso sfregiato, la faccia inquietantemente truccata...
Tutti questi dettagli si imprimevano nella mente di Louis.
Infine arrivò la manganellata alla schiena che fece accasciare a terra il pagliaccio da film horror che iniziò a ridere istericamente.
Le guardie lo alzarono immediatamente di peso cercando di rimetterlo in piedi ed assestandogli un’altra botta.
 
L’uomo con la camicia di forza venne condotto via mentre rideva letteralmente come un pazzo.
 
 

***

 
 
Era un uomo di mezza età di circa cinquantacinque anni, laureato in psicologia, in sovrappeso, la pancia che non riusciva ad essere contenuta dalla cintura né tanto meno dalla camicia; senza cravatta né giacca, pelato, penna e carta a portata di mano: il classico uomo che si potrebbe trovare in una stanza da manicomio come quella in cui erano ora faccia a faccia, Joker e lui.
La prima impressione che il dottore aveva avuto di lui era stata di evidente disgusto, puro e semplice disgusto; ma probabilmente aveva già visto qualcosa di simile per non essere scappato via in preda al panico al sol vederlo, per aver semplicemente trattenuto i commenti ed essersi limitato a sedersi davanti lui.
Ammirevole. Bisognava ammetterlo.
 
-Ciao.- lo salutò quasi amichevolmente Joker.
 
-Ciao. Come ti chiami?- gli resse il gioco lui.
 
-Ehm, Joker!-
 
-Bene, Joker. Io sono Derret Alt...-
 
-Oh, ma io lo so chi sei.- lo interrupe.
 
Alton non si lasciò intimidire: era abituato a trattare con gente schizzata di vario tipo, così lascio cadere l’affermazione. Posò la valigetta nera sul tavolo che li divideva di appena un metro mentre veniva costantemente fissato dal clown di fronte a lui, impassibile, se impassibile si poteva definire la sua espressione letteralmente disegnata in volto.
Tirò fuori dei fogli che dispose ordinatamente di fronte a sé:
 
-Che cosa vedi?- chiese Derret, mostrandogli uno schizzo di inchiostro.
 
Joker continuava a fissarlo.
 
-Una bellissima farfalla.- rispose, esplodendo in un’altra sonora risata.
 
Una delle due guardie alle sue spalle lo colpì duramente alla testa che sbattè contro il tavolo di metallo lasciandovi una chiara e densa chiazza dal colore candido e bianco come la neve.
Joker si raddrizzò, strizzando velocemente gli occhi nel tentativo di far sparire le lucciole che gli svolazzavano davanti.
 
-Ora che cosa vedi?- chiese Derret, mostrandogli un altro disegno nello stesso stile del precedente.
 
Questa volta Joker guardò prima il disegno, poi lui, ed ancora il disegno; infine si girò verso lo specchio-vetro che occupava la parete alla sua sinistra. Dopo di che portò la sua attenzione alla telecamera nell’angolo opposto della stanza: l’unico segno di vita che accennava, era una lucetta rossa lampeggiante appena sopra l’obiettivo di essa.
 
Darret era ancora in attesa di una risposta; tentò proponendogli una terza immagine, ma non ottenne il risultato sperato:
 
-Come ti sei fatto quelle cicatrici?- tentò, cambiando approccio.
 
-Io amo le mie cicatrici. Non pensi che sia un vero artista?- rispose lui, entusiasta.
-Vuoi sapere la loro storia?-
 
-Raccontami, Joker.-
 
-Allora...- iniziò, mettendosi più comodo: i suoi movimenti smossero appena le guardie in allerta dietro di lui, provocandogli un altra risatina, -allora, mia madre era... una donna qualsiasi. Niente di speciale, niente di... diverso.
Ma era stata violentata.- Derret sembrava essersi fatto attento.
-E da quello, stupro, sono nato io.
Lei mi voleva bene: ero suo figlio.
Un giorno, quando ho... dieci anni, si presenta a casa “mio padre”. Loro iniziano a litigare ed io, vedo. Tutto.
Uccide la mamma, sì, la uccide. Era pazzo, forse ubriaco o uno spacciatore; cerca tu di dare qualche spiegazione razionale.- disse, sogghignando fra sé a quell’affermazione.
 
-Continua.- lo incitò.
 
-Bene, quindi... io sapevo che era stato lui.
A quel punto, si accorge di me. Mi guarda e... mi dice: “Perché sei così serio?”
Si avvicina.
Mi mette la lama in bocca con cui ha ucciso mia madre e...
Perché sei così serio?-
 
Joker vide in quel momento la lucetta della telecamera spengersi e sentì la serratura della porta scattare e chiuderli dentro.
Derret si girò incuriosito dal rumore.
 
-Ma che caz...?-
 
Il clown fece rovesciare il tavolo con una potente ginocchiata addosso a Derret, che cadde rovinosamente a terra rimanendo incastrato sotto la mole del ferro.
Una delle due guardie fece per intervenire, stava per assestargli una manganellata tra capo e collo, quando l’altro lo scaraventò sullo spigolo del tavolo rompendogli la testa.
L’uomo rimase immobile riversandosi a terra in una densa pozza di sangue.
Derret guardò il morto, inorridendo e tentando inutilmente di spostare il pesante tavolo.
Joker si lasciò togliere la camicia di forza dal complice per rimanere con una semplice canotta bianca, con i pantaloni arancioni della divisa.
 
-Ti avevo detto di non sporcare.- disse, girandosi verso l’uomo e piantandogli il coltello in bocca.
 
Anche la seconda guardia cadde a terra.
Lo psichiatra soffocò a stento un grido d’orrore: bloccato com’era non riusciva a vedere nulla di ciò che stava accadendo dall’altra parte ed era chiuso in una stanza insieme ad un pazzo omicida che stava sicuramente per passare alla sua prossima vittima.
Iniziò a tremare, temendo quale morte cruenta aveva riservato per lui.
Il mostro si avvicinò a lui, il coltello ancora sanguinante di un rosso intenso e la faccia ancora più sorridente, se possibile, di quando lo aveva visto ridere poco prima.
 
-Dottor. Derret. Alton.-
 
L’uomo tremò al sentire il suo nome pronunciato da quell’essere con quella sua dozzinale recitazione.
Joker si inginocchiò fino al suo livello per scrutarlo da più vicino; la lama iniziò a scorrere tracciando un lugubre sorriso di sangue lungo le guancie dello psichiatra che rabbrivì all’innaturale calore e colore della lama.
Il clown sghignazzò nell’infliggergli quella lenta agonia, godendosi ogni sua espressione, ruga e singhiozzo di puro orrore che esprimeva pian piano che iniziava ad incidergli la carne.
Alton tentò di fermarlo, iniziando a scalciare e a dimenarsi, ma Joker bloccò ogni suo movimento sedendoglisi sopra lo sterno e stringendo il suo volto in una morsa ferrea e non tremante come quella dell’uomo sotto di lui che aveva iniziato a piangere disperatamente.
Il sangue dell’agente iniziò a mescolarsi con quello dell’uomo mentre delle urla di dolore iniziavano ad impregnare la stanza di agghiaccianti vibrazioni.
Il sangue sgorgava inesorabilmente verso la sua bocca anche se in parte scivolava intorno a lui fino a scendere sul pavimento grigio.
Joker gli tappò il naso. Derret tentò di sputare e tossire il sangue che gli colava nella gola, ma il dolore accecante lo pervadeva e l’aria gli mancava sempre più.
In meno di venti secondi smise di divincolarsi, ma Joker attese ancora un po’ prima di lasciare la presa e cimentarsi in un altro numero da circo.
Prese a trotterellare per la stanza in preda ad un’euforia a lui non aliena, le mani imbrattate di sangue schizzavano alcune piccole goccioline di sangue qua e là rendendo la scena ancora più macabra di quanto già fosse.
Alcune di queste cadute imprevidibilmente sullo specchio della stanza attirarono la sua attenzione: Joker vi si avvicinò e poggiandoci una mano lasciò la propria impronta, imprimendovela; guardò estasiato la sua follia prendere forma su quella superficie liscia e perfettamente pulita, o almeno, così era fino a pochi secondi fa.
Le dita seguirono il proprio percorso come se la scritta fosse già segnata da dei puntini invisibili e lui dovesse solamente congiungerli: un gioco da bambini.
La sua opera d’arte gli si presentò, completa e vivace.
Chissà quanto era terrorizzato chi stava assistendo a quella scena, la sua scena, dall’altra parte del vetro specchiato.
Il rumore della sirena che annunciava che le porte e che le celle dell’edificio si stavano aprendo lo riportò a se stesso.
Si girò nuovamente verso la telecamera, con la sua lucina nuovamente attiva, fissandola sorridente. Fece un profondo inchino accompagnato da un frivolo gesto con la mano occupata dal coltello fino a sfiorare terra con i capelli dalle sfumature verdaste.
 
-Signori e signore,- si rivolse ad un pubblico inesistente... o forse solo nella sua immaginazione, -per voi, oggi, in questo teatro degli orrori, il Joker!-
 

“Why so serious?”

 
 

***

 
 
Caos. Ovunque, caos.
Uomini e donne costretti nelle proprie camicie di forza si aggiravano correndo ed urlando per il manicomio, altri preferivano camminare tranquillamente ed essere più silenziosi, ma ad ogni modo le guardie non riuscivano a controllarli.
Joker si aggirava indisturbato per i corridoi ora pieni di gente ora deserti, creando più o meno scompiglio.
Più di una volta si scontrò con alcune guardie che erano riuscite a riportare un po’ d’ordine nelle zone meno affollate, ma molti dei ricoverati erano persino scappati dall’ospedale e andati chissà dove.
Joker sorrise, guardando il suo creato, o meglio, la sua idea: l’infiltrato che lo aveva aiutato doveva essere lì, da qualche parte, in attesa di un suo ordine per la chiusura dello spettacolo. Il momento migliore dello show.
Scorse varie celle, tutte vuote; continuò a camminare per il corridoio completamente vuoto, superando più celle, ma appena oltrepassata una di queste si bloccò.
Tornò indietro a passi più lenti fino a fermarsi all’entrata di una camera: la porta era splancata come tutte le altre, le brandine ed i mobili erano gli stessi, ma le pareti... tutte le pareti erano ricoperte di graffiti; quest’ultimi sembravano essere stati incisi con qualcosa, sicuramente non unghie, qualcosa di più resistente e sicuramente più duro delle unghie di un semplice essere umano. Joker lesse attentamente le formule matematiche ed i grafici raffigurati, ma non riusì a capirne il senso.
Era forse stato l’Einstein del nuovo millenio uscito pazzo ad aver fatto ciò?
Ad ogni modo, era estasiato da quella visione così caotica che dava un’idea della personalità di chi aveva abitato quella stanza.
Ma ad averlo attirato non era stata solo l’insolita “carta da parati”, ma anche e soprattutto un curioso ticchettio metallico, lento e regolare, che riecheggiava appena per il corridoio.
Si affacciò al suo interno e scorse chi emetteva quel rumore: un uomo, costretto nella sua camicia di forza passeggiava a testa bassa, avanti e indietro per la stanza seguendo la parete più lunga.
I suoi pantaloni, lunghi fino ai piedi nudi, coprivano ciò che sembrava essere una protesi metallica alla gamba destra, da qui il rumore.
A Joker bastò osservarlo -in faccia- per capire che, senza dubbio, era stato lui ad aiutarlo.
Aveva trovato il suo complice.
Si fece largo in quel tempio algebrico, avvicinandosi lentamente all’uomo con il suo solito passo, ma fatti pochi metri l’uomo misterioso di fermò in mezzo alla stanza spezzando la sua passeggiata infinita.
Joker lo imitò.
L’altro lo guardò, ma alzando la testa la ciocca di capelli che copriva l’occhio sinistro scivolò di lato, rivelando una luce vermiglia di un occhio non umano. Il contorno era di un grigio scuro, metallizzato, caratterizzato da delle strane e squadrate venature.
Era un occhio bionico.  
Il resto del viso era incorniciato da un pizzetto anche se non molto curato e poteva capirne il perchè...
 
Un sorrisetto sadico solcò il volto di Joker:
 
-Tu... sei proprio chi stavo cercando.- disse, sghignazzando, ma l’altro sembrava non cogliere l’ilarità della situazione, perché rimase ostentatamente serio ed immobile.
Poi riprese a camminare come se Joker non esistesse.
 
Joker lo fissò per un momento un po’ accigliato, ma continuando ad ammirare la sua particolare “forma fisica”.
Cosa ci faceva là dentro?
Fece un altro passo avanti, per avvicinarsi ulteriormente e poterlo osservare meglio; prese a ronzargli intorno come uno scienziato che osserva la sua cavia, ma a metà del suo giro notò la fotografia di una donna, a terra. Una donna rossa, molto bella, in un vestito formale, ma sorridente.
Il detenuto scattò verso di lui nel medesimo istante in cui sfiorò la fotografia ed in poco meno di un secondo Joker si ritrovò stretto nella sua morsa ferrea a pochi centimetri dalla sua faccia e ad altrettanti da terra.
Gli mancò improvvisamente l’aria, ma gli bastò uno sguardo di sfida verso il “cyborg”, accompagnato da un suo sorriso masochista, come per chiedergli di finire ciò che aveva iniziato, che cadde a terra con le spalle al muro libero dalla sua morsa.
Lo sconosciuto fissò per un momento ciò che rimaneva dello straccio bianco che era stato la camicia di forza, per poi finire di strapparlo liberando una luce azzurrina che gli scaturiva dal petto muscoloso, occupato da una piastra metallica; ma non era l’unica cosa strana ad aver rivelato la stoffa: il braccio destro sembrava anch’esso essere una specie di protesi metallica collegata direttamente al suo corpo, eppure aveva visto lui stesso che poteva muoverla come se fosse un comune braccio ed aveva sentito le dita stringergli la gola...
Sapevano entrambi benissimo che non era un braccio qualsiasi, quello, ma qualcosa di incredibilmente più potente.
Joker lo fissò tra l’ammirato e lo stupito.
 
-Un talento come il tuo non... merita di essere nascosto, rinchiuso, qui dentro. Sprecato.- disse.
 
In tutta risposta l’uomo si limitò a studiare i singolari tratti del clown, che ricambiava il suo sguardo.
In breve l’uomo potè scoprire tutto ciò che era di pubblico dominio su quell’uomo: il suo occhio metallico era unico al mondo nel suo genere. Le forze americane non erano riuscite a privarlo delle sue protesi, credevano solamente di averle disarmate.
Si sbagliavano di grosso e con quell’occhio, ad ogni modo, aveva libero accesso a qualunque tipo di informazione.
 
-Tu sei l’ultimo arrivato, quello di cui tutti parlano nei telegiornali.
Sei famoso.-
 
Joker sorrise silenziosamente, rialzandosi in piedi. Notò che l’uomo doveva essere più o meno della sua statura e corporatura, ma quei meccanismi erano decisamente il suo marchio distintivo.
Improvvisamente, Joker parve ricordare un uomo del genere...
 
-Anche tu, “Uomo di Ferro”.- aggiunse serio.
 
Un sorriso amaro si distese sul volto dell'altro.
 
-Mi sei stato... di grande aiuto!- esordì Joker, cambiando improvvisamente discorso, -Tu avevi bisogno di un qualunque, pretesto, per uscire da qui...- indicò i muri, -ed io te l’ho dato.-
 
-Sarei potuto uscire quando volevo.- commentò il cyborg, pungente.
 
-Già, -riprese Joker, -ma non ti conveniva... ora, è il momento. In mezzo a questo disordine la tua scomparsa passerà in secondo piano e tu... potrai tornare dalla tua bella.- concluse, passandosi la lingua tra le labbra.
 
Sembrò sul punto di rispondere, avendo forse interpretato i suoi gesti come una provocazione, ma le voci si fecero più vicine, catturando la loro attenzione.
Si guardarono: Joker uscì dalla stanza; l’altro uomo raccolse la fotografia, la ripiegò con cura e la ripose in una tasca dei pantaloni. Senza malinconia verso la cella la abbandonò dopo tanto tempo.
 
-Ti fai chiamare Joker...- osservò, seguendolo.
 
-Lei come ti chiamerà quando ti rivedrà?- azzardò a chiedere Joker, indicando la foto.
 
Quell’uomo, l’uomo di ferro, di nome e di fatto, lo incuriosiva da matti!
L’uomo ricordò l’immagine della fotografia e la rivide sconsolato: si trovava lì da più di un anno, ma sapeva che non erano più di due. Quante volte si era chiesto se sarebbe riuscito a rivederla? Nelle sue condizioni... gli sembrava tutto impossibile, quando invece, per lui, era ed era stato tutto possibile.
L’uomo di ferro sembrava fissare il vuoto di fronte a sé, ma con l’occhio bionico sembrava compiere velocissimi movimenti ogni secondo, senza fermarsi.
Cosa stava facendo?
 
Si imbatterono in un piccolo gruppo di guardie che riconoscendoli si avventò loro contro: l’uomo di ferro alzò semplicemente il braccio metallico dal quale scaturì un raggio blu, liberando facilmente la strada.
Joker lo osservava estasiato.
 
-Dovremmo lavorare insieme!- disse, picchiettandogli la piastra metallica fosforescente che aveva sul petto.
-Perché... una macchina da guerra come te è stata rinchiusa qui dentro?- continuò, sorridendogli amichevolmente, se amichevole poteva essere un suo sorriso.
 
I due ripresero a camminare più svelti.
 
-In un manicomio ci vanno i pazzi: io sono stato giudicato colpevole di pluriomicidio e mi è stata data l’insanità mentale.-
 
Il Joker esplose in una gloriosa risata: non aveva mai provato così tanta simpatia per una persona... in vita sua? Ma mise da parte quei pensieri, perché erano arrivati all’ingresso dell’edificio.
Per l’uomo sembrava così strano rivedere una qualunque strada, l’ultima che aveva visto prima di essere rinchiuso a forza lì dentro, come un animale in gabbia.
 
Il tic all’occhio sembrava continuare.
L’occhio buono lo fissò, mentre l’altro, rosso ed inquietante, continuava a saettare qua e là apparentemente senza motivo.
 
-Quanto ti piacciono le esplosioni?- esordì, sorridendo furbesco.
 
Joker lo fissò come un bambino a Natale che vede l’albero appena addobbato: gli occhi gli scintillavano speranzosi, accesi da una luce folle più viva del solito.
 
-Divertiamoci.-
 
Un ammiccare dell’uomo di ferro ed il rumore della detonazione li assordò.
Ogni cinque secondi urla, grida di terrore ed il fragore di un’esplosione li raggiungevano, mentre si allontanavano tranquillamente dall’edificio.
 
Anche quando furono a distanza di sicurezza il calore delle fiamme ancora li raggiungeva. Joker era letteralmente esaltato, mentre l’altro uomo sembrava respirare a pieni polmoni la libertà appena riconquistata, estraniato dalla realtà.
Delle pattuglie di polizia si erano appostate tutt’intorno al perimetro dell’edificio in fiamme. Spararono a vista, il tempo di sentire il rumore dei proiettili e sentirli penetrare la carne... non ci fu: l’uomo di ferro attivò una specie di campo di forza azzurrino che li difese.
Bastò un movimento del braccio e ciò che sembrava un mini-missile partì dal braccio dell’uomo, l’occhio bionico puntato sul grosso delle forze.
Spazzate via.
Joker ammirava il disordine che dilagava per le strade, il panico sui volti dei passanti ed il rumore in generale; il tutto gli rimbombava in testa, apparendogli ancora più emozionante per il suo bisogno incessante di seminare discordia e portare caos.
L’uomo di ferro non lo salutò neanche, tirò nuovamente fuori la foto della giovane donna per poi rivolgere lo sguardo al cielo e tuffarcisi dentro dopo tanto tempo con la sua tuta metallica dai riflessi rosso e oro.
 



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Note dell'Autrice: (IMPORTANTE, LEGGETE)

Momento, momento, momento questa non è la mia tazza di Batman! Capisco perfettamente lo sgomento per questa mia idea malsana e vado subito a spiegarvi che minchia è successo...
Si è capito che il Cross-Over è tra Joker ed il famossimo Iron Man aka Tony Stark, ma con qualche piccola modifica (piccola?! HA UN OCCHIO, UN BRACCIO ED UNA GAMBA BIONICA!) Le fan-girl possono linciare ò.ò
Questo Tony è preso dalla mia storia "What-If?" scritta a quattro mani con la mia socia e beta _Lightning_ (con il nostro account in comune Sunset In The Darkness) dove il protagonista Tony si ritrova vittima di un terribile incidente in cui rimane gravemente ferito e mutilato. La storia si intitola 
Phoenix e vede tutto il corso degli eventi che prendono una strada totalmente differente da quella del film a causa di questo bel casino...
Scusate per lo spam, ma senza questa nota non penso che si sarebbe capito molto di quello che ho scritto, oppure sarebbe venuta fuori una long invece di una one-shot. No bene XD

Detto tutto. Scusate se sono stata così logorroica... Ringrazio chiunque passerà di qui, leggerà o recensirà :) 
Spero vi sia piaciuta e a presto!
 
 MoonRay



 
*Questi personaggi non mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro, tutti i diritti del film “Il Cavaliere Oscuro” appartengono al regista Christopher Nolan e tutti i diritti del film “Iron Man” appartengono al regista Jon Favreau.*
  
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