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Autore: Shizue Asahi    04/07/2012    3 recensioni
Il corpo di Dolcetto galleggia privo di vita, a faccia in giù, nell’acqua stagnate e le grida di Martel si spengono in un basso brontolio, mentre la lama di King Bradley le trapassa la gola.
Le fogne di Dublith non si preoccupano delle macchie di sangue che imbrattano il muschio, cresciuto sulle pareti, sanno che saranno solo altre memorie del sottosuolo.

Raccolta di cinque drabble ispirate al Drabble Contest, “L'apologia dell'Improbabile” indetto da TheDecemberist06 sul forum di EFP.
{Martel/Dolcetto ♥}
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alphonse Elric, Altro personaggio, Martel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: Shizue Asahi

Titolo: Memorie del sottosuolo

Personaggi: Martel, Dolcetto, Alphonse Elric

Genere: Generale, Sentimentale

Reating: Verde
Fandom: Full Metal Alchemist
Pairing: Martel/Dolcetto
Prompt: (1, 12, 5, 6, 2)
1) Impiegare un minimo di 90 parole prima di mettere un punto.
12) Di 100 parole esatte sul tema "è nato prima l'uovo o la gallina?".
5) In cui i protagonisti siano bambini ( 0 - 14 anni ) o anziani ( 65 - ... anni ).
6) Che prenda spunto dal titolo di un film, di un libro o di un quadro, senza che l'opera venga mai nominata come tale - se non ovviamente nelle note d'autore.
2) Che inizi e si concluda con una domanda.
Note autore: La quarta drabble, dato che il prompt a cui è ispirata richiedeva di utilizzare il titolo di un’opera, prede vita da “Memorie del sottosuolo” di Dostoevskij, così come tutta la raccolta, dato che le drabble si svolgono quasi unicamente, appunto, nel sottosuolo o in un luogo simile.
La raccolta avrebbe dovuto partecipare al “Drabble Contest, “L'apologia dell'Improbabile” indetto da TheDecemberist06 sul forum di EFP, ma sono arrivata tardi e le iscrizioni si erano già chiuse. La ringrazio ugualmente per aver risvegliato la mia povera ispirazione e, anche se non la conosco, le sono davvero grata, ragion per cui le dedico la raccolta >.<

 

 

 

“Con infallibile amorevolezza, la vita sempre ti offre ciò che hai bisogno di imparare. “

Charlotte Joko Beck

 

 

 

Memorie del sottosuolo

 

 

Gli si drizzano i capelli sulla nuca e avverte uno spiacevole vuoto allo stomaco, mentre la osserva prendere un sorso dalla sua borraccia, corrugando appena la pelle sottile della fronte, contrariandolo, pulendo l’apertura della fiaschetta con un lembo della maglia lercia e logora che indossa; ringhia appena, offeso, ma lei finge di non essersene accorta e continua indisturbata a bere, rilassando lentamente i muscoli del viso e assumendo un’espressione tranquilla e appagata, mentre una goccia d’acqua si fa spazio tra le sue labbra e le traccia una linea verticale sul mento, prima di lasciarsi cadere nel vuoto.
Dolcetto la osserva infilarlesi tra i seni con ritrovato interesse.
-Smettila di scodinzolare!- soffia Martel, cogliendolo di sorpresa, divertita nel vederlo arrossire.

 

 Martel agita animatamente le braccia, arcuando le sottili sopracciglia e mostrando i denti candidi e appuntiti. Dolcetto la imita, a suo modo, ringhiando e insistendo nel sostenere le proprie ragioni.
Quando la donna si sporge in avanti, socchiudendo gli occhi chiari con fare minaccioso, lui non si tira indietro, portandosi alla sua stessa altezza e sfiorandole una guancia con la punta del grosso naso.
-Stupido cane- brontola, scostandosi di malo modo.
Dolcetto la osserva dargli le spalle e lasciare la stanza inviperita. Per poco non si scontra con uno stralunato Roa.
-E’ nato prima l’uovo.- le grida un’ultima volta, sogghignando.

 

Alphonse, seduto per terra, sfiora la superficie fredda della parete con la schiena, mentre lascia le braccia mollemente adagiate sulle gambe. I polsi, stretti da una pesante catena, non gli recano alcun fastidio. Non sente alcun dolore, né lo sfregare dell’acciaio sull’armatura, né i lenti movimenti di Martel, nascosta dentro di lui, come un’invisibile carceriera. E’ unicamente la voce della donna a ricordargli della sua presenza.
Dolcetto lo osserva in disparte, con fare annoiato, attento a ogni parola pronunciata dalla compagna.
Quando Alphonse gli chiede con che cosa sia stato combinato, lui sorride. –Prova a indovinare.- dice con fare spavaldo.
Alphonse tace e Dolcetto ha la sensazione che gli occhi vitrei dell’armatura non lo stiano davvero guardando.
- Guardalo bene, lo vedrai alzare la gamba quando fa pipì.-  interviene la donna, rompendo il silenzio.
-Non è vero!- abbaia, nascondendo la soddisfazione di sentirla ridere.

 

Nel sottosuolo di Dublith si snoda un dedalo di tunnel e cunicoli, tubature e anfratti quasi del tutto sconosciuti, dove l’acqua e i rifiuti passano indisturbati. Le pareti sono marce e consumate e a pochi verrebbe in mente di fargli visita. Le fogne di Dublith sono inospitali, il luogo perfetto dove nascondersi, testimoni silenziose di scappatelle notturne e fughe disperate. Nascondono i segreti dei loro visitatori, indifferenti e fredde.
Il corpo di Dolcetto galleggia privo di vita, a faccia in giù, nell’acqua stagnate e le grida di Martel si spengono in un basso brontolio, mentre la lama di King Bradley le trapassa la gola.
Le fogne di Dublith non si preoccupano delle macchie di sangue che imbrattano il muschio, cresciuto sulle pareti, sanno che saranno solo altre memorie del sottosuolo.

 

-Stai bene?- latrò con un filo di voce.
Lei non si mosse, continuando a starsene accovacciata all’interno della propria gabbia. Attraverso le sbarre lui poteva intravedere la curva del seno nudo, nascosto dalle esili braccia, i capelli biondi arruffati e una miriade di piccole squame segnarle la pelle chiara. La donna sembrò riscuotersi solo quando una creatura, rinchiusa in una delle gabbie vicine, emise un grido d’angoscia.
-Ehi!-
La donna cambiò posizione, attenta a coprire quanta più pelle possibile, in un ultimo gesto di pudore, per osservarlo. Nudo anche lui, costretto a star steso dalle piccole dimensioni della gabbia, il viso scavato, segnato, dove la barba cresceva e si annodava, ispida. Gli occhi tondi, liquidi, gialli non la turbarono tanto per la loro anormalità, ma per la lucidità che rivelavano.
-Come ti chiami?- ritentò, sperando di avere più fortuna.
Lei socchiuse gli occhi, scrutandolo sospettosa, seppur certa che, qualunque risposta avesse dato, non avrebbe fatto alcuna differenza.
Aspettò qualche secondo, cercando di ricordare il proprio nome, ma alla fine, non potendo farlo, ne scelse uno a caso.
–Martel- concesse, con voce rauca.
-Io sono Dolcetto.- gli rispose pronto l’uomo, mostrandole una fila di denti appuntiti.
-Che razza di nome è?!-

 

 

 

 

   
 
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