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Autore: IosonoOmbra    29/06/2012    4 recensioni
Loki è mandato sulla terra per scontare la sua pena.. ma qualcosa di strano comincia a tormentare il dio. Qualcosa che viene dal passato e giura vendetta, una vendetta crudele nata da un amore malato.. il dio delle malefatte sarà messo alla prova ancora una volta.
Genere: Commedia, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il legittimo re di Asgard

Cavalcavamo le nubi come dei veri dei, quasi come nelle più fervide fantasie mitologiche che ci riguardavano, nelle tradizioni midgardiane. Ma il mio cuore non era sgombro come avrebbe dovuto essere quello del nobile dio dei fulmini, e mentre Heimdall ci guidava con la sua vista, e noi solcavamo i cieli alla ricerca della diabolica strega, sfuggita anche alla morte, non potevo fare altro che essere tormentato dai ricordi.
Mi maledivo, ricordando come non avessi compreso la gravità dell’amore di mio fratello per quella donna, quanto fosse pericolosa e contorta la mente di Gullveig e i suoi propositi, e infine, mi vergognavo di aver promesso a Loki qualcosa che ancora una volta non ero riuscito a mantenere: che fosse al sicuro.
Gli ordini di Odino erano stati chiari. Dovevamo trovare la strega degli Vani e portarla ad Asgard per essere giustiziata. Ma come poteva essere sicuro che un essere talmente ingegnoso da riuscire anche a sfuggire alla morte una volta, non potesse farlo di nuovo? Loki non avrebbe mai permesso che Gullveig fosse portata in catene ad Asgard, e giustiziata di nuovo, se avesse saputo che era ancora viva... ma io non glielo avrei permesso. Non gli avrei permesso di sapere nulla. Avevo già visto la distruzione che quella donna aveva provocato nel suo cuore e nella sua mente, e quando tutto ebbe fine con orrore lo guardai negli occhi e della sua anima vidi soltanto una distesa di sterile cenere. Ogni volta che ricordo lo sguardo spento di mio fratello, e le sue mani tremanti, mi sale una rabbia furiosa, e desidero solo vendetta. Il dio dei fulmini dovrebbe avere cuore fermo, sereno, pieno di giustizia, ma verso quella strega provo solo un bestiale desiderio di vendetta.
“Quando avrò Gullveig tra le mani, le farò pagare tutto quello che ha fatto passare a Loki. Tutto quanto...”
 
Dopo la condanna a morte lui... non si riprese molto facilmente.
La prigionia di Loki nella torre terminò il giorno stesso della condanna di Gullveig, e anche se mio padre avesse deciso di continuare con la sua punizione, io non glielo avrei mai permesso. In effetti non arrivò nessun ordine ufficiale dal padre degli dei, ma fui io stesso a portarlo via, e a dargli le cure necessarie.
Dopo una rapida visita dei dottori di Asgard arrivò la prognosi.
Il corpo di Loki era ridotto in uno stato pietoso. Avevano riscontrato contusioni, ustioni ed emorragie interne; gli ritrovarono anche delle costole rotte, e dei muscoli stirati. Come se non bastasse gli incantesimi alle pareti avevano adempito al loro compito più che egregiamente... da quanto mi spiegarono, il tessuto della sua magia, che collegava l’anima al corpo, si era lacerato durante lo sforzo, e non sapevano se Loki sarebbe mai più stato in grado di esercitare la magia.
Io ascoltavo impietrito quello che mi dissero, ma capii che c’era qualcosa di più, che non avevano voluto dirmi.
“È con il figlio di Odino che state parlando! Ditemi tutto quello che devo sapere, non sono dell’umore giusto per la clemenza, specialmente se si parla della vita di mio fratello.”
Di fronte alla mia esortazione non si fecero pregare due volte.
Avevo ragione, c’era qualcos’altro che li preoccupava.
Il corpo, essendo quello di un abile e giovane mago, si stava rigenerando velocemente, ma non erano sicuri che Loki, in seguito a quello che aveva vissuto, sarebbe stato più lo stesso. Il trauma della morte di Gullveig era stato un colpo troppo forte per la già instabile mente di mio fratello.
Quando chiesi che si spiegassero meglio queste furono le loro esatte parole:
“Mio signore, non vogliamo arrecarvi dolore dicendo quello che stiamo per dirvi, ma essendo la vostra volontà, e non potendo fare altrimenti, temo proprio che le nostre parole appesantiranno il vostro nobile cuore. Il principe Loki... è stato cosciente per tutto il tempo che lo abbiamo visitato, non ci ha rivolto una parola, né uno sguardo, anche quando abbiamo dovuto effettuare controlli piuttosto dolorosi. Quello che voglio dire è che... Loki è cosciente, ma è come se non lo fosse.”
Strinsi i pugni e serrai le mascelle.
“Posso vederlo?”
“Certo, mio signore, ma non credo che riuscirebbe a sentirvi, né tantomeno a vedervi.”
Allo mio sguardo inquieto e interrogativo il dottore con cui stavo parlando rispose:
“Mio signore... può vederlo, se questo è il suo desiderio, e so che quello che sto per dire le procurerà molte sofferenze, ma è mio dovere farle comprendere a pieno la situazione. Loki ormai è... solo un guscio vuoto. Del fratello che ricordava non è rimasto più praticamente niente. Il dolore lo ha annullato, cancellato, distrutto. In effetti, è come se il principe fosse morto.”
Non sopportai oltre quelle parole che per me risuonavano come ignobili menzogne.
Scostai l’orda di dottori, che non avevano neppure il coraggio di incrociare il mio sguardo, ed entrai in camera dove riposava mio fratello.
Il suo corpo giaceva su un lettino bianco. Loki era ricoperto da una specie di velo di energia opaco, sostenuto da alcuni macchinari sulla testata del letto che sembravano registrare le funzioni vitali di mio fratello.
Il mio sguardo cupo volava sopra il suo corpo, soffermandosi sulle enormi macchie livide che gli ricoprivano il petto, e il costato bianco. Quando alla fine mi avvicinai abbastanza per vedergli il viso un terrore insensato mi attanagliò il cuore, e mi immobilizzai.
Loki giaceva completamente immobile, la testa abbandonata leggermente di lato, gli occhi aperti. Faceva respiri corti e veloci: stava soffrendo. Mi avvicinai a passi frenetici verso di lui, e lo chiamai, ma non ottenni nessun movimento o risposta.
“Loki... Loki...”
Gli presi il viso tra le mani, sperando solo che questo mio gesto sconsiderato non gli provocasse dolore, ma anche se lo avesse fatto, non lo diede a vedere. Gli girai il volto in modo che potesse vedermi, e quando lo guardai negli occhi la sensazione che provai mi fece morire di paura.
Mi allontanai da lui come se il suo corpo fosse fatto di fuoco, indietreggiando, ma non potendo in alcun modo distogliere lo sguardo da lui. La sensazione che mi aveva attraversato il corpo era, semplicemente, che Loki non c’era più. Lo avevo toccato, guardato negli occhi, e attraverso quelle iridi, smeraldini e bellissimi come sempre, non avevo visto altro che due pozzi profondi e bui, e un vuoto infinitamente spaventoso. Se Loki era ancora lì dentro, dentro quel labirinto di disperazione, doveva essersi perso, e forse neppure io sarei mai riuscito a tirarlo fuori da quell’inferno.
Quel giorno scappai dalla sua stanza, e il potente Thor il giorno dopo non riuscì a trovare il coraggio per tornare a far visita a suo fratello, né quello dopo, né quello dopo ancora...
 
Trascorsero mesi.
Il corpo di Loki si era rigenerato alla perfezione, le ossa erano guarite, e le emorragie erano state riassorbite. La sua pelle era tornata di quel candore perlaceo e rassicurante che aveva sempre avuto. Anche la trama della sua magia era guarita “miracolosamente”, a sentire i dottori, ma lo stesso non si poteva dire della sua mente. Loki restava immerso nel suo inferno personale, senza che un solo dolore trapelasse dalla sua maschera di impassibile sofferenza. Passavo tutti i miei momenti liberi insieme a lui. Mi ero fatto preparare anche un letto, a fianco di quello di mio fratello, perché volevo che sapesse che c’ero. La sensazione di perderlo non mi abbandonò un istante, e la mia impotenza, la consapevolezza di non poterlo aiutare in alcun modo, mi faceva impazzire.
Poi una notte mi svegliai di soprassalto, un sudore freddo mi imperlava il viso, e con sguardo febbrile guardai al giaciglio di mio fratello.
Mi accorsi con orrore che Loki era scomparso.
Quella notte la luna splendeva enorme sulla città di Asgard, occupando un quarto della volta celeste, perciò il palazzo era illuminato quasi a giorno da quella strana luce trasognante.
Sentii qualcosa bisbigliarmi all’orecchio, voci che sussurravano ansiose cose che non riuscivo a comprendere. Corsi attraverso il castello, la mia mente attanagliata dal terrore. Non sapevo in effetti a cosa stessi andando in contro, ma un’orribile sensazione sembrava raggelare l’aria attorno a me. Mi inoltrai nel cuore del palazzo, chiamando mio fratello a gran voce, ma nessuno sembrò essere disturbato dalle mie urla.
Sentivo quei bisbigli dentro la mia testa, ed ebbi la sensazione che mi stessero indicando la strada. Infatti, senza sapere neppure il perché, mi inoltrai nel cuore del castello, dove la luce filtrava con più difficoltà, e la notte riacquistava il proprio regno.
Il buio mi avvolse e i sussurri cessarono. Io mi fermai e ricominciai a chiamare Loki, questa volta senza urlare come un soldato in battaglia.
Lo bisbigliai più volte, sperando solo che qualche strana magia mi portasse da lui, mai avrei pensato di fare affidamento su gli stessi trucchi che utilizzava mio fratello.
Poi qualcosa di strano attirò la mia attenzione, una luce azzurra che si trovava in fondo al corridoio e pulsava esattamente come farebbe un cuore. Mi sembrò di sentire anche della musica, ma fu una sensazione così labile, che mi convinsi che fosse soltanto la mia immaginazione. Seguii la luce che proseguì attraverso altre stanze, fino ad arrivare nel grande ambiente che erano i bagni del palazzo. La fiaccola azzurra era sparita, ma grazie all’enorme volta di cristallo che si apriva sul soffitto la luce che proveniva dall’esterno illuminava ogni cosa. La stanza principale in cui mi trovavo era la più grande e aveva al suo centro una piscina ovale e allungata, decorata di mosaici antichi e preziosi. Le acque calde che uscivano dai rubinetti d’argento, e che si riversavano nella vasca, rilasciavano dense nubi di vapore.
Quando vidi Loki camminare a passi leggeri, immerso nell’acqua fino alla vita sottile, mi pietrificai. I lunghi capelli neri, cresciuti durante i mesi di incoscienza, erano sparpagliati d’avanti al viso, e riuscivano, in un modo che non avrei creduto possibile, ad affilare ancora di più il profilo del suo viso, e ad accentuare la sua bellezza. I lineamenti erano morbidi e crudeli, preziosi come il quelli di un diamante, e la pelle bianca risaltava ancora di più, al chiarore lunare. Le vesti bagnate, color porpora, gli aderivano al corpo in pesanti e teatrali drappeggi, che gli scoprivano il petto e gli aderivano ai muscoli. La cosa che mi colpì, quando lo vidi, non fu che Loki ora si muoveva, e sembrava, almeno apparentemente, cosciente, ma la sensazione che la sua sola vista mi scatenò nel cuore.
Loki sembrava essere ammantato da un’aura di maestosa e imponente regalità. Mi mancò il respiro, la testa aveva forti capogiri, e per un attimo ebbi la sensazione di trovarmi di fronte al legittimo e indiscusso re di Asgard. Un re che però non aveva lo stesso ruolo del padre degli dei, Odino, saggio e forte uomo di sapienza, ma quello di un silenzioso e potente sovrano, che proteggeva in segreto tutto il regno e tutti coloro che lo abitavano. Un re che non aveva mai ricevuto alcun ringraziamento, ma solo ingiurie, per il bene che aveva fatto. Un re silente, nascosto nella notte, bello come una naiade. Un re orgoglioso, diabolico, ma intelligente e con un cuore tanto grande da poter contenere il cielo e gli astri tutti. Un re senza il quale Asgard cadrebbe il giorno stesso della sua dipartita. Mi ritrovai a contemplarlo in silenzio, senza che riuscissi a muovere un muscolo, sommerso dalla gioia di vederlo in piedi, e dal timore referenziale che si riserva ad esseri superiori ed ultraterreni. Quando però attraverso la nebbia intravidi il contorno di un’altra figura, tornai bruscamente alla realtà.
“LOKI!”
La mia voce echeggiò attraverso l’enorme sala, rimbombando a causa della cupola. L’essere gli si avvicinò, e gli accarezzò una guancia bisbigliandogli parole nell’orecchio. Lo sguardo di mio fratello era più cosciente ora, ma sembrava come in uno stato di trans, e io ebbi paura di perderlo di nuovo. Dovevo tirarlo fuori da quel pozzo di incoscienza prima che vi ricadesse. Dovevo salvarlo. Scesi nella vasca e mi avvicinai velocemente a Loki e alla strana figura. Ma come arrivai a pochi passi da mio fratello, quello che avrei giurato essere una persona nascosta dai vapori si dissolse rivelandosi soltanto ombre di nebbia.
Presi per le spalle Loki e lo scrollai, già vedevo il suo sguardo tornare vacuo e silente, e un orribile presentimento pervase il mio cuore.
Gli mollai un manrovescio così forte che Loki crollò in acqua come un fantoccio inanimato. Quando lo ritirai su Loki mi guardò con uno sguardo pieni di ira e di sorpresa. Si liberò bruscamente da me, mi guardò, e con voce stizzita e scandalizzata disse:
“COSA SEI, IDIOTA?! VOLEVI STACCARMI LA TESTA CON QUEL COLPO, THOR?!”
La gola mi si annodò, e una sensazione di pace mi si sciolse nel petto come un caldo abbraccio.
Loki era tornato.
Loki era tornato!
Loki incrociò le braccia, si ricompose, quasi non badando ai capelli neri che gli ricadevano d’avanti al viso, e mi chiese con voce incerta e velatamente confusa:
“Perché stai sorridendo come un ebete? E perché siamo dentro i bagni? Cosa diavolo è successo, non ricordo niente che...”
Non gli lasciai il tempo di finire che lo abbracciai, senza avere parole da sprecare inutilmente. Lo strinsi così forte che Loki ansimò, e mi insultò pesantemente, come faceva sempre. Da piccolo gli piacevano i miei abbracci, credo che si sentisse al sicuro dentro le mie braccia, ma oggi non fa altro che riempirmi di ingiurie quando lo faccio... credo sia dipeso dal prepotente orgoglio che nutre nel petto.
Alla fine la smise di lottare, sapeva che era inutile, e borbottò:
“Sei davvero stupido, fratello.”
Intrecciò le dita nel mio mantello, e quel gesto innocente mi fece annodare la gola di commozione.
“Non sai quanto sono felice di sentirtelo dire... Loki.”
“Ti piace essere insultato da me?”
“Mi piace il suono della tua voce.”
“Non mi stancherò mai di ripeterlo: se uno stupido, Thor.”
“E io non mi stancherò mai di sentirtelo dire.”
 
Loki in seguito a quell’accadimento non ricordò nulla, e per me fu un vero sollievo scoprire che, dal tradimento di Gullveig, di tutta quella storia aveva soltanto un’orribile sensazione, e null’altro. La sua fama di conoscenza e di verità, che lo aveva sempre caratterizzato, lo portò a fare delle ricerche, a chiedere alla servitù, e al popolo di Gullveig, che gli spiegassero cosa fosse successo. Ma, conoscendo mio fratello, avevo già previsto una situazione del genere, e  avevo organizzato tutte le disposizioni del caso. Nessuno ad Asgard avrebbe mai dovuto dire a Loki quello che era successo, e nessuno infatti glielo disse. Lentamente, e con il tempo la sua voglia di conoscere si affievolì, e tutto tornò alla normalità. Nei tempi che seguirono continuai a vegliare su Loki da lontano. Spesso mi ritrovavo ad osservarlo per ore, nascosto in libreria, leggere con sguardo perso uno di quei monumentali volumi che divorava come fossero stati la cosa più facile del mondo. Certe volte però alzava gli occhi dalle pagine, il suo sguardo diventava vacuo e mortalmente triste, e a me, con orrore, sembrava che cominciasse a ricordare. Ma era la sensazione di un attimo, poi le pagine lo richiamavano, il suo sguardo si illuminava di quel rapimento che riservava soltanto per i libri, io tiravo un sospiro di sollievo, e quindi me ne andavo.
 
La voce di Heimdall mi riscosse bruscamente dai miei pensieri.
“Ho trovato la strega che cercate. Ma non è sola.”
A quelle parole provai un orrore che nascosi sotto quella che poteva sembrare irrequietezza.
“Chi? Un nemico?!”
“Questo non saprei dirlo, altezza. Ad essere con lei è Loki.”
Il cuore mi si infiammò. Stava per ripetersi quello che era successo quel giorno ad Asgard. E sarebbe stato 100 mila volte peggio. Loki non poteva sopportare... non doveva vedere quella donna! Questa volta non avrei permesso a mio fratello di sprofondare, lo avrei protetto, e avrei ucciso quella donna, quel cancro...
La mia rabbia divenne ceca, e al mio secco ordine, i fedeli guerrieri che mi accompagnavano, precipitarono con me, come stelle cadenti in fiamme, giù verso la terra, dove sarebbero dovuto trovarsi Gullveig e Loki.


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Ero rimasto un attimo sconvolto e interdetto da quella marea di ricordi che avevano violato, così impunemente, la mia memoria addormentata. Dopo la morte di Gullveig tutt’ora non ricordo molto, so che ero in uno stato di incoscienza e che Thor, quello sciocco, mi era rimasto accanto per tutto il tempo. Poi ricordo solo il mal rovescio che mi diede nella stanza dei bagni, e ancora oggi non capisco perché me lo abbia dato, ma immagino non sia così importante.
“Ti ho visto bruciare, spiegami come fai ad essere ancora viva. Spiegami cosa è successo.”
La mia voce non tradiva nulla di quello che provavo. In effetti mi sembrava di essere solo un contenitore vuoto, e neanche la paura aveva intenzione di sfiorarmi da lontano.
La donna mi sorrise e, dopo avermi preso la mano, mi condusse con sé attraverso la stanza.
“Quel giorno... ancora ricordo la tua espressione. Non sai quanto sia stata felice di vedere la disperazione che cresceva nel tuo cuore. Hai allietato gli ultimi istanti della tua vita, cercando di salvarmi in ogni modo. Onestamente credevo non potessi essere così potente, dio delle malefatte, e quando le fiamme si spensero per la terza volta, compresi il tuo vero potere. Ma mi stavi ostacolando, Loki... stavi interferendo ancora una volta con quelli che erano i piani, e non potevo permetterlo. Ho dovuto immolarmi e farmi bruciare. Ho dovuto farlo in nome della guerra.” Si voltò per regalarmi un ghigno, un sorriso molto diverso da quelli che ricordavo eravamo soliti scambiarci.
“I Vani mi avevano ordinato di scatenare una guerra, che però non sembrasse fosse partita da loro. Quando gli asgardiani mi uccisero, il mio popolo ebbe una scusa valida per cominciare quella lunga e sanguinosa guerra che non puoi non ricordare...”
Magari avessi potuto. Quella battaglia fu uno dei più orribili scontri che la storia di Asgard ricordi. Fiumi di sangue si riversarono per le strade e un venefico sentore di morte impregnava i muri delle case, e le vesti della gente. Le forze dei due popoli si eguagliavano. E noi perdevamo tanti uomini quanti ne riuscivamo ad uccidere. Combattei io stesso sulle prime file, assieme a Thor, ma alla fine la forza bruta non servì a mettere fine a quello stillicidio. Organizzammo un tacito e, almeno apparentemente, stabile accordo. La pace era tornata su Asgard, ma a quale prezzo?
“Soltanto per questo lo hai fatto? Solo per la guerra?”
“No, Loki... avrei potuto scatenarla in altri modi. Fu per colpa tua, che decisi di immolarmi. Volevo che nel tuo cuore e nella tua mente, anche quando me ne fossi andata, restassi solo io. Per una strega come me bruciare su un rogo non significa necessariamente cessare di esistere, dovresti saperlo. E a quanto pare la scenografica uscita di stile che ho deciso di fare ha lasciato davvero un segno sulla tua mente. O almeno così mi dice il tuo sguardo.”
Sentii il mio corpo tremare, ma l’emozione che lo provocava ancora non era arrivata al cuore.
“E ora sei tornata per...”
Gullveig si fermò, eravamo arrivati in fondo alla sala. Al muro stava una lastra di metallo che sembrava tranquillamente non terrestre. Si voltò e mi regalò un sorriso radioso, che però non toccò i suoi occhi iridescenti.
“Per vendetta. Sai... potevo anche accettare che tu non mi volessi. Dopo tutti questi secoli, ero quasi arrivata a perdonarti.”
Si morse le labbra, e nel suo sguardo lessi la follia mischiarsi con la rabbia. La voce fu ridotta ad un sussurro sibilante:
“Ma non ti perdonerò di avermi tradito una seconda volta... Non te lo perdonerò... sei stato troppo cattivo.”
“Di cosa stai parlando?” Le mascelle contratte.
Serena mi guardò con occhi spiritati.
“Credevo che nessuno avrebbe mai potuto sostituire Asgard, nel tuo cuore. Ma ora che ti guardo lo vedo fin troppo chiaramente... sono stata sconfitta da tuo fratello, Thor. È riuscito a farti innamorare di lui, più di quanto io sia riuscita a fare. E questa cosa – mi manda – fuori – di testa!”
Mi spinse contro la lastra, con una forza surreale per quella gracile donna. E come seguendo un tacito ordine il pezzo di accaglio mi imprigionò il corpo, impedendomi di fare qualsiasi movimento.
“Sai perché giro con questo corpo insulso? Con il corpo della tua amica? Certo, così potevo starti più vicino, ed è stato un piacere vederti annaspare alla ricerca di una verità che ti sfuggiva tra le dita come acqua di mare, ma ogni incantesimo richiede il suo prezzo. Il mio, per avermi immolato tra le fiamme, è stato che ho dovuto rinunciare al mio corpo, e ora sono ridotta a migrare da un essere all’altro per poter sopravvivere, e perseguire la mia vendetta. Ma questo è un prezzo che pago volentieri, pur di sentire il tuo sangue zampillare, e la tua voce, implorare pietà.”
L’ambiente in cui mi trovavo fu improvvisamente illuminato da una strana fosforescenza delle pareti. Mi guardai attorno, cercando di oppormi ai legami che mi stringevano i polsi, le caviglie e che mi ancoravano a quella lastra di metallo. Ci trovavamo in una specie di santuario. Un tempio di legno abbandonato, e rozzamente decorato dalle alquanto discutibili abilità artistiche dei midgardiani.
La lastra si staccò dalla parete e, galleggiando in aria, si mise in orizzontale.
“Sai, è stato fin troppo facile per me allontanare quello sciocco di tuo fratello. Vuole sempre fare il tuo bene. Ma alla fine questo amore sarà la causa della tua morte. Sai... piccolo Loki, non vedo l’ora di guardare l’espressione che si dipingerà sul suo volto quando gli mostrerò il tuo cuore sanguinante, e il tuo corpo lacero. Addio.”
Mi girò le spalle e si allontanò di qualche passo, canticchiando. Sentivo che dovevo provare terrore, paura, e desiderio di fuggire, ma oltre ad un narcotico senso di arrendevolezza il mio cuore non riusciva che provare un’immotivata sensazione di pace. Come se tutto il dolore si stesse sciogliendo, liberandomi finalmente il respiro, dopo tanti anni di immobilità, o forse era solo che stavo diventando pazzo. Non saprei dire.
“Ah! Quasi dimenticavo, prima che ti apra il petto, eccetera eccetera... voglio fare un ultimo giochetto.”
Dalla manica della sua felpa scivolò fuori un’enorme serpente albino.
Lo avvicinò all’uncino che pendeva dal soffitto e ce lo fece arrampicare, in modo che fosse esattamente sopra il mio viso.
“Sarà divertente vederti gridare ancora una volta, per l’ultima volta.”
La mia lingua argentina riprese vita propria appena vidi il serpente aprire le fauci, dovevo fare qualcosa.
“Gullveig, non sono mai stato il tuo nemico, perché mi devi odiare così tanto?”
Una goccia di veleno gocciolò giù dal serpente, e colpì la lastra di metallo che immediatamente cominciò a sfrigolare e a corrodersi.
“Perché mi hai tradito, e voglio vendetta. Non è abbastanza?”
“Ti sbagli, il mio cuore è sempre stato tuo, perché ti ostini a non credermi?!”
“Mmmmh, vediamo, forse perché sei... il dio delle malefatte e degli inganni?”
“Ti do la mia parola!”
La ragazza rise di gusto.
“La tua parola non vale più della prestazione scadente di una vecchia prostituta in reggicalze, e con la pelle cadente! Non umiliarti più di quanto tu non lo sia ai miei occhi.”
Un’altra goccia di veleno cadde verso di me, colpendomi sullo zigomo. Il dolore fu lo stesso che avrei provato se qualcuno mi avesse toccato con un tizzone di fuoco.
“Gullveig io... io... io ti amo!”
Quelle parole uscirono dalla mia bocca come un accorato richiamo, ma appena le pronunciai fu stranissimo sentire il suono che ebbero con la mia voce. Erano parole che non avevo mai detto a nessuno, e mi bruciavano sulle labbra come se avessi avuto del sale cocente. La mia voce aveva detto raramente anche solo “ti voglio bene”, figurati quindi “ti amo”! Non credo di averlo mai neppure pensato.
Il serpente si fermò, la bocca piena di veleno che stava per versarmi addosso.
Incrociai lo sguardo di Serena che mi fissava fuori di sé.
Per un momento il suo corpo tremò e poi lo vidi accasciarsi a terra. Ma Gullveig non mi fece aspettare molto che un fumo denso e violaceo si alzò da Serena, per poi prendere forma nell’aspetto che ricordavo avesse il mio amore. La strega mi guardò, attraverso quella sua inconsistente essenza, e mi rivolse uno sguardo colmo di una furia inesprimibile, una rabbia atroce e venefica.
Mi mollò uno schiaffo così forte da farmi mancare per un attimo il respiro. Le rivolsi ancora uno sguardo e vidi il suo viso sconvolto da un desiderio folle e da un’ira bestiale.
“Dopo quello che hai detto, meriteresti di essere spellato vivo dalle mie stese mani! Sei più squallido di quello che pensavo. Viscido come un verme, meriti solo la morte che ora ti darò, dio delle malefatte. Schifosa sgualdrina di Asgard...”
Detto questo mi voltò le spalle e si allontanò dal mio sguardo. Il serpente ricominciò a far cadere il suo veleno sul mio viso, e il dolore fu accecante, ma mai quanto quello di essere stato rifiutato, dopo aver detto, per la prima volta da anni, la verità su quello che provavo.

 
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Correvamo veloci attraverso il bosco quando sentimmo la terra tremare. Heimdall era stato ingannato dalle abili doti magiche di Gullveig, e ora dovevamo cercare la strega seguendo il nostro istinto. Io non riuscivo più a controllarmi, e con il mio fedele Mjöllnir abbattevo, furente, gli enormi alberi che mi ostacolavano la strada. Quando sentimmo quel terremoto spaventoso tutti ci fermammo ad ascoltare. I terrestri avrebbero potuto scambiare quel fenomeno per qualcosa di, non dico quotidiano, ma quanto meno, normale. I miei fedeli compagni capirono subito cosa stava succedendo, ma non sentirono quello che sentii io, dietro al boato della terra che si rompeva. Quando tutto quella distruzione cessò mi appoggiai ad un albero, perché sapevo quello che avevano udito le mie orecchie, e per un attimo mi era mancata la terra sotto i piedi. Dietro quel fragore della scossa, avevo riconosciuto con orrore la sua voce, quella che avrei potuto distinguere in mezzo a cento altre ancora. La voce di mio fratello che gridava.
Mio padre aveva ordinato discrezione, ma sapevo che questa caratteristica non mi sarebbe mai appartenuta. Scagliai un fulmine attraverso il bosco, una folgore talmente potente da creare una enorme strada di desolazione, al suo passaggio. I guerrieri non mi dissero nulla, sapevo in quale stato d’animo mi trovavo, e avrei potuto anche distruggere tutta la città, pur di scovare quella donna che odiavo fin dentro il midollo delle mie ossa. Percorremmo veloci quella strada, e intravidi, in cima alla collina una casupola in mezzo ad una radura. Immediatamente sentii che Loki era lì dentro, ma immediatamente sentii anche che la situazione stava diventando sempre più precaria. Un altro terremoto rese instabili i nostri passi, e questa volta la voce di Loki si sollevò anche sopra quel rumore assordante. Mio fratello stava morendo... e lo sentivo come se la sua vita si stesse spegnendo tra le mie dita.



________________note dell'autrice (accaldata)___________________
Rieccomi.. siii.. o forse no... bah.. non so bene cosa sia questo capitolo.. sicuramente di passaggio.. e sicuramente orribile ma già il fatto che siate arrivati fino in fondo alla lettura.. mi riempe di gioia.. *____* grazie mille... e alla prossima miei pochi (ma buoni) lettori!!!!!!!! Bacioni... <3

p.s. chiedo scusa se ci sono più errori (orrori) di grammatica del solito.. ammetto che non sono stata molto tempo sulla correzzione.. ç___ç
p.p.s non so se si è notato ma, sì... sono in crisi per come far terminare la fiction.. non voglio deludervi.. e so già dove voglio andare a parare.. ma.. boh.. vedremo... T__T
p.p.p.s (quanti post scrittum sto lasciando? XD) vi lascio con l'immagine che mi ha ispirata per il personaggio di Gullveig.. così potete vedere come più o meno me la immagino.. :) 


 
(scusate la monumentale dimensione della foto.. -__- questo è il link comunque..-----> 
http://browse.deviantart.com/?qh=§ion=&q=gullveig#/d48rkvq )
Jack
   
 
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