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Autore: SofiaAmundsen    29/06/2012    14 recensioni
«John, che cos' è questa cosa ?»
«Questa cosa, Sherlock, è Lucy. La figlia della nuova ragazza di Herry, ricordi? Te ne avevo parlato»
«No, non è vero»
«E invece si, l' altra sera, mentre giocavi al piccolo chimico con le dita di quel motocilista.»
Sherlock ripensò che, effettivamente, quella conversazione c' era stata. Doveva averla riposta nella parte del suo cervello dove teneva le informazioni inutili, proprio accanto al sistema solare. 
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock stava analizzando le mutazioni delle unghie umane che aveva messo nell' acido da tutto il pomeriggio. Si era seduto al tavolo della cucina e aveva iniziato a lavorarci sopra, ma già dopo un paio d' ore, thè dopo thè, si era trovato costretto ad accavallare le gambe.
Tre ore dopo stava decisamente facendo fatica a non farsela addosso.
Tre ore e mezzo dopo si era dovuto alzare e andare verso il bagno.
Odiava dover fare pipì, interrompeva il suo lavoro e lo faceva sentire così terribilmente... umano .
Aprì velocemente la porta del bagno ma quando ci guardò dentro rimase immobile, impaurito come non lo era mai stato -e stiamo parlando di un uomo che lotta contro serial killer ogni giorno.
Un piccolo mostro -a suo dire- con dei lunghi capelli biondi, raccolti in due codine sopra la testa, dei scintillanti occhi verdi e un visino angelico con un' espressione sorpresa dipinta sopra, stava in ginocchio sopra al cesto dei panni sporchi. Aveva le maniche della magliettina rosa tirate su e le mani a mollo in una piccola pozzetta d' acqua piena di sapone che si era formata nel lavandino. Era riuscita a fare una bolla proprio quando Sherlock aveva aperto la porta e glie l'aveva fatta scoppiare.
Rimasero a fissarsi per diversi istanti, cercando di decifrarsi a vicenda, poi Sherlock interruppe il silenzio, senza smettere di guardarla:
«Jooohn!»
John li raggiunse a grandi passi, allarmato dal tono di voce del compagno, ma quando arrivò si fermò un attimo prima e rise della scena.
«John, che cos' è questa cosa ?» disse in tono sdegnato
«Questa cosa, Sherlock, è Lucy. La figlia della nuova ragazza di Herry, ricordi? Te ne avevo parlato»
«No, non è vero»
«E invece si, l' altra sera, mentre giocavi al piccolo chimico con le dita di quel motocilista.»
Sherlock ripensò che, effettivamente, quella conversazione c' era stata. Doveva averla riposta nella parte del suo cervello dove teneva le informazioni inutili, proprio accanto al sistema solare.

«Sherlock»
«Mmh»
«Sai, Harry ha una nuova ragazza. Sembra molto presa, credo sia innamorata»
«Bene»
«E questo weekend andrano a fare una specie di... gita romantica, sul lago...»
«Noi non faremo nessuna gita romantica»
«No, no, non volevo dire questo. È che questa nuova ragazza ha una figlia di cinque anni, Lucy, una bambina adorabile e non sa a chi lasciarla in questi due giorni, il padre è sparito in qualche paese del sud America. Così mi sono offerto io. Cioè, ci siamo offerti noi, questo almeno è quello che ho detto a Herry.»
Sherlock aveva smesso di armeggiare le provette e aveva alzato lo sguardo su John.
«Che cos' hai fatto?»
«Andiamo, Sherlock, neanche te ne accorgerai, ci penso io! E poi è una bambina tranquilla! Cerca solo di... essere gentile, per quanto ti riesca: ho dovuto dire a mia sorella che ti piacciono i bambini, altrimenti continuava a pensare che sarebbe stata troppo di disturbo per te»
«Perchè non le hai detto che aveva ragione?»

«Perchè cercavo di essere carino con lei, non tutti vogliono dichiarare una guerra civile ai proprio fratelli!»
John aveva iniziato ad alzare leggermente la voce, esasperato, con estrema sorpresa e noncuranza di Sherlock.
«E comunque, Sherlock, io ho sempre desiderato avere dei figli, mi ero ripromesso di farne appena sarei tornato dall' esercito, quindi non credere che ci rinuncerò solo perchè adesso sto con te!»
Sherlock pensò che forse John aveva bisogno di qualche lezione di educazione sessuale, perchè a quanto pareva non aveva chiaro il concetto che senza un ovulo femminile la riproduzione era pressochè impossibile, ma stette zitto e tornò alle sue provette.


«Lucy, lui è Sherlock, il mio...ehm...»
«Fidanzato» aveva una vocetta squillante «me l'ha spiegato la mamma.»
John arrossì e iniziò a balbettare; Sherlock avrebbe trovato la cosa incredibilmente divertente, se non fosse stato troppo impegnato a cercare di prevedere ogni mossa di quel dolce angioletto. Ops, di quel piccolo mostro, volevo dire, scusa Sherlock.
Appena si fu ripreso, John entrò nel bagno e si piegò sulla piccola:
«Allora, tesoro, cosa vuoi fare adesso?»
La bambina guardò il soffitto con l' aria pensierosa, poi rispose con gli occhi illuminati.
«Quel gioco con i carrarmati!»
«Risico, vuoi dire! Ma bisogna essere almeno in tre...mi dispiace piccola.»
«Gioca lui!»
Sherlock guardò il piccolo indice puntato contro di se con l' aria più schifata che si potesse avere. Neanche fosse uno di quelli nel frizer.
«Che ne dici?» John lo guardò ammiccante e speranzoso.
«Non ho tempo da perdere cose inutili come un gioco, sto facendo un esperimento»
«Andiamo, Sherlock, quelle unghie si sciogleranno anche se tu non stai li a fissarle! Magari ci divertiremo!»
«Non credo che mi divertirei facendo qualcosa che ha un nome come "risico"»
«Ma...ma...» intervenne la piccola un po' insicura nel parlare con quel gigante con gli occhi blu «Ma se tu non giochi, non possiamo giocare neanche noi...»
Lucy non era una bambina stupida, anzi, era la bambina più furba di Londra, avrebbe detto sua madre, e sapeva benissimo usare il suo tono e il suo sguardo da dolce bambolina, a cui nessuno sapeva resistere. Nessuno tranne Sherlock.
La guardò indifferente e superiore, chiedendosi se davvero si aspettava che si sarebbe intenerito solo per quell' espressione da manipolatrice la quale era.
«Non mi interessa.»
Niente l' avrebbe convnito. Apparentemente.
John gli bisbigliò qualcosa all' orecchio, non sapremo mai cos' era, ma doveva essere qualcosa di estremamente convincente , perchè Sherlock lo guardò con lo sguardo più ammiccante che quegl' occhi allungati potessero disegnare e rispose con un sussurro profondo:
«Adoro questo tipo di ricatti».

Si scoprì che dentro alla scatola di risico non c' erano più buona parte dei carrarmati azzurri e quasi tutti quelli gialli, rossi e viola. Sherlock negò di averli usati per testare la possibilità della trachea umana di sopportare corpi estranei, ma John sapeva che era così.
«Mi dispiace, Lucy,» le disse John con dolcezza «dovrai scegliere un altro gioco.»
La bambina sporse il labbro inferiore e si inoltrò in una serie di piccoli singhiozzi dispiaciuti, con gli occhi che stavano diventando lucidi.
«No, dai non piangere...»
John non sapeva che fare: non era esattamente esperto in campo di bambini.
«Facciamo così: puoi scegliere qualsiasi cosa da fare»
«Qualsiasi cosa?»
«Tutto quello che vuoi.»
La bambina sorrise. Era davvero un' incredibile attrice.
«Cuciniamo!»
«Cuciniamo? Ma veramente non c'è molta roba in frigo e poi...»
«Avevi detto qualsiasi cosa»
«Si, ma...oh, d' accordo, hai ragione, che sarà mai se ci sporchiamo un po! Che cosa vuoi cucinare?»
«Una torta!»
«Una torta, perfetto! Vedrai che verrà bene, siamo una bella squadra io e te»
«No deve cucinare anche lui.»
Sherlock neanche la guardò, tanto poco degna di considerazione era la sua affermazione per lui.
«Non credo sappia cucinare, tesoro...magari dopo glie la facciamo assaggiare, che ne dici?»
«No, no, no! Anche lui!» e ricominciò a frignare, questa volta più forte.
John alzò gli occhi al cielo e quasi pensò di aver fatto male ad offrirsi volontario.
Guardò Sherlock, come solo loro sapevano guardarsi, in uno sguardo che era un' intera conversazione.
«Ti prego»
«No»
«Per favore, fallo per me...»
«Oah, se la metti su questo piano...»

Fu la volta del detecitve di alzare gli occhi al cielo e John seppe che era un si, uno di quei si impliciti che riusciva a strappargli solo da quando erano più di due semplici coinquilini.
«Va bene, ci aiuterà anche Sherlock, sei contenta?»
«Siiiiii!!»
Alla bambina brillavano gli occhi, chissà perchè trovava così interessante il nostro detective.
Frugarono un po' tra le dispenze -facendo credere a Lucy che le dita che aveva trovato nel barattolo con scritto "zucchero" non erano altro che decorazioni di Halloween che avevano dimenticato di togliere- e trovarono l' occorrente per una ciambella all' uvetta, ricetta che John conosceva a memoria e che gli provocava un po' di nostalgia dell' infanzia passata con Harry nella campagna londinese.
«Allora, per prima cosa la farina. Mi sembra ce ne vogliano 200 grammi, ma dobbiamo pesarla...»
Solo in quel momento John si rese conto di non avere una bilancia da cucina perchè, effettivamente, non gli era mai servita prima.
«Sherlock, prestami la bilancia da laboratorio che hai rubato al Bart's»
Sherlock lo guardò sconvolto.
«Prima di tutto non l' ho rubata, l' ho presa in prestito su gentile concessione di Molly, e seconda cosa non usarei uno strumento destinato alla scienza per fare una stupida torta»
«Andiamo, Sherlock, devo solo pesare la farina, non gli succederà niente»
«No»
«Bene, se non vuoi darmela tu, me la prenderò da solo.»
Sherlock lo guardò con aria di sfida, pienamente convinto che non l' avrebbe trovata -non ricordava neanche lui dove l' aveva messa- ma non aveva considerato che se quella casa non sembrava invasa dai barbari era solo perchè John metteva in ordine. Non riuscì a trattenere un' espressione stupita quando la tirò fuori da un mobile in legno e la poggiò accanto al saccetto dell' uvetta.
John prese la busta della farina e cominciò a versarne il contenuto sul piatto della bilancia, ma Sherlock non poteva certo darsi per vinto così. Allungò una mano nel tentativo di precedere il dottore e sfilargli il sacchetto, con il risultato che lo urtò facendo esplodere una pioggia di farina sulle loro facce e i loro vestiti.
John si scrollò via la farina dagl' occhi con una lentezza furiobonda, riemergendo con un' espressione collerica dalla sua mano, anch' essa ormai bianca -come i suoi capelli e il suo maglione, del resto.
Guardò il compagno severo, per lunghi attimi, poi fu distratto da qualcosa: la risata gioiale e divertita della bambina.
Lucy, in piedi su una sedia tra i due, si era goduta tutta la scena, esilarata dal rapporto tra il detective e il dottore, tanto che non si era neanche accorta di avere le codine piene di farina.
Anche John rise, intenerito da come la bambina si copriva la bocca con le manine mentre rideva, e solo allora si accorse di quanto Sherlock fosse carino sporco di farina.
Gli scompigliò i riccioli neri che gli erano ricaduti sulla fronte, nel tentativo di liberarli dal bianco, sorridendo innamorato.
«Sei un vero disastro, Sherlock Holmes»
«È per questo che sto con te, John Watson».
Lucy era estasiata: adorava vedere persone innamorate e non era per niente sconvolta dal fatto che fossero dello stesso sesso, sua madre era passata all' omosessualità poco dopo la sua nascita e aveva tutti amici gay.

Fecero l' impasto e fu il momento di versare dento l' uvetta.
«La metto io» disse subito Sherlock.
Lucy lo guardò contrariata.
«No! La voglio mettere io»
«Non credo proprio, bambina»
«E invece si»
«Questa è la mia uvetta e decido io.»
Sherlock aveva uno sguardo di ghiaccio affilato negl' occhi che si riflettè su quello strafottente della bambina per diversi attimi, finchè urlarono all' unisono.
«John!»
Si stupirono entrambi di aver pensato la stesssa cosa, ovvero al dottore come un giudice a proprio favore.
«Credi davvero che dará ragione a te?» cominció la sua arringa Sherlock
«Certo, mi sembra ovvio» ribattè presuntuosa e improvvisamente sicura di se la bambina
«Spero tu stia scherzando perchè se davvero le tue capacità deduttive sono così scadenti dovresti iniziare a cercare una scuola più adatta a te, tipo una di quelle che ha frequentato Anderson. Forse non l'avrai notato ma io e John abbiamo una relazione stabile, lui è legato sentimentalmente a me, potrei anche dire che mi ama, e tu invece chi sei, la figlia dell' ennesima futura ex della sorella con cui si parla appena?»
«Avrai anche ragione ma John non mi contraddirebbe mai. Non vogliamo mica che sta sera io torni a casa triste e dica a zia Harry che John mi ha fatto piangere per accontentare il suo fidanzatino?»
«Ti sei giocata una bella carta, ma io ho ancora un asso nella manica che tu non solo non puoi dargli, ma sei anche troppo piccola per conoscere. Effettivamente non ce l'ho proprio nella manica...»
«Sherlock!»
John era sconvolto, non sapeva se piú per il fatto che Sherlock usasse la loro attività sessuale come arma di rivalsa su una bambina di cinque anni o per l'improvvisa metamorfosi di Lucy da " dolci e ingenui occhioni" a "lingua lunga e cervello fino".
«Adesso basta, smettetela. Tieni Lucy, metti pure l' uvetta.»
Sherlock si lasciò sfuggire un' espressione incredibilmente sorpresa, dischiudendo le labbra e spalancando gli occhi, prima di cimentarsi nello sguardo piú furioso e vendicativo che fosse capace di fare. Ed era molto capace. Serró la mascella e tiró le labbra in un' espressione collerica, riducendo gli occhi a una fessura azzurra circondata da piccole rughe d' espressione che rendevano ancora meglio l' idea di un personaggio dei fumetti arrabiato. John riusciva quasi a sentirlo mentre lo minacciava mentalmente di fargli trovare nel letto varie parti anatomiche che non comprendessero il suo "asso nella manica". Ma non si preoccupó, perchè non aveva ancora finito la frase:
«Sherlock metterá lo zucchero a velo».
Lucy lo fulminó come solo una donna che si sente tradita sa fare -lo sanno tutti che mettere lo zucchero a velo è la parte più bella del fare una torta!- ma John neanche lo notò, impegnato com' era a cercare di non ridere dello sguardo soddisfatto e riconoscente del detective. Quella sera avrebe avuto una lauda ricompensa per quella piccola vittoria, ne era certo.

Misero la torta in forno e si ripulirono un po', lasciando però la cucina nel caos piú totale -John sperò di intenerire la signora Huddson con la storia della bambina da guardare, così che avesse messo in ordine lei.
Il dottore si buttò sul divano, sperando che Lucy fosse stanca quanto lui e che si accontentasse di guardare la tv. Oviamente non era così.
«Adesso che facciamo?»
Sembrava anzi più euforica di prima.
«Che ne dici se guardiamo un po' di tv? Magari trasmettono i cartoni animati!»
«Noioso!»
No, ti prego anche tu no, pensò John.
La bambina cominciò a saltellare un po' intorno al dottore e a tirargli la gamba dei pantaloni per convinverlo ad alzarsi, ma quando capì che non avrebbe ottenuto nulla, rinunciò.
Allora si avvicinò vaga a Sherlock, che stava cercando in un libro di chimica un indizio per la soluzione del caso a cui stava lavorando.
«Che fai?»
La voce squillante della bambina lo distrasse -e questo lo infastidì non poco- ma non rispose comunque.
Lucy lo guardò accigliata e gli scosse un braccio con la manina. Come si permetteva di non risponderle?
«Tanto non capiresti» sentenziò Sherlock, senza togliere lo suardo dal libro ne perdere il filo dei suoi pensieri.
Lucy sembrò incredibilmente offesa.
«Guarda che io l' anno prossimo farò la prima elementare, sono grande ormai. E poi le mie maestre dell' asilo hanno detto alla mia mamma che io sono molto intelligente.»
Sherlock spostò gli occhi dal tomo di chimica per puntarli su di lei con aria di sfida.
Le avrebbe fatto notare che era semplicemente ridicolo che delle maestre prescolari fossero in grado di valutare l'intelligenza di un individuo senza gli accurati test e che in quel caso avrebbero rivelato quanto infinitamente inferiore fosse il suo cervello a paragone del proprio, se non fosse stato che non la riteneva degna delle sue parole e del tempo che avrebbe sprecato a pronunciarle. Si limitó a rivolgere uno sguardo di sufficienza, poi tornó al suo libro. Ma la bambina non era molto diversa dal detective, infatti non si diede per vinta.
«Dai, dimmelo! Dimmelo!»
Sherlock pensó che non c'era modo migliore di lasciare che si rendesse conto da sola della sua inferiorità.
«Sto cercando di capire quale tipo di reazione chimica è stata scatenata da un parassita della terra nel corpo del ladro di vasi antichi quando il suo aggressore lo ha fatto cadere facendogliene mangiare una discreta quantitá per ottenere un vantaggio in termini di tempo mentre poi lo strangolava brutalmente con la busta della spesa del supermercato dove andava la madre.»
Se non fosse stato troppo stanco per ascoltare le sue parole, John l' avrebbe rimproverato severamente per aver detto delle cose così terribili a una bambima di cinque anni. Ma Lucy non sembrava affatto sconvolta.
«Che schifo. C' è un bambino, cinese, che mangia sempre la terra ai giardinetti. La sua mamma lo rimprovera sempre, o almeno credo, urla sempre parole che sembrano inventate.»
Quelle parole fecero scattare qualcosa nella testa di Sherlock che per qualche momento -secondi, minuti? Non si sapeva mai quanto durasse il suo Mind Palace- rimase con la bocca semi aperta e gli occhi che si muovevano nel vuoto su tanti immaginari diagrammi. Lucy trovò che era molto carino con quell' espressione e lo guardó per qualche istante, ma poi inizió a chiedersi perchè si fosse pietrificato cosí, forse davvero preoccupata.
«Hey? Hey tu! Ascoltami! Non puoi ignorarmi così, ascoltami ti ho detto!»
No, pensandoci bene era solo curiosa.
«Ma certo!» esclamó all' improvviso facendo sussultare la bambina «ero fuori strada, non è stato un parassita della terra a scatenare quella reazione, ma un' altra sostanza: la melamina! Il soggetto doveva esserne allergico(*) e quando ha ingerito la terra su cui si doveva essere stato versato il latte cinese dal biberon di qualche bambino ha avuto una reazione così potente che non è riuscito a difendersi mentre veniva strangolato! Quindi l' omicidio è avvenuto ai giardinetti pubblici e quindi non puó che essere stato il suo complice che si trovava li per fare il palo!»
Shelock, che stava tranquillamente parlando -delirando?- da solo, era così preso dall' euforia di aver risolto il caso che neanche se ne rese conto quando sollevó la bambina da terra e la fece girare in alto sopra la sua testa.
Dopo un primo momento di sorpresa, Lucy inizió a ridere felice e spensierata, con i capelli che le si scomponevano per il movimento rotatorio.
Se John, che si era quasi subito addormentato sul divano, si fosse svegliato in quel momento e avesse visto la scena, probabilmente avrebbe creduto di stare ancora sognando. Sherlock, messa giù la piccola, andó da lui esultante.
«John!»
«Mmh»
«John, svegliati, il sonno non puó essere piú inutile che in queto momento: ho risolto il caso!»
«Bravo, Sherlock. Adesso lasciami dormire che domani ho da fare con la bambina...»
Solo in quel momento il dottore si accorse che, non solo non si trovava nel suo letto e non era mattina troppo presto, come invece credeva, ma aveva lasciato Lucy da sola, o peggio, nelle mani di Sherlock.
«Sherlock! Che cosa le hai fatto?» chiese, alzandosi di scatto e cercando la bambina con gli occhi
«A chi?»
«Come a chi?! A Lucy!»
Sherlock non rispose e tanto bastò per allarmare John, che aveva cominciato a cercare la bambina per tutta la stanza.
«Sherlock, ti prego, dimmi che non l' hai usata per uno dei tuoi esperimenti.»
Il detective buttó gli occhi al cielo, annoiato da quel tono inquisitorio e preoccupato e nella mente del medico si figuró chiaramente l' immagine terribile della bambina e di un frustino.
«Lucy!» cominciò a chiamare, spaventato.
Ma la bambina, che aveva sentito tutta la scena e aveva trovato divertente esserne la protagonista, riemerse dal suo nascondiglio
sotto il tavolo della cucina con nonchalnance e tranquillitá.
«Eccomi, John. Stavo solo controllando la torta, credo sia pronta per essere sfornata.»
Il medico la bació sulla testa e non resistette al chiederle:
«Tutto bene...con Sherlock?»
«Si si, mi ha anche fatto volare!» rispose la piccola sorridendo gioiale e John non poté fare a meno di sentirsi in colpa per la scarsa fiducia che aveva riposto nel compagno, sopratutto sotto al suo sguardo ironico.

Tirarono fuori la torta dal forno, Sherlock ci mise sopra lo zucchero a velo -sotto gli occhi furibondi e invidiosi di Lucy e quelli innamorati del suo sorriso infantile di John- e si trovarono di nuovo senza niente da fare e con un bambina capricciosa che non aveva nessuna intenzione di starsene buona a fare niente.
Dopo diverse proposte poco fattibili, come quella di truccare Sherlock con i trucchi che aveva nella borsetta di Hello Kitty -John dovette pestare il piede al suo ragazzo per non fargli dire qualcosa di estremamente indelicato su quanto lui fosse diverso dagli amici di sua madre- Lucy se ne uscì con un "Andiamo al parco!" che il suo babysitter improvvisato trovò un' ottima idea.
«Tu vieni, Sherlock?»
«No, trovo estremamente fastidiosi i luoghi pubblici rumorosi e batterici, così come trovo fasidiosi i bambini in generale, in particolare quest-»
«Ok, ho capito» lo interruppe prima che potesse diventare offensivo «ma non farlo per me, fallo per il caso. Non hai ancora chiamato Lestrade per dirgli che l' hai risolto, hai la possibitá di verificare con i tuoi occhi quello che hai detto senza l' intralcio di Anderson e tutta la squadra.»
Sherlock sembró rifletterci sopra qualche secondo, poi si alzó e si infiló il cappotto.
«Per il caso» sottolineó al sorriso sornione sul viso del medico.

Effettivamente i giardinetti pubblici erano rumorsi e pieni di bambini che sbavano, versavano bevande appiccicose, si rotolavano per terra, ma almeno Lucy aveva trovato un' amichetta con cui fingere di prendere il thè e Sherlock, dopo aver esaminato il recinto della sabbia armato di lente d' ingrandimento ed essere stato guardato male da buona parte delle mamme, intente a dire ai figli "stai lontano da quel signore che parla da solo", si era seduto sulla panchina accanto al compagno, troppo entusiasta di aver risolto il caso per comportarsi male.
La mamma single dell' amichetta di Lucy lanciava a John sguardi allusivi e insistenti da prima che lui se ne accorgesse e, dopo averle sorriso un paio di volte, fu tentato di alzarsi e andare a parlare con lei.
«Non ci provare» fu il commento -o ammonimento?- di Sherlock, senza staccare gli occhi dal cellulare o smettere di digitare, quando l' altro non aveva ancora mosso un muscolo.
Non voleva darlo a vedere, il detective, ma era terribilmente geloso. John sorrise, guardandolo, e pensó che a volte gli mancava piacere alle donne, ma che in realtá l' unico a cui voleva piacere, era lui.
Ad eccezione di questo, tutto proseguì nella più perfetta tranquillità -o noia, dipende dai punti di vista-, finchè entrambi non notarono Lucy, in un gruppo di altri bambini e bambine, essere sul punto di scoppiare in lacrime. Aveva il labbro inferiore sporto, le guancie tutte rosse e gli occhi traboccanti. I due si guardarono a vicenda, indecisi sul dafarsi. Poi, con estrema sorpresa del dottore, il nostro sociopatico preferito si alzò dalla panchina.
«Ci penso io» disse solamente, e si avviò verso i bambini con l' aria di un cavaliere errante che va a salvare la sua donzella.
Con il suo udito sopraffino potè udire la conversazione tra i piccoli gnomi cattivi anche diversi passi prima.
«Tu non ce l' hai un papá, ah ah!»
«La mia mamma dice che non importa, lei mi fa da mamma e da papá»
«No, non è vero non puó farlo. Un papá deve essere forte, e tu non ce l' hai! Chi ti difenderá se io faccio questo?»
Il detective vide chiaramente le mani del bambino protendersi in avanti per assestare una potente spinta alla piccola, la quale, con un' espressione dispiaciuta e sorpesa, perdette l' equilibrio e avrebbe rischiato di sporcarsi tutta nella sabbia, se Sherlock non l' avesse afferrata in tempo, un attimo prima di sfiorare terra.
L' uomo moro alto alto e con gl' occhi che facevano tanta paura (così lo aveva descritto poi il bambino alla sua mamma) si chinò sul piccolo scrutandolo intensamente.
«Chi cavolo sei tu?» si mise sulla difensiva il bambino
«Sherlock Holmes, consulente investigativo» rispose il detective come stesse parlando al suo banchiere
«Io sono Ben» si addolcì un po' l' ometto
«Non mi interessa affatto. Quello che mi interessa e cercare la logica pressochè inesistente nel tuo ragionamento secondo il quale ti sei sentito autorizzato a spingere questa bambina»
«Lei...lei non ha un papá, ecco»
«E questo ti fa sentire al sicuro nel maltrattarla?»
«Bhe...nessuno, nessuno può difenderla! Il mio papá dice sempre che se qualcuno mi fa male gli rompe la faccia a quel mammalucco»
«Davvero pensi che nessuno possa proteggerla? Lo vedi quel signore la, seduto sulla panchina? Lui è un grande amico di Lucy, ed è un soldato. É stato in guerra ed ha ucciso persone. Gli basterrbbe muovere una mano per spezzare un braccio al tuo papá e, guarda un po', è esattamente quello che fa a chi disturba Lucy. Quindi ora io dovrei andare da lui a riferirgli che tu hai pensato tranquillamente di infastidirla, visto che tanto ritieni che nessuno sará in grado di proteggerla. Sono sicuro che avrá da ridire in merito.»
Il bambino lo guardò immobile per qualche secondo, con una nota evidente di terrorre negl' occhi e l' espressione più triste che si possa avere, poi scoppio in un rumoroso pianto e corse via alla cieca in cerca della mamma.
Sherlock tornó in posizione eretta e si stirò i vestiti con le mani, con una faccia estremamente soddisfatta, neanche avesse risolto un caso di livello 8.
Lucy lo guardó come non aveva mai guardato nessuno e come lui non era mai stato guardato da nessuno (bhe, forse John si): un sorriso luminoso le attraversava tutto il viso, fino alle guancie diventate rosse, e gli occhi erano quasi lucidi per quanto li teneva spalancati e fissi sul detective, come se non avesse mai più voluto smettere di guardarlo. A quanto pareva, Shrerlock Holmes aveva una nuova, piccola ammiratrice.

Tornati a casa, dopo un percorso in cui John si chiese ripetutamente perchè la bambina insistette tanto a voler tenere per mano il detective, ma non si chiese perchè questo rifiutó sitematicamente, il dottore pensó che sarebbe stato il caso di preparare qualcosa di sano da farle mangiare, approfittandone anche per ingerire cibo che non provenisse dal ristorante cinese all' angolo dove ordinavano ogni giorno da una settimana. Poi si ricordò di non avere assolutamente niente in frigo -o per lo meno, niente di commestibile- quindi ordinò la pizza.
Dopo cena John si preparò mentalmente alla guerra fredda che avrebbe dovuto affontare per riuscure a metterla a letto, ma invece Lucy si accoccolò comodamente sul divano, guardó un po' di cartoni animati e quando il dottore, al primo accenno di sbadiglio, le propose di andare a dormire nella sua ex camera (a lui non serviva piú da diverso tempo), si alzò semplicemente e andó in bagno a infilarsi il pigiama, con immensa soddisfazione e felicitá del suo baby-sitter.

John le lesse una favola dal suo portatile -dubitava fortemente che in mezzo a qui tomi di chimica ci fosse qualche libro dei fratelli Grimm o di Collodi- e quando arrivò al vissero felici e contenti posò un laggero bacio sulla testa bionda della piccola e le auguró la buonanotte.
«Aspetta» lo richiamò Lucy, mentre si alzava
«Che c' è, tesoro?»
«Anche Sherlock deve darmi la buonanotte.»
John le sorrise, intenerito dall' empatia che quella piccola peste con gl' occhi verdi era riuscita a trovare con Sherlock, nonostante la sua diffidenza. Un po' gli ricordava se stesso.
Non dovette sgolarsi a chiamarlo come al solito, perchè il detective si era goduto tutta la scena, buona parte della favola compresa, appoggiato allo stipide della porta.
Aveva trovato incredibile, stupefacente, il modo in cui John riusciva a rapportarsi a quella bambina, nonostante non avesse nessun apparente legame con lei. Senza dubbio il dottore era meno intelligente di lui e quindi molto meno capace in svariate cose, ma ce n' erano altre, invece, in cui riusciva perfettamente e in cui invece Sherlock non avrebbe saputo dove mettere le mani. Una di quelle era fare il papá.
«Che cosa ci fai qui?» gli chiese il dottore quando lo notò, sobbalzando appena
«Volevo chiederti una cosa» mentì «ma stavi parlando e tu dici sempre che non dovrei interrompere le persone mentre parlano»
«Bene, vedo che allora ascolti qualcosa di quello che dico. Vieni qui, ora, Lucy vuole che tu le dia la buonanotte»
«Buonanotte»
«Sherlock, potresti anche sforzarti un po' di più»
«Tipo?»
«Potresti darmi un bacino!» intervenì la piccola.
John la trovó incredibilmente tenera, Sherlock disgustosa.
«Non ci penso proprio» fu la risposta immediata del detective.
John lo fulminò con gl' occhi, dando vita a un altro di quei sguardi che per loro, non si sa come, erano conversazioni intere.

«Avanti, fallo»
«Assolutamemte no»
«Ci rimarrá male se non lo fai, e anche io»
«Non mi interessa minimamente»
«Dovrebbe, invece, perchè quando io sono deluso tendo a tenermi addosso le mutande per molto, molto tempo»
«Sei un ricattatore degno di Moriarty».

Sherlock sbuffó pesantemente, sotto gli occhi sorridenti di John e si avvicinò al letto. Guardó il suo dottore, sperando ancora che lo assolvesse da quello scomodo compito, ma lui lo incitó a continuare con un gesto della mano.
Sbuffando ancora si piegò sulla bambina giá arrossita, con le labbra sporte, e lasció un silenzioso e appenna accenato tocco sulla sua fronte. John quasi si sciolse di fronte a quella scena.
Nel risollevarsi il detective si sentì afferrare il colletto della camicia dalle piccole mani di Lucy, che lo tiró finchè non ebbe la bocca abbastanza vicina al suo orecchio.
«Hai degli occhi bellissimi» sussurrò a quel punto.
Sherlock sorrise, sorpreso e inconsciamente lusingato.
«Me lo dice sempre anche qualcun' altro» rispose, guardando il suo coinquilino che non capì cosa era appena successo.
Qualche ora dopo, John era giá a letto, leggendo un libro con la sola luce dell' abatjour e aspettando il suo compagno, quando Sherlock si infilò nel letto, nudo come al solito, dicendo qualcosa che lo stupì non poco.
«Forse i bambini non sono così male.»
John chiuse il libro e lo guardó.
«Davvero? Non dirmi chè stata Lucy a farti cambiare idea, hai detto che è un piccolo mostro»
«Si, infatti. Dico solo che se ti piace il genere può diventare apprezabile.»
Sherlck si allungó sopra al dottore per spegnere la lampada sopra al suo comodino, noncurante del fatto che volesse ancora leggere, e si girò di lato per evitare di vedere il sorriso sornione sulla faccia del suo compagno di letto.

Dopo quella sera, con estrema delusione di Sherlock che sperava davvero che il suo spirito d' osservazione fosse migliorato, John ci mise ben tre giorni a notare i documenti di richiesta d' adozione che il detective aveva volutamente lasciato sul tavolo.









Note: (*)In realtá non sono mai stati segnalati casi di allergia alla melamina, sostanza trovata qualche tempo fa nel latte in polvere cinese, ma ho corso un po' con la fantasia.
   
 
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