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Autore: Alexandra e Mac    01/07/2012    4 recensioni
La storia, quella con la “S” maiuscola, a volte riserva grandi sorprese. Fra le pieghe di un libro può capitare di trovare le cose più strane, o fra le sue righe captare qualcosa che non è detto esplicitamente ma che è volutamente lasciato intuire dall’autore o dall’autrice.
Sono specialmente le biografie del “grandi” quelle che riservano le maggiori meraviglie, e occorre un occhio attento per saper cogliere quello che, in superficie, non compare.
Questo racconto è nato così, cercando i messaggi nascosti che la Storia ha disseminato lungo il suo cammino e che alcuni più perspicaci hanno saputo cogliere e che hanno poi elaborato offrendoli al lettore.
Siamo certe che adesso anche voi cercherete fra il detto e il non detto di un volume quella zona grigia che vi spalancherà le porte di un altro mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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GdD - 2 - Un Diario

Capitolo XXIX

Il  Segreto del suo cuore



Copiose lacrime le rigavano il volto mentre cercava, a stento, di soffocare i singhiozzi che la stavano devastando.

Lui era a letto, profondamente addormentato: il sonnifero che gli aveva versato nel tè aveva già fatto effetto e si sarebbe svegliato solo molte ore dopo.

Lo guardò attraverso gli occhi velati di pianto e sentì una stretta al cuore… era bellissimo, anche nel sonno. Forse, per certi aspetti, lo era quasi di più.

Non poteva vedere i suoi splendidi occhi né il sorriso luminoso che sempre le faceva andare il cuore in gola; ma nel sonno la sua bocca sensuale, rilassata nella morbida piega dell’accenno di un sorriso, gli conferiva un’aria vulnerabile, quasi fanciullesca.

Il suo corpo perfetto, appena parzialmente coperto dal lenzuolo, giaceva abbandonato e nel guardarlo provava uno straziante senso di vuoto al pensiero che non lo avrebbe più sentito dentro di sé.

Quante volte, da quella prima notte d’amore, quelle braccia forti e tenere al tempo stesso l’avevano stretta a quel corpo tanto desiderabile? Quante volte le sue mani l’avevano accarezzata, regalandole sensazioni indescrivibili? Quante volte aveva anelato il contatto con la sua pelle?

Lo aveva capito immediatamente, fin da quella prima notte, immersi nel bianco dei monti del Tirolo, che la passione che aveva provato tra le sue braccia non le sarebbe mai bastata; che da quel momento in poi, donandogli il proprio corpo, ma soprattutto il proprio cuore, lui sarebbe sempre stato con lei, anche se non lo avesse più rivisto.

Era convinta, tuttavia, che quando fosse giunto il momento di lasciarlo – e lei sapeva che quel momento sarebbe arrivato – non sarebbe stato troppo doloroso allontanarsi da lui.

In fondo lui era soltanto un uomo.

Un uomo speciale, d’accordo, che l’aveva fatta sentire donna come mai nessuno prima di allora, ma pur sempre un uomo.

E lei non aveva bisogno degli uomini! Di nessuno di loro.

Quel magnifico esemplare maschile non aveva nulla di diverso da quelli che, prima di lui, avevano posseduto il suo corpo. La sua bellezza e il suo fascino lo avevano reso semplicemente più desiderabile ai suoi occhi, ecco perché con lui aveva provato sensazioni bellissime, contrariamente agli altri, che le avevano sempre suscitato solo  repulsione. Semplicemente lui ci sapeva fare meglio; sapeva blandirla con parole appassionate, mentre la toccava con quelle mani capaci di regalarle il paradiso.

Ogni giorno, da quella prima notte in cui si era lasciata sfuggire quel “ti amo” che gli aveva strappato il più dolce dei suoi sorrisi, continuava a ripetersi questo discorso, per convincersi che non sarebbe stato troppo difficile lasciarlo.

Era costretta a farlo: lui avrebbe voluto sposarla, così le aveva detto. Voleva dei figli… e lei aveva capito ben presto che nessuna spiegazione gli avesse fornito lo avrebbe convinto a desistere dai suoi progetti. Quell’uomo aveva una volontà di ferro e l’unico modo per impedirgli di trascinarla lontano da ciò che sapeva essere il proprio destino, era fargli credere che lo avrebbe assecondato, per poi mettere miglia e miglia di distanza tra loro.

Fuggire, in pratica. Fuggire da lui.

E per riuscire a farlo, scordando l’immagine tentatrice di una vita meravigliosa al suo fianco ad accudire e crescere i suoi figli, non aveva avuto altra scelta che continuare a ripetersi che lui era semplicemente un uomo, come tutti gli altri.

Se lo era ripetuto all’infinito, arrivando ad esserne convinta; ma fino a quel momento non aveva ancora letto quel quadernetto di pelle marrone.

Risvegliandosi dopo aver trascorso la notte tra le sue braccia, non lo trovava quasi mai accanto a sé, ma ad un tavolo, intento a scrivere. Non appena si accorgeva che lei era sveglia, smetteva immediatamente e la raggiungeva, per amarla di nuovo; però qualche volta lei aveva finto di dormire ancora, per osservarlo indisturbata, e lo aveva visto continuare a lungo.

Scriveva rilassato, intingendo lentamente la penna nell’inchiostro e fermandosi spesso a riflettere, quasi a scegliere le parole migliori prima di fissare i pensieri su carta; più di una volta lo aveva sorpreso a voltarsi verso di lei, osservarla per qualche istante e poi tornare a scrivere, come se il solo guardarla gli avesse fatto venire in mente la frase giusta.

Ad un certo punto aveva capito che lui scriveva un diario e a quell’idea si era intenerita e incuriosita al tempo stesso, tanto da chiedergli cos’avesse sempre di così importante da scrivere al mattino; lui aveva replicato divertito che spesso scriveva anche di sera o di notte, ma in definitiva una risposta non gliel’aveva data.

Sapeva essere molto evasivo, quando voleva!

La sua reticenza non aveva fatto altro che aumentare la sua curiosità: mai avrebbe immaginato che l’affascinante Conte André D’Harmòn, l’abile spadaccino, l’elegante e mondano uomo d’affari, nonché il caparbio e impertinente francese che le aveva rubato il cuore, tenesse un diario!

Aveva atteso che sprofondasse nel sonno artificiale, quindi si era alzata dal letto, si era vestita e aveva radunato rapidamente le poche cose che avrebbe portato con sé, pronta a lasciare la Medea al più presto, non appena fosse attraccata a Southampton. Sapeva che l’imbarcazione faceva scalo per poche ore, giusto il tempo per rifornirsi per il lungo viaggio oltreoceano; per questo aveva calcolato con precisione la dose di sonnifero da somministrargli, onde evitare che si svegliasse in tempo per seguirla. L’accordo tra loro era che sarebbero sbarcati entrambi in Inghilterra e da lì avrebbero raggiunto Cluny, dove c’era lo Chateau di famiglia dei D’Harmòn; il tè drogato che gli aveva fatto bere lo avrebbe fatto dormire finché la Medea non fosse stata in pieno Atlantico.

Era ormai pronta e stava attendendo l’arrivo in porto quando lo sguardo le era caduto su alcuni suoi effetti personali appoggiati sul tavolino accanto al letto: sotto il libro che lui stava leggendo aveva scorto il quadernetto di pelle marrone… Con il cuore a mille si era avvicinata e lo aveva preso in mano, sfiorando per un attimo con le dita la copertina, quasi ad accarezzare il ricordo delle sue mani che tante volte avevano aperto quel diario.

Si era sentita una ladra, pronta a carpire i segreti e i pensieri più intimi dell’uomo che, ignaro, dormiva nel letto.

Aveva avuto anche paura ad aprirlo; paura di leggere e scoprirlo diverso da come voleva portarselo per sempre nel cuore. In fondo sapeva bene che in ognuno esiste un lato oscuro, la parte più segreta… spesso la più affascinante proprio perché tale, ma non necessariamente la migliore. Di certo la più vera ma, proprio per questo, anche la più fragile o la meno immaginabile.

Eppure non era riuscita a resistere e lo aveva aperto: immediatamente si era sentita come catapultata nell’intrigante mistero che era la personalità di André François D’Harmòn.

Sulla prima pagina non vi era data, ma solo un pensiero.


La scrittura è un’attività che ha lo scopo di comunicare e fissare i concetti. 

La calligrafia implica un concetto estetico e la rende un’arte che nulla ha da invidiare alla pittura, alla musica o al teatro.

Tramite la calligrafia la scrittura diventa la danza della penna sul foglio, una danza che fa rivivere nel tempo antiche emozioni.




Quelle parole e la sua calligrafia, chiara e al tempo stesso elegante, l’avevano subito affascinata, spingendola a divorare i fogli scritti, uno dopo l’altro.

Il diario iniziava poco prima del loro incontro e le prime pagine riportavano le sue considerazioni alla richiesta di Francesco Giuseppe di andarla ad attendere a Calais. Scoprì che lui credeva di dover lavorare con un uomo e sorrise immaginando la sua sorpresa nello scoprire che l’Inglese che avrebbe dovuto accompagnare dall’Imperatore non era un uomo, ma una donna.

Esponeva dubbi, fatti e pensieri con chiarezza, usando uno stile conciso, pur non privo di una nota poetica insolita in un uomo, espressione inconfondibile della sua profonda sensibilità. Proseguendo aveva ritrovato anche il suo lato umoristico, nonché lo spirito impertinente e un po’ sfacciato che le era sempre piaciuto tanto fin dal primo momento.

Ma quando era giunta alle parole scritte dopo la loro prima notte d’amore, era stato allora che si era resa conto di piangere: André aveva messo in quelle parole la stessa passione con cui l’aveva amata, il medesimo trasporto e l’identico amore che le aveva regalato quella notte stessa.

Poche ore prima si era donata a lui completamente, amandolo senza riserve: voleva che la sua immagine fosse incisa per sempre nel proprio cuore; anche lui l’aveva amata con una passione tale da far ribellare ogni fibra del suo corpo alla sola idea di ciò che stava per fare. Ma, mentre lei era consapevole che quella sarebbe stata la loro ultima notte insieme, essendo stata una sua decisione, per André si trattava di una notte come le altre, una delle tante tra quelle che aveva immaginato nel loro futuro. Eppure l’aveva amata con grande trasporto, come sempre.

Quello era il suo modo d’amarla: intenso, appassionato e coinvolgente. E, a quanto aveva letto nel suo diario, profondamente sentito.

Arrivò sino all’ultima pagina, che recava la data del giorno precedente; le sue parole fiduciose la fecero sentire ancora più in colpa per il dolore che, ormai ne era certa, gli avrebbe provocato al risveglio. Quella consapevolezza le fece prendere una decisione che non avrebbe mai preso per nessun altro uomo.

Voltò la pagina vergata con la sua calligrafia, trovando il primo foglio bianco; intinse la penna nell’inchiostro e iniziò a scrivere.

 





***





“Oh no! Non è possibile…”

“Che ti succede, Mac?”

“Non ci posso credere…” disse di nuovo, sedendosi lentamente, quasi le gambe non la reggessero più.

Stava aspettando Harm che, quando era arrivata, le aveva chiesto cinque minuti per farsi una rapida doccia e mettersi in libertà, prima di iniziare a leggere insieme quelle che sembravano essere le ultime pagine del diario del conte D’Harmòn. Era uscita prima di lui dall’ufficio per passare da casa a cambiarsi, lasciandolo solo a terminare di riordinare le carte dell’Ammiraglio Blackbird. Era stato Harm ad insistere, affinché lei potesse arrivare a casa sua per cena.

Il loro lavoro era finito e l’indomani avrebbero terminato la relazione per l’Accademia Navale; le loro conclusioni sulla vicenda, una volta tanto dopo parecchio tempo, concordavano: Blackbird aveva sì dato un passaggio sulla Medea al conte D’Harmòn e a Lady Sarah, ma era stato per puro caso e certamente senza che questo fatto implicasse contatti tra l’Ammiraglio e l’imperatore Francesco Giuseppe.

A voler ben guardare tutto il lavoro di quelle ultime settimane, dal punto di vista dell’Accademia Navale, era risultato pressoché inutile; non toglieva nulla, ma neppure aumentava il prestigio dell’Ammiraglio Blackbird.

Eppure per Mac quell’incarico che all’inizio le era sembrato un peso, l’aveva coinvolta a tal punto che ora faticava ad allontanarsene.

Merito del diario del Conte.

Leggere quel quaderno con Harm aveva permesso un loro riavvicinamento e le aveva fatto comprendere chiaramente che lui sarebbe sempre stato l’unico uomo di cui era innamorata.

“Allora? Me lo dici che succede?” le domandò di nuovo lui, giungendo dal bagno con un telo blu navy ai fianchi, un altro asciugamano tra le mani con cui si stava frizionando i capelli e goccioline d’acqua che ancora scivolavano sul suo petto nudo.

Quanto avrebbe dato per poter essere una di quelle goccioline!

Harm smise di asciugarsi e la osservò mentre lo stava divorando con gli occhi; con un moto di gioia interiore rimase qualche secondo ancora immobile, in silenzio, poi alzò un sopracciglio e con un sorriso divertito domandò:

“Che c’è?”

Lui si stava riferendo al suo Oh, no! di poco prima, che le aveva sentito pronunciare appena terminata la doccia. Ma a quanto sembrava, in quel preciso istante lei stava pensando ad altro, perché rispose:

“Non ricordavo quanto fossi bello…”

Non aveva agito intenzionalmente presentandosi a lei in quel modo; semplicemente aveva reagito d’istinto, sentendo la sua esclamazione e non ricevendo risposta alla sua prima domanda.

Ma ora era contento di essersi lasciato guidare dall’impulso del momento.

Lei si rese conto di quello che aveva detto e distolse a fatica lo sguardo dal suo corpo, tornando all’argomento principale.

“Oh… nulla. Mi riferivo al diario…”

“Hai sbirciato, vero?” chiese lui con un ampio sorriso.

“Ebbene sì, avvocato, sono colpevole. Ma non ho resistito!”

“E…?”

Lo riguardò, deglutendo vistosamente, prima di dirgli quasi con rammarico:

“Vai a vestirti e raggiungimi. Così, poi, potrai divertirti quanto vorrai a prendermi in giro…”

“Lei lo lascia, vero?”

“Come lo sai? Hai sbirciato prima di me?”

“No, ma me lo sentivo. D’istinto…”

“A te Lady Sarah non è mai piaciuta!”

“Al contrario. Mi piace. Mi piace moltissimo…” e nel pronunciare quelle parole le lanciò uno sguardo intenso, “l’apprezzo per la sua indipendenza, il suo coraggio e anche per la sua fragilità…” aggiunse, riferendosi a Mac.

“Ma hai sempre saputo che lo avrebbe lasciato…”

“Più che altro ho sempre pensato che lo avrebbe fatto soffrire, e molto anche.”

“Ma perché? Si amano… E inoltre Andrè le ha fatto conoscere l’amore…”

“A volte non sempre quello che un uomo fa per la donna che ama è sufficiente…”

“Eppure anche lei lo ama. Io ne ero già convita, ora lo so con certezza. E’ scritto qui. Leggi…”

 

 

Ti scrivo mentre dormi; il sonno che ti ho indotto con il sonnifero non altera la bellezza né la serenità del tuo volto e io non riesco a smettere di guardarti.

Ci devo riuscire, ma gli occhi non obbediscono alla mia volontà.

Ti lascio, André.

So di  aver violato la tua intimità, leggendo questo diario; ma lo rifarei di nuovo, ora che conosco i tuoi pensieri più reconditi e la bellezza del tuo animo.

Il tuo dolore, quando scoprirai la mia fuga, non sarà mai più grande del mio in questo momento e ogni volta che penserò a te: tu avrai solo la mia mancanza, io avrò anche la consapevolezza d’averti fatto soffrire.

So che vorresti aiutarmi, se solo te lo concedessi. So anche che daresti la vita per me: se ancora non lo avevo capito, dopo aver letto il tuo diario non ho più dubbi. Ma la mia vita è troppo complicata. Restane fuori, per il tuo bene.

Non cercarmi. Lasciami andare e segui il tuo destino.

Ogni istante trascorso con te è stato meraviglioso e so che non lo dimenticherò mai, così come so con certezza che il mio cuore ti apparterrà per sempre. Lo hai conquistato tu, André, con la tua dolcezza, con la tua passione e con il tuo amore.

Conserva di me soltanto un ricordo nel tuo cuore. Nel mio non ci sarai che tu.

Non potrò mai scordare l’unico uomo che mi ha fatto conoscere l’amore.

 

 

 


 

 

  
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