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Autore: ObliviateYourMind    03/07/2012    4 recensioni
Cosa accadrebbe se un giorno Hayley sparisse dalla memoria di chi la conosce, se nessuno più si ricordasse di lei ad eccezione della sua famiglia? È quello che ho provato ad immaginare.
Nota: la storia si svolge quando i Paramore non erano ancora famosi.
Spero vi piaccia.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hayley Williams, Jeremy Davis, Josh Farro, Nuovo Personaggio, Zac Farro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WHO ARE YOU?

 

 

I think we have an emergency
I think we have an emergency

and I can't pretend that I don't see this

 

Quel giorno mi svegliai stranamente di buon'umore. Di solito quando la sveglia suona, annunciandomi che è arrivato il momento di abbandonare il mio comodo letto, io non faccio altro che metterla a tacere e tornare a dormire.

Sarà perché quella mattina sapevo di dovermi recare alla sala prove e non a scuola, che invece di poltrire come avrei fatto gli altri giorni, scostai velocemente le coperte, infilai le ciabatte azzurre e, con fare incerto, mi avviai verso il bagno.

Raggiunsi il lavandino, e proprio mentre stavo per sciacquarmi la faccia con un po' d'acqua fresca, il mio sguardo si fermò per un attimo su quel viso riflesso nello specchio.

I miei occhi color nocciola sembravano brillare, colpiti dalla luce che penetrava dalla finestra.

Le mie labbra, secche, erano piegate in un abbozzo di sorriso; i capelli rossi, tutti arruffati, incorniciavano il mio viso pallido.

Gettai un'occhiata all'orologio bianco appeso alla parete e per poco non mi sentii male: erano già le otto e trenta, ed io avrei dovuto incontrare i ragazzi alle nove in punto in sala prove, che si trovava a venti minuti di macchina da casa mia. Mi pettinai velocemente, indossai i primi vestiti puliti che riuscii a trovare nell'armadio e, dopo essermi infilata ai piedi le mie adorate Converse blu, scesi le scale correndo.

Sul pianerottolo incontrai mia madre che stava innaffiando una pianta fiorita.

«Ciao Hayley! Dove stai andando?» mi chiese lei, sorridendo.

«Oh, ciao mamma. Non ti ricordi? Devo andare a provare stamattina! I ragazzi mi aspettano per le nove, forse se parto subito riuscirò ad arrivare in tempo»

«Ah, senti, a proposito: non è che potresti fare un salto da Bentley's a comprare alcune cose prima? Tieni, ecco i soldi» disse mia madre, porgendomi una banconota.

«Senti mamma, sono in ritardo, non posso. Chiedi a papà di andare!»

«Ma non può, adesso è fuori con tua sorella, e non tornerà prima di oggi pomeriggio...mi serve del latte per fare la torta che dobbiamo portare a tua nonna» disse mia madre con sguardo implorante.

Mi rassegnai al fatto che avrebbe continuato a insistere finché non avessi acconsentito, e dato che restando lì avrei solo peggiorato la situazione, corsi in cucina, afferrai una brioche al volo e corsi fuori, facendo sbattere la porta dietro di me.

Sentii la voce di mia madre proveniente dall'interno che mi urlava alcune raccomandazioni, le stesse che ogni mamma fa al proprio figlio quando lo vede uscire di casa.

Soffocai una risata e, con passo veloce, mi diressi verso il market che si trovava proprio dietro l'angolo, a duecento metri da casa mia.

Giunta davanti alla vetrina, mi ritrovai a sperare che John, il commesso, non fosse in vena di chiacchiere quel giorno. Ero già abbastanza in ritardo, ci mancava solo quello.

Spinsi la porta con troppa violenza, infatti il campanellino posto in cima tintinnò talmente forte che tutti i presenti si voltarono a guardarmi. Io feci finta di niente, afferrai uno dei cestini di plastica rossa e mi addentrai fra gli scaffali.

“Il latte, il latte...” mormorai tra me e me intenta a cercare il reparto frigo. Quando finalmente lo trovai, decisi di acquistare tre bottiglie, per precauzione. “Non si sa mai, magari poi una non è sufficiente e mia madre mi rimanda indietro a comprarne ancora. Mmh, meglio di no”

Buttai le bottiglie dentro al cestino e mi diressi velocemente verso la cassa.

John era intento a controllare il registratore di cassa.

“Fa che non mi fermi, fa che non voglia parlare...” dissi implorante dentro di me.

«Buongiorno signorina» mi salutò John, alzando lo sguardo da alcuni vecchi scontrini.

“Come mai tutta questa formalità? Che c'è, non mi riconosce più? Forse è solamente stanco, può capitare” pensai.

«Ah..ehm... ciao, John» risposi, imbarazzata.

Il commesso mi guardò scontrosamente, quasi come se fosse arrabbiato per qualcosa, poi, perplesso, abbassò la testa e guardò il cartellino con il nome appeso al taschino della sua camicia, borbottò qualcosa di incomprensibile e cominciò a far passare le mie bottiglie davanti al sensore.

bip

bip

bip

«Sono quattro dollari e venti centesimi» disse John, fissandomi in modo strano.

Pagai, riposi le bottiglie in una busta di plastica gialla che mi venne data ed uscii.

“Che strano comportamento aveva oggi John... di solito mi saluta in modo amichevole e cerca di trattenermi per parlare” pensai, confusa.

Corsi fino a casa; col fiatone consegnai il latte a mia madre che mi ringraziò e mi disse di tenere il resto. Guardai l'orologio: mancavano quindici minuti alle nove, perciò decisi che avrei fatto meglio ad aspettare un autobus.

“Tanto, la fermata si trova proprio di fronte a casa di Josh, fortunatamente”

Dopo dieci minuti, finalmente, la mia attesa venne ricompensata e riuscii ad arrivare a destinazione con solo cinque minuti di ritardo.

“Che fortuna! Spero solo non siano arrabbiati, in fondo Jeremy arriva sempre in ritardo...” pensai, leggermente sollevata.

Mi avvicinai al portone e suonai il campanello, quando sentii un suono familiare provenire dall'interno dell'abitazione. Capii subito che si trattava di una delle nostre canzoni, “Emergency”.

La porta si aprì silenziosamente e una donna dai capelli scuri si affacciò sorridendomi.

«Salve, cosa desidera?»

«Buongiorno, signora Farro! Posso entrare? Mi sembra che i ragazzi abbiano già cominciato...» dissi io, cercando di guardare dentro casa.

Iniziavo a sentirmi piuttosto nervosa. “Cosa significa: salve, cosa desidera? Sono Hayley, cavolo! Non si ricorda più? Sembra che tutto il paese stamattina sia ancora addormentato!” pensai.

«Scusa, perché mai dovresti entrare? E come fai a conoscermi?» mi chiese la madre di Josh, guardandomi sospettosa.

«Devo-cantare-con-i-ragazzi» dissi con voce ferma. Cominciavo ad arrabbiarmi.

Cos'era, uno scherzo?

«Va bene, entra – disse la donna spostandosi -, forse mio figlio ti riconosce, va' da lui. È l'ultima porta a destra»

Finalmente misi piede dentro casa; percorsi in fretta quel corridoio che conoscevo così bene, e quando arrivai di fronte al portone tagliafuoco che conduceva in garage, spinsi forte la maniglia e feci il mio ingresso.

 

«Ragazzi, ciao.. sono qui, scusate il ritardo, davvero! - cominciai a dire mentre richiudevo la porta – mia mamma mi ha chiesto di and-»

Le parole mi si spensero in bocca nell'istante in cui sollevai lo sguardo e vidi ciò che si trovava di fronte a me.

Nella stanza in effetti c'erano i miei amici, ognuno con in mano il suo strumento.

Furono due, però, le cose che mi fecero restare allibita.

La prima era che Josh, Jeremy e Zac mi guardavano in modo molto strano: l'espressione stupita, gli occhi sgranati, come quando incontri qualcuno che non ti aspettavi proprio di vedere.

La seconda, quella che più mi fece infuriare, era che al centro della stanza, con un microfono in mano, c'era una ragazza. Una ragazza dai capelli castani. Indossava una maglietta color giallo fluo, un paio di shorts in jeans e delle converse nere tutte rovinate. Anche lei mi fissava, ma il suo non era uno sguardo di stupore: era uno sguardo di odio.

«Ragazzi, che cosa succede? Chi è questa?» chiesi, indicando la ragazza.

Zac si alzò in piedi, si allontanò dalla batteria e venne verso di me dicendo: «Lei si chiama Kara, ed è la cantante del nostro gruppo. Piuttosto, ci piacerebbe sapere chi sei tu, che interrompi le nostre prove in questo modo»

«Ahahahahah – cominciai a ridere -, ditemi che è uno scherzo, vi prego!»

«Q-quale scherzo?» chiese Jeremy imbarazzato.

«Dai ragazzi, per favore, oggi non ho voglia di scherzare, ma solo di cantare». Fu in quel momento che mi ricordai che la misteriosa ragazza teneva in mano un microfono. Lo guardai meglio: era il mio microfono.

«Okay, okay, adesso basta. Ridammi il mio microfono, per favore» dissi.

«Scusami, perché mai dovrei darti qualcosa di mio? Chi sei tu? Se non l'avessi notato stavamo provando prima che arrivassi» mi rispose la ragazza con voce acida.

 

Cominciai a preoccuparmi seriamente.

I miei amici non mi avrebbero mai fatto uno scherzo del genere, ne ero certa.

Una bruttissima sensazione di panico cominciò a farsi strada dentro di me.

«Ra-ragazzi, per favore. Cos'è questa storia?» dissi, gli occhi colmi di lacrime.

«Adesso ne ho abbastanza – disse Josh, avvicinandosi alla porta -, ora chiamo mia madre»

“Cosa? Non è possibile! Deve essere uno scherzo!” pensai terrorizzata.

«MAMMAAA!! - gridò Josh -, VIENI, PER FAVORE!!»

La madre del mio amico arrivò tutta agitata, aprì la porta ed entrò.

«Guarda mamma, io non ho idea di chi sia questa ragazza. Perché l'hai fatta entrare?» disse Josh, arrabbiato.

«Tesoro, credevo fosse una tua amica... lo sai che a volte fatico a riconoscere i tuoi vecchi compagni di scuola»

«Beh, nessuno di noi sa chi sia, quindi per favore portala via. Vogliamo suonare in pace»

«Josh, non mi riconosci? E tu, Jeremy? - dissi disperata – S-sono Hayley, la cantante del vostro gruppo, i Paramore! Zac, almeno tu sai chi sono, vero?» dissi rivolta al mio amico.

«Ehm...veramente non ricordo chi tu sia, mi dispiace» rispose lui con voce triste.

Cominciai a singhiozzare.

La madre di Josh mi mise una mano attorno al braccio e fece per condurmi fuori dalla stanza.

«Vieni, ti accompagno fuori» disse gentilmente.

Guardai stupefatta i miei amici e poi la ragazza. Una rabbia che non avevo mai provato crebbe dentro di me. Con un balzo in avanti, afferrai i capelli di Kara e li tirai forte.

«PUTTANA! Vattene! Questo è il mio posto!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola, graffiando la pelle della ragazza e strappandole ciocche di capelli.

Quattro paia di mani accorsero in aiuto della povera ragazza e riuscirono a dividerci.

Josh e Zac mi presero per le braccia e mi portarono fuori con la forza.

«Non è possibile!! Tutto questo non è vero!!» urlai.

I miei amici mi spinsero fuori dal portone d'ingresso, e dopo pochi secondi accorse la madre, il volto paonazzo.

«Senti, non farti più vedere, okay? Sei fortunata, non sporgerò denuncia. Ma se ti vedo ancora qui a casa mia chiamo i Carabinieri, intesi?» mi intimò la donna in tono minaccioso.

«V-va bene, signora. Non mi vedrete più, se è quello che volete»

Guardai per l'ultima volta coloro che pensavo di conoscere, domandandomi in cuor mio cosa mai fosse successo.

Piangendo disperata, mi avviai lentamente verso la fermata dell'autobus, e attesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Driiiiiiiin driiiiiiiiin driiiiii-

La mia sveglia suonò, emettendo quel rumore stridulo che tanto detestavo.

Aprii gli occhi incrostati e mi guardai attorno: mi trovavo al sicuro, nella mia camera da letto.

“Per fortuna che era solamente un sogno. Penso che sia il più brutto incubo che abbia mai fatto”

Feci un respiro profondo tentando di scacciare dalla mia mente tutto ciò che ricordavo.

Il commesso John che non mi riconosceva, l'aggressione a Kara, la presunta nuova cantante dei Paramore...

Il mio cuore batteva forte contro la mia cassa toracica, non accennava a calmarsi.

Scesi dal letto, barcollai verso il bagno e mi bagnai il viso con acqua ghiacciata.

“Meno male che era solo un brutto sogno” continuai a ripetermi.

All'improvviso, la voce di mia madre risuonò dal corridoio.

«Hayley, tutto bene? Senti, non è che stamattina potresti fare un salto da Bentley's a compare del latte?»

Fissai il mio stesso volto nel riflesso appannato sullo specchio.
 






Credits: la canzone citata all'inizio è Emergency dei Paramore.

Angolo dell'autrice: salve a tutti, ho scritto questa fanfiction soprattutto per fare un esperimento, dato che si tratta della mia prima storia sui Paramore. Sinceramente ero stufa delle solite Joshley, quindi mi sono ingegnata per creare qualcosa di originale (poi magari l'esperimento non è riuscito, ahah xD).
L'idea mi è balenata nella mente in un momento di frustrazione legato a vicende personali, quindi sappiate che si tratta di una storia estremamente personale, che mi è uscita dal cuore.
Beh, dato che se state leggendo questa nota probabilmente avrete già letto anche la storia, vi invito a dirmi cosa ne pensate tramite una recensione, che fa sempre molto piacere ;D
ultimissima cosa: se vi è piaciuto questo mio scritto vi invito a leggere anche l'altra mia storia in corso, si chiama I was born for this ed è originale anche se in un certo senso c'entrano anche i Paramore.
Okay, grazie dell'attenzione, alla prossima! ^-^
Lunga vita ai Paramore!
Giulia

   
 
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