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Autore: jaejae    01/07/2012    4 recensioni
»INFINITE »Pairings: non li elenco onde evitare spoilers; la fanfiction è puramente slash.
Sungyeol conduce una vita all'insegna della musica e del divertimento, ha buoni amici e un posto di lavoro fisso, eppure ha sempre come la sensazione che sia impossibile fuggire da quella gabbia di apatia che lo intrappola. In un giorno di pioggia, senza rendersene conto, uno strano ragazzo su un autobus, un lettore mp3 abbandonato e una canzone sconosciuta gli apriranno quella gabbia...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono passati più di due mesi dal mio ultimo aggiornamento, ciò significa che avete tutti i diritti di mandarmi a quel paese (detto con finezza, insomma). Non fraintendete, comunque: non è che questi ultimi due mesi io li abbia passati contandomi i capelli, di fatti questo capitolo è la versione definitiva (e ho stabilito che è tale solo perchè sono giunta all'esasperazione più profonda e angosciosa del secolo) dopo aver scritto e riscritto l'intero capitolo... circa una ventina di volte. E non sto esagerando. XD La cosa più deprimente in tutto questo è che neanche mi piace com'è venuto fuori! LOL Robe da spararsi, tipo.
Mi sono resa conto che come autrice ho molti limiti e insicurezze, ciò significa che forse non è il caso per me di cominciare altre storie così lunghe e complesse come si sta rivelando essere questa fanfiction prima che mi esploda il cervello. Avevo uno schema ben preciso in mente, ma è andato tutto a rotoli e ho dovuto trasformare tutto ciò che mi ero programmata ed è stato un continuo: scrivi > cancella > scrivi > cancella... spero che una cosa simile non si ripeterà mai più, perchè io tengo tantissimo a questa fanfiction e ho tutte le intenzioni di portarla avanti fino alla fine, o per lo meno per un altro bel pezzo. Perciò voi dovete essere pazienti, aspettarmi, sopportare questi miei momenti di crisi e supportarmi, ok? TT
I love you.



Capitolo 7

Woohyun corse lungo le scale di quella casa che non aveva mai realmente avvertito come un luogo sicuro a cui fare ritorno, ma in cui c'era una stanza dove aveva dormito per qualche anno, che non era cambiata neanche un po' nonostante ormai non ci tornasse da un bel pezzo. Era rimasta esattamente come l'aveva lasciata prima di andarsene con l'intento di condurre un'esistenza che pensava l'avrebbe reso più felice.
La casa del suo patrigno era completamente vuota quel giorno, neanche sua madre o la donna delle pulizie erano lì per ravvivare quella villetta lussuosa e alla moda ma completamente asettica... in quel momento era buia e fredda come non mai. Eppure, nonostante tutto, quando aveva suonato il campanello di quella casa e non aveva ricevuto nessuna risposta, Woohyun s'era sentito estremamente sollevato. Aveva tirato fuori dalla tasca le chiavi che ancora conservava ed era sgattaiolato dentro all'abitazione velocemente, felice che almeno in quell'occasione nessuno lo avrebbe infastidito con domande o sguardi invadenti, alla fine non doveva trattenersi a lungo, doveva solo recuperare una cosa dalla sua stanza... già, la sua stanza. Quasi non ricordava più dove fosse. Ah sì, primo piano, seconda porta a destra.
Appena aprì la porta in legno scuro ed entrò velocemente nella sua ex camera da letto, sentì istantaneamente un vago odore di chiuso, come di abbandonato, eppure era tutto estremamente ordinato, in giro neanche un briciolo di polvere, il letto era fatto con estrema cura, avevano pure cambiato le coperte in quelle adatte per le mezze stagioni. Che idiozia. In quel momento provò come un senso di commiserazione, si chiese quanto in realtà sua madre sentisse la sua mancanza e quanto in fondo sperasse che un giorno lui sarebbe tornato in quella casa per restarci, esattamente come lei gli diceva al telefono ogni volta che Woohyun era così di buon umore da concederle una breve conversazione, seppur di controvoglia. Adesso tentava di fare la madre apprensiva e bisognosa del proprio figlio, adesso che lui non ne aveva più bisogno, adesso che aveva smesso di starci male. Accantonò quei pensieri sgradevoli e si avviò verso l'armadio che aprì di colpo, scoprendolo mezzo vuoto: ormai aveva portato tutto nell'appartamento che condivideva con i membri della band, tranne una cosa importante, solo una era rimasta lì. Dati i pochi abiti contenuti nell'armadio non ci mise molto a ritrovarla nella pila ordinata di vecchie maglie e camicie, e quando i suoi occhi la scorsero e le sue dita la sfiorarono, si sentì quasi emozionato. Una vecchia e rovinata maglietta bianca di cotone, con sopra un'orribile stampa tribale arancione. Solo un pazzo avrebbe indossato una cosa simile, anche se diceva che era solo per comodità, solo per dormire. Sì, solo Sunggyu avrebbe potuto indossarla. Woohyun la prese e la spiegò, ammirandola con attenzione... Dio, non gli era capitata sotto mano per un sacco di tempo. Istintivamente l'avvicinò al naso che subito storse di disapprovazione, perchè s'accorse che probabilmente era stata lavata e aveva perso l'odore particolare e naturale della pelle di Sunggyu.
Sorrise tra sé e sé, un sorriso labile. Sorrise come quella mattina di più di un anno prima.
«Hyung, grazie per avermi ospitato ieri notte, non sapevo proprio dove andare... to', la tua maglietta», disse Woohyun, allungando a Sunggyu la maglietta bianca che aveva indossato durante la notte prima per dormire. Sunggyu gli lanciò un'occhiata veloce, prima di rispondere con finta indifferenza: «Se vuoi puoi tenerla.»
Woohyun si aprì in un'espressione perplessa, borbottando: «Eh? Grazie ma non la voglio, è brutta.»
«Cosa?! Come puoi dire che sia brutta? Dov'è brutta?» sbottò Sunggyu, il viso contratto in un'espressione di puro sdegno. Woohyun rise.
«Stai scherzando? Solo tu puoi aver comprato una cosa simile e averla indossata di tua spontanea volontà, sul serio.»
«Non che debba giustificarmi o che... ma per la cronaca quella maglietta me l'ha regalata mia madre qualche anno fa. Ho un legame affettivo», rispose il più grande, fintamente risentito, gli occhi ridotti a due fessure. Woohyun sorrise tra sé e sé, chiedendosi perchè mai l'altro avesse deciso di regalargli quella cosa se per lui era davvero così importante.
«Beh, resta il fatto che sia orribile», sospirò Woohyun, nascondendo il fatto che in realtà fosse felice e osservando con più attenzione la maglietta nella speranza di trovarci un lato positivo, finché Sunggyu non gliela strappò improvvisamente di mano.«E allora ridammela e non rompere una persona impegnata! Aish...»
In quell'esatto momento, Woohyun gli diede un bacio a stampo a tradimento, proprio lì, sul suo labbro superiore, sapendo che quel gesto avrebbe fatto infuriare Sunggyu, ma non gli importava. Anche se come previsto il più grande si mise a gridare e lamentarsi, Woohyun non riuscì a non notare il modo in cui il suo hyung continuò a sfiorarsi distrattamente il labbro che era stato baciato... forse stava cercando di capire se gli fosse dispiaciuto o no.

Woohyun sorrise tra sé e sé, ricordandosi di quell'episodio. Anche se forse quella volta avrebbe dovuto baciato di nuovo Sunggyu per fargli capire da che parte pendevano davvero i suoi sentimenti, Woohyun non l'aveva fatto, forse per paura della reazione imprevista dell'altro... e in quel momento, quasi due anni dopo, si trovava lì a pentirsene. Con un sospiro ripose velocemente la maglietta nella borsa a tracolla, rimettendosi poi a cercare altre cose utili nell'armadio e nei cassetti, ma non trovando nulla di particolarmente interessante. Si rimise velocemente la borsa in spalla con l'intento di andarsene da lì il più velocemente possibile, quando il suo cellulare cominciò a squillare. Lo tirò fuori dalla tasca, notando in quel momento che a chiamarlo era Hoya. Sbuffò. Era troppo preso dai ricordi amorosi per parlare con qualcuno. Dopo un'iniziale tentennamento, rispose con un asettico: «Oh?»
«Woohyun-ah, dove sei adesso?»
«Mmh, a casa di mia madre», rispose svogliatamente. «Perchè?»
Hoya emise un mezzo sospiro nervoso. «Dato che tu sei quello più vicino a Sungyeol, mi chiedo se tu sapessi già dell'esistenza di suo fratello.»
La borsa che Woohyun si era caricato in spalla, gli scivolò lungo il suo braccio, scontrandosi a terra.
«Oh mio dio... Daeyeol è tornato?»

Quando Sungyeol se lo ritrovò davanti agli occhi, si rese conto che nonostante non lo vedesse da tantissimo tempo, Daeyeol non era per nulla cambiato. Era sempre il ragazzino che gli assomigliava più di chiunque altro sulla faccia della terra, pressoché due gocce d'acqua. A volte pensava che la cosa fosse buffa, altre che non potesse essere vero, dato che per altro erano fratelli solo per metà in teoria e non molto in pratica. E quella persona gli dava sempre una sensazione bizzarra, come se si guardasse allo specchio consapevole di non vedere sé stesso nel riflesso, ma una persona che fondamentalmente non conosceva.
Sungyeol aveva visto Daeyeol per la prima volta in vita sua durante il periodo delle medie... doveva aver avuto circa tredici o quattordici anni.
Probabilmente avrebbe ricordato per tutta la vita il giorno di dicembre di sette anni prima, quando venne a sapere per la prima volta di avere un fratello minore da qualche parte, in giro per il mondo. Non era stata una vera sorpresa, a conti fatti. Era cresciuto sapendo che sua madre l'aveva abbandonato e che non era morta, era consapevole che lei si fosse rifatta una vita da qualche parte, perciò non era certo da escludere che lei potesse aver avuto uno o più figli nel corso degli anni. Però, quell'ipotesi si rivelava più sopportabile finché restava solo un'idea non concreta, semplicemente una possibilità non da escludere.
Invece poi, con l'entrata in scena di Daeyeol, Sungyeol aveva scoperto che alla fine sua madre era morta in quel periodo e che il suo ultimo desiderio era stato appunto quello di rivedere Sungyeol, o per lo meno di ricongiungerlo a Daeyeol, ma il cancro gliel'aveva impedito. Allora Sungyeol non s'era sentito triste nello scoprire che non avrebbe mai più avuto occasione di vedere e conoscere la propria madre biologica, forse si sentì solo un po' più solo. Un'altra parte della sua vita che svaniva nel nulla. E forse provò delusione, perchè la donna che l'aveva messo al mondo mai una volta in quegli anni aveva realmente valutato l'idea di tornare in Corea per cercarlo, dato che lei nel frattempo s'era trasferita ad Hong Kong con il suo nuovo marito, nonché padre di Daeyeol... la mancanza di Sungyeol l'aveva provata solo quando si era ritrovata in un letto d'ospedale, pensando tristemente alla propria vita che gli stava scivolando via dalle mani come acqua, provando il desiderio di tornare indietro e rimettere a posto le cose.
Nell'ultimo periodo della sua vita scrisse diverse lettere a Sungyeol, lettere che però lui ficcò in un cassetto della scrivania e non lesse mai neanche una volta, neanche una riga; le buste erano ancora sigillate, ma non osò mai buttarle vie. Le conservava con cura, ma allo stesso tempo lo terrorizzava sapere cosa ci fosse scritto su quei fogli. Però, ogni volta che le sfiorava, chiudeva gli occhi e ricordava il viso di sua madre, com'era stato il suo sorriso e la forma degli occhi. Daeyeol gli aveva fatto vedere diverse sue foto, ma quando gli aveva chiesto se ne volesse una come ricordo, Sungyeol aveva risposto di no. Lui e suo fratello erano la fotocopia di loro madre, gli bastava guardarsi allo specchio per vedere una parte di lei, la cosa gli bastava.
E ogni volta che ripensava a sua madre e alle lettere, gli tornava in mente Snake. Era stato lui che sette anni prima aveva portato nella sua vita il ricordo di sua mamma, le sue lettere e soprattutto Daeyeol, presentandosi improvvisamente davanti al cancello della sua scuola un giorno come un altro. Non aveva mai capito esattamente che rapporto ci fosse stato tra Snake e sua madre, ogni tanto Sungyeol sospettava che un tempo fossero stati amanti, anche se tra i due c'erano stati almeno una decina d'anni di differenza e Snake gli aveva sempre detto che sua madre era stata la prima tra le sue fans dell'epoca ed un'ottima amica. Sungyeol fingeva di crederci, ma spesso si chiedeva se fosse normale prendere il primo aereo per Hong Kong appena vieni a sapere che una tua amica che non vedi da quasi vent'anni è in ospedale, e ti prendi pure la responsabilità di cercare per lei quel figlio rimasto in Corea che non riusciva a rintracciare... qualsiasi semplice amico di vecchia data avrebbe realizzato l'ultimo desiderio di una persona in fin di vita, sapendo che in ogni caso non avrebbe ottenuto nulla, perchè tanto non avrebbe fatto in tempo? Forse no, ma Snake l'aveva fatto, perciò Sungyeol si disse che un giorno sarebbe diventato una persona in grado di compiere un gesto simile senza ripensamenti.
Tutti pensavano che Sungyeol avesse conosciuto Snake nel negozio di strumenti musicali di quest'ultimo quando incominciò ad approcciarsi alla musica rock e alla chitarra, ma non era così. E sinceramente allora non era stato altro se non un insicuro ragazzino delle medie, avrebbe anche potuto fingere che il suo incontro con Snake e Daeyeol non fosse mai avvenuto, avrebbe potuto continuare la propria vita come se nulla fosse, ma in fin dei conti non poteva. Dopo mille ripensamenti iniziali, dopo tanta paura, dopo una profonda introspezione, Sungyeol era andato a cercare Snake e l'aveva accettato nella propria vita, incominciando a vederlo come un mentore, un amico, ma soprattutto come un padre. E accettando Snake, automaticamente Sungyeol non poté più rinnegare l'esistenza di quel suo unico fratello minore, che sin da allora mostrava caratteristiche fisiche estremamente simili alle sue.
Comunque, nonostante la somiglianza fisica, tra loro c'era sempre stata una sorta di incompatibilità caratteriale. Daeyeol era un tipo tranquillo e sereno, simpatico nel modo più classico del termine, non era pazzo e dal temperamento incontrollabile come Sungyeol. Era fondamentalmente un bravo ragazzo di sedici anni che era cresciuto con dei genitori che gli avevano dato affetto e gli avevano insegnato come stare al mondo, tutte cose che invece a Sungyeol erano mancate.
Di fronte a lui, Sungyeol si sentiva un po' come il fratellastro cattivo della situazione, la pecora nera, mentre Daeyeol il protagonista senza macchia di una qualche storia poco interessante e già sentita... ma si diceva che non poteva odiarlo, non poteva essere così spregevole. Non era colpa di Daeyeol, dopotutto. In fondo, che motivo concreto avrebbe avuto per odiarlo? Non lo conosceva a fondo, non erano uniti, quindi non poteva essere così irrazionale e cattivo da provare risentimento basandosi unicamente su una sensazione infondata o su ricordi spiacevoli... o magari sull'invidia. In verità Sungyeol non lo vedeva (o forse non voleva vederlo) neanche come un parente, ma solo come un tizio che, per puro caso, gli somigliava.
Si erano incontrati solo alcune volte nel corso degli anni, per il resto Daeyeol aveva sempre vissuto ad Hong Kong con il proprio padre biologico e davvero raramente tornava in Corea per rivedere gli affetti che aveva lì. Che poi, se ci pensava, l'unico vero affetto che suo fratello aveva in Corea del Sud era uno, e cioè Snake, quindi non capiva proprio perchè fosse venuto a cercarlo così improvvisamente. Quando Sungyeol fece il suo ingresso nella caffetteria intima e accogliente vicino a casa propria dove si era dato appuntamento con Daeyeol, venendo subito travolto dall'enorme sorriso luminoso di suo fratello, Sungyeol si chiese solamente cosa diavolo ci facesse lì quel ragazzino e com'era venuto a conoscenza dell'indirizzo del suo appartamento. Subito dopo si accorse che in fondo le risposte a quelle domande le aveva già. Sapeva sin da principio che l'entrata in scena di Daeyeol non avrebbe rivelato nulla di buono, avrebbe solo portato a galla molte questioni che Sungyeol non voleva affrontare.
«Hyung!» esclamò Daeyeol, che alzò il braccio e iniziò a sventolarlo per attirare la sua attenzione, come se Sungyeol non l'avesse già visto. Si avvicinò indolente al tavolino a cui l'altro era seduto, togliendosi la chitarra dalle spalle per poi appoggiarla con cautela contro il tavolino. Prese posto sulla sedia di fronte a Daeyeol e, senza salutare, disse solo: «Yah, che sorpresa... non sapevo che stessi per tornare in Corea.»
«Sono tornato solo qualche ora fa», rispose Daeyeol con un sorriso, indicando la borsa che gli stava accanto.
«Ah, comunque scusami se mi sono precipitato qui senza avvisare, ma ho perso il mio cellulare in aereoporto, suppongo... che sfortuna, ho perso tutti i miei numeri e non sapevo proprio come contattare te o lo zio. Per fortuna avevo in tasca un foglietto su cui avevo scritto il tuo indirizzo prima di partire perchè volevo comunque passare a salutarti appena arrivato, siccome domani devo ripartire di nuovo e sarò occupato. Ah, l'indirizzo me l'aveva dato lo zio visto che tu non rispondi mai alle mie mail», spiegò Daeyeol tutto d'un fiato e allora Sungyeol si ricordò di un'altra caratteristica di suo fratello, che a tratti poteva sembrare una cosa comune ad entrambi e a tratti no: adorava parlare. E anche chiamare Snake "zio", per qualche motivo.
«Hai perso il cellulare? Aigoo, ma dove ce l'hai la testa?» lo rimproverò Sungyeol scherzosamente, dandogli un leggerò colpetto in fronte.
«Comunque non preoccuparti, ormai è andata», sospirò poi con finta aria rassegnata, evitando volontariamente di addentrarsi nella questione "mail". Era vero che spesso non rispondeva, e in verità alcune neanche le leggeva, ma solo perchè si scordava di farlo per pigrizia o per mancanza d'interesse.
«Non l'ho fatto apposta, comunque», borbottò Daeyeol ridacchiando, per poi bere l'ultimo sorso di acqua che era rimasta nel bicchiere. «Ah, hyung, prendi qualcosa?» continuò, e Sungyeol rispose di no, per poi notare solo allora che sul tavolo c'erano una tazza da cappuccino e un bicchiere, entrambi vuoti... Daeyeol doveva averlo aspettato parecchio. Probabilmente sarebbe stato più cortese da parte sua chiedere ad Hoya di farlo salire in casa in modo che potesse aspettare lì il suo ritorno, piuttosto che farlo stare da solo in un bar, ma non se l'era sentita. Farlo entrare in casa sua, lasciarlo avvicinare ai suoi amici... gli era sembrato semplicemente troppo. Lì per lì, al telefono, aveva liquidato ogni domanda o perplessità di Hoya con un "ne parliamo dopo faccia a faccia". Hoya non aveva protestato, ma probabilmente era arrabbiato.
Sungyeol aveva sbagliato, sapeva di averlo fatto.
Woohyun era stato, per tutto quel tempo, l'unico amico a conoscenza dell'esistenza di Daeyeol: quando il ragazzo in questione si fece improvvisamente vivo una fredda sera di dicembre di diversi anni prima, il primo a cui Sungyeol aveva pensato come appoggio psicologico per parlarne, magari piangere e sfogarsi, era inevitabilmente stato Woohyun, perchè l'aveva sempre visto un po' come una parte di sé, e perchè a quei tempi lui aveva rappresentato il solo vero amico su cui Sungyeol avrebbe potuto fare affidamento, in quegli anni Hoya e Sungjong ancora non erano parte della sua vita.
Sungyeol non aveva mai parlato molto della propria situazione familiare con nessuno, solo gli amici più stretti e le persone di cui sapeva di potersi fidare sapevano a grandi linee com'era cresciuto. Approfittando del fatto che Daeyeol fosse sempre stato una presenza incostante nella vita di Sungyeol e che non vivevano manco nella stessa nazione, aveva semplicemente omesso questo piccolo dettaglio, chiedendo sin da subito a Woohyun di non dirlo nessuno e Woohyun non aveva fatto obiezioni, sapendo come Sungyeol si sentisse a riguardo. Non parlando mai di Daeyeol, neanche per errore, fingendo di non avere alcun fratello, con il passare degli anni la questione per Woohyun divenne solo un pensiero secondario che non aveva modo di alimentarsi, visto che poi, tra loro membri dei Chaosmyth, non parlavano mai di famiglia perchè era un tasto dolente per tutti e quattro, perciò ciò che coinvolgeva Daeyeol era rimasto un mistero fino a quel momento.
Probabilmente quella era stata veramente l'unica cosa che aveva nascosto ad Hoya e a Sungjong, da quando si erano conosciuti. E non l'aveva fatto con cattive intenzioni, davvero, non l'aveva fatto perchè credeva di non potersi fidare, ma perchè la sua intera situazione familiare e il rapporto con Daeyeol erano qualcosa di così complicato e allo stesso tempo labile, snervante e doloroso, che neanche sforzandosi sarebbe riuscito a spiegarsi... si era detto che forse neanche ne sarebbe valsa la pena. E forse l'idea lo aveva sempre messo a disagio, facendolo sentire piccolo e fragile.
"Tua madre ti ha abbandonato e non ti ha mai cercato finché non s'è trovata in punto di morte, però ha avuto un altro figlio che ha cresciuto e amato." Questa era la voce interiore che lo perseguitava ogni giorno, ogni ora, ogni istante. Perchè Sungyeol era un bambino cresciuto troppo in fretta, e i bambini, quando vedono i propri genitori andare via, si chiedono solo se fosse stata in qualche modo colpa loro.
"Mamma, sono io quello sbagliato? Perchè Daeyeol andava bene e io no?"
«Ci sono un sacco di cose che ti devo raccontare e che voglio sapere da te, è da troppo tempo che non ci incontriamo e non parliamo un po'», intervenne Daeyeol con un largo sorriso, interrompendo il vortice di pensieri da cui Sungyeol era stato travolto. In verità non sapeva cosa rispondere. Segretamante, avrebbe voluto pregarlo di andare via, ma non poteva. Alla fine, che gli piacesse o meno, Daeyeol era l'unico legame di sangue che gli era rimasto. L'unica ombra di famiglia che si preoccupasse almeno un po' per lui, mandandogli a volte delle mail per sapere come se la passasse (anche se poi lui non le leggeva), cercando di interessarsi con cortesia alla sua vita, ed era perfino venuto a cercarlo per primo appena tornato da Hong Kong. Daeyeol c'era. Esisteva. Era parte della sua vita, anche se marginalmente, anche se magari, in modo vigliacco e perfido, Sungyeol aveva segretamente desiderato che sparisse, fino ad odiare sé stesso per questo.
«Come te la passi, hyung? E la band? Snake mi ha raccontato che ve la cavate bene», intervenne Daeyeol, interrompendo di nuovo il silenzio. Sungyeol si schiarì la voce e, cercando di sembrare disinvolto, semplicemente sempre il solito Sungyeol che tutti conoscevano, si strinse nelle spalle dicendo: «Sì, tutto a posto, la band è sempre divertente, al momento siamo in fase evolutiva. Pure il lavoro va bene, anche se Snake mi sfrutta come al solito. Tu come stai?»
Daeyeol ridacchiò. «Mi fa piacere», disse con un sorriso sincero. «Io sto bene, onestamente penso che questo sia un buon periodo per me.»
«Ah sì? Beh, si vede, hai un bel aspetto», rispose Sungyeol, fintamente interessato. Naturalmente, dato che avevano i tratti così simili, Daeyeol non poteva avere altro che un bel aspetto. «Comunque, cosa volevi dirmi?» continuò, e Daeyeol prese un respiro profondo, preparandosi all'inaspettato.
«Beh, io... sto per trasferirmi in Corea, voglio proseguire gli studi a Seoul», rispose alla fine.
Sungyeol restò a bocca aperta. Non sapeva cosa dire o pensare. Non era la prima volta che Daeyeol tornava improvvisamente in Corea, tutte le volte era venuto con suo padre che magari aveva del lavoro da sbrigare lì. Quindi, s'era sempre aspettato che prima o poi sarebbe successo di nuovo di ritrovarselo a Seoul. Se quella fosse stata soltanto un'altra delle sue visite di piacere casuali, Sungyeol non avrebbe avuto nulla da ridire, almeno finché fosse rimasto al suo posto. Non era preparato psicologicamente al fatto che lui e suo fratello avrebbero vissuto nella stessa città... problema stava nel fatto che suo fratello stesse forzando la serratura per oltrepassare quella porta che Sungyeol aveva sempre tenuto chiusa.
Così, confuso, o forse sbalordito, riuscì a sbottare solo un «Oh.» Poi, dopo un attimo di silenzio esitante, chiese: «Perchè questa decisione improvvisa?»
«Beh, a papà è stato offerto un buon posto di lavoro a Seoul, e anche se mi ha detto che se volessi potrei restare ad Hong Kong insieme a mia nonna per finire gli studi lì, comunque penso che questa sarebbe una buona occasione per me per riscoprire le mie origini coreane. In realtà ho sempre sognato di tornare qui prima o poi», rispose Daeyeol, sorridendo. Era raggiante, mentre in Sungyeol si stava scatenando la tempesta più colossale di tutti i tempi.
«Capisco...» borbottò solamente tra sé e sé. «E tra quanto tempo ti trasferirai?»
«Oh, per ora non sappiamo di preciso, comunque credo tra un paio di mesi, durante l'estate», spiegò il ragazzo, e Sungyeol si limitò a lasciarsi andare contro lo schienale della sedia, come uno svenimento improvviso. Sinceramente, tra tutte le cose che s'era aspettato di sentirsi dire, quella era stata tra le ultime. Non aveva mai saputo di questo desiderio di Daeyeol di tornare in Corea, aveva sempre pensato che si trovasse fin troppo bene tra i quartieri d'alta classe di Hong Kong dove viveva con suo padre, viziato e coccolato dagli affetti familiari.
«La cosa ti dispiace?» domandò Daeyeol dopo un po', ansioso. Una parte di Sungyeol diceva di sì, ma invece si costrinse a sorridere, dicendo tutto l'incontrario.
«Sono solo sorpreso.»
«Lo so. Mi spiace per non avertelo detto prima», borbottò suo fratello, per poi mettersi nuovamente a rovistare pigramente nella tazzina vuota con il cucchiaino.
Daeyeol allora, cambiando su due piedi l'argomento di conversazione (forse solo per interrompere quell'atmosfera imbarazzante e tesa che s'era improvvisamente creata), si mise a raccontare di quand'era andato a Roma con suo padre l'anno scorso e lì aveva bevuto il miglior caffè di tutti i tempi. Raccontò alcuni aneddoti divertenti dei vari viaggi intorno al mondo che aveva fatto con suo padre negli ultimi anni, senza soffermandosi troppo su una vicenda o su un'altra, rendendo la storia spassosa ed appassionante. Era un ottimo oratore, altra cosa che Sungyeol gli invidiava. Lui, allora, per non sentirsi da meno, s'era messo a parlare di quando alle superiori, un'estate, se n'era andato una settimana al mare con Woohyun a pescare ostriche per guadagnare qualche spicciolo, come se fosse paragonabile ad una visita a qualche importante cattedrale gotica in Europa o passeggiare per le strade di New York.
Dopo un po', però, gli argomenti iniziarono a scarseggiare e si stava avvicinando l'ora di cena, così semplicemente Daeyeol si alzò dicendo che era ora di andare perchè si stava facendo tardi e ringraziò per l'appuntamento e la chiacchierata. Dentro di sè, Sungyeol stava provando ancora una marea di emozioni contrastanti.
«Dove alloggi? Vuoi che ti accompagni?» chiese, ma Daeyeol scosse la testa.
«Non c'è problema, hyung, sto nello stesso hotel delle scorse volte e so come arrivarci da qui anche con la metro.»
«Visto che è già buio magari prendi un taxi, è più sicuro», consigliò Sungyeol mentre uscivano insieme dalla caffetteria. Poi arrivò quello strano momento in cui loro due fratelli si trovarono l'uno davanti all'altro lungo la strada, guardandosi in viso per un po', non sapendo come salutarsi o cosa dire. Fu Sungyeol a distogliere lo sguardo per primo, mettendosi ad osservare le punte delle proprie scarpe.
«Hyung, mi dispiace di averti rovinato la giornata. Non ti chiederò perchè tu non abbia mai raccontato di me ai tuoi amici: non sono stupido, l'ho capito che io non ti sono mai piaciuto granchè, ma questo non vuol dire che tu non possa piacermi lo stesso. Non dico che il motivo per cui io abbia deciso di venire in Corea sia tu, ma... sei uno dei diversi motivi. Voglio conoscerti meglio e dimostrarti che possiamo essere buoni fratelli se mi concederai una possibilità.»
Sungyeol restò sbigottito e sentì improvvisamente la cena di capodanno del '98 risalirgli lo stomaco, forse avrebbe vomitato sul marciapiede da un momento all'altro. Anche pensandoci attentamente, cos'avrebbe potuto dire a sua discolpa? Forse sarebbe stato inutile cercare delle scuse, cercare di fargli credere che ciò che aveva appena detto fosse solo una sua impressione senza fondamenta. Perciò restò in silenzio, senza scusarsi, senza ringraziare, senza dirgli che avrebbe cercato di venirgli in contro in qualche modo. Non ne sarebbe stato in grado, non in quel momento. Così, senza nessuna promessa, lo lasciò andare, restò a guardarlo mentre si avviava lungo il marciapiede in direzione opposta a quella che avrebbe dovuto imboccare lui per tornarsene a casa. Poi, improvvisamente, Daeyeol si fermò e si voltò verso Sungyeol. Sorrideva.
«Prometto che non mi presenterò più a casa tua senza avvertire e che starò al mio posto, perciò non preoccuparti troppo, okay?»
Sungyeol restò un po' imbambolato, era completamente stordito, e la sensazione di nausea non accennava ad attenuarsi. Incominciò ad avviarsi verso casa, realizzando che, veloce com'era arrivato, Daeyeol se n'era ufficialmente andato per quella sera facendo un discorso di uscita del tutto inaspettato e quanto meno raggelante. Voleva conoscerlo meglio. Voleva che fossero davvero come due fratelli. E così, stupidamente, si chiese il perchè. Daeyeol poteva avere di tutto dalla vita, eppure era venuto a cercarlo. Improvvisamente, pensò che Daeyeol assomigliasse a Myungsoo. Non riusciva a capire perchè riuscisse ad attirare così proprio le uniche due persone che più erano in grado di spaventarlo, uno per un motivo e l'altro per un'altra ragione. Era angosciante. Semplicemente angosciante.
Mentre tornava a casa, Sungyeol ripensava a Hoya e Sungjong. Doveva assolutamente chiarire con loro prima che un episodio simile si ripetesse e complicasse ulteriormente le cose, anche se sospettava che Woohyun avesse già raccontato qualcosa, conoscendolo... ah, giusto: Woohyun. Chissà dov'era e cosa stava facendo, magari era a casa e lo stava aspettando. Dopo la sua conversazione con Hoya che l'aveva avvisato dell'improvvisa entrata in scena di Daeyeol, Sungyeol aveva spento il cellulare e non aveva la minima idea di cosa fosse successo dopo intorno a lui, e in verità l'idea di saperlo lo spaventava. Non sapeva dove si trovasse Hoya in quel momento e se Woohyun fosse al corrente di quanto stava accadendo. Magari avrebbe dovuto chiamarlo: se Hoya gli aveva riferito qualcosa (il che era probabile) sicuramente era preoccupato a morte in quel momento.
Stava giusto per tirare fuori dalla tasca dei jeans il cellulare, quando sentì dei passi svelti alle proprie spalle; il suo cervello formulò inconsciamente l'ipotesi che magari qualcuno era di fretta e voleva superarlo, così si scostò appena e voltò distrattamente il capo nella direzione da cui provenivano i passi. Fu allora che si accorse che non c'era nessuna persona di fretta, ma solo Woohyun che lo stava letteralmente inseguendo. Pazzesco, fuori dal mondo. Avrebbe voluto scoppiare a ridere, invece si fermò a guardarlo totalmente sbigottito, con gli occhi e la bocca sbarrati. Tra loro due ci doveva essere una sorta di legame telepatico fuori posto, non era normale tutto questo.
«Ma che diavolo...» borbottò Sungyeol, ma non fece in tempo a finire la frase che Woohyun, con il fiato corto, sbottò: «Dov'è Daeyeol?»
Sungyeol lo guardò stordito. «Eh? Se n'è appena andato.»
«Aigoo, che sfiga nera, sono venuto qui di corsa dopo che Howon mi aveva detto che vi sareste incontrati nella caffetteria vicino a casa solo per vederlo», si lamentò Woohyun con un broncio idiota. E allora Sungyeol provò la tentazione di prenderlo a calci nel sedere oppure di fulminarlo con un raggio laser. Quindi non era venuto fin lì di corsa solo per carcarlo, perchè era preoccupato per lui e temeva una sua possibile reazione negativa davanti all'intera vicenda... ma solo perchè voleva vedere se Daeyeol era tanto carino e simile a Sungyeol come aveva sempre creduto e com'era mutato in fase adolescenziale. Offeso, Sungyeol riprese a camminare e sbottò: «Non ti preoccupare, non ti sei perso nulla d'interessante.»
Woohyun lo seguì esitante, come un bravo fido. «Tu stai bene, vero?» gli chiese dopo un attimo di silenzio.
«Benissimo», tagliò corto Sungyeol, sperando in vano che non ci sarebbero state ulteriori domande, di fatti Woohyun non mollò la presa.
«Ma che vi siete detti?»
«Daeyeol mi ha gentilmente avvertito che tra qualche tempo si trasferirà qui a Seoul», ammise con un sospiro, causando l'espressione sconvolta di Woohyun che si fermò con la bocca e gli occhi stupidamente sbarrati in mezzo al marciapiede. «Cosa? Perchè? Quando? Come?» gracchiò a gran voce.
Sungyeol si strinse nelle spalle, fingendosi indifferente. «Non so di preciso, ha solo detto che suo padre ha accettato un lavoro a Seoul e che perciò lui lo seguirà.»
Stava giusto per tirare fuori dalla tasca della giacca il pacchetto di sigarette per trovare un attimo di sollievo con un po' di nicotina, quando sentì un tocco gentile su una guancia che lo immobilizzò lì dov'era. Incontrò gli occhi seri e lucidi di Woohyun e pensò che lui fosse sempre impressionantemente caldo, perciò Sungyeol lasciò che il palmo aperto di Woohyun si posasse sulla sua guancia sinistra, che le sue dita sfiorassero la sua pelle, in un gesto gentile e rassicurante. Si lasciò andare contro quella mano, si lasciò accudire e proteggere da quell'amore che era più immenso e significativo di quello di un qualsiasi amante. Migliore amico. Quando guardava il viso di Woohyun nei momenti difficili e di sconforto, quando poteva avvertire nitidamente la sua vicinanza, pensava che non potesse esistere nulla di più incredibile. Era un piccolo miracolo.
«Davvero stai bene?» sussurrò Woohyun e Sungyeol chiuse gli occhi, sfiorandogli la mano. «Ora sì», rispose.
Mentre tornavano a casa tenendosi distrattamente per mano come dei bambini in gita scolastica, infischiandosene se qualcuno nel vicinava li vedeva e cominciava ad avere strani sospetti (come se non ne avessero già, in ogni caso), Woohyun sganciò la domanda fatidica: «Cosa farai con Howon e Jjong?»
Sungyeol sussultò, svegliandosi dal torpore ovattato in cui s'era immerso per un attimo. Chiese a Woohyun se sapesse dove fossero, ma lui gli rispose solo che Sungjong non era a casa (forse s'era trattenuto di più a scuola o aveva altri affari di cui occuparsi), mentre Howon gli aveva riferito solamente che aveva degli impegni per la serata e che non sapeva quando sarebbe tornato a casa, Woohyun diceva che probabilmente quello lì aveva da fare con Dongwoo. Sungyeol non disse nulla, ma sentì Woohyun borbottare tra sé e sé un sarcastico "tanto per cambiare" e "perchè non si sposano a sto punto?".
«Quindi hai parlato con Howon?» chiese Sungyeol, esitante, e Woohyun annuì
«Sì. Mi ha telefonato chiedendomi di incontrarci un attimo da qualche parte perchè voleva sapere che stava succedendo, siccome tu hai evitato l'argomento e pensava che non fosse il caso di chiedere direttamente a tuo fratello.»
Sungyeol sbarrò gli occhi e la bocca, incredulo. «Quindi gli hai detto tutto?» gracchiò.
«Beh, sì, diciamo... quello che sapevo», ammise Woohyun e Sungyeol si sentì nuovamente svenire. Non era così che dovevano andare le cose, non era così che aveva progettato lo svolgersi della loro riappacificazione: lui e Hoya dovevano chiarire le cose da soli, a modo loro e con i loro tempi, non certo tramite il racconto di terzi. Avrebbe sinceramente voluto sbattere la testa al muro, oppure sbatterci quelle di Woohyun e di Hoya, il primo perchè aveva raccontato tutto e il secondo perchè aveva chiesto all'altro di farlo. Ma poi si perse a guardare un punto a caso di fronte a sé e si rese conto che... non aveva alcun diritto di biasimare né l'uno né l'altro.
Sciolse la stretta con la mano di Woohyun e si massaggiò stancamente gli occhi e le tempie. Woohyun lo afferrò per un braccio, impedendogli di continuare a camminare, e così si scrutarono in volto, si affrontarono.
«Yah, so che volevi chiarire la cosa personalmente, ma... lui era sinceramente preoccupato per te e non riusciva proprio a capire perchè tu non ti fossi mai fidato abbastanza di lui per raccontargli tutta la verità», si interruppe, prendendo un respiro profondo. «Io comunque ho cercati di fargli capire come ti senti nei confronti di Daeyeol e del tuo passato e che, anche se io lo sapevo già, non è che noi due abbiamo mai tramato alle loro spalle o qualcosa del genere.»
Sungyeol chinò il capo, mettendosi a fissare distrattamente le punte delle proprie scarpe, poi prese un respiro profondo e chiese: «Tu credi che abbia capito?»
«Non lo so», ammise Woohyun dopo un po', guardandosi in giro come disorientato. Sungyeol allora capì che s'era inevitabilmente creata la prima frattura in un rapporto che aveva sempre creduto indistruttibile. E quel che è peggio, era tutta colpa sua.

Hoya s'era presentato a casa di Dongwoo con una brutta cera, lì per lì s'era perfino scordato del motivo per cui se n'era tornato nell'appartamento che condivideva con gli altri membri dei Chaosmyth, perciò non aveva neanche portato un cambio di abiti puliti; Dongwoo era stato costretto a prestargli qualcosa, continuando a chiedere ossessivamente quale fosse il problema che tormentava Hoya in quel momento e perchè praticamente non aprisse bocca.
In realtà Hoya ne avrebbe avute di cose da dire. Avrebbe voluto raccontare al proprio ragazzo tutto quello che era venuto a sapere su Sungyeol, avrebbe voluto sfogarsi, chiedere consiglio, ma poi ci pensava e si ritrovava a chiedersi con che diritto avrebbe potuto farlo. Perchè raccontare cose così private riguardanti un'altra persona a qualcuno che con la storia non c'entrava neanche lontanamente, quando perfino lui ne era rimasto all'oscuro fino a quel momento? In realtà anche solo l'idea di doverne parlare gli faceva male.
Per quanto cercasse di essere comprensivo e lucido, non riusciva a non provare una sorta di delusione e perplessità sull'intera vicenda. Che cos'erano loro per Sungyeol? Erano anche solo lontanamente amici? Perchè Sungyeol non s'era fidato della loro amicizia, perchè gli aveva tenuto nascosto una cosa simile? Cosa frullava nel cervello di Sungyeol? Era pieno di dubbi e ripensamenti. Eppure... eppure una parte di lui avrebbe voluto sorridere a Sungyeol e dirgli che andava tutto bene, che lo capiva. Sapeva perfettamente che, probabilmente, la cosa migliore sarebbe stata tornare a casa e affrontare Sungyeol faccia a faccia, o per lo meno accendere il cellulare e avvertirlo che era tutto a posto e che avrebbero parlato il giorno dopo, ma non se la sentiva in quel momento, doveva restare un po' da solo per riflettere e sbollire quella marea di emozioni contrastanti. Sicuramente il giorno seguente, in seguito ad una lunga dormita, si sarebbe svegliato più rilassato e con le idee più chiare, pronto ad affrontare qualsiasi discussione e qualsiasi cosa ne sarebbe scaturita. Solo, non in quel momento.
Disse a Dongwoo che non si sentiva bene, e che avrebbe voluto dormire un po', così Dongwoo non protestò. Hoya si addormentò con la testa appoggiava sull'addome del proprio uomo, mentre quest'ultimo gli accarezzava gentilmente i capelli, in un movimento costante e rilassante, che lo faceva stare bene.
Hoya, improvvisamente, si perse in un sogno angoscioso. Si trovava davanti ad una porta, una porta all'apparenza anonima e vecchia, un po' arrugginita, come quella dell'ingresso del loro appartamento. Quando l'aprì, però, non si trovò davanti agli occhi nessuna stanza, nessun ambiente conosciuto: invece scoprì uno spazio sconfinato, che sembrava senza limiti di spazio e di tempo, un vasto prato senza fiori e senza alberi, senza animali e senza insetti. Il cielo era inquieto e pieno di nuvole nere che minacciavano tempesta da un momento all'altro, nonostante il prato sconfinato che vi ondeggiava sotto apparisse brillante e rassicurante. Hoya, senza pensare, mosse i primi passi su quell'erba che gli frusciava sotto ai piedi scalzi, e per un attimo si sentì felice e al sicuro, l'aria era pulita e fresca, riusciva finalmente a prendere un respiro profondo. Aprì gli occhi e puntò lo sguardo verso il cielo ombroso, avvertendo una goccia di pioggia sfiorargli una guancia.... le gocce divennero due, poi tre, poi un'infinità. Sentiva la pioggia lavargli via l'involucro esterno che lo racchiudeva, cioè il suo aspetto di giovane e attraente ragazzo, scoprendo una marea di cicatrici e un animo affaticato, sanguinante. L'acqua incominciò a tingersi di rosso. Non faceva male fisicamente, faceva male dentro, perchè si sentiva disgustoso e sbagliato. Stava sbagliando, Lee Howon. Mentendo a Dongwoo, mentendo a Sungjong, mentendo a sé stesso, scappando sempre da qualsiasi situazione difficile. Era un animale ferito, Lee Howon. Non voleva che nessuno lo vedesse in quello stato, ma poi alzò lo sguardo e trovò Dongwoo davanti a sé, lo guardava. Hoya si svegliò di soprassalto, spaventando il Dongwoo reale che era lì accanto a lui e che ancora gli faceva da cuscino.
«Howon?» lo richiamò con voce assonnata.
«Sto male», asserì Hoya, alzandosi velocemente dal letto in cui stava dormendo con Dongwoo, per poi uscire di corsa dalla stanza e raggiungere il bagno per miracolo, dove si inginocchiò accanto al water e vomitò interamente la cena. Non ce la faceva più, non poteva più continuare così, stava per esplodere. Sentì la voce preoccupata di Dongwoo accanto a sé, lo sentì dargli dei leggeri colpi sulla schiena, avvertì nitidamente la sua presenza che era lì per lui, lo era sempre stata e lo sarebbe stata fino alla fine, cioè finché Hoya non avrebbe stabilito con sé stesso che proprio tutto questo non poteva continuare.
Lacrimò di dolore e di schifo tra le braccia di Dongwoo, pregando per un po' di forza, si sentiva svenire.
«Howon-ah, io lo so che stai male. E non solo oggi, ma da tanto tempo. Devi dirmi cosa succede, devi buttare fuori tutto quanto», disse Dongwoo con voce tremula, e allora Hoya capì che l'altro stava per scoppiare in una marea di lacrime. «Ti prego. Io ti amo. Aiutami ad aiutarti.»
Ricordò il giorno in cui il padre di Dongwoo morì, quattro anni prima. Ricordò quel giorno con una precisione incredibile, perchè quello era stato il giorno che aveva indissolubilmente legato Dongwoo a sé, il giorno in cui s'erano scambiati il loro primo bacio che sapeva di lacrime, il giorno in cui, in modo infantile, superficialmente, s'erano fatti quella promessa: "staremo sempre insieme". Non era possibile, giusto? E forse era anche stupido continuare a confidare e a restare attaccati ad una frase a cui magari Dongwoo non aveva neanche dato un reale peso, ma che Hoya continuava a ricordare. Erano solo due ragazzini, dopotutto. Promesse simili perdevano valore con l'andare del tempo e forse nascevano senza neanche una reale percezione di quanto fosse "per sempre". Eppure, Hoya si sentì in dovere di scusarsi.
«Perdonami, non so se riuscirò a mantenere la mia promessa», borbottò, mentre si risciacquava la faccia, cercando di trovare sollievo.
Dongwoo gli lanciò un'occhiata perplessa. «Di che parli?»
Hoya quasi rise. Ovvio che non potesse capire. Si sentì stranamente più sollevato. Con ancora il viso bagnato, guardò Dongwoo dritto negli occhi, trovandoli smarriti, dubbiosi e forse anche infelici. Gli sussurrò: «Se ti dicessi che sono attratto da un altro, proveresti disgusto per me? Mi odieresti?»
E allora quel viso divenne una maschera d'incredulità, vide Dongwoo esitare e allontanarsi di un passo, come se si fosse appena ricordato di una cosa importante per poi scordarsela subito dopo. Era a disagio e nervoso, e Hoya capì che, anche se aveva parlato per ipotesi e avrebbe sempre potuto far forza sull'ingenuità di Dongwoo per rimangiarsi tutto, aveva definitivamente toccato un tasto dolente. La più grande paura di Dongwoo che prendeva forma, come un mostro, proprio davanti ai suoi occhi. Doveva essere angosciante, doveva essere orribile.
«Che stai dicendo?» borbottò poi Dongwoo ridacchiando, rinnegando la realtà, preferendo credere ad uno scherzo. Hoya lo abbracciò e si lasciò abbracciare, stretti, intimi, eppure lontani, distratti e confusi. Hoya non provò ad insistere sull'argomento e Dongwoo non fece altre domande, si limitarono ad abbracciarsi e Hoya sperò che il messaggio telepatico che gli stava lanciando in quel momento (delle scuse, e la preghiera di non venire mai detestato da lui) gli fosse arrivato anche se era rimasto in silenzio. Dongwoo sciolse l'abbraccio e gli sistemò un po' i capelli scompigliati, sorridendo tra le lacrime che gli allagavano gli occhi e il naso arrossato.
«Stai delirando, stai male. Vieni, torniamo a letto», disse poi, stringendo la mano di Hoya... e quest'ultimo non trovò il coraggio di lasciarla andare, anche se avrebbe dovuto, per il bene di entrambi.

Sungyeol se ne stava accucciato sul divano in soggiorno, davanti alla televisione sincronizzata su un programma comico che non faceva ridere nessuno, soprattutto lui in quel frangente della sua vita. Raggomitolato sotto alla sua fidata copertina di pile, tirò fuori il cellulare e provò a chiamare per la millesima volta Hoya, che ancora aveva il cellulare spento, mentre Sungjong non si degnava di rispondergli, né alle chiamate né agli sms. Ma che diavolo stava succedendo? Era angosciato, profondamente. Proprio le due persone con cui aveva più bisogno in assoluto di parlare e confrontarsi in quel momento, lo ignoravano. Si disse che doveva mettersi l'anima in pace, perchè ormai quando e come compiere la mossa successiva non era più una decisione che spettava a lui. Doveva pazientare.
Appena il suo cellulare vibrò, quasi gli venne un infarto. Lo sollevò immediatamente, aspettandosi di aver ricevuto una qualsiasi risposta da Hoya o Sungjong e invece... restò sorpreso: era Myungsoo.
"Prima quando te ne sei andato avevi un'aria strana... sicuro che vada tutto bene? Ti penso."
Si mise a ridacchiare. Ormai era diventato un po' un rito scriversi tra loro "Ti penso" o "Ti sto pensando" senza un motivo particolare. Se si stavano scrivendo, ovvio che si stessero pensando. Forse quella frase aveva un significato nascosto. Sospirò e rispose: "Tutto a posto, non preoccuparti. Domani ti racconto. Piuttosto, riprendiamo da dove siamo stati interrotti questo pomeriggio... dammi un bacino."
Sorrise tra sé e sé, chiedendosi quale sarebbe stata la reazione di Myungsoo leggendo una cosa simile, magari non avrebbe risposto (troppo timido per farlo) oppure si sarebbe rifiutato (troppo verginello per ammettere che in realtà lo voleva). Non si sorprese, infatti, nel leggere la sua risposta: "No ㅋㅋㅋㅋ".
Proprio mentre si diceva che si sarebbe vendicato in qualche modo di Kim Myungsoo (ad esempio facendoglielo sudare come non mai il loro primo bacio, fino a costringerlo a pregarlo per ottenere le sue labbra o qualcosa del genere, sapendo che tanto non avrebbe mai funzionato) e stava per continuare la conversazione via sms con il suo quasi-ragazzo, Sungyeol venne travolto da una strana sensazione, poco piacevole, come un presentimento.


Continua...




Lo so che questo capitolo fa schifo e, se ne siete rimaste deluse, non mi stupisco. Mi dispiace. Avrei voluto fare di meglio.
L'ultima parte stupida tra Sungyeol e Myungsoo l'ho messa solo perchè mi dispiaceva che a sto giro Myungsoo non fosse comparso neanche in un micro paragrafo. TT
Visto che mi hanno fatto notare che ancora non ho parlato del passato di Hoya e di come sia entrato nella band e il resto, il prossimo capitolo sarà più incentrato di lui, prometto. Spero di fare un buon lavoro perchè sinceramente mi trovo un po' a disagio con il personaggio di Hoya... non riesco a gestirlo bene, ecco. °_°"
Come sempre, grazie mille a tutte le persone che leggono la storia e che l'hanno inserita nelle preferite o nelle seguite, e soprattutto a quelle che sprecano un po' del loro tempo per recensire, ne sono molto felice! : >
Alla prossima!
  
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