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Autore: Angel TR    04/07/2012    5 recensioni
{Pre T6; TBV}
Jin lanciò un breve sguardo a Kazuya, che gli stava di fianco e combatteva ”insieme” a lui contro Heihachi.
Aveva il volto contratto dalla rabbia e un ghigno sulle labbra, e menava pugni con una violenza inaudita senza mai fermarsi,
come se la stanchezza avesse talmente paura di lui da non sfiorarlo neppure;
solo con un’occhiata più attenta, Jin poté notare i sottili rivoli di sudore che gli colavano lungo il viso.
Solo allora si permise di guardare l’occhio rosso di Kazuya che mandava bagliori sinistri.
E allora anche Kazuya lo guardò, ghignando, e gli fece un cenno con la testa
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Devil Jin, Heihachi Mishima, Jin Kazama, Kazuya Mishima
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ashes denote that Fire was'
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THE HOWLING


Is this the ending of what
we’ve begun?
Will we remember what we’ve done wrong?

When we start killing
It’s all coming down right now
From the nightmare we’ve created
I want to be awakened somehow

When we start killing it all will be falling down
From the Hell that we’re in
All we are is fading away
When we start killing...

Within Temptation - The Howling


Lo iniziò a pensare mentre si stavano colpendo a vicenda.
Pugno dopo pugno.
Calcio dopo calcio.
Goccia di sangue e sudore dopo goccia di sangue e sudore.
Ondate di rabbia che si espandevano nell’aria; ed essa si ritraeva, come spaventata dall’intensità delle ondate stesse. Il tempio avrebbe retto un altro po’, poi avrebbe ceduto sotto la forza dei loro colpi.
Pensò: Loro sono la mia famiglia. E nel momento in cui lo pensò, si rese conto che non avrebbe voluto vederli mai più ma, purtroppo, per quanto lo desiderasse, il destino li rigirava come pupazzi, mettendoli l’uno contro l’altro, e i loro poli opposti s’incontravano, anzi, si scontravano proprio come quelli delle calamite, man mano in modo sempre più violento.
Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto sopportarli?, si chiese.
Jin lanciò un breve sguardo a Kazuya, che gli stava di fianco e combatteva insieme a lui contro Heihachi. Aveva il volto contratto dalla rabbia e un ghigno sulle labbra, e menava pugni con una violenza inaudita senza mai fermarsi, come se la stanchezza avesse talmente paura di lui da non sfiorarlo neppure; solo con un’occhiata più attenta, Jin poté notare i sottili rivoli di sudore che gli colavano lungo il viso. Solo allora si permise di guardare l’occhio rosso di Kazuya che mandava bagliori sinistri.
E allora anche Kazuya lo guardò, ghignando, e gli fece un cenno con la testa. Jin distolse gli occhi e tornò a colpire Heihachi, più forte di prima, come se, concentrandosi su ogni calcio e pugno che sferrava a quel vecchio pazzo, potesse attenuare quella sensazione stupida e pungente di avere ancora quegli occhi strani a due colori puntati addosso. Quegli occhi dicevano ”Siamo in due contro uno, ma ancora per poco.”
Jin rabbrividì e una vocina nella sua testa iniziò a sussurrargli parole di morte. Non adesso, pensò lui. Voglio vedermela da solo. Scegli bene quando intervenire, perché questa sarà l’ultima battaglia che combatterai!. La vocina ridacchiò e Jin digrignò i denti. Già Heihachi lo impegnava parecchio, non poteva reggere un’altra “guerra”! Proprio nel momento in cui elaborò quel pensiero, Kazuya gli sferrò un pugno in pieno volto, schierandosi automaticamente dalla parte di Heihachi. I due si scambiarono un’occhiata… e sogghignarono, e Jin capì che avrebbero tentato di farlo fuori a tutti i costi. Lo reputavano un errore, il terzo incomodo. Poteva quasi leggere nei loro pensieri, immaginò che si andassero formulando nell’aria in vignette sopra le loro teste. In quella di Heihachi c’era scritto “Un ragazzino col gene Devil… ah, ancora per poco! Tra un po’ sarà mio”; in quella di Kazuya, Jin poteva leggere parole di disprezzo e di scherno.
Si rialzò da terra, senza togliere gli occhi di dosso ai due Mishima che avanzavano, sempre con quel mezzo sorriso intimidatorio sulle labbra; e per un passo che lui indietreggiava, loro si avvicinavano. Poi, con una velocità fulminea, alzarono un pugno e lo colpirono prima che lui potesse difendersi, mandandolo a schiantarsi di nuovo contro il suolo.
Jin sentì la terra muoversi, o forse era solo una sua impressione.
No… il pavimento si stava spaccando in mille pezzi; le assi crollarono, e Jin si ritrovò a mezz’aria. Kazuya ed Heihachi lanciarono un’urlo rabbioso: sicuramente erano fuori di testa perché lo avevano avuto in pugno… e, a causa del pavimento, i loro sogni si erano infranti proprio un secondo prima di diventare realtà. Jin iniziò a menare pugni a destra e a sinistra, chiudendo gli occhi, senza capire chi – o cosa – stesse colpendo e sperando tanto che fosse Kazuya o Heihachi il destinatario del suo pugno.
Poi la testa sbatté contro le assi di legno del pavimento, stordendolo, e Kazuya ed Heihachi gli furono sopra e, mentre le loro figure si macchiavano di nero, lo tempestarono di calci e pugni. Stava avendo la peggio. Dal piano di sopra, altre assi si staccarono e piovvero sui tre, e una colpì proprio Kazuya, permettendo a Jin di prendere una boccata d’aria.
Ragazzino, quei due marmocchi mi stanno dando sui nervi. Sono fastidiosi, non trovi?
Jin rotolò sul pavimento, giusto in tempo per sfuggire ad un’altra asse. Non gli rispose. Quella era una guerra su due fronti: da una parte i due Mishima, dall’altra lui. Se qualcuno gli avesse chiesto chi avrebbe scelto tra loro, Jin non aveva dubbi: avrebbe scelto mille volte i Mishima. Erano più tranquilli e gestibili… rispetto a lui.
Oh, ma come siamo suscettibili oggi! Addirittura preferisci gli umani a me? Mi sento offeso a morte… ma forse cambieresti idea se solo mi lasciassi fare… Jin si voltò, e si ritrovò il viso autoritario di Heihachi, distorto in un ghigno, davanti agli occhi. Era spalle a muro. Avanti, piccolo, lasciami prendere il controllo…

La sua mano si richiuse sul collo del ragazzo. Heihachi contemplò il viso di Jin farsi cianotico. Aveva smesso di dimenarsi. Heihachi sghignazzò. Socchiuse gli occhi, lasciando che il piacere si espandesse in ogni fibra del suo essere, poi li riaprì subito: non voleva perdersi nemmeno un secondo di quella meravigliosa scena. Heihachi si sentì all’apice del potere e la sua mente si permise di mostrargli un se stesso diverso, con il gene Devil che gli ribolliva nelle vene, immenso, a capo della Mishima Zaibatsu, che sguinzagliava l’esercito della Tekken Force contro Kazuya, come un allevatore cattivo scatena i suoi rottweiler.
Ben presto l’ultimo Mishima rimasto sulla faccia della Terra sarebbe stato lui.
L’euforia lo invase e gli fece dire «Povero ragazzo! Tra un po’ ti ritroverai sotto i ferri! Sai cosa ti faranno? Ti stracceranno quei begli addominali che hai, giusto perché lo voglio io, infatti non servirà ad estrarre il gene Devil, no!, servirà solo a farmi fare quattro risate, perché ti faranno tutto ciò da sveglio! Sei contento? Di’, ragazzo, sei contento? Rispondi!» Lui digrignò i denti. Heihachi sentì le vene del collo di Jin tendersi sotto la sua mano. «E, poi, prenderanno il gene Devil e lo trasferiranno nel mio sangue. Sarà mio. Tutto quel potere sarà mio. Non è quello che hai sempre desiderato, ragazzo?»
Una goccia di sudore scese leggera dalla fronte aggrottata di Jin alla guancia morbida, poi al collo teso, fino a bagnare il petto affannoso coperto a malapena dai brandelli di una costosa camicia. Boccheggiando, disse «Ho un nome… Jin»
Heihachi sbuffò «E il mio è Heihachi. Come si chiama lui, invece?» Chiese, indicando con un cenno della testa il marchio sul braccio sinistro di Jin. «Mi piacerebbe fare la sua conoscenza, immagino sia molto più interessante di te!» Venne scosso da una risata che si trasformò ben presto in tosse.

Jin, sii cortese, ha detto che vuole conoscermi: non facciamolo aspettare, credo che gli rimangano pochi istanti di vita. Non fraintendermi: a malapena riesce a ridere senza tossire! Su, mi hai capito. Fammi fare la conoscenza di quest’amabile vecchietto così sicuro di sé…

«Heihachi!»
Heihachi si girò e Kazuya lo colpì in viso. Era caduto in pieno nella trappola. Jin era suo: l’osservò crollare lungo il muro. Solo lui doveva ucciderlo, quel vecchio impiccione doveva stargli alla larga. Tra un po’ lo avrebbe tolto di mezzo, così lui avrebbe avuto l’occasione di combattere testa a testa con Jin… sperando che avrebbe lasciato il gene Devil prendere possesso della sua mente. E poi anche Kazuya lo avrebbe fatto, quindi avrebbe conquistato il suo potere, perché Jin non riusciva a controllare il gene Devil, e Kazuya non poteva proprio immaginare di perdere contro…Devil Jin. Era troppo debole per lui. Insomma, era un ragazzino!... mentre lui aveva il pieno controllo sul gene Devil e questo andava nettamente a suo favore.
Sì. Sì, aveva già vinto.
Kazuya ghignava mentre Heihachi lo colpiva senza risultati. Questi smise subito, rendendosi conto dell’imminente trasformazione. «Bene, figliolo! Finalmente! Avete mai sentito di un uomo che sconfigge due diavoli? No?! Allora ne sentirete parlare…» abbaiò con quel suo vocione «…dall’Inferno!»
Kazuya inarcò un sopracciglio. «Smettila di aprire la bocca per dire solo idiozie e passa all’azione…»
Chinò la testa. Sentì il potere del Gene mettersi all’opera ed abbracciare ogni sua molecola, ogni fibra; lo sentì scorrergli nelle vene, facendo ribollire il suo sangue, e lo sentì arrivare fino al cervello, dove cercò di prendere il controllo ma si sottomise subito al volere del suo possessore.
Non era più il gene Devil a possedere Kazuya, ma il contrario.
Quando finalmente quella trasformazione interna fu completata, due ali spaventose bucarono la schiena di Kazuya ed egli ghignò, mentre le corna spuntavano ai lati della testa, accerchiato da un’aura maligna che lo avvolse fino all’ultimazione della sua metamorfosi. Allora spalancò le immense ali viola e si librò in volo, e con i suoi occhi dello stesso colore del sangue degli uomini guardò dritto in quelli scuri di Heihachi, e disse «Allora…credi ancora di potermi battere?»

Oh... Io sono diverso! Perché? Aspetta, lo so. Perché lui ha il potere… il Potere Supremo...
Taci, gli intimò Jin. Taci o mi noterà. Non voglio combatterlo… pur essendo costretto.
Ciò che vuoi tu, umano, conta poco.
Non fare il gradasso solo perché Kazuya si è trasformato e adesso c’è un altro mostro in più a me!
Almeno io sono un bel mostro.
Jin non si mosse. Restò accasciato contro il muro, come svenuto.

Heihachi era euforico.
Heihachi lottava contro il diavolo ed era euforico.
Si sentiva potente – ora più che mai – mentre riusciva a tener testa a Kazuya. Nella sua mania di grandezza, nella sua vanità, non si era reso conto che il diavolo stava solo giocando con lui, lo stava schernendo, stuzzicandolo come il gatto fa col topo, e che ben presto le tenebre che tanto lo affascinavano lo avrebbero avvolto in un sonno senza fine.

Cosa stai facendo?! È solo uno stupido umano! E poi ha cercato di ucciderti. Non lo odi?
Jin si rialzò. Probabilmente un altro ragazzo al posto suo ora sarebbe morto sotto l’intensità e la potenza di quei colpi sovrannaturali. Heihachi aveva una forza inumana eppure voleva sempre di più, sempre di più, come se in qualche modo si sentisse inferiore a lui ed a Kazuya. In fondo, il gene Devil era sempre stato il suo punto debole. Lo desiderava senza limiti, senza rendersi conto di quanto potesse essere nocivo e devastante per un corpo ed una mente umana. Senza rendersi conto di quanto potesse distruggerlo. Quello che credeva essere il suo accesso all’immortalità era in realtà una spada che gli avrebbe tranciato l’anima.
E allora perché stava andando a salvarlo?
Voleva ucciderti. Non credere di riuscire a prendere il controllo su di me. Non credere che io lo salverò… Cosa credi di fare? Vuoi battere Devil Kazuya senza il mio aiuto? Sciocco umano. Ti spezzerà in due.
Jin barcollò un’attimo, poi, più sicuro, avanzò e, con un urlo, si avventò su Devil Kazuya. Ma prima che il suo pugno potesse raggiungere la pelle coriacea dell’essere, questi lo bloccò e si girò verso di lui con un ghigno.
Era quella la fine che doveva fare? Jin sospirò. Sapeva che prima di morire, il Gene avrebbe preso il sopravvento, avventandosi sul suo ultimo respiro vitale per essere ancora vivo e potente e glorioso. Guardò Heihachi che stava ancora sorridendo, come se quella fosse la cosa migliore che avesse mai fatto… e visto, riferendosi a Devil Kazuya. Jin provò un istintivo moto di rabbia. Era lui che aveva iniziato tutto ciò… lui! Era solo lui da incolpare! Solo lui… sarebbe dovuto morire… mettendo così fine a quella generazione maledetta.
Bravo, Jin, bravo. Ora inizi a ragionare. Anche se non sono esattamente d’accordo. Se non fosse stato per quell’insulso umano, adesso non saremmo qui e io non potrei uccidere tutti e prendere tutto questo smisurato potere che c’è in giro. È davvero una tortura non poter fare niente, sai?
Basta!
Fa male?
Vorrei non essere mai nato.

Devil Kazuya strinse la presa sul pugno di Jin. Gli avrebbe frantumato le ossa! «Così è troppo facile» iniziò «Così non è divertente. Perché non ti trasformi?»
Jin lo guardò e provò ribrezzo. Era anche lui così quando si trasformava? Quegli occhi rossi, rossi come l’Inferno in cui si trovava. E quei denti: li immaginò affondare nella sua carne e stracciarla. Lo sguardo gli cadde sulla cicatrice che spiccava vivida sul torace muscoloso. E di nuovo pensò che era tutta colpa di Heihachi.
Adesso li avrebbe ammazzati entrambi?, si chiese. O forse sarebbe stato il suo Gene a prendere il controllo e farlo diventare un mostro come quello che adesso gli stava per spaccare la mano? E li avrebbe uccisi tutti, lo aveva promesso… e lui sarebbe diventato un assassino. Ma non lo era già? Chissà quante persone aveva ucciso, nella follia del gene Devil. E con quel piano che aveva in mente, non lo sarebbe diventato?
A che pro nascere, se la vita doveva essere quella battaglia senza fine? Un ricordo gli guizzò nella mente: Heihachi che moriva dal ridere davanti a lui e a Kazuya. Cos’aveva detto? I Mishima vivono per combattere: questo è il loro destino! Era veramente così? Aveva ragione? O era stato lui a deciderlo, rinchiudendo Jinpachi e facendolo diventare un mostro, buttando Kazuya dal burrone e facendo diventare un mostro anche lui?
Un altro ricordo, che sembrava appartenere ad un’altra vita, gli si presentò davanti: lui che si trasformava dopo che Heihachi lo aveva sparato alla tempia. Eppure non lo aveva ucciso. Nemmeno due anni dopo, quando lo aveva incatenato. Insomma, forse lui, Jin Kazama, era un’eccezione alla regola? Forse per lui il destino era diverso. Il suo cognome non era Mishima, ma Kazama. Doveva pur fare una differenza…
«Allora? Ti sto per ammazzare: inizio col frantumarti una mano. Guarda, Jin...» Detto questo, gli sorrise mettendo in mostra i denti aguzzi mentre stringeva il pugno, frantumandogli le ossa della mano. Jin lanciò un urlo disumano. Non aveva mai provato un dolore simile. Vide rosso, rosso come il sangue che stava schizzando dappertutto. Gli sembrò irreale. Aveva davvero perso una mano?
«Perché non ti trasformi?! Voglio divertirmi un po’! Invece tu mi stai solo annoiando.»
Se si fosse trasformato, gliel’avrebbe data vinta. Voleva dimostrargli che poteva sconfiggerlo anche senza gene Devil. Aveva sconfitto Ogre, avrebbe sconfitto anche lui. Da solo.
Sei patetico. Ogre… Ogre era diverso. C’era la forza della rabbia a guidarti, la sete di vendetta. Ora dimmi, Jin Kazama, cosa ti guida?
«Lo sento! Perché allora…? Aspetta un attimo. Hai forse un po’ di controllo sul gene Devil? Ora sì che il gioco si fa divertente!»
Oh, se sapessi quanto voglio combatterli! Ti pentirai di esserti preso gioco di me.
«No» sussurrò Jin con voce roca.
«No cosa? Non vuoi morire? Basta che ti trasformi. Stammi a sentire. Trasformati. Lascia che il Gene del Diavolo prenda il controllo su di te, Jin. Avanti. Trasformati.» La sua voce adesso era come un rollio ipnotico e gentile. Sembrava essere davvero preoccupato, davvero voleva consigliarlo. Bastava poco e…
Mi sono scocciato di starmene buono buono qui, umano. Mi prenderò tutto quanto!
Poi, per Jin fu il buio più totale.

Un urlo squarciò l’aria.

Heihachi era estasiato. Andava di bene in meglio! Prima Kazuya, ora Jin. Era davvero uno spettacolo gratuito, molto meglio dei teatrini delle geishe. Osservò bene Devil Jin: era molto diverso da Devil Kazuya, e aveva negli occhi uno scintillio diverso. Sembrava più, come dire, angelico. Avrebbe potuto fare l’osservatore di portatori del gene Devil tanto era attento ai dettagli!
I due diavoli si attaccarono a vicenda: la coda di Devil Kazuya frustò la schiena di Devil Jin, senza danni apparenti. Devil Jin sorrise.
Era un mostro meraviglioso.
Heihachi si riparò dietro una colonna, dove nessuno poteva disturbarlo, e si godette lo show. Quello era davvero un gran giorno. Non sapeva proprio su chi scommettere. Entrambi sembravano sicuri dei loro poteri. Entrambi sembravano sicuri di vincere.
Avrebbe voluto poter partecipare; si immaginò devastarli. Il cuore batté più forte.
Gli era venuta un’idea davvero grandiosa: il primo che sarebbe crollato, lui l’avrebbe rapito e portato via, nel laboratorio, dove avrebbero estratto il Gene; anzi, no, prima lo avrebbero analizzato. Sai che spasso! Devil Kazuya come animaletto domestico, rinchiuso in una gabbia a prova di diavolo. Doveva solo chiamare il suo esercito; gli avrebbero obbedito comunque, anche se era Jin il capo della sua Mishima Zaibatsu. Quel pensiero lo fece arrabbiare.
Cambiò piano.
Li voleva entrambi in una bella gabbia nel suo ufficio.
Tornò a concentrarsi sulla realtà. Devil Jin aveva appena dato un pugno a Kazuya, sbattendolo lontano. Si rannicchiò e poi, con un ringhio, lanciò un raggio laser che distrusse il muro del tempio. La sua voce era quella di Jin, ma più tonante e profonda. Heihachi era affascinato. Sperò che combattessero davanti a lui. Nella sua mente si formò di nuovo la fantasia dei due diavoli in gabbia. Magari avrebbe potuto farli combattere ogni sera per lui…

«Com’è possibile?» Devil Kazuya era distrutto. Ansimava. Non avrebbe mai immaginato che quel maledetto fosse più potente di lui!
«Cosa c’è? Credevi che non potessi controllarmi? Oh, povero illuso.» Devil Jin si passò una mano tra i capelli, guardandolo affranto. Lo stava deridendo.
Devil Kazuya doveva – e voleva – ucciderlo. Caricò il raggio laser ma Devil Jin gli fu vicino in un secondo e con un pugno fortissimo lo scaraventò di sotto.
Mentre cadeva, lo sentì dire «Se questo è tutto il tuo potere, non so che farmene!»
Con le ultime forze che gli rimanevano, Devil Kazuya volò via, verso un posto dove avrebbe potuto riprendere le forze.
Sarebbe tornato. Sarebbe tornato e avrebbe avuto la sua vendetta.

Kazuya! Kazuya era crollato! Heihachi scoppiò a ridere. Una bella, grossa, grassa risata per festeggiare la disfatta di suo figlio.
«Perché ridi, vecchio?» Devil Jin era atterrato poco distante il punto dove si trovava lui. Forse non avrebbe dovuto mettersi a ridere.
«Kazuya! Ah, che bella fine che ha fatto Kazuya!» Heihachi era inginocchiato, e si rese conto che era meglio non issarsi in piedi o gli avrebbe dato l’impressione di voler competere con lui. Alzò lo sguardo. Le labbra piene del demone si curvarono in un sorriso soddisfatto. Era vanaglorioso, capì subito Heihachi. Questo doveva andare a suo favore. Sarebbe potuto uscirne vivo, da quella situazione. Scelse con cura le parole «Kazuya era davvero forte…» iniziò, con tono riflessivo «Mi chiedo come tu abbia fatto a sconfiggerlo.»
«Io sono molto più potente di lui» sorrise di nuovo e i denti da vampiro scintillarono. Che meraviglia! Heihachi davvero voleva averlo. I suoi occhi bianchi e luminosi come la neve al sole d’inverno lo guardavano con un meno diffidenza, adesso.
«Già, adesso nessuno potrebbe dire il contrario.» Heihachi prese tempo. Non sapeva cosa dire; come avrebbe potuto intrattenere quel demone? Inoltre lui avrebbe voluto chiamare il suo esercito ma ,adesso, come fare? Devil Jin lo teneva sott’occhio. Se avesse fatto un passo falso, l’avrebbe trucidato. «E Kazuya? Dov’è ora? È morto?»
Devil Jin scrollò le spalle e, per un attimo, Heihachi ebbe seriamente paura.
Davvero aveva ucciso Kazuya?
Qualcosa si mosse nell’animo ormai ottenebrato dalla sete di potere di Heihachi. Non poteva essere. Kazuya non poteva essere morto. Insomma, aveva resistito per tutti quegli anni e proprio all’ultimo si faceva mettere sotto da Jin?! Perché, in fondo, quell’angelo del male che gli stava di fronte era Jin, no?
Ma poi, il demone incrociò le braccia e disse con tono sprezzante «No. Non meritava tutta quest’attenzione da parte mia» ed Heihachi espirò. Si accorse solo allora di aver tenuto il fiato sospeso fino a quando Devil Jin aveva aperto bocca.
Ora che sapeva che Kazuya era vivo, Heihachi ritornò a pensare a come potersi salvare la pelle. «Hai il controllo sul Gene?» chiese. Era una domanda piuttosto sciocca, ma lui si preoccupò di avere un tono adorante. Devil Jin inarcò un sopracciglio scuro ed Heihachi si preparò a lottare. Aveva capito qual era il suo piano?
«Certo che ho il controllo sul Gene, sciocco umano! Sono solo in cerca del Potere Supremo!» spalancò le braccia, come se volesse fargli credere di non avere mezzi e di essere un povero disgraziato «Credevo di poterlo prendere da tuo figlio e invece…» Come diavolo faceva a sapere che Kazuya era suo figlio? Aveva campo libero nella mente di Jin: chissà quante altre cose sapeva sul suo conto.
«Anch’io vorrei il Potere Supremo.» Negli occhi di Devil Jin balenò qualcosa che fece intendere ad Heihachi di aver pronunciato le parole sbagliate. «Ma ora so che io sono troppo limitato per una cosa così grande.»
«Giusto. Voi umani pensate troppo in grande. Credete di poter fare e dire cose che non sono alla vostra portata. Lasciatele a chi è migliore di voi.»
Lasciatele a chi è migliore di voi, eh? Ma chi si credeva di essere!? L’orgoglio di Heihachi premeva contro la sua bocca, ma egli lo tenne bene a bada. Era orgoglioso, sì, anche troppo, abbastanza da credere che la sua vita valesse ben più del suo orgoglio stesso. Quindi, disse «Eh, già, io e te la pensiamo allo stesso modo» Lasciò intendere che avrebbero potuto allearsi.
Ma poi, Heihachi avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di qualcun altro. Qualcuno che avrebbe dovuto sedare Devil Jin. Ad Heihachi venne in mente che nello scorso Torneo, un uomo ben conosciuto come “L’Angelo Bianco della Morte” – persino lui ne aveva sentito parlare –, membro delle Forze Speciali Militari della SPETSNAZ, s’era infiltrato nel Torneo del Pugno d’Acciaio.
Heihachi l’aveva scoperto ed aveva indagato sull’incarico dell’uomo. Cosa c’era venuto a fare in Giappone? Heihachi era riuscito ad ottenere delle informazioni segrete grazie ai suoi numerosi ed importanti contatti anche nella SPETSNAZ ed era così venuto a sapere dell’esistenza di un macchinario in grado di prelevare e trasportare il Gene Devil in un contenitore collegato al macchinario stesso.
Gli era sembrata una trovata geniale e subito aveva pensato a come impadronirsene.
Ma poi Jin si era impossessato della sua Mishima Zaibatsu perciò ad Heihachi era passato di mente. Fortunatamente, aveva avuto la sagacia di mantenere i contatti, e così… Heihachi fermò il ghigno sul nascere.
Osservò Devil Jin dalla testa ai piedi: il viso d’angelo, il fisico come scolpito nel marmo, le maestose ali nere, il suo potere smisurato; era la quintessenza di tutto ciò che gli avrebbe offerto il Gene Devil.
«Voi umani siete attratti da tutto quello che vi distrugge, non è così? Che strani esseri.» Devil Jin guardò intensamente negli occhi di Heihachi ed egli si sentì scavare nell’anima, come se quell’essere potesse conoscere i suoi più intimi segreti. Ma che diamine!, nessuno poteva permettersi di farlo sentire così inerme.
«È li nostro destino» ribatté Heihachi «amare e desiderare quel che non possiamo avere.»
«Non è vostro diritto possedere ogni cosa. Non è diritto di nessuno» mormorò il mostro; sembrò distante. Ed allora Heihachi fece la mossa più azzardata di tutta la sua vita: mandò un messaggio al comandante della Tekken Force.
Quando gli scrisse, gli sembrò di essere guidato da una forza soprannaturale. «Soprattutto il Potere Supremo. Quello appartiene solo a me.» Detto questo, Devil Jin riportò lo sguardo su di lui – ma Heihachi aveva già nascosto il cellulare dietro di sé.
«Certo» annuì, un po’ accaldato. Adesso non poteva crollare. Non poteva farsi scoprire. «Il Potere Supremo appartiene solo a chi può controllarlo e a chi è abbastanza potente per supportarlo, come te.»
Devil Jin sorrise. Heihachi sapeva di non dover esagerare con i complimenti, altrimenti sarebbe sembrato falso; tuttavia, se fosse andato avanti così, alternando sottomissione a venerazione, quella magnifica creatura sarebbe stata sua. E con essa, anche tutto il suo potere.
«E allora? Cos’hai intenzione di fare?» chiese Heihachi. Mentre parlava, sentì una vibrazione vicino alla caviglia. Il cellulare! Gli avevano risposto. Era quasi fatta. «Riflettici bene» continuò. Se solo Devil Jin si fosse distratto…

Cos’aveva intenzione di fare?
Davvero, non ne aveva idea. Doveva andare alla ricerca di qualche essere più potente di lui. Ma c’era veramente qualcuno più forte?, perché a Devil Jin sembrava sempre di scontrarsi contro mostri sì forti però mai quanto lui.
Era noiosa come cosa.
Non c’era nessuno con cui fronteggiarsi…e se questo da un lato lo inorgogliva, dall’altro lo abbatteva. Era “solo”; e di cercare un contatto con gli umani non se ne parlava proprio. Sarebbe stato umiliante, come tentare di parlare con le pecore.
Era come un uomo al quale non piacciono i cani: nonostante questi siano belli, intelligenti, dolci, affettuosi e di buona compagnia, lui li avrebbe sempre reputati inferiori ed inutili e anche stupidi. Anche se quell’umano… sembrava pensarla sul serio come lui.
Poi però Devil Jin si ricordò di quel che Heihachi aveva cercato di fargli qualche annetto fa. No. Heihachi era da scartare; aveva solo manie di grandezza. Sospirò. Così era troppo semplice. A lui piaceva la distruzione, ma senza nessuno a contrastarlo, diventava monotono e poco inebriante.(*)
Rivolse la sua attenzione di nuovo ad Heihachi e, quando i suoi occhi incontrarono quelli dell’umano, Devil Jin ebbe la netta impressione che stesse cercando di ingannarlo. Una goccia di sudore rigò la guancia del veterano. Aveva gli occhi troppo vigili ed esaltati e tutto il suo corpo era teso, come se si preparasse ad un attacco.
Improvvisamente, Devil Jin s’irrigidì e si guardò intorno. Aveva percepito un rumore come passi ben scanditi… una marcia militare, forse?

Poi, un esercito irruppe nel tempio, tra suoni di pistole altamente tecnologiche che venivano caricate e anfibi rinforzati che percorrevano velocemente il perimetro, urlando e dando ordini.

Insomma, tutto quel baccano solo per accerchiare Heihachi, così proteggendolo? Devil Jin capì che, per tutto quel tempo, Heihachi non aveva fatto altro che dilungare le chiacchiere in modo da dare il tempo alla Tekken Force di attivarsi e raggiungerlo.
E lui, così stupido da permetterglielo pure!
La sua vanità l’aveva tradito; con tutti quei complimenti, Heihachi aveva alimentato il suo ego, facendolo stare al suo gioco. Ingannato da un umano! Intollerabile. Doveva trovare il modo di vendicarsi, ma l’esercito formava una barriera tra lui ed Heihachi. Malgrado la voglia di uccidere, Devil Jin decise di trattenersi: non aveva senso eliminare tutti quegli umani solo per quello stupido insolente.
«Non ti muovere!» I militari gli puntavano le pistole alla tempia, esattamente come tre anni fa.
Fece scorrere lo sguardo su ognuno di loro, ed ebbe la soddisfazione di vederli tremare – erano sotto il suo potere, erano deboli.
Non avevano speranze. Poi, uno di loro sparò; il proiettile gli rimbalzo sull’addome e ricadde sul suolo. Devil Jin osservò la sua traiettoria e, quando il proiettile fu a terra, alzò lo sguardo sull’umano che aveva sparato. La sua pistola tremava. Poteva quasi leggere il terrore nei suoi occhi dietro quella visiera – poteva massacrarlo con un colpo solo. Se avesse voluto... Era solo uno stupido umano, cosa diamine stava aspettando? Perché non farlo? Perché non bearsi alla vista di una vita che spira?
Devil Jin chiuse gli occhi.

Heihachi tirò un sospiro di sollievo quando vide Devil Jin tentennare.
Quello stupido soldato aveva usato un proiettile che avrebbe perforato un uomo all’istante invece per quel demone era come un po’ di solletico. Fortunatamente non aveva usato l’arma segreta, quella che avevano “preso in prestito”.
«Uccidetelo» sogghignò allora. E sottovoce aggiunse, sempre sogghignando «Con un particolare omaggio ai ricercatori della SPETSNAZ»

Una pioggia di aghi tracciò un arco nell’aria, sotto le assi del pavimento del piano superiore sfondate insieme al soffitto che lasciava intravedere un pezzo di cielo senza stelle.

Devil Jin riuscì ad evitare i proiettili per un soffio.
Dannazione!, pensò Heihachi. Li aveva sentiti!
L’osservò guardare sorpreso quell’ammasso di proiettili a terra, ai suoi piedi. Heihachi ghignò mentre un’aura demoniaca cominciava ad circondare Devil Jin. Era proprio quello il suo intento: far perdere il controllo anche a quel demone.
I soldati caricarono le pistole. Heihachi sperò con tutto se stesso che facessero in fretta, altrimenti sarebbero morti.
E con loro, il suo amato piano.

Quando i sottilissimi proiettili si accatastarono, come foglie cadute da un albero in pieno autunno, ad un millimetro da lui, Devil Jin rimase immobile per un attimo, con l’ira che gli montava dentro; un attimo che pagò caro perché un proiettile gli si conficcò nel braccio possente.
Rivolse un sorriso cattivo al soldato che gli aveva sparato: davvero aveva creduto di fargli del male?
Ma poi, si sentì improvvisamente indebolito. Cosa diavolo stava succedendo? Si ispezionò il braccio e notò stupito che stava colando una piccolissima goccia di sangue. Solo dopo lo shock dell’indebolimento, si rese conto che quegli umani avevano osato sparargli in massa, avevano cercato di ucciderlo.
E lui che aveva resistito all’impulso di fare una strage…
Guardò gli umani uno ad uno: i soldati con le pistole alzate, chi contento per la riuscita dell’esperimento, chi ancora impaurito, chi si prendeva gioco di lui – perché adesso aveva le gambe che tremavano.
Individuò finalmente Heihachi tra i vari elmi; stava ghignando. «Adesso il Gene Devil sarà mio! È tempo di morire, diavoletto»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Chiuse gli occhi, chiamando a raccolta tutto il suo potere. Quando li avrebbe riaperti, di quegli umani non sarebbe rimasta che cenere.

«Sparate! Dannazione, sparate!» ordinava, urlando a squarciagola, Heihachi.

Fu il caos più totale.

I militari scappavano, il tempio cadeva in pezzi… fu in quel momento che Heihachi prese una delle pistole ,caricate con i proiettili messi appunto dalla SPETSNAZ, che giacevano sul pavimento e prese la mira.
«Addio, ragazzo.» disse.
La rivoltella non sparò mai; Devil Jin lo raggiunse in un nanosecondo, senza dargli nemmeno il tempo di premere il grilletto.
Gliela tolse di mano e la ridusse in mille pezzi con un movimento talmente lieve da far credere che l’arma fosse fatta di fragili boccioli e non di un acciaio indistruttibile. Heihachi scrutò il demone negli occhi: erano una bufera di neve, sfolgoravano di una furia omicida, eppure risultavano quasi spenti, come se non ci fosse più coscienza delle proprie azioni.
Devil Jin lo inchiodò a terra, tenendogli il collo con una mano e, mettendosi a cavalcioni su di lui, piegò il braccio all’indietro con la mano tesa e questo movimento fece esplodere il flash di un ricordo: una scena di un anno fa, nel quarto Torneo del Pugno d’Acciaio.
Jin non lo aveva ucciso allora; magari non lo avrebbe fatto neanche ora. Con un po ’di fortuna e astuzia, Heihachi poteva cavarsela.
Osservò bene il viso del demone: era distorto in una smorfia di rabbia.
«In nome di tua madre, per piacere, in nome di Jun…c’è un motivo per cui hai il suo cognome, no? C’è un motivo perché sei un Kazama e non un Mishima, Jin. Non uccidermi.»

Sotto gli strati di ira e tra i cunicoli della mente, l’anima di Jin prese a divincolarsi da dove il Gene Devil l’aveva incatenata.

Heihachi fissò la mano a pochi centimetri dal suo collo, e cercò di stare calmo. «Ti prego! Tu stesso hai detto che la maledizione dei Mishima è l’uccidersi l’un l'altro e tu stesso vuoi fermarla. E sei l’unico che può perché nel tuo sangue non scorre alcuna maledizione. Jin, Kazama Jin, sii ragionevole. Non macchiarti degli sbagli compiuti da me e Kazuya.»
Era come parlare ad un’animale: sicuramente ti capiva eppure non ti rispondeva con le parole bensì con gli occhi. Heihachi avrebbe voluto mollargli un pugno ma quel gesto avrebbe sancito la sua morte.
«Jin. Jin, io lo so che tu mi senti. Ricordati che ti ho accolto in casa mia come un figlio quando avevi solo quindici anni! E non l’ho fatto con Kazuya, che è il mio vero figlio. Mi ricordo di quando ti allenavi e di come eri contento nel vedere i tuoi miglioramenti. Ma io non ero stupito perché in te scorre il sangue dei Kazama e loro si sono sempre distinti nei combattimenti!»
Heihachi guardava dritto negli occhi bianchi del nipote con stupore, quasi volesse fargli credere che la verità era scritta nei suoi, di occhi; quegli occhi neri sbarrati nei quali non vi era alcun rimorso: qualunque anima buona avrebbe avuto fiducia in quegli occhi… e Jin faceva parte di quella schiera di anime buone che vengono sempre ingannate dalle anime vecchie e furbe come quella di Heihachi.
«Tua madre non sarebbe contenta di vederti così, Jin. Tua madre, sai, riusciva sempre ad acquietare il Gene Devil. E dopo tutti i suoi insegnamenti… cosa direbbe se ti vedesse così? Questo non è il vero te. Fallo per Jun!»
Un barlume di coscienza passò negli occhi di Devil Jin ed Heihachi sorrise.
La mano allentò la presa sul suo collo ed Heihachi sperò.
«No…» mormorò il demone ed Heihachi capì di essere salvo.
Le ali si distesero e poi si ritirarono nella schiena come le corna, i segni sul corpo svanirono, e gli occhi bianchi tornarono ad essere verde-grigio, quel verde-grigio come chiari prati d’Irlanda che si stagliano contro il cupo cielo invernale.
Mentre Jin era ancora stordito, Heihachi lo attaccò. Con un gancio lo mandò a terra e, dopo essersi rialzato, ridendo tuonò «Ragazzo! Ecco perché tua madre è morta: perché i Kazama sono troppo stolti per questo mondo e, soprattutto, per i Mishima!»
In seguito si avventò sul nipote. Non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire un’opportunità del genere: il Gene del Diavolo doveva finalmente scorrere nelle sue vene.

Jin non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa stava succedendo; aveva ripreso il controllo su se stesso, riuscendo a relegare il Gene al posto del passeggero in quella macchina che era la sua mente.
Sapeva che Heihachi aveva detto delle cose: ma cosa? Jin proprio non riusciva a ricordare. E mentre cercava di fermare quella forte fitta alla testa – come se il Gene Devil stesse premendo contro la scatola cranica, minacciando di farla esplodere – Heihachi gli fu addosso.
Lo colpì violentemente e Jin si ritrovò con la guancia contro il pavimento polveroso, in stato di semi-incoscienza. Sentiva le forti cosce di Heihachi pressare contro la vita; lo stava percuotendo senza pietà, senza fermarsi: sapeva di avere un netto vantaggio e lo stava sfruttando tutto.
Jin sentì le mani del veterano afferrargli i polsi, tirandogli le braccia all’indietro sulla schiena, come se volesse ammanettarlo. In effetti, un po’ di tempo dopo, avvertì Heihachi legargli i polsi con qualcos: non erano manette, bensì stoffa. La sua cintura, capì subito il ragazzo.
Lo legò ben stretto. Jin sentiva ancora il suo peso sulla schiena. Poi Heihachi lo afferrò per i capelli, tirandogli la testa all’indietro «Ora voglio vedere come ti liberi, ragazzo» gli bisbigliò ridacchiando all’orecchio. Detto questo, gli sbatté la testa contro il pavimento, facendogli perdere definitivamente conoscenza.
Ecco, visto cos’hai combinato, stupido umano? Se avessi lasciato fare a me… era quasi fatta! L’oscurità che lo circondava sembrò parlargli.
Nella mente di Jin si accese una piccola, flebile luce. Cosa… cosa hai fatto? La luce brillò ad intermittenza, fino a quando non si ristabilì, risplendendo con maggiore intensità. Cosa hai fatto?, chiese di nuovo Jin, con il tono più fermo.
Stai calmo, ragazzino. Odio quando ti opponi così insistentemente. Se proprio vuoi saperlo… L’oscurità attorno alla lucina cercò di sopraffarla, ma essa si ribellò.
Voglio saperlo, insisté Jin, ormai totalmente rinsavito. Sapeva di non essere nel mondo reale, bensì sospeso nel limbo della sua coscienza: vi era stato un milione di volte e sempre più spesso, negli ultimi tempi, specialmente quando perdeva conoscenza.
Purtroppo, quando il Gene prendeva il sopravvento, Jin non ricordava mai ciò che era stato fatto dal demone; quindi, ogni volta che ritornava in sé, chiedeva, ma puntualmente, quello spirito maligno rispondeva con una risata astuta e cattiva.
Quella volta, però, non poteva averla vinta come sempre. Dimmelo! La lucina si espanse.
Sei proprio fastidioso, lo sai? La luce brillò e la tenebra sembrò sospirare Ho battuto Devil Kazuya e, quando sono ritornato al tempio, Heihachi stava ridendo. Ha iniziato ad elogiarmi… una pausa. Jin aspettò, paziente. …e io ci sono cascato in pieno. L’oscurità si incupì, adirata.
E dopo?, lo incalzò Jin.
Ti stai appassionando, ragazzino? Comunque, l’esercito della Tekken Force è intervenuto – evidentemente quel vecchio insolente avrà chiamato qualcuno – e io…
A quel punto la luce splendette rabbiosa, interrompendo il discorso. Li hai uccisi!, sbraitò Jin Dillo, bastardo! Li hai uccisi tutti!
Le tenebre sembrarono avvolgere la luce, fin quando non ne rimase che un flebile luccichio. Vacci piano con le parole. Non ho ucciso nessuno, nonostante mi abbiano sparato. Vuoi farmi finire di parlare o vuoi accontentarti della versione della tua stupida mente umana?
Va bene, disse piano Jin.
Molto bene. Hanno usato una pistola, non una comune, s’intende, bensì una caricata con degli strani proiettili molto sottili. Appena uno mi ha colto, mi sono sentito subito… altra pausa, debole. Il fatto è che mi hanno sparato in massa quando io stavo cercando di controllarmi; volevo solo uccidere Heihachi e risparmiare gli altri. Ma…
Rispondimi: li hai uccisi?, chiese Jin sospirando, sentendosi improvvisamente molto stanco.
Avrò ferito qualcuno… stavo per ammazzare Heihachi, ma tu, stupido umano, sei intervenuto! Hai dato retta a quel vecchio rimbambito; e adesso guarda dove ti ritrovi.
Jin sembrò riprendersi. Dove mi trovo? Dove mi ha portato? E finalmente i suoi occhi obbedirono al comando e si aprirono; dovette chiudere le palpebre un paio di volte perché si riabituassero alla luce del sole.
Per prima cosa, registrò il dolore: si sentiva tutto indolenzito, con le gambe intorpidite e i muscoli delle braccia che dolevano. Dopo, si guardò intorno; eppure, nonostante avesse fatto attenzione ad ogni dettaglio, non riusciva a capire in che posto si trovava.
Era una stanza, questo era certo, una stanza buia, arredata in modo spartano, e pure abbastanza sporca. Tastò il materasso sotto di sé: era scomodo e ruvido. Jin si sorprese che Heihachi lo avesse sistemato su un letto, per quanto questo si potesse a stento definire tale. Poi si fermò, sconcertato: non era legato!
Poteva muoversi liberamente.
Allora si alzò: brutta mossa; ricadde sul letto con la testa che gli girava e un senso di nausea. Forse sarebbe stato meglio riposare ma Heihachi sarebbe potuto entrare da un momento all’altro e lui voleva farsi trovare pronto. Pronto a qualsiasi cosa.
Anche alla tortura e, magari, alla morte, Jin?
Sì.
Sai che non lo permetterò, Jin, non adesso che sono così vicino a compiere il mio piano, il piano che mi porterà all’apice del potere e della gloria.
Jin non rispose: era crollato dal sonno prima di poter ascoltare le parole premonitrici del suo demone interiore.

La Mishima Zaibatsu era immensa quasi quanto l’ego del suo proprietario.
Ora che Jin era quasi tolto di mezzo, ad Heihachi non restava che sedersi sul trono della Zaibatsu e ritornare a fare ciò che aveva fatto per una vita: il padrone tiranno.

Mentre Jin dormiva profondamente, una telecamera si attivò ed iniziò a filmare, trasmettendo quelle immagini nell’ufficio della Zaibatsu.

Quando l’elegante scarpa di Heihachi aveva calpestato la soglia d’ingresso dell’ufficio della Mishima Zaibatsu, c’era una sorta di rispettoso silenzio. Guardare l’ormai non più ex proprietario di quella zaibatsu varcare l’ingresso di quello che era stato il suo ufficio –quell’ufficio di cui Jin Kazama si era impossessato quando tutti credevano che Heihachi fosse morto – faceva scorrere dei brividi lungo la schiena.
Jin Kazama, per altro, era rinchiuso nelle prigioni riservate ai familiari di Heihachi; eh sì, perché nella Mishima Zaibatsu esistevano vari tipi di prigioni, ognuna per un tipo di nemico.
Nessuno poteva fermare Heihachi Mishima, nemmeno il diavolo.
Heihachi ghignò, con in mente l’idea di sgomberare tutto l’ufficio dagli effetti personali del nipote, invece, fortunatamente, quando mosse i “primi” passi nell’ambiente si rese conto che nulla era cambiato: il proprietario della Zaibatsu di meravigliò di come non s’intuisse la personalità di Jin da quella stanza. Sembrava che nessuno vi avesse lavorato.
Eppure era stata sua, doveva aver fatto qualcosa. Doveva aver lasciato qualcosa di suo, qualcosa dal quale Heihachi potesse capire ancor di più di suo nipote, in modo da poterlo sottomettere meglio di prima. Fece il giro della stanza più volte, ispezionando ogni angolo e in ogni cassetto; ma niente, non c’era nulla di proprietà di Jin.
Scoraggiato, Heihachi si sedette sulla poltrona e si avvicinò alla scrivania, dove c’era un computer acceso che trasmetteva delle immagini con le relative informazioni. Heihachi le osservò con un ghigno che non prometteva nulla di buono.

C’era qualcuno – o qualcosa – che lo stava osservando. Jin si era svegliato da un po’ tuttavia quella sgradevole sensazione lo aveva convinto a fingere di dormire ancora.
Così, con il viso nascosto da un braccio, pensò a come scappare; ma l’unica via di fuga erano… le sbarre! Quel vecchio pazzo l’aveva rinchiuso in prigione. Uscendo da lì, però, Heihachi – perché Jin era convinto che era Heihachi che lo stava osservando – lo avrebbe visto.
In quella stanza c’era una telecamera, come diavolo aveva fatto a non accorgersene prima? Dovevano averla attivata mentre dormiva, per questo non aveva sentito alcun rumore sospetto. Oh, perché vuoi sempre complicarti la vita? Se lasciassi fare a me, sarebbe tutto una passeggiata.
Già hai fatto abbastanza. Adesso lasciami in pace. Non permetterò che tu prenda il controllo. Jin era stanco di quelle conversazioni.
Sperava di non sentire più la sua stessa voce distorta in quel modo, un giorno. Sperava di liberarsi del Gene Devil e della maledizione dei Mishima, un giorno.
Ma il suo più grande desiderio era di ricominciare tutto daccapo, premere “Reset” sulla sua vita – ma non sulla sua testa, no. Magari in Australia o in Italia, o… Jin strinse il pugno.
Che sciocco.
Lui non avrebbe mai avuto una vita come tutti gli altri, perché lui era il prescelto. Perché proprio lui, Jin Kazama, dovesse passare tutti quei guai solo perché era il “prescelto” non ne aveva proprio idea. Essere dei predestinati avrebbe dovuto agevolare l’esistenza, no? Infatti tu sei agevolato! Proprio non capisci, umano: il Gene Devil è di per sé un’agevolazione, anzi, l’agevolazione assoluta. … invece la peggiorava. Se solo sua madre fosse stata ancora viva! Lei avrebbe avuto la giusta soluzione sicuramente. Lei aveva sempre una soluzione per tutto.
Quando Jin aveva un problema, sua madre lo ascoltava attenta, come se quelle piccole problematicità fossero una questione di vita o di morte; e poi gli dava dei consigli, accarezzandogli i capelli, sempre con quel dolce sorriso sulle labbra. Se solo…Voi umani la fate sempre così tragica! Non è grave come credi. E poi ci sono io con te, Jin.
Meglio soli che male accompagnati.
In quel momento un rumore di chiavi che aprivano la serratura delle sbarre gli fece alzare lo sguardo. Un generale della Tekken Force dai capelli biondi lo stava guardando fisso negli occhi. Jin ricambiò l’occhiata, sorpreso: quell’uomo aveva gli occhi dello stesso colore di quelli di Heihachi. Nero come l’abisso in cui Jin sarebbe sprofondato.
Il generale entrò e, fermandosi ad un passo dal letto, disse «Il signor Mishima ha dato il preciso ordine di raggiungerlo nel suo ufficio»
Aveva una bella voce. Jin lo squadrò bene e concluse che non lo aveva mai visto prima. Ma in fondo, era stato solo per pochissimo tempo a capo della Zaibatsu e non aveva iniziato nulla di quello che voleva iniziare.
Poi, il generale si girò, offrendogli la visuale del suo profilo e Jin si fermò di nuovo, colpito: il naso di quel ragazzo aveva una leggera gobba che gli ricordò, per uno strano motivo, quello di Heihachi, pur essendo parecchio diverso. Ma che sciocchezze gli stavano passando per la testa?
Seguì il generale, continuando, suo malgrado, a notare delle stranezze.
E l’andatura sicura, con il mantello della divisa che svolazzava, aprendo un varco nell’aria e sollevandola… un’andatura da leader come la sua, come quella di Kazuya e di Heihachi.
Come sentendosi i suoi occhi sulla schiena, il ragazzo si voltò e fu allora che Jin capì che stava pensando un sacco di sciocchezze: il generale aveva gli occhi talmente splendenti e buoni che persino quel loro colore cupo assumeva un aspetto diverso.
Si era sbagliato: gli occhi del ragazzo non erano nero pece, bensì nero liquirizia. E il suo naso era sottile e bello, con la leggera gobbetta a incrinarne la perfezione; nulla a che vedere con quello di Heihachi. E i capelli biondo sabbia non facevano rima con quelli nero inchiostro dei Mishima.
No, non poteva avere nulla a che fare con loro. Il generale si fermò davanti alla porta dell’ufficio e, prima di aprirla, bussò due volte; quando entrarono, Jin si meravigliò di come fosse diverso quell’ambiente da quando l’aveva lasciato.
Eppure, l’unica cosa davvero diversa era colui che sedeva sulla poltrona.
Heihachi sorrise «Ragazzo! Hai dormito bene?» chiese, ma con un tono che sarebbe stato più appropriato per un ordine e non per una domanda.
Aveva bellamente ignorato il generale che aveva accompagnato Jin. Questi stette zitto.
Cosa avrebbe mai potuto rispondere? Heihachi continuava a fissarlo, con uno scintillio divertito negli occhi. Jin realizzò soltanto in quel momento di essere stato ingannato di nuovo, eppure si impose di controllarsi; inutile.
Vide rosso; il sorriso melenso del vecchio magnate gli apparve come un avvertimento, gli stava dicendo: “Hai i minuti contati”. Se c’era una cosa che odiava era essere raggirato, soprattutto quando a raggirarlo erano i Mishima.
Avrebbe potuto toglierlo di mezzo una volta e per tutte! E invece… Avrei dovuto ucciderlo prima, quand’ero trasformato!, pensò; un pensiero che passò rapido come una stella cadente e che, come essa, sfavillò nella sua mente e lo abbagliò, simile ad un flash.
Il cuore del ragazzo mancò un battito. Aveva davvero pensato…? Allora era vero. Il suo tempo stava per scadere: ben presto a muovere quel corpo ci sarebbe stato il Gene Devil.
Jin chiuse gli occhi poi li riaprì. Doveva agire subito, la Mishima Zaibatsu doveva essere sua. Lanciò un’occhiata al generale di fianco a lui. Se lo avesse steso, avrebbe potuto attaccare Heihachi indisturbato. Però, se lo avesse attaccato per primo, Heihachi sarebbe potuto intervenire.
Con un guizzo degli occhi, notò che Heihachi lo stava osservando: Jin si maledisse. Così, lo avrebbe scoperto! Allora disse, facendo un cenno verso il generale «Perché mi hai fatto scortare fin qui? So bene come venirci.»
Heihachi scoppiò a ridere, poggiandosi contro lo schienale della poltrona «Ma è così chiaro: per tenerti sott’occhio!» poi giunse le mani e vi poggiò il mento, tendendo la schiena, come a voler inchiodare Jin con la sola forza degli occhi. «E tu, che ci fai ancora lì?! Smamma.»
Non tolse gli occhi da Jin, ma il suo tono burbero fece intendere che non si stava rivolgendo a lui. Infatti, come se comandato, il generale girò sui tacchi e chiuse la porta senza far il minimo rumore.
«Allora, Jin. Ancora non mi hai risposto» continuò Heihachi.
«Non ho capito bene la domanda» rispose Jin a tono, alzando un sopracciglio. Se voleva battere Heihachi, doveva giocare al suo stesso gioco sperando in una buona dose di fortuna e di istantaneo acume.
«In effetti, non mi interessa proprio nulla se hai dormito bene o no. Voglio il tuo Gene, subito» disse il vecchio, senza preamboli. Jin se lo aspettava: essere così diretti dopo un giro di parole infernale era proprio da Heihachi.
Pensò. Se avesse risposto com’era suo solito, poteva già considerarsi sconfitto. Avrebbe dovuto… Jin si ritrovò spiazzato. Lui non era come Heihachi, non riusciva a stare al suo passo, non riusciva a rispondere come Heihachi non avrebbe voluto. Con il suo modo sincero di fare, Jin faceva toccare a Heihachi il cielo con un dito. Strinse piano i pugni.
Io posso aiutarti, Jin. Non voglio entrare nel corpo di quel vecchio insulso.
Non voglio il tuo aiuto.
Ma ne hai bisogno. Smettila di fare l’orgoglioso: farai un piacere ad entrambi.
Jin si sentì male al solo pensiero di lasciarsi guidare dal suo diavolo personale. In fondo, chi gli diceva che non avrebbe fatto tutt’altro che parlare con Heihachi? Sciocco umano. Avrei potuto ucciderlo prima, se avessi voluto.
Non è questo a preoccuparmi. Jin fece un respiro profondo quando decise di essere sincero. Mi preoccupa la tua smania di distruzione.
Nella sua testa, la lieve risata dello spirito maligno fu come una stridente melodia. A differenza di voi patetici umani, so controllarmi. So quando agire, quando no. Lasciami fare. Ti mostrerò ogni cosa.
Va bene, suo malgrado, Jin si vide costretto ad acconsentire.
E si sentì incredibilmente strano: fu come vedere se stesso alleggiare, la sua anima defluire dal controllo del suo cervello, come la marea quando si ritira. Sapeva, sentiva , che non era lui ad agire, eppure vedeva tutto. Un film in 5D. «Cosa te ne fai del mio Gene, sentiamo» si udì dire. Ebbe la soddisfazione di vedere Heihachi sorprendersi.
«Tutto, mio caro, stupido ragazzo.»
«Stupido? Credo che tu ti stia riferendo a te…» Jin fremette. Il tono era troppo… troppo perspicace, quasi seducente, un tono che lui non usava mai: Heihachi avrebbe capito che non era esattamente lui a parlare.
«Mi piace questo tuo nuovo tono…ma forse è un po’ troppo arrogante per me. Rispetto per gli anziani.»
«Io rispetto solo chi mi pare e piace. E di certo, tu non sei nella lista.» Se avesse potuto, Jin si sarebbe strappato i capelli. Ma cosa diavolo stava facendo quel pazzo?! Non doveva far arrabbiare ancora di più Heihachi!
«Anche tu non sei nella mia lista. Tuttavia il tuo Gene sì.»
“Jin” rise, uno scintillio negli occhi ancora ambrati. «Ma davvero? Credevo di esserti antipatico.»
NO!
Nel momento in cui il demone pronunciò quelle parole, gli occhi di Heihachi si fecero freddi e calcolatori. La sua mano si alzò, poi si immobilizzò quando due immense ali nere coprirono il mondo dalla sua visuale. Jin si era preparato a non vedere più nulla eppure, con suo grande stupore, continuava a essere presente. Quando vide l’espressione adorante di Heihachi, pensò che forse sarebbe stato meglio non vedere nulla.
«E dunque rieccoti qui» fece Heihachi, pensieroso, facendo scorrere lo sguardo sul corpo di Jin.
«Non me ne sono mai andato» rispose il demone, con una nota di sarcasmo nella voce.
Cosa vuoi fare?, Jin cercò di comunicare con lui.Mi avevi promesso che non avresti distrutto nulla!
Mai credere alle promesse di un diavolo, ragazzino. Ma dato che tu sei stato così gentile con me, voglio ricambiare il favore.
«Non voglio ucciderti, umano, ma ti fermerò. Se continuerai a disturbarmi così tanto, allora mi vedrò costretto a far spirare la tua insulsa anima umana.» E per sottolineare il concetto, Devil Jin distrusse la scrivania di Heihachi con un solo, lievissimo gesto della mano, come si scaccia una mosca fastidiosa.
«Ora» continuò il demone «alzati e sparisci. La Mishima Zaibatsu è mia.» Gli occhi bianchi fiammeggiarono. Heihachi si alzò, lentamente, e si diresse verso la porta, con Devil Jin che lo seguì fino a quando non fu sull’uscio.
Jin osservò quella scena stupito: era la prima volta che vedeva il vecchio completamente sotto il controllo di qualcuno.
«Un giorno tornerò. Un giorno scorrerai nelle mie vene.» Quelle parole fecero gelare il sangue a Jin.
«L’unica cosa che scorre nelle tue vene, sciocco umano, è ciò che ti porterà alla morte» disse il demone, in un tono totalmente diverso da quello che aveva usato fino a poco fa. Jin rabbrividì: quello spirito aveva miliardi di anni di vita: come poteva sperare di soggiogarlo?
Poi Heihachi uscì.
Lentamente, Jin riprese il controllo sulla sua mente e sul suo corpo. Colto dalle vertigini, cadde a terra.

Subito, due forti braccia lo aiutarono a rialzarsi. Si girò: era il generale che lo aveva accompagnato nell’ufficio di Heihachi. Gli occhi di Jin incontrarono quelli neri del generale e subito si sentì meglio. Questo ragazzo è destinato a grandi cose, fu il pensiero distratto che gli passò nella mente.
«Signore… »
«Sto bene, sto bene.»
«Mishima l’ha aggredita. Signore, ha bisogno di una guardia del corpo.»
Una guardia del corpo?
Un lampo: una coda di cavallo bionda, un viso femminile che però non aveva nessuna dolce espressione, movenze da assassina. Nina Williams. Chi meglio di lei avrebbe potuto fargli da guardia del corpo? Eppure, avrebbe dovuto raccontarle tutti i suoi piani e pregare, pregare di essere compreso.
«Rintraccia Nina Williams, generale…?»
«Alexandersson, Lars Alexandersson. Ai suoi ordini, signore» rispose lui.
E mentre Lars Alexandersson iniziava la sua missione impossibile, Jin prese posto sulla poltrona, e nel momento in cui lo fece, una grande tristezza calò su di lui come una cappa.
Una tristezza data dalla consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto fare. Si portò una mano al bicipite sinistro.
Una nuova era stava per cominciare.


Angolo Autrice
Ehm, ehm *bussa alla porta* Si può???
XD
Se siete arrivati fin qui, un'applauso per la resistenza xD
No, ecco, lo so che il finale è da prendere a calci (come si può prendere un finale a calci?o.O) ma non sapevo proprio come concluderla e la ho nella "cantina" (la famosa cartella Documenti) da mesi xD
Dovevo pubblicarla ecco xD
Non è proprio un ritorno ufficiale, ecco xD
Un besitos, Angel <3
P.S. Ho messo l'asterisco al paragrafo di Devil Jin che potrà sembrare un po'OOC... diciamo che nello Scenario Campaign, i suoi dialoghi non mi fanno pensare ad un carattere davvero cattivo...cioè, insomma...°-°
P.S. si nota che sono pazza di lui per come lo descrivo?XD Scusatemi per la scenette della goccia di sudore che scivoooola xD Stavo morendo solo io mentre scrivevo LOL
P.P.S ho modificato il font perchè per una storia così lunga, mi sembrava davvero da perderci la vista xD
Mi scuso con la mia prima recensitrice che avrà sicuramente dovuto strizzare gli occhi ç_ç

  
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