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Autore: Nemsi    30/06/2012    5 recensioni
L’infanzia, il primo bacio, le prime avventure, la prima volta... e anche l’ultima.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Loki, Thor
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Partecipante al primo contest organizzato da The Rainbow Side Of Marvel.

Warning:

Questa sarà una nuova raccolta di one-shot mirate ad analizzare il complesso rapporto tra Thor e Loki.
Non è ancora completa, ergo mi arrogo il diritto di modificare le miei intenzioni in itinere *Nemsi dittatore mode on*
Al momento il rating della storia è verde, ma dal prossimo capitolo lo modificherò in giallo facendolo così crescere di pari passo con i due fratellini. Modificherò anche i generi mano a mano che il loro rapporto si complicherà.
In poche parole, le prime storie saranno diabeticamente fluff, nelle ultime sfogherò la mia inesauribile vena angst.
Siete avvisati =P

 

◄●► First night◄●►

 

Suo Padre stava combattendo contro quei mostri schifosi e cattivi: i Giganti di Ghiaccio.
Suo Padre era il guerriero più forte in assoluto, il più forte di tutta Asgard, e quel giorno lo aveva portato con se per osservare da vicino la sua, no la LORO vittoria.
Era così bello essere lì, con lui ed osservarlo da quell’altura, mentre combatteva nella sua armatura d’oro zecchino, sterminando senza difficoltà quei mostri.
Si, quelli erano mostri.
Non c’erano altri aggettivi per descriverli, ne era certo. E lui per la sua età era molto colto. Anche l’istitutore di suo fratello gli aveva fatto i complimenti, una volta.
Si era distratto un solo momento, per bearsi della propria bravura e qualcosa era cambiato. Ora tutto era strano...
C’era troppo tumulto. Lo stavano accerchiando! E gli altri soldati non se ne erano accorti! Lo stavano per colpire alle spalle! Suo padre non aveva speranze. Ma lui era troppo lontano, troppo piccolo, troppo inutile per poter fare qualcosa.
E allora urlò.
Con tutta la forza che aveva, facendo cono con le mani così da amplificare le sue grida e superare il frastuono della battaglia. Se solo fosse riuscito a distrarli. Si sarebbero rivolti verso di lui, l’avrebbero attaccato di sicuro.
Sarebbe stato pericoloso, ma così suo padre sarebbe stato salvo.
E poi sarebbe arrivato in carica, Gungnir saldamente stretta tra le mani, e l’avrebbe protetto. Si perché lui era il guerriero più forte di tutti i Nove Regni. E sarebbero tornati sani e salvi a palazzo, dove Madre e Thor li avrebbero abbracciati forte forte.
E allora gridava con gli occhi chiusi, a pieni polmoni, fino a che tutto non divenne blu. Quando riaprì gli occhi tutto era blu intorno a lui!
E freddo!
Un freddo terribile che ti gelava le mani e i piedi, la punta del naso e le orecchie, le braccia e le gambe. Ghiacciava fin dentro alla pancia. E faceva male al cuore tanto era pungente.
Non c’era più nessuno. La battaglia era finita. Solo corpi e ghiaccio intorno a lui.
Si portò le mani alla bocca per chiamare suo padre e le vide.
Blu.
E rosso.
Le sue mani blu erano macchiate di sangue.
Sangue caldo contro le sue mani così fredde.
I suoi occhi, rossi come quelli di quei mostri, si sgranarono in preda all’orrore quando videro di chi era il sangue che gli insozzava le gambe.
Suo padre era...
Lui era il mostro.

 ◄●►

 

«Aaaaahhhhh!»
Un urlo nel cuore della notte.
Si risvegliò di colpo, le guance madide di lacrime e moccio, gli occhi spalancati a fissare la placida quiete della sua camera. Era solo un sogno.
Ora lo sapeva, era sveglio. Ma non riusciva a smettere di tremare.
Le immagini di quei mostri crudeli, pronti ad assalire suo padre, il gelo della morte intorno a lui, gli affollavano la mente.
E le sue mani blu grondanti rosso erano il ricordo più vivido e terribile.
Alzò le braccia, allungandole verso i raggi della luna che illuminavano appena il suo letto.
Le sue manine erano normali, rosa, come quelle di tutti i bambini di Asgard. Niente rosso gocciolante, né blu livido.
Il suo cuore però non voleva saperne di calmarsi.
Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra. Era ancora tutto buio, chissà quanto tempo mancava all’alba.
...e chi dormiva più adesso?

 ◄●►

 

Thor stava ronfando beato nel suo grande lettone. Quel giorno l’allenamento era stato davvero massacrante, ma in fin dei conti era normale. Lui era il futuro re, oltre che il fratello maggiore. Era giusto che dovesse prepararsi al meglio per difendere la sua patria dai nemici del Regno. Con la spada e con la dialettica. Anche se lui preferiva nettamente la spada.
Un rumore.
Grungnì qualcosa nel sonno, voltandosi dall’altra parte.
Di nuovo.
Strano. Gli era sembrato di sentirsi chiamare per nome.
Bha! Doveva esserselo immaginato. In fin dei conti era poco più di un sussurro.
Eccolo ancora.
Se era un un sogno era davvero insistente.
Un’altra volta.
Va bene, non poteva essere un sogno. Qualcosa, o meglio qualcuno, lo stava decisamente chiamando.
Si alzò a sedere di scatto, ringhioso come un Pentapalmo affamato, quando lo vide.
Loki era lì, fermo sull’uscio, con il suo cuscino preferito strettamente saldo tra le braccia, mentre si sforzava di frenare i singhiozzi.
Involontariamente il biondino si schiaffò la destra sulla faccia, sfregandosi teatralmente la fronte con aria corrucciata.
Un incubo. Doveva per forza avere avuto un incubo ed ora voleva dormire lì, con lui.
Ma perché diavolo si ostinava a leggere quei noiosissimi libri di storia e battaglie, se poi di notte faceva i brutti sogni?
Solo perché lui era costretto a studiarli con l’istitutore reale, non voleva dire che dovesse farlo anche Loki. Era ancora troppo piccolo, ma era già un tale testardo che anche il vecchio Jyrki aveva ceduto, pur di non trovarselo ogni giorno tra i piedi, con i lacrimoni e il naso gocciolante.
«Di nuovo i giganti?» domandò assonnato, senza avere davvero bisogno di sentire la risposta. Solo un assenso fulmineo. Delle volte pensava che il suo fratellino fosse davvero uno sciocco.
Batté un paio di volte la mano accanto a sé, spostandosi un poco di lato così da fargli spazio. Non che fosse proprio necessario visto la dimensione del letto, ma gli veniva naturale farlo.
«Non qui.» affermò categorico il morettino, guadagnandosi solo uno sguardo interrogativo.
«Se no, domani non posso più venire a lezione.» aveva aggiunto con semplicità disarmante. Thor soppesò l’idea di liberarsi del piccolo piantagrane per qualche giorno, ma poi il suo buon cuore ebbe la meglio. D’altro canto era inutile negarlo, in due si divertivano decisamente di più. Le marachelle che Loki escogitava quando si annoiava erano semplicemente geniali. Non che fossero riusciti a metterne in atto molte fino ad allora, ma loro erano perseveranti.
Lanciò i piedi fuori dal letto, afferrando il proprio cuscino preferito, sbadigliando sonoramente. A quel verso così poco ovattato, il più giovane ebbe paura di trovarsi l’intero palazzo sveglio, dietro alle sue spalle, pronto a metterli in punizione perché ancora in piedi a quell’ora.
Fortunatamente non fu così. Ed entrambi si diressero guardinghi verso la camera del più piccolo.

◄●►

 

«Thor...» un mormorio appena udibile, a cui il fratello rispose con uno sbuffo scocciato.
Quando mai quel frignone di Loki si sarebbe deciso a dormire? Lui domattina aveva da allenarsi ed ora moriva di sonno! Era già stato bravissimo ad accontentarlo e venire a dormire nel suo letto.
«...Thor...» eccolo di nuovo, ora gli tirava anche la casacca.
«Che c’è?» gli chiese ringhiando, senza neanche prendersi la briga di voltarsi e guardarlo in viso.
«E se io fossi uno di loro?» quella domanda, così profondamente disperata, lo gelò sul posto. Tanto che Thor sgranò gli occhi completamente sveglio e dovette riascoltare la frase più e più volte nella sua testa, per essere sicuro di aver sentito bene. Si voltò di scatto, spaventandolo un pochino. Sembrava un cucciolo pronto ad essere picchiato per qualche malefatta.
«Che cavolo dici?» lo aggredì rabbioso, incapace di affrontare la situazione in un modo diverso, più diplomatico e comprensivo. Lui era uno che le cose le prendeva di petto e a manate sul muso, ecco.
«Pensaci Thor!» ribattè Loki, ora anche lui adirato per l’aggressione ingiustificata del maggiore. Era così accalorato, che le guance tonde erano accese da un velo rosso sanguigno.
«Sono più freddo di te!» gli sputò in faccia quell’amara realtà, spinto solo dalla forza della collera. Adesso che l’aveva detta ad alta voce, faceva molta più paura. E sembrava ancora più vera.
«...e di tutti gli altri che conosco.» la sua voce si faceva più flebile ed incerta ad ogni sillaba. Il biondo si limitava ad ascoltarlo, guardandolo dritto in viso.
«E ho i capelli neri.» aggiunse, rannicchiandosi un poco. Sembrava farsi sempre più minuscolo in quell’immenso lettone.
«Nessuno qui, a parte me, ha i capelli neri.» concluse stringendosi al suo amato cuscino, preferendo dargli le spalle.
Il biondino lo guardò male, molto male.
Ci mancavano solo le paure infondate di un bambino di 6 anni a tenerlo sveglio, ignaro della dura giornata che sarebbe toccata a lui l’indomani mattina. Thor non aveva di questi problemi, li aveva superati da tempi immemori. Incubi e notti in bianco, trascorse a scrutare sospettoso ogni ombra della stanza, non erano che vaghi ricordi per lui. Aveva 8 anni compiuti, era grande ormai.
«Credi che nostro Padre farebbe vivere qui, a palazzo, uno di quei mostri?» gli domandò saputello, facendo voltare di scatto l’altro. Sapeva bene che il suo fratellino era sveglio, a volte fin troppo. Semplicemente, ogni tanto, quella sua testolina furba ragionava troppo e si surriscaldava, rendendolo incapace di accorgersi delle verità più semplici. D’altronde era normale, era ancora un bambino piccolo, lui.
Loki lo osservava titubante.
Eppure lui ci aveva pensato a lungo, aveva raccolto tutti gli indizi ed era certo che la sua spiegazione fosse ragionevole. Però suo fratello non gli aveva mai raccontato una bugia prima d’ora. Perché avrebbe dovuto iniziare proprio con quella?
«Nella camera a fianco alla mia?» incalzò il primogenito di Odino, appoggiando la destra sulla sua spalla magra, lasciata scoperta dalla casacca verde che indossava ogni notte.  
Era vero.
Era molto, molto più freddo di quanto non fosse lui.
E pallido.
E minuto.
E fu in quel momento che gli occhi celesti del maggiore incontrarono le iridi verdi del minore. E vi lessero una paura tanto, troppo grande, per un bimbo così gracile. Una angoscia così immensa che avrebbe potuto divorarlo vivo, se mai fosse stata legittima. Ma non lo era, per cui non c’era nulla di cui preoccuparsi.
«Non essere sciocco, fratellino! Mingherlino come sei, al massimo puoi essere una pulce di ghiaccio. Di sicuro non un gigante!» lo canzonò ridacchiando. Mosse la mano dalla sua spalla ai suoi capelli corvini, arrufandoli giocoso. E poi gli sorrise.
Sorrise come solo Thor sapeva fare, scaldandogli il cuore e sciogliendo i tutti suoi dubbi come neve al sole. Loki si tuffò tra le sue braccia, con la ben poco credibile scusa di volerlo stritolare per gli affronti subiti, beandosi di quel calore così rassicurante.
«E poi i giganti di ghiaccio non li hanno, i capelli.» fece notare il più grande, tirandogli una ciocca di proprio davanti al naso. Il minore li prese, tastandoli come se non se ne fosse mai accorto prima; poi tirò a sé una ciocca biondissima, che ora, alla luce bianca della luna, sembrava filata con l’argento più puro delle miniere dei nani.
Le confrontò, rigirandosele tra le dita, studiandole con attenzione, per poi intrecciarle appena. Ed agli occhi dei due principini apparve qualcosa di unico.
Luce e ombra aggrovigliate dolcemente l’una nell’altra, incarnate in quei morbidi filamenti che erano i loro capelli di bambini. Non dissero una parola, continuando a guardarli quasi rapiti. Nessun pensiero complesso, nessuna metafora retorica. Quelle due ciocche attorcigliate strette strette erano loro due. Così diversi, eppure così inseparabili.
E le braccia di Thor si mossero prima che lui stesso se ne rendesse conto. Chiuse il più giovane nel suo abbraccio, affondando il naso in quel nero assoluto, mentre Loki poggiava l’orecchio sul suo petto, proprio dove c’era il cuore.
«Tu non sei un gigante di ghiaccio. Sei solo il mio sciocco fratellino fifone.» sussurrò appena, sentendolo rilassarsi tra le sue braccia, finalmente quieto. Il secondogenito era troppo felice di quella conferma, per fare il puntiglioso e lamentarsi dei poco veritieri (e per nulla gentili) aggettivi scelti dal fratello.
Rimasero in quella serena stasi per un tempo indefinibile, semplicemente felici di essere lì, insieme.
Fu l’irruenza del biondo a rompere l’incantesimo.
Si allontanò da uno stupito e semi-addormentato Loki e lo squadrò da cima a fondo con fare critico.
«Non mangi abbastanza carne!» concluse serio, incrociando le braccia al petto, imitando la posa più autoritaria del loro Padre.
«Per questo cresci poco e sei sempre freddo!» dichiarò inammovibile, con la sicurezza che solamente un grande e saggio principino di 8 anni può avere.
«...a me la carne non piace tanto.» si lamentò il piccolo, osservando il fratellone con sguardo vagamente colpevole. Però anche lui aveva le sue ragioni! Mangiare la carne voleva dover aspettare che il maniscalco di corte la tagliasse per lui, perché non poteva ancora avere un coltello tutto suo e fare da sé. E quando arrivava nel suo piatto era ormai fredda e legnosa. E poi ci si sporcava tutta la faccia e a lui quell’unticcio sembrava bava di Lumachion.
«Sbagli!» lo ammonì con forza il biondino, saltando a sedere e tirando su la manica della propria casacca rossa.
«Guarda io come sono forte!» affermò orgoglioso, mettendo in mostra un bicipite poco più che visibile.
«A me non sembri così forte. Padre lo è molto di più.» criticò il morettino. Non fece però in tempo ad argomentare con cognizione di causa la propria teoria, che gli arrivò un cuscino in faccia, a piena potenza. E finì steso, giù dal letto.
«Dicevamo?» fu la domanda del biondo fratello, ora acerrimo nemico, mentre sorrideva spavaldo, saltellando vittorioso sul morbido materasso.
«Vuoi la guerra?» ringhiò il minore, risalendo sul terreno di battaglia, con un’espressione belligerante negli occhi vispi. Non si scherza con il figlio di Odino, e quel bruto l’avrebbe imparato presto a sue spese.
«E sia!» gridò belluino il più piccolo, lanciandosi contro Thor, mirando ai suoi piedi; il quale, colto alla sprovvista, fu atterrato in men che non si dica. E prima che potesse contrattaccare, fu sopraffatto dal fratellino che, un cuscino ogni mano, lo colpiva con mirata perizia. Il maggiore limitava a pararsi con le braccia, per evitare che gli affondi gli arrivassero dritti sul naso ed intanto mugugnava “con due non vale” e “questa me la paghi, Loki!”.

 ◄●►

 «Lo hai trovato?» chiese con un velo d’ansia nella voce il Sovrano del Regno Eterno. Qualche tempo prima, una giovane ancella era corsa ad avvisarli di aver udito un urlo provenire dalle camere dei principini. Ed ora erano entrambi lì, nel cuore della notte ad accertarsi che stessero bene. E Thor era sparito.
Aprendo la porta, il Re d’Oro aveva trovato solo una stanza vuota ed un letto sfatto. Si affrettò a raggiungere il figlio minore. Trovò Frigga appoggiata all’uscio. Non appena lo vide, la sua sposa ridacchiò dolcemente.
«Non preoccuparti. E’ nel letto di Loki.» sussurrò con un filo di voce, indicando l’interno della grande camera. A quelle parole il Re degli Dei tirò un sospiro di sollievo, premurandosi di nascondere la propria preoccupazione paterna. Aveva una maschera da portare, lui. Anche se simili accorgimenti erano inutili, con lei. Lo conosceva troppo bene per poterci credere.
Assunse il suo cipiglio più austero, mentre l’amata sospingeva leggermente la porta, così che anche lui potesse scorgere i due bambini che russavano scomposti in un lettone sfatto, uno abbracciato all’altro.
Senza aggiungere una parola, la donna entrò nella stanza e rimboccò loro le coperte, accorgendosi dei cuscini sparsi in giro, ma decise di soprassedere, almeno per quella volta. Li baciò lieve sulla fronte prima di tornare sui propri passi.
Odino sollevò un sopracciglio in una implicita domanda. L’espressione dipinta sul bel viso della moglie era più che eloquente.
«Se non ricordo male, sei stato tu a minacciarlo di esoneralo dalle lezioni di storia, se avesse avuto un altro incubo. Scommetto che ha convinto Thor a trasferirsi nel suo letto, pur di non essere messo in punizione dal suo “severissimo” padre.» spiegò sommessamente, continuando a sorridere. Il tono della sua voce cristallina era leggero, divertito e non si premurava di nasconderlo affatto. La regina aveva volontariamente calcato su quell’aggettivo, che le era valso un’occhiataccia dal suo burbero marito.
«Quel bambino è dannatamente intelligente per la sua età.» affermò accondiscendente, afferrando la vita della donna e stringendola a sè, in un abbraccio che profumava di una vita trascorsa fianco a fianco. La regina dal canto suo, sorrise con una punta di tristezza, abbandonandosi a quel gesto d’affetto sincero, posando lieve il capo sul petto imponente del suo Re.
«Un giorno dovremo dirglielo.» le parole uscirono dalle labbra rosse di Frigga pesanti come macigni.
Solo silenzio tra loro.
Carico di una verità troppo grande e dolorosa per un bimbo così gracile.
«Si.» concesse il Padre degli Dei.
Quel giorno sarebbe arrivato prima o poi. Continuare a tacere avrebbe significato una sola cosa, qualora avesse scoperto da solo l’amara realtà. E nessuno di loro due era disposto a perderlo per sempre.
«Ma non oggi.» concluse sforzandosi di sorridere, mentre chiudeva dietro di sé la porta della stanza dei suoi due amati figli che dormivano beati, l’uno nelle braccia dell’altro.

 ►►♥◄◄

 
Ed ecco qui i nostri due principini ribelli alla tenera età di 8 anni e 6 anni.
Il prossimo aggiornamento è ancora in data da stabilire, poiché non ho ancora concluso la pubblicazione di Dirty Talks.
I Lumachion sono di mia invenzione ovviamente =P
Fatemi sapere che ne pensate con un commentino e mi farete contenta^^
Alla prossima
   
 
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