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Autore: _dirty_ice    02/07/2012    2 recensioni
«Lo sapevo. Nessuno era al corrente della mia presenza. Nessuno, nonostante io fossi sempre lì, insieme a tutti gli altri ragazzi. Ero solo un fantasma. Un nome scritto con l'inchiostro nero sul registro, una piccola scritta in mezzo a tante altre. A chi potrebbe interessare in fondo, di scoprire cosa c'è dietro a quel nome? E chi sarebbe capace di fermarsi un secondo in quella folla stretta fra i muri freddi del corridoio e accorgersi di quel piccolo essere che sono? Eppure Gerard l'aveva fatto. Non in quella stanza allungata, ma ci aveva comunque fatto caso. Ecco perchè per me era speciale.»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa inizia come la sua solita, monotona, noiosissima giornata.
Lei ne era stanca di questa vita. Sì, ne era stanca. Non sapeva cosa volesse, ma a lei bastava cambiare di una virgola quella fottuta vita. E questo accadde, improvvisamente, in una spenta mattina d'autunno.

------ ∞------
 

 ---Era una nuova mattina. D'ottobre. Rachel si alzò svogliatamente dal letto, dopo un paio di lamentele di sua mamma. Odiava alzarsi presto, quindi il fine settimana rimaneva a letto fino a tardi. Si diresse in cucina con gli occhi socchiusi dal sonno e fece colazione con la solita capiente tazza di latte e biscotti. Si preparò e scese dalle scale con il solito pesante zaino sulle spalle, avviandosi alla solita macchina che l'avrebbe accompagnata alla fermata dell'autobus. Poi salì sul solito mezzo abbastanza trascurato, prese posto vicino ad un finestrino segnato dalla lieve pioggia, e mise nelle orecchie le solite cuffiette. Quelle tracce audio scorrevano lente come quelle goccioline, il suo sguardo impassibile era fisso su quel paesaggio ancora addormentato e spento che non variava mai. Eppure quei pezzi la confortavano, le prendevano le mani e la sollevavano, trascinandola fuori da quel mondo incomprensibile per lei, evadendo nei suoi pensieri. La musica per lei era tutto quello che aveva. Sì, aveva una famiglia, una casa, una vita, ma non era quello che voleva. Forse sottovalutava tutto, forse era solo colpa di quella depressione e tristezza che aveva addosso.
Partì Crash, dei Sum 41. Quanto adorava quella canzone. Non conosceva neanche le parole, ma quelle note e quella voce così calda e rassicurante le facevano venire i brividi. Per niente le solcava il viso una lacrima dagli occhi ora grigi, profondi, ma l'asciugò subito la manina gelida e slavata. Era sensibile, fragile, anche troppo quella piccola ragazza.
Finì la canzone e anche la strada da percorrere, quindi la vettura si arrestò. Scese e si ritrovò di fronte all'entrata di quell'orrendo edificio che cadeva a pezzi che l'accoglieva quasi ogni giorno. Così passarono le ore ascoltando a tratti le lezioni e disegnando su quel banco inciso da lei al bordo. Quando finì l'orario scolastico si diresse all'esterno; si sentì quasi più "libera", avviandosi verso il parco. Mentre camminava calpestava quelle foglie cadute, secche e variopinte, che oltre a creare un gradevole scricchiolìo emanavano ancora l'odore della pioggia. Quando raggiunse il parco si sedette su una panchina e tirò fuori dallo zaino un album da disegno, poi un piccolo astuccio e cominciò a disegnare qualcosa. Abbozzò qualche tratto di matita sul foglio immacolato, che si unirono poi a formare un albero. Ancora qualche sfumatura. Ad un certo punto innalzò il viso dal blocco di fogli davanti a se per riprendere la figura di quell'albero...

 ~Rachel ~
Trovai dinanzi a me, ai miei occhi, un ragazzo con i capelli di un nero intenso fino alle spalle che gli sfioravano delicatamente quel visetto pallido. Aveva dei bellissimi occhi verdi, che in qualche modo mi colorarono un po' quella mattina grigia se non incolore. Non volevo continuare a fissarlo, non era da me. Ma inconsciamente mi incantai. Dio, era così carino. E credevo anche di averlo già visto...ma dove?
Smisi di osservarlo quando lui spezzò il silenzio.
-Ciao.
Mi rivolse un sorriso, amichevole direi.
-C-ciao.
-Che fai?
-Niente di che...scarabocchiavo qualcosa.
Mi tremava un po' la voce. Perchè dovevo essere così timida e impacciata? Eppure non pensavo di esserlo. Dentro mi sentivo più forte, e sentivo che quella forza me l'aveva data la musica, anzi, lo sapevo. Interruppi i miei pensieri insensati quando senza neanche che me ne accorgessi mi sfilò l'album dalle mani. Non sopporto quando mi levano la roba dalle mani, soprattutto quando sono dei miei disegni. Stavo quasi per riprendermelo un po' bruscamente ma...
-Mmh, disegni bene.
-Non è vero. Sono solo...disegnucci.
Sfogliava il blocco esaminando ogni disegno, interessato. Ancora mi frullava in testa l'idea di riprendermelo, così mi alzai quando mi ricordai dove pensavo di averlo già visto.
-Hey, questo mi assomiglia!
-Cosa?!
Ora ricordavo. L'avevo ritratto quando un giorno di questi non sapevo cosa fare, e lui se ne stava seduto sulla panchina dove pochi secondi prima ero seduta io. Ero molto impicciata, e questa volta non mi trattenni a strapparglielo dalle mani.
-Scusami. Ero curioso.
Sfoderò un altro sorrisetto. Cosa gli potevo rispondere? Non lo sapevo, così rimasi impalata senza aprir bocca.
-Anche a me piace disegnare. Tu frequenti la stessa scuola o sbaglio?
-Sì, probabile.
-Okay.
Che momento imbarazzante. Non solo lui aveva fatto la figura dell'idiota, io ero rimasta come congelata e non sapevo cosa cazzo sparare.
-Devo andare ora. Ciao.
Ficcai le mie cose nello zaino e mi tolsi dai piedi più in fretta che potevo. Ecco cosa facevo in quelle situazioni. Lasciavo lì le persone senza un motivo apparente, perchè scappare era la strada più facile da imboccare. E tutto per colpa del mio stupido carattere che mi trascinava nella solitudine.

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Note dell'autrice: Spero vi sia piaciuta, almeno un po' *sigh*
Mi piacerebbe lasciaste un commentino sotto, sono accettatissime le critiche. Detto questo...sciau! C:
  
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