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Autore: Will P    01/07/2012    20 recensioni
"Coulson si trova di fronte ad un atroce dilemma.
Da una parte, le telecamere. Telecamere in ogni singolo ufficio. Telecamere ovunque che catturano ogni secondo di quello che succede alla SHIELD, telecamere che avranno già registrato abbastanza materiale ricattatorio da rendere la sua reputazione costruita con cura e pazienza nient’altro che un lontano ricordo.
D’altra parte, Steve Rogers è un gattino così ridicolmente adorabile. Sente il bisogno fisico di raccoglierlo e stringerlo al petto chiocciando cose senza senso.
Dio, un tempo aveva un briciolo di dignità."
[Coulson & gattini!Avengers; con la partecipazione di Pepper, Darcy e svariati agenti della SHIELD]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Pepper Potts, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Index Catulorum'
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Disclaimer: LOL WHAT
Note: - Iniziata per il prompt gattini alla Notte Bianca #5 @ maridichallenge, continuata per celebrare Fae e il suo esame di teoria della patente <3
- ALLORA. Questa cosa non ha il minimo senso, non c'è un minimo di spiegazione o contesto o logica, perchè se avessi provato a inserire una di queste cose mi sarebbero venute CINQUANTAMILA PAROLE e già così sono 2k di nulla, quindi, capite. Volevo solo scrivere degli Avengers che diventano gattini;
- di base non c'è nessun pairing e potete vederci quello che volete (anche se il finale mi venuto è sul Clint/Coulson andante, ma non credo sia così vistoso da dare granchè fastidio se non li shippate).




Catvengers

Coulson si trova di fronte ad un atroce dilemma.

Da una parte, le telecamere. Telecamere in ogni singolo ufficio. Telecamere ovunque che catturano ogni secondo di quello che succede alla SHIELD, telecamere che avranno già registrato abbastanza materiale ricattatorio da rendere la sua reputazione costruita con cura e pazienza nient’altro che un lontano ricordo.

D’altra parte, Steve Rogers è un gattino così ridicolmente adorabile. Sente il bisogno fisico di raccoglierlo e stringerlo al petto chiocciando cose senza senso.

Dio, un tempo aveva un briciolo di dignità.

«Figlio di Coul,» tuona Thor, e sentire la voce possente di Thor uscire da un’enorme palla di pelo rosso è qualcosa di esilarante e agghiacciante al tempo stesso. Coulson si volta verso di lui senza batter ciglio, il che la dice lunga sulla sua carriera alla SHIELD. «Il dottor Banner vorrebbe un gomitolo per alleviare il tedio.»

«Harrison,» sospira Coulson. L’agente alle sue spalle quasi inciampa nei propri piedi nella fretta di andare a rintracciare un gomitolo, mentre Banner fa un paio di giri su se stesso prima di acciambellarsi soddisfatto sulla scrivania. È dal momento della trasformazione che approfitta dell’Allspeak di Thor per avanzare le richieste più improbabili; Coulson ha iniziato a sospettare verso il topo di pezza ripieno di erba gatta che non sia tanto il “tedio”, quanto il divertimento di vedere la gente correre in giro terrorizzata alla prospettiva di un Hulk che sputa palle di pelo.

È probabilmente quello che la sta prendendo meglio.

Thor era stato molto infastidito dal divieto categorico di appellare Mjolnir fino al ritorno dei pollici opponibili, ma essere proclamato interprete ufficiale dei suoi compagni per il resto del mondo gli ha tirato un po’ su il morale. Stark ha avuto un piccolo crollo nervoso – suppone che fosse un crollo nervoso, da fuori sembrava solo che gli avessero dato del crack – all’inspiegabile comparsa di coda e zampe, poi un altro quando gli è stato interdetto l’accesso a qualsiasi laboratorio che si aprisse con il riconoscimento delle impronte digitali (vale a dire: tutti), e un altro ancora quando in un giocoso (ma nemmeno troppo) attacco alle spalle Steve – Steve, che per il siero o per qualche perverso scherzo del destino è stato l’unico a trasformarsi in cucciolo, Steve che è un gattino rosso minuscolo con due occhioni blu che supplicano di prenderlo in braccio e santo cielo, Phil, controllati – l’ha atterrato con una zampata tremenda. Purtroppo il trauma non è durato molto e Stark ha deciso di consolarsi dandosi alla scalata dei cassetti della scrivania di Coulson.

Steve lo guarda dal basso con disapprovazione. Coulson ricaccia indietro l’istinto di abbassarsi e dirgli ma chi è il gattino più bello del mondo?

Natasha, porto sicuro nel caos e baluardo di sanità mentale sia su due che su quattro gambe, ha voltato le spalle a tutti dopo trenta secondi ed è saltata con un’agilità invidiabile persino da un gatto sulla poltrona di Coulson, da cui osserva la scena e lancia occhiate superiori a qualsiasi cosa. Clint, invece –

«Barton, no.»

Clint gli rivolge un’espressione così innocente che sarebbe quasi convincente, se non avesse una zampa ancora alzata con gli artigli conficcati nella gamba dei suoi pantaloni. Segue un intenso scambio di sguardi. Alla fine Barton ritira gli artigli e se ne va contrariato a sfidare Natasha per la supremazia della poltrona.

È una battaglia persa in partenza.

«Signore,» sbuffa Harrison, col fiatone, ricomparendo sull’uscio. «Ho trovato un go- un gomitolo.»

Tutti gli Avengers nella stanza puntano le loro inquietanti pupille sottili sul gomitolo tra le mani dell’agente. Il ragazzo si limita a deglutire nervosamente, che è un gran passo avanti rispetto all’indietreggiare urlando di alcuni suoi colleghi. Coulson sa apprezzare certe qualità nei suoi sottoposti.

Banner alza lentamente la testa dalle zampe che stava usando a mo’ di cuscino, studia il gomitolo per lunghi, lunghi secondi, poi lancia un miagolio acuto scuotendo brevemente la coda.

«Il colore non è di suo gradimento,» annuncia Thor, impettendosi in tutti i suoi sei chili di pelo (di cui tre di coda). «Il dottore vorrebbe qualcosa di più variopinto.»

Harrison sembra sull’orlo delle lacrime, ma gira i tacchi e sparisce di nuovo come un vero soldato. Dovrà ricordarsi di scrivergli una nota di merito.

«Dottore, non infierisca,» sospira. Banner scuote ancora la coda, irritato, ma sotto i baffi sembra quasi che stia ridacchiando, per cui Coulson scrolla internamente le spalle e si rivolge al resto della stanza. «Devo fare rapporto al Direttore. Non uscite di qui, non rompete niente, non vi uccidete e non traumatizzate altri agenti, o lascerò salire il veterinario.»

Tutto tace, e per un glorioso, magnifico secondo Coulson si convince di essere riuscito a farsi ascoltare da un branco di gatti.

Poi Stark rovescia uno dei suoi cassetti, Banner soffia spaventato prendendo una preoccupante sfumatura verde e Barton si materializza in cima ad un armadio, lo guarda, scuote tre volte il posteriore e si lancia a volo d’angelo contro la sua cravatta.

Se la testa di Loki assomiglia anche solo lontanamente al suo ufficio si spiegano molte cose.

***

Dopo dodici ore Phil prova a chiedere aiuto, ma gli viene rifiutato crudelmente.

Non ha mai sentito Hill ridere così forte come quando le ha chiesto di tenerle d’occhio i gatti per un paio d’ore.

Fury è entrato nel suo ufficio due ore dopo l’incidente per controllare la situazione di persona. Stark ha provato a scalare il suo cappotto. Sono stati cinque minuti brutti per tutti.

Da quel momento i rapporti si sono tenuti nell’ufficio di Fury.

Ora si trova ad aver seriamente bisogno di una doccia e una lunga dormita e vestiti che non siano coperti di peli, e non c’è nessuno disposto a dargli un po’ di umana compassione e prendersi quelle orribili bestie demoniache.

(Tranne Steve, naturalmente. Steve è il gattino più tenero del creato e i suoi occhioni blu hanno fatto tentennare anche Fury. Adesso è sotto il divano ad inseguire uno dei gomitoli scartati da Banner e ogni volta che lo guarda Phil sente l’inspiegabile impulso a dire squeee.)

Bussano alla porta ed è Sitwell, con un trasportino in mano e l’espressione più seria del mondo. «Signore,» inizia, poi si blocca un secondo mentre assorbe la vista. Natasha è appollaiata sul dorso della sua poltrona come una statua egizia, Banner sonnecchia sul suo computer e Barton è sulle sue gambe a fissare con desiderio la sua cravatta malandata - è il primo a rendersi conto di quanto la scena sia surreale, per cui lascia a Sitwell un momento per riprendersi.

Sitwell si schiarisce la voce e prosegue come se niente fosse. C’è un motivo se è il suo preferito. «L’assistente della dottoressa Foster è qui per prendere Thor in custodia.»

«Ditemi solo se parla davvero, vi prego,» dice una voce femminile dal corridoio. Sitwell si scosta e Darcy Lewis entra nella stanza a passo di marcia, si guarda intorno, si ferma e i suoi occhi si spalancano comicamente.

«Lady Darcy!» miagola Thor, trotterellando verso di lei con la coda dritta che ondeggia nell’aria. La ragazza si porta le mani al petto e dice, in tutta convinzione, “squeee”, prima di raccogliere Thor da terra a stringerselo tra le braccia. Thor sembra compiaciuto in egual misura dalle attenzioni inattese e dalla vicinanza alla scollatura di Darcy.

«Thor, ascoltami bene, è una cosa importantissima,» dice lei, guardandolo negli occhi, e lui gonfia il petto come meglio può e annuisce gravemente. «Thor, di’ “i can haz cheezburger”.»

Phil caccia entrambi dal suo ufficio.

*

«Disturbo?»

Phil sospira e si lascia andare contro la poltrona, attento a non urtare Natasha appisolata sulla spalliera. «L’esatto opposto.»

Pepper fa un sorrisetto furbo e si chiude la porta dell’ufficio alle spalle. È splendida e impeccabile come sempre, ed ha al braccio due spaziose borse-trasportino che fanno sembrare al confronto la gabbietta di Darcy uno strumento di tortura d’altri tempi. Le appoggia all’ingresso e lo raggiunge, fermandosi accanto alla sedia di fronte alla scrivania.

Stark la guarda dal basso come se fosse al contempo un’apparizione mistica e una visione terrificante. Pepper schiocca la lingua e incrocia le braccia. «Giù.»

Stark scende dalla sedia con un balzo e le salta in grembo quasi senza darle il tempo di sedersi. Avendo passato un’ora buona a cercare di tirare giù Stark dal lampadario (nessuno ha ancora capito come ci fosse arrivato) Phil è giustamente impressionato.

«Non è colpa tua,» dice Pepper, dandogli qualche colpetto consolatorio alla mano. «Io lo sto addestrando da anni.»

Phil vede con la coda dell’occhio Natasha accoccolarsi meglio alle sue spalle e poi abbassa lo sguardo su Clint, che si è messo a sonnecchiare con la testa nascosta sotto un lembo della sua giacca e, ogni tanto, si spinge un po’ di più contro la sua pancia infilandogli le unghie nei pantaloni. «Ho presente,» dice, sperando di non suonare sdolcinato come si sente.

Lo scintillio negli occhi di Pepper gli dà la sua risposta.

«Cos’ha per me, agente?» esclama poi Pepper, fin troppo divertita dalla situazione, distogliendolo dal suo imbarazzo.

«Barton e Romanoff resteranno alla base, ma ci serve una casa per il dottor Banner,» un cenno al gatto grigio antracite acciambellato sulla tastiera del computer «ed il capitano Rogers.»

Pepper si acciglia. «Dov’è Steve? Credevo…»

Steve emerge dal suo nascondiglio sotto il divano e corre ad adorabili saltelli verso di loro. Un po’ della dignità di Phil muore di fronte alla sua codina sottile che si agita qua e là. Vista l’espressione di Pepper, anche la sua dignità deve aver subito un brutto colpo.

«…mio Dio,» mormora Pepper, reverente. Steve si siede ai suoi piedi, alza i suoi incredibili, ridicoli occhioni azzurri su di lei e miagola il saluto più educato che gatto abbia mai rivolto ad essere umano. Pepper stringe le labbra e si volta verso Phil, incredula, e Phil non può che annuire con rassegnazione. «E dopo mezza giornata fa sempre lo stesso effetto.»

«Come hai fatto a resistere,» dice Pepper chinandosi a raccogliere Steve. Stark protesta rumorosamente per i movimenti improvvisi prima e per la presenza indesiderata di Steve sulle gambe di Pepper poi, ma un’occhiataccia combinata della donna e del gattino lo rimette al suo posto.

Peccato non avere una foto del momento.

«Sicuro che posso prenderlo?»

Phil fa un mezzo sorriso, scuotendo il capo. È la soluzione migliore per tutte le parti coinvolte – la sua dignità non sprofonderà ancora più in basso, Steve sarà al sicuro e Stark avrà qualcuno da molestare al posto di Banner, le cui capacità non hanno ancora avuto tempo (né intenzione) di testare. «Procurati un gomitolo, è un cucciolo pieno di energie.»

Pepper ride e così viene chiuso l’affare. Phil la aiuta a mettere Banner (che si stacca dal tepore del computer solo venendo alzato di peso, e brontola per tutto il tempo) e Steve (sempre educato e collaborativo e gli si spezza un po’ il cuore a vederlo andar via) nelle due borse e le tiene aperta la porta mentre lei si sistema Stark in braccio.

«A domani allora.» Gli bacia le guance e se ne va, Stark in spalla e le due borse in una sola mano, mentre capannelli di agenti sbigottiti si scostano per farle largo.

Gli sembra di vedere Stark lanciare un’occhiata di superiorità ai due compagni nei trasportini, accoccolato contro il collo di Pepper, ma preferisce non indagare oltre.

«Cosa volete fare, voi due?»

Natasha si stiracchia, inarcando la schiena e affondando le unghie nella sua poltrona, salta agilmente fino a terra e si intrufola tra i suoi piedi per sparire nel corridoio. Con o senza coda è pur sempre Natasha, perciò Phil scuote la testa e la guarda scivolare come un’ombra tra la gente.

Qualcosa urta contro la sua gamba. Abbassa gli occhi e incontra quelli di Clint, le iridi gialle coperte quasi completamente dall’enorme pupilla nera, ed è una visione incredibile e terrificante.

«Non posso portarti a casa,» dice, quando in realtà vorrebbe dire ben altro. Clint lo fissa a lungo poi gli dà una piccola testata contro lo stinco, piano, come se avesse capito tutto e volesse lui consolare Phil. Phil sospira, e si abbassa a grattargli le orecchie. Clint inizia a fare le fusa.

È un colpo basso bello e buono.

(L’indomani scopre che Natasha e Fury si sono divertiti a terrorizzare le matricole passeggiando tutta la notte per i corridoi, l’una sulla spalla dell’altro. Le registrazioni dell’accaduto resteranno negli annali dell’agenzia ad imperitura memoria.

Phil è solo contento che non ci siano registrazioni di Clint che lo sveglia leccandogli il naso.)

   
 
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