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Autore: coldfingergurl    04/07/2012    7 recensioni
Jinki lo aveva osservato spesso, dalla sua finestra.
Lo studiava di nascosto, ammirandolo come non aveva fatto con nessun altro in tutta la sua vita. Poteva sembrare parecchio strano il suo comportamento, ma nel suo cervello era tutto giustificato a causa della sua timidezza.
Choi Minho era uno dei ragazzi più popolari della scuola, membro della squadra di calcio, titolare fin dal primo anno (quello che stava frequentando), nonché suo vicino di casa. Lui e Jinki si conoscevano, non si scambiavano molte parole perché il più grande cercava sempre di starsene a distanza, ma la mattina si salutavano quando uscivano per andare a scuola e cose di quel genere.
[OnHo]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A.N: Questa fic è dedicata alla mia Hyunnie (StoryGirl) che adora all'inverosimile questa coppia ♥. A parte questo, la ff doveva essere una specie di drabble ma credo di essermi lasciata prendere un po' la mano XD (anche perchè, per una volta, Jinki non mi è uscito psicotico).



1.

Jinki lo aveva osservato spesso, dalla sua finestra.
Lo studiava di nascosto, ammirandolo come non aveva fatto con nessun altro in tutta la sua vita. Poteva sembrare parecchio strano il suo comportamento, ma nel suo cervello era tutto giustificato a causa della sua timidezza.
Choi Minho era uno dei ragazzi più popolari della scuola, membro della squadra di calcio, titolare fin dal primo anno (quello che stava frequentando), nonché suo vicino di casa. Lui e Jinki si conoscevano, non si scambiavano molte parole perché il più grande cercava sempre di starsene a distanza, ma la mattina si salutavano quando uscivano per andare a scuola e cose di quel genere.
Erano cresciuti insieme, in un certo senso, ma solo in quell’ultimo periodo Jinki si era reso conto di trovare attraente quella figura slanciata e ben definita.
Ovviamente non lo aveva detto a nessuno, non voleva finire per essere odiato dai suoi genitori o dai suoi amici, ma quando era da solo lasciava vagare la propria fantasia e finiva sempre per immaginare se stesso avvolto da quelle braccia muscolose.
Forse Kim Jonghyun aveva capito della sua cotta, passavano spesso del tempo assieme perché frequentavano il club di musica e durante la pausa pranzo mangiavano allo stesso tavolo (anche se poi il dinosauro si perdeva nei suoi discorsi senza senso, facendogli vedere ogni cosa stupida che metteva su Twitter).

Comunque, Jinki, aveva creduto che quel giorno fosse una noia, almeno fino a quando non si rese conto che al cancello della scuola c’era il suo vicino di casa.
Pioveva e lui non aveva portato nessun ombrello con sé, anche perché quella mattina non c’era stato nessun nuvolone grigio e lui si era imposto contro sua madre dicendole che non voleva niente dietro. Le aveva detto: “Sono sicuro che sarà una bella giornata di sole!”. Ed invece aveva iniziato a diluviare quando il ragazzo si era chiuso in una classe per il suo corso preuniversitario.
Era proprio fortunato, eh?

Sospirando, si era fatto coraggio e si era avviato all’uscita della scuola ben consapevole di stare bagnandosi come un pulcino.
Sua madre lo avrebbe sicuramente rimproverato per una cosa del genere, gli avrebbe detto quanto aveva avuto ragione nel proporgli l’ombrello e cose di quel tipo, insomma, le solite cose da genitore apprensivo.
Quando raggiunse il cancello, salutò Minho con un timido sorriso, la cartella sopra la testa per evitare di bagnarsi ancora di più (non aveva fatto un buon lavoro comunque, le sue spalle stavano già grondando acqua!).

“Hyung, aspetta, non hai l’ombrello!”

Beh, sì, direi che è evidente.
Com’era evidente il fatto che non volesse fermarsi a parlare con lui perché spaventato dall’idea di rimanere solo con lui.
Quando si vedevano fuori da casa parlottavano normalmente, ma a scuola o vicino ad essa Choi Minho era off-limits per lui. Non lo faceva di proposito ed il più piccolo non aveva mai fatto in modo di avere un certo attrito con lui nell’ambiente scolastico, solo che… che Jinki non aveva il coraggio di farsi vedere amichevole con l’altro.

“Facciamo la strada assieme, eh?”

Aveva annuito mentre Minho si portata di fianco a lui, coprendolo con il proprio ombrello.
Era nero ed ampio, uno di quelli che sembravano usciti da un film anni ’30 ed aveva un piccolo disegnino al suo interno. Sembrava essere stato aggiunto in un secondo momento e Jinki sorrise rendendosi conto che era un pallone da calcio; era così da lui.

“Come mai ancora a scuola? Corso per l’università?”

“S-sì… Se voglio superare i test d’ammissione con pieni voti, devo impegnarmi e… Ma probabilmente l’hai chiesto per gentilezza, eh? Ed io ho iniziato a parlare a ruota.”

L’altro aveva scosso la testa sorridendo leggermente.
Pareva divertito e Jinki non sapeva se quel comportamento fosse dovuto alla sua stupidità o perché gli piacesse sul serio la compagnia del più grande, anche se stava per spiegargli come aveva intenzione di vivere il proprio futuro.
Da quello che sapeva lui, Minho avrebbe tentato la carriera calcistica, non sapeva bene se frequentando un’università all’estero oppure se rimanendo nel paese ed abbandonare gli studi. Il signor Choi era già un allenatore di calcio e, da come li sentiva litigare di tanto in tanto, era contrario al sogno del figlio.

Camminando in direzione delle loro case uno scroscio d’acqua più potente fece sobbalzare Jinki, più che altro era stato un gesto dovuto al tuono e al lampo che avevano squarciato la quiete di quella pioggerella. Non era mai stato un amante degli acquazzoni e sua madre lo prendeva sempre in giro quando lo vedeva nascondersi in soggiorno con una torcia accesa.

“E’ tutto ok, era solo un tuono.”

“Mi fanno paura…”

Minho aveva abbozzato un sorriso e poi aveva bloccato i suoi occhi su quelli di Jinki.
C’era un’aria strana tra di loro, qualcosa che non aveva ben capito ma che gli stava dando degli input sconnessi al cervello.
Si stava abbassando verso di lui, il volto si faceva sempre più vicino al proprio ed il più grande era rimasto immobile a fissare l’altro ragazzo che si muoveva.
Le loro labbra erano a pochi centimetri, poteva sentire il respiro del più alto accarezzargli la bocca e, quando capì cosa stava per succedere (ovvero la realizzazione di tutti i suoi sogni), un altro tuono lo fece sobbalzare interrompendo quel momento.

“D-devo andare adesso, grazie per l’ombrello!”

2.

Erano passati giorni da quello pseudo bacio mai avvenuto e Jinki non era ancora riuscito a capire cos’era successo esattamente.
Minho aveva cercato di baciarlo sul serio oppure voleva solamente cercare di togliergli delle ciocche bagnate dal viso? Oppure un moscerino dagli occhi, qualunque cosa potesse esserci sulla sua faccia e che non comprendesse le labbra.
Non era pessimista, non così tanto da credere di non piacere a nessuno, ma era intelligente abbastanza da capire di non poter piacere a TUTTI, specialmente a qualcuno con cui scambiava sì e no qualche parola di tanto in tanto.
Jinki non era popolare a scuola, se ne stava spesso per i fatti suoi e la gente lo conosceva principalmente per quello che sapeva fare bene: cantare. Praticamente era tutto il contrario di Choi Minho ed era ovvio, nella sua mente da persona realista, che le loro vite non potessero intrecciarsi in quella realtà.

“Il solo di quest’anno andrà a Kim Jonghyun, per te va bene vero Jinki?”

Aveva annuito, non alzando lo sguardo dal proprio quaderno.
Il presidente del club di musica aveva discusso con lui di quella scelta fin dall’inizio, almeno due mesi fa, perché riteneva opportuno che qualcun altro si mettesse in luce.
Per lui andava bene, alla fine in tre anni aveva sempre ottenuto la sua “giornata di gloria” ed in quel periodo doveva studiare per l’università, senza contare il fatto che Jonghyun possedeva davvero una bella voce e per una volta poteva metterla in mostra davanti a tutti.
Jinki non era mai stato il tipo di persona egocentrica e primadonna, gli piaceva lasciare occasioni anche agli altri, specie se li ammirava (come faceva con Jonghyun).

Finendo di sistemare le ultime cose per il festival di fine anno, si alzò dal tavolo stiracchiandosi leggermente. Gli faceva male la schiena a stare seduto a quel modo, non avrebbero mai cambiato le sedie, vero? Ma tanto lui se ne sarebbe andato all’università e non sarebbe più dovuto rimanere seduto per ore su quelle cose.

“Glielo dici tu a Jonghyun?”

“Sì, non ti preoccupare… tra poco dovrebbe apparire, quindi ci penso io.”

Il più piccolo andava nell’aula di musica alle quattro in punto, si portava dietro la sua chitarra e poi suonava per ore ed ore, mettendo il broncio quando steccava o sbagliava un accordo.
Jinki ammirava la determinazione di quel ragazzo, si vedeva quanto amava la musica e quanto ci metteva il cuore in quello che faceva.

“Voglio diventare un musicista, non mi importa d’altro.”

“Ma la scuola…”

“La scuola non è tutto nella vita, hyung.”


Già, uno che si accontentava dei voti mediocri e di prendere parte ai corsi estivi poteva anche prendersi la briga di dire una cosa del genere, ma uno come Lee Jinki doveva prendere lo studio seriamente se non voleva ritrovarsi nei guai coi genitori. Nonostante fossero dei commercianti, avevano una macelleria tutta loro, volevano che il loro unico figlio diventasse qualcosa di più e quindi applicarsi a scuola era la sua via di fuga dallo sgozzare conigli e polli.
Poteva sembrare un ingrato nel pensare a quelle cose, ma erano stati i suoi genitori per primi a dirgli di non accontentarsi, di mirare sempre più in alto e di farlo al massimo delle sue potenzialità.

“Ah hyung, sei ancora qua.”

“Ti stavo aspettando in verità. Devo dirti una cosa..”

Jonghyun lo aveva guardato con cipiglio, sapeva benissimo che non gli piaceva quando qualcuno usava quella frase perché di solito era così che i professori iniziavano a fargli la paternale. Oh beh, sapere che si era accaparrato il solo del festival di fine anno avrebbe aiutato a rivalutare quella frase, eh? Almeno così sperava Jinki.

“Io e Park-ssi abbiamo deciso di darti il solo di fine anno, mi raccomando, niente roba satanica né che inneggi all’alcool o al sesso.”

“Per chi mi hai preso? Non sono mica come Minho!”

Ah già, Choi Minho non solo era popolare tra le ragazze della scuola, membro della squadra di calcio e forse il ragazzo più bello su cui lui avesse mai posato gli occhi, era persino fonte succulenta di pettegolezzi di basso stile. In verità sperava che fossero tutti falsi, tranne uno, e che tutto fosse partito da un ragazzo invidioso del successo della stella del club di calcio.
Jonghyun non gli era mai parso particolarmente geloso del vicino di casa, ogni tanto li aveva visti parlare insieme in mensa quando a loro si univa anche Kim Kibum (una specie di “artista contemporaneo” che si divertiva ad imbrattare i muri della scuola e poi scappare quando un professore si avvicinava). Non poteva essere sicuro fossero tutti e tre amici, ma di sicuro erano più legati tra loro di quanto Jinki lo fosse con Minho – e dire che abitavano persino accanto -.

“Già… puoi portare qualcosa composto da te, eh?”

“N-non credo sia il caso, insomma…”

Nella voce di Jonghyun c’era dell’insicurezza e quella era una grossa sorpresa per lo studente più grande. Da quando lo conosceva non aveva mai visto quel lato del dinosauro, era sempre stato parecchio sicuro della propria voce e delle proprie capacità, quindi perché si stava comportando a quel modo?
Sembrava una ragazzina ed era così timido che Jinki lo avrebbe definito tenero, si era persino messo a grattarsi il collo nervosamente e lo faceva solo quando era a disagio o imbarazzato.
Forse ha solo canzoni d’amore dedicate ad una persona speciale?
Eppure non lo aveva mai visto uscire con qualcuna della scuola, forse aveva una ragazza in un’altra scuola? Non era così improbabile, ma la mancanza di gossip su Kim Jonghyun e la sua pseudo fidanzata gli faceva credere che non ci fosse nessuno nella sua vita, nel suo cuore probabilmente sì.

“Andiamo, non sarà male. Sono sicuro che tirerai fuori un gran bel pezzo, con la voce che ti ritrovi renderesti perfetto qualunque brano.”

E non lo diceva solamente per dargli coraggio o per beccare un complimento a sua volta, Jinki pensava davvero quelle cose di Jonghyun.
L’altro ragazzo era uno dei pochi dotati vocalmente in quella scuola, per questo era stato tranquillo quando Park gli aveva detto che avrebbe ceduto il solo allo studente più giovane; non era una cosa tanto grave se il tuo successore era sul serio bravo, no?

“Non sono sicuro di farcela…”

Mettendogli una mano sulla spalla, gli sorrise mentre il più piccolo sospirava tristemente.
Aveva paura di fare una pessima figura, si capiva benissimo, se l’avesse fatta con una cover non sarebbe stato tanto grave o deprimente, ma farlo con un proprio testo era tutta un’altra cosa. Lo capiva, ma non poteva nemmeno permettere che un talento del genere andasse sprecato per colpa di una sciocchezza.

“Lavoraci su e sodo, vedrai che andrà tutto bene.”

“Uhm.”

Lasciando Jonghyun e la sua chitarra, vide la figura slanciata di Kibum avvicinarsi all’aula di musica. Lui faceva parte del club di danza e, probabilmente, quella era la giornata di libertà per i ballerini.

“Jonghyun-hyung è là dentro?”

“Sì…?”

Non sapeva mai come rivolgersi a quel tizio, aveva un’aria strana e sembrava guardare tutti dall’alto verso il basso. Se non lo avesse visto sorridere e stare con ragazzi tutt’altro che popolari, a parte Minho, avrebbe creduto fosse uno snob fino al midollo.
Gli aveva fatto un cenno col capo prima di entrare nell’aula di musica e poi chiudere la porta, cominciando a parlare e disturbare Jonghyun: da quando quei due erano così amici? Non aveva mai visto Kibum considerare l’altro ragazzo durante il tempo fuori dalla mensa…
Magari sono più uniti di quanto sembrano.
Ed era la loro vita, lui non ci doveva mettere naso.

Arrivato al cancello della scuola, vide Minho appoggiato al muro, una sigaretta tra le labbra ed un’aria assorta.
Ogni volta che lo guardava o che gli capitava di posare gli occhi su quel corpo scolpito, quella faccia da modello e quell’altezza disumana, Jinki si sentiva un completo idiota.
Sentiva il cuore battergli all’impazzata, le mani gli sudavano e la gola seccava all’improvviso; era peggio dei sintomi che leggeva nei romanzetti rosa delle compagne. O i tormenti delle protagoniste di qualche film d’amore di dubbia qualità.
Probabilmente nemmeno andando all’università gli sarebbe passata, sempre che non avesse deciso di andare a vivere al campus e allora ciao ciao sexy vicino Choi.

“Ehi hyung…. Sempre a scuola?”

“Riunione del club di musica, tu?”

“Finito adesso gli allenamenti.”

Aveva annuito, più per abitudine che altro, e si era messo a fissarsi le scarpe spostando il peso del proprio corpo da un piede all’altro. Lo aveva detto che diventava un idiota in presenza del più alto.
Tra l’altro, vedere quelle labbra avvolgere la sigaretta gli stava facendo salire strani pensieri alla testa e quello non era né il luogo, né il momento, di avere una reazione fisica ad un’immagine del genere.

“Facciamo la strada insieme?”

“Sicuro… Sai, un atleta non dovrebbe fumare.”

Ridacchiando, Minho gli avvicinò la sigaretta alle labbra e lo invitò a fare un tiro, il tutto con uno sguardo a dir poco seducente (per la mente di Jinki, ovvio).
Facendo un unico tiro, che finì in una tosse convulsiva, vide il ragazzo più piccolo sogghignare prima di staccarsi dal muro e cominciare a camminare verso casa.

“Nemmeno i bravi ragazzi lo dovrebbero fare~”

3.

Era un giorno di Dicembre quando Minho lo aveva approcciato di nuovo, chiedendogli di uscire con lui ed i suoi amici.
Dovevano andare solamente a fare shopping e poi al cinema, una cosa semplice che avrebbe distratto Jinki dagli studi e dagli imminenti esami. Persino sua madre gli aveva detto che un po’ di divertimento gli avrebbe fatto bene, che mettere il naso all’aria e non in mezzo ai libri, lo avrebbe reso un po’ più felice (non era triste perché doveva studiare, era solo stressato!).
Comunque aveva accettato e adesso si trovava al centro commerciale assieme al vicino di casa, Kim Jonghyun e Kim Kibum, più un altro ragazzino di cui ignorava l’esistenza perché frequentava ancora le medie.

“Ti ho detto che sono due magliette diverse!”

“Ma se cambia solo il colore! Non ha senso prenderle entrambe!”

“Cosa ne vuoi sapere tu? Ti vesti come un dinosauro idiota!”

“EHI!”

Sembrano una coppia di sposati.
E gli stavano facendo perdere tempo prezioso.
Capiva il: “Visto che siamo qua, facciamo shopping”, ma Kibum aveva trascinato tutto il gruppo in ogni negozio che vedeva e nessuno aveva avuto il coraggio di fermarlo, nemmeno Jonghyun – che anzi, gli andava dietro come un cagnolino -. Ma Jinki era stanco e non ne poteva davvero più di vestiti, piercings, scarpe e quant’altro, voleva solamente sedersi e magari evitare di sentire discorsi come: “E’ pesca, non rosa!”.

“Mi dispiace per Kibum, avrei dovuto dirti della sua passione per lo shopping… Ma in quel caso non saresti venuto, eh?”

Minho si era avvicinato a lui, ridacchiando nervosamente. Sembrava essere sul serio dispiaciuto di quello che stava accadendo, oltre che per il fatto di avergli tenuto nascosta una tortura simile (perché vedere Kibum che faceva shopping compulsivo era una tortura).
Nonostante tutto, però, si limitò a scuotere la testa e dire al più piccolo di non preoccuparsi.

“E’ che sta cercando un regalo per Jonghyun e vorrebbe fosse qualcosa che gli piace.”

“Da quando quei due sono così uniti?”

Jinki si stava chiedendo quella stessa cosa da quando, mesi prima, aveva visto Kibum entrare nell’aula di musica mentre Jonghyun componeva.
Era vero che mangiavano assieme durante il pranzo, ma non gli erano mai parsi così intimi, non così tanto da arrivare a prendere un regalo perfetto per Natale. Magari era lui a non aver notato l’affetto e l’affiatamento tra quei due, non era mai stato una persona molto sveglia in quel senso, e poi era probabile che si vedessero fuori dalla scuola eh?
Quando vide Minho scrollare le spalle, capì che nemmeno il vicino sapeva come si era sviluppato quel rapporto.

“So solo che un giorno Kibum è venuto da me a chiedermi il numero di Jonghyun.”

“Uhm?”

“Diceva che si vergognava a chiederlo a hyung perché ha sempre la testa nella musica e non lo avrebbe ascoltato, o qualcosa del genere.”

Il ragazzo più grande buttò uno sguardo verso i due soggetti di quel discorso e ridacchiò nel vedere Kibum arrossire mentre sceglieva una maglia con una tigre disegnata sopra. Jinki l’aveva vista su internet e da quello che aveva capito era abbastanza cara, almeno lui non se la sarebbe mai potuta permettere se non chiedendo un sacco di soldi ai suoi genitori, ma il più piccolo aveva gettato un’occhiata al cantante e poi alla maglia, morsicandosi il labbro.
Probabilmente gli prenderà quella come regalo.

“Dopo andiamo sul serio al cinema, non ti ho detto una bugia per farti uscire di casa.”

“Però mi hai nascosto l’amore di Kibum-ah per lo shopping~”

Minho aveva abbozzato un sorriso sistemandosi i capelli neri, fermandoli con le stecchette degli occhiali che aveva indossato prima di entrare nel centro commerciale.
Jinki continuava ad osservarlo e più lo faceva, più si chiedeva come mai volesse sempre più spesso uscire con lui o perché volesse fare la strada di casa con lui. In quel periodo lo aveva aspettato fuori dalla scuola svariate volte ed il ragazzo più grande non ne capiva proprio il motivo; non erano mai stati grandi amici, avevano un rapporto normalissimo, quindi perché?
Forse il più alto voleva farlo divertire un po’ prima dell’università e non aveva nessun’altra mira, non poteva essere interessato a lui, vero?

“Non ne posso più! Tutti i negozi sono suoi, perché non mi hai detto che sarebbe stata una tortura, eh Keroro!?”

Jonghyun li aveva raggiunti, le borse di Kibum in entrambe le mani, e con aria inferocita si era messo seduto sulla panchina.
Jinki lo aveva seguito a gli aveva accarezzato la testa come si faceva coi bambini, anche lui non era felice di stare ad aspettare i comodi di uno shopaholic, ma adesso sapeva che lo stava facendo per trovare il regalo adatto a quel dinosauro e la cosa gli faceva tenerezza.
Certo, Minho l’avrebbe comunque pagata prima o poi, tenere nascosto un fatto del genere era grave, ma per il momento poteva mettere da parte gli istinti omicida che provava.

“Andiamo, non è così male!”

“Non è così male? Mi ha mollato le sue borse! Cosa sono, il suo fattorino!?”

Passarono un paio d’ore dalla sfuriata di Jonghyun, Kibum alla fine aveva trovato il regalo per l’amico ed aveva smesso di entrare in ogni negozio che vedeva, o di affacciarsi ad ogni vetrina che lo chiamava. Erano potuti andare al cinema e Taemin aveva deciso di mettersi in fondo alla fila per non dividere le coppiette, che ovviamente erano solo nella sua testa di bambino.
Dubitava che Kibum e Jonghyun fossero una coppia, anche se si comportavano come tale, e di sicuro non lo erano lui e Minho….

“Visto? Alla fine siamo arrivati sul serio al cinema.”

Minho aveva ridacchiato dopo quella frase, gli sembrava parecchio a disagio nello stare vicino a lui (perché non poteva avere quella reazione nello stare accanto a Jonghyun, giusto? Erano amici loro due) e, probabilmente, si era pentito di averlo invitato.
Era ovvio, chi voleva prendere in giro?
Lee Jinki aveva amici tra i più intelligenti della scuola, aveva amici già all’università o in militare, ma non era di certo la persona più adatta a frequentare i ragazzi più popolari che conosceva. Beh, almeno non lo prendevano in giro come succedeva nei film, era pur sempre un passo avanti per l’umanità.

“Se vuoi posso cambiare posto con Taemin-goon.”

“Cosa, perché?”

L’espressione di puro stupore nella faccia del più piccolo gli fece alzare un sopracciglio: non era per quello che ridacchiava imbarazzato? Eppure Jinki percepiva qualcosa di strano provenire dal gigante Choi, anche se non riusciva a capire cosa.
Aveva pensato fosse il posto in quella sala, ma alla proposta di cedere il seggiolino ad un amico dell’altro, lui aveva guardato come fosse un pazzo.

“Beh, sembri nervoso e ho pensato che…”

“Volete stare in silenzio? Sta iniziando il film!”

La voce di Kibum si era intromessa in quel discorso e le luci iniziarono ad abbassarsi, riducendo la sala ad un grosso buco nero per qualche secondo,
Il film iniziò dopo i classici trailers e pubblicità con idols più o meno famosi. Quando la pellicola cominciò a girare, stavano vedendo un film horror, poté sentire i gridolini di ragazze spaventate e quelli di Kibum che più o meno erano uguali.
Minho aveva gli occhi incollati allo schermo e mangiava avidamente i suoi pop-corn; lo trovava bello anche a quel modo, con i pezzettini di sale che gli adornavano la faccia.

“Minho-ah… Sei sporco di sale.”

“D-dove?”

“Qua…”

Avvicinando una mano alla faccia dell’altro ragazzo, sospirò nel sentire la sua pelle liscia e calda. Era proprio come l’aveva immaginata e come appariva… chissà se faceva uso di qualche crema. No, probabilmente no, il vicino era un ragazzo abbastanza “rude”, se così poteva dire.
Non si accorse subito, nuovamente, che il volto di Minho si era fatto più vicino.
Le loro labbra si stavano per sfiorare e Jinki aveva già iniziato a deglutire nervosamente, oltre che ad avvertire le farfalle nello stomaco ed il cuore scoppiargli nel petto. Si sarebbero baciati davvero se solo Kibum non avesse preso ad urlare, attirando così l’attenzione della gente attorno a loro.

“ ‘Bummie…”

4.

La quarta volta in cui Jinki aveva quasi ricevuto un bacio da Minho era stata durante una festa per la fine del campionato.
Non ricordava molto bene cosa fosse successo quella sera, aveva bevuto decisamente più  del normale e la sua mente, solitamente abbastanza elastica, aveva rimosso tutti i dettagli scabrosi di quella notte (dettagli che comprendevano Jonghyun mezzo nudo sopra a qualcuno che pareva Kibum).
Aveva provato a chiedere in giro, il giorno dopo, ma l’unica cosa che aveva ottenuto dagli altri invitati era stato un: “Ci dai dentro da ubriaco!” che lo aveva portato ad aver paura.
Poteva aver messo incinta qualche ragazza che nemmeno conosceva, oppure aveva potuto dare mostra di sé e della sua stupidità ballando nudo su un tavolo.
Per sua fortuna però, Jonghyun gli aveva assicurato che non si era spogliato, né se n’era andato con qualche ragazza.

“Però tu eri mezzo nudo sopra Kibum-ah, vero?”

“B-beh… ero ubriaco?”


Chi non montava sopra un amico da ubriaco? E per aumentare il divertimento, chi non si spogliava e si lasciava prendere a morsi?
Era una cosa del tutto normale tra amici, come no!
Ovviamente non gli aveva creduto, ma Jinki si faceva spesso gli affari suoi e non aveva indagato oltre. Eventualmente gli avrebbe raccontato tutto Jonghyun.

Del quasi bacio con Minho, comunque, lo aveva saputo da Kibum durante l’ora di pranzo.
Inquietantemente erano rimasti solo loro due, il più piccolo che infilzava le bacchette nella sua porzione di riso e lui che si mangiava il suo tanto adorato pollo (che sua madre aveva tagliato con le proprie manine da macellaia).

“Vi ho visti andare sul balcone e poi Minho deve aver usato una frase ad effetto tipo: “I tuoi occhi sono come rugiade” perché tu sei scoppiato a ridere e quasi cadevi di sotto.”

“Cosa?”

“Uhm, nell’afferrarti  le vostre labbra si sono sfiorate.”


E lui non ricordava niente di tutto quello.
Non la frase assurda di Minho, né l’essere quasi caduto dal balcone… Niente di niente.
Per quello che ne sapeva, Kibum poteva essersi inventato tutto per vendetta, in fondo lui aveva interrotto la sua “esplorazione in amicizia” del corpo di Jonghyun.
Alla fine i suoi dubbi e la sua incredulità furono dissolti dall’ammissione di Choi Minho. Aveva confermato la versione di Kibum dicendogli che la frase non era stata proprio quella ma che, indubbiamente, stava cadendo di sotto e nel tenerlo a sé aveva sfiorato l’angolo della sua bocca.

“Non mi approfitto degli ubriachi…”

“Chissà cosa voleva dire…”

5.

“Che te ne pare, hyung?”

“Una canzone d’amore, eh?”

Jonghyun era arrossito mentre strimpellava la sua chitarra, che adesso aveva una specie di disegno su un lato.
Il ragazzo aveva pregato Jinki di ascoltare in anteprima il brano che aveva intenzione di portare al festival della scuola, lo aveva praticamente guardato con quegli occhi da cucciolo sperduto e lui non aveva avuto il coraggio di dirgli che aveva da fare. In fondo era stato proprio Jinki a dirgli di comporre qualcosa per quell’evento.
Comunque si aspettava tutto tranne che una canzone del genere.
Non che non sapesse bene che genere di brani scrivesse Jonghyun, ma in quelle parole era impressa tutta l’anima del più giovane e si capiva benissimo  che era dedicata ad una persona in particolare.

“Sono sicuro che Kibum apprezzerà.”

“C-cosa? Che c’entra Kibum? Noi due siamo solo amici…”

Scuotendo la testa divertito, si piegò all’altezza della chitarra e gli indicò il disegno presente su di essa. Era ovviamente opera di Kim Kibum, solamente lui poteva firmarsi “Almighty Key” e solo lui poteva continuare a vivere dopo aver toccato la chitarra di Jonghyun.

“Non lo hai ucciso per aver deturpato la tua chitarra, se non è amore questo.”

“Guardi troppi film…”

“Parla quello che scrive canzoni d’amore. Non c’è niente di male Jonghyun, in più vi ho visti mentre… insomma…”

“Ero ubriaco!”

Era la scusa che usava dal giorno della festa e Jinki si divertiva ogni volta che la tirava fuori.
Era assurdo vedere come l’altro cercasse di negare l’evidenza, come tentasse in tutti i modi di convincersi che tra lui e Kibum c’era soltanto una semplice amicizia; alla fine sopra all’amico c’era stato, come poteva fare finta di nulla?
In più arrossiva quando parlavano tra loro e, in generale, Kim Jonghyun diventava un idiota in presenza di Kibum… Un po’ come accadeva a lui quando vedeva Minho.

“Comunque la canzone è davvero bella, quindi non ti preoccupare.”

“Sei sicuro che gli piacerà?”

Ah, lo sapevo che era per un lui!
Annuendo gli diede una pacca sulla spalla prima di raccogliere la sua roba e sospirare: doveva tornare a casa prima quella sera. I suoi genitori erano fuori città per una piccola vacanza e lui se ne sarebbe dovuto stare tutto solo e la cosa non gli piaceva nemmeno un po’.
Odiava stare da solo durante la cena, gli metteva tristezza e gli ricordava quanto avesse voluto avere un fratello minore o almeno un animale con cui passare del tempo.

“Torni già a casa?”

“Sì, i miei sono fuori casa e…”

Si morse leggermente un labbro per evitare di chiedere in ginocchio a Jonghyun di fargli compagnia. Non voleva umiliarsi a quel modo, non avrebbe nemmeno fatto una bella figura col suo dongsaeng, vero? Considerando quanto Jonghyun adorasse prendere in giro la gente, indifferentemente dal fatto che quella persona fosse più grande di lui o più piccola; era un tratto carino dell’altro comunque.


Era arrivato a casa da un paio di minuti quando aveva sentito il campanello suonare. Quel “Diiing dooong” lo aveva preso talmente tanto alla sprovvista che quasi aveva fatto cadere la padella che aveva tirato fuori per farsi qualcosa da mangiare, chi diavolo poteva essere?
Qualcuno per i suoi genitori lo escludeva, chiunque sapeva che sarebbero partiti in quel periodo, e sperava davvero che non fosse sua nonna andata a controllarlo (ogni volta gli chiedeva se mangiava abbastanza, se dormiva abbastanza… era ABBASTANZA noioso).
Posando la padella sul fornello, corse alla porta continuando a sperare che non fosse nessun parente e, una volta aperta la porta, si ritrovò la figura slanciata di Choi Minho.

“Minho-ah, hai bisogno di qualcosa?”

“Posso stare con te stasera? I miei non ci sono e mio fratello ha deciso di dare una festa.”

Minseok era decisamente più festaiolo di Minho ed ogni volta che i signori Choi lasciavano la casa per qualche motivo, il più grande dei figli si prendeva la briga di organizzare festini di vario genere. Una volta ricordava di essere passato da loro per chiedere dello zucchero ed aveva notato un sacco di gente accalcata in salotto mentre Minho sbuffava e cercava di salvare i mobili presenti.

“Sicuro, ricordo l’unica volta che ho assistito ad una festa di tuo fratello… Sembravano delle scimmie.”

Il più piccolo aveva ridacchiato mentre chiedeva il permesso di entrare in casa, permesso che non tardò ad arrivare, e poi gli fece notare l’assenza dei genitori.
Jinki gli spiegò brevemente che se n’erano andati a fare un viaggetto e che lo avevano lasciato solo senza niente di congelato da poter cucinare. Sarebbe potuto uscire lui ed andare al supermercato, ma aveva da studiare ed i preparativi per il festival della scuola, non aveva tempo per andare a fare la spesa!

“Devi ancora cenare, vero?”

“Uhm, anche tu?”

Minho annuì e poi si diresse in cucina, controllando le cose che aveva tirato fuori il più grande.
Sembrava vivere in quella casa da tutta una vita, si muoveva come niente fosse e dopo poco andò a controllare il frigorifero mentre faceva mente locale di quello che Jinki aveva appoggiato sul tavolo.
Tirò fuori un sacco di cose e ne riposò altrettante da quelle che erano già fuori: aveva intenzione di cucinare lui per caso?

“Ti preparo io una bella cenetta~”

Cenarono tranquillamente, parlando della scuola, di musica, di quello che avrebbero fatto una volta finiti gli esami.
Minho gli aveva detto che una volta arrivata l’estate avrebbe voluto passare tutto il tempo al mare o in piscina con gli amici, lontano dai libri preferibilmente.

“Almeno tu non devi studiare anche l’estate… Se non riesco a passare l’esame dell’università…”

La sola idea di doverci riprovare una seconda volta perché la prima non era andata, lo terrorizzava.
Non era pronto psicologicamente a quell’eventualità, il fallimento non era calcolato e lui stava cercando in tutti i modi di prepararsi al meglio proprio per evitare di entrare un anno dopo all’ateneo che aveva scelto. Chi avrebbe retto di nuovo tutta quella pressione?
E cosa avrebbe fatto, in caso di fallimento, per tutto quel lasso di tempo?
Jinki era stato talmente impegnato a studiare e studiare, che non aveva nemmeno preso in considerazione di trovarsi un lavoro.

“Andrà tutto bene hyung, sei troppo agitato per gli esami.”

“E’ il mio futuro, è normale che sia agitato.”

Il più piccolo aveva buttato la testa all’indietro, erano seduti sul divano a guardare un po’ di tv mentre la musica che proveniva da casa Choi stava rimbombando per tutto il vicinato. Qualcuno avrebbe chiamato la polizia se Minseok non avesse abbassato la musica, ma a Minho non sembrava interessare minimamente, anzi, guardava verso casa proprio con un’aria rassegnata.
Tirando fuori un pacchetto di sigarette, si avvicinò alla finestra per evitare che il fumo impregnasse il soggiorno e l’accese prima di portarsela tra le labbra.
Jinki aveva osservato tutti i suoi movimenti e ricordò di quando aveva fatto un tiro baciando indirettamente l’altro ragazzo.

“Non ho mai capito il tuo volerti isolare dagli altri, sai?”

“Non mi isolo…”

Non mi piace uscire quando devo studiare, è normale no?
Perché nessuno riusciva a capire quella cosa? Era semplice!
Jinki doveva studiare ed era un ragazzo diligente, i suoi genitori gli aveva insegnato così, gli avevano dato il valore della cultura e lui non aveva fatto altro che seguirlo e pretendere sempre il meglio da se stesso. Per uno come Minho era ovvio fosse strano, lui non si impegnava a scuola (esattamente come Jonghyun) e quell’anno avrebbe dovuto recuperare le materie frequentando un bel corso estivo, quindi il mare se lo poteva anche scordare.
Il più grande non capiva il punto di non impegnarsi ed ignorare il fatto di poter perdere l’anno, tanto dovevi comunque studiare, quindi perché fare il cazzone?

“Sei sempre su quei libri però, a parte quando canti.”

“Mi piace studiare, credo sia meglio impegnarsi e passare l’anno senza problemi piuttosto che recuperare tutto all’ultimo.”

“Però fai solo quello.”

“Non faccio solo quello, ho anche degli hobbies!”

Si era messo sulla difensiva, lo si poteva capire dal fatto che stesse tenendo un braccio al petto come ad indicarsi, come a far capire a quell’arrogante di un vicino che anche lui si divertiva come tutti gli altri!
Non pensava solamente ai libri ed aveva un sacco di cose con cui tenersi occupato quando non studiava, per esempio la musica, o fantasticare su di lui… ma questo non glielo avrebbe mai detto per ovvie ragioni.
Mentre lui si agitava per difendersi dal suo attacco, Minho aveva ridacchiato continuando a fumare; lo stava prendendo in giro per caso? Credeva di poter giudicare il suo modo di vivere e di farlo con quel bel ghigno che gli solcava le labbra?

“Sei divertente hyung.”

“Cosa vorresti dire?”

Ma perché non riusciva a capire mai quello che gli stava dicendo? Era anche vero che Minho sembrava parlare ad indovinelli o a frasi a casaccio, quindi come doveva interpretare quella cosa?
Come un complimento o come un insulto?
Quella confusione che provava era la stessa che lo aveva pervaso dopo il chiarimento della festa, perché il più piccolo sembrava così… mistico?
Misterioso?
Irrisolvibile come il Sudoku?
Jinki era il tipo di persona che non leggeva mai tra le righe, che non arrivava a captare messaggi segreti od indizi, anche per quello non aveva mai capito che la piccola SunYe avesse una cotta per lui alle medie, e per quello preferiva i discorsi diretti.
Preferiva che qualcuno gli dicesse: “Ehi, mi piaci”, piuttosto che: “Potrei uscire con te, ma non so… gli alieni..”.

“Niente, solo che dovresti lasciarti andare un po’ di più…”

E con quello aveva spento la sua dannata sigaretta e si era allontanato dalla finestra, richiudendola con cura.
Choi Minho era davvero strano, non riusciva ad identificare tutti i tratti del suo carattere: quando credeva di arrivare ad una conclusione, il più piccolo lo sorprendeva sempre.
Ai più pareva un ragazzo snob e silenzioso, uno a cui interessava solamente giocare a calcio ed avere popolarità a scuola, mentre per Jinki era una persona timida, abbastanza chiusa e decisamente troppo competitiva.
Aveva così tante sfaccettature dentro di sé che avrebbe potuto paragonarlo ad un diamante, o ad una matrioska (perché pensare al diamante lo rendeva stupido).
In compagnia di Jonghyun, però, si comportava in maniera stupida, infantile avrebbe osato dire, e forse era colpa del dinosauro.

“Sembra che hyung non abbia intenzione di mandare via i suoi amici, posso usare il tuo divano per questa notte?”

“Uhm, sicuro, non è molto comodo ma…”

Perché diavolo devo sempre sembrare uno sfigato quando parlo con lui?
Il fatto che avesse una cotta per il vicino, che lo stava guardando con un’intensità strana, non lo aiutava per niente a rimanere calmo e composto.
Chissà come aveva fatto Jonghyun a non farsi tutti quei problemi e a buttarsi su Kibum…
Ah già, era ubriaco.

“Hyung?”

“S-scusa, ti vado a prendere delle coperte eh!”

Mentre stava per correre a recuperare delle lenzuola per Minho, mica poteva farlo dormire sul serio sulla pelle del divano, mise male un piede e scivolò per terra.
Era già pronto per battere il sedere sul pavimento e così fare una pessima figura davanti al più piccolo, ma due braccia muscolose lo afferrarono al volo stringendolo leggermente.

“Stai bene?”

“S-sì…”

Anche se si sentiva andare a fuoco ed avere le dita di Minho arpionate al suo corpo non lo faceva respirare.
Buttò uno sguardo sul volto dell’altro ragazzo e lo vide abbozzare un sorriso mentre lo aiutava a rimettersi in piedi, gli stava pure sistemando la maglia che aveva stropicciato nell’afferrarlo e salvarlo dal bacio col pavimento crudele.
Doveva ammettere che il più giovane aveva un bel sorriso, gli rendeva il volto tenero e bambinesco, cosa che andava in totale contrasto con la sua natura silenziosa e matura. Gli piaceva anche per quello, vero? Per la dualità che si nascondeva dentro, e fuori, quell’involucro di carne.

Come quella volta al cinema, o davanti al cancello di casa Lee, Jinki si ritrovò a pochi centimetri dal volto di Minho. Da quella distanza poteva studiare tutti i suoi pori ed accorgersi dei piccoli segni che solcavano quella pelle altrimenti liscia e perfetta e, se fosse accaduto in un altro momento, si sarebbe messo ad unire quei punti mentalmente.
L’altro lo guardava, un’espressione seria, e gli prese il polso per avvicinarlo ancora di più a sé. Aveva già chiuso gli occhi, le volte precedenti non gli avevano insegnato proprio nulla, in attesa di un tocco di labbra che non arrivò mai. Non arrivò per un semplice motivo: a casa dei Choi era arrivata la polizia.

6.

Mentre la voce di Jonghyun stava riscaldando il cuore di tutti i presenti nell’auditorium, Jinki era impegnato ad accarezzarsi i capelli.
Li aveva tagliati e li aveva colorati di castano e qualche ciocca ancora più chiara tendente al biondo, la fronte era coperta da una frangia ed il tutto dava una luce diversa al suo volto. Avrebbe voluto tenersi la sua capigliatura da bravo ragazzo ancora per un po’, ma Minho aveva insistito e lo aveva trascinato con sé da un amico, il risultato di quella bravata era sotto gli occhi di tutti adesso.

“Ma non posso tagliarmi i capelli! Ho la cerimonia del diploma tra qualche giorno e…”

“Appunto, ormai ce l’hai fatta, no? Non sei costretto a seguire le regole fino alla fine.”


Così gli aveva dato ascolto e dallo studioso Lee Jinki era diventato il “ribelle” Lee Jinki.
Sua madre aveva detto che quei capelli gli stavano davvero bene, che forse avrebbe dovuto tagliargli fin da subito e che all’università avrebbe fatto stragi di cuori (certo, in quale universo parallelo?). Comunque, forse per i complimenti di sua madre e lo sguardo d’approvazione del padre, Jinki non si era immediatamente pentito di aver fatto quel passo azzardato; almeno a casa si erano complimentati con lui e la sua sicurezza aveva fatto un passo avanti, ma a scuola…
… a scuola lo guardavano tutti in modo diverso, anche adesso!
Avrebbero dovuto ascoltare la canzone di Jonghyun, magari ammirarlo perché vestito a quel modo, jeans attillati sotto una camicia bianca ed una giacca scura, non si era mai presentato a scuola. In più stava suonando il pianoforte e non la chitarra.
Avrà pensato fosse più romantico.
A quel pensiero, cercò con la testa Kibum e lo vide poco lontano da sé, il cellulare in mano puntato verso il palco. Aveva una faccia contenta e qualcosa gli stava dicendo che apprezzava quell’esibizione anche fin troppo.

“Alla fine l’ha scritta per lui, sarei contento pure io…”

Se solo qualcuno gli avesse dedicato qualcosa, qualunque cosa sarebbe andata bene.
In verità il suo sogno era quello di vedere segnare Minho, vederlo correre verso gli spalti con un dito alzato ad indicare proprio lui, Lee Jinki, ed infine sapere che quel goal era dedicato a lui. Solamente a lui.
In quei mesi non aveva fatto altro che uscire col più piccolo, non era mai successo in anni di conoscenza e, sinceramente, si era sentito fin da subito confuso. Che motivo aveva uno come Choi Minho per chiedere insistentemente ad uno come lui di uscire o di fare la strada di casa insieme?
Kibum una volta si era intromesso nel discorso, senza che Jinki gli chiedesse niente, e gli aveva detto che probabilmente il gigante Choi aveva una cotta per lui o qualcosa del genere; ovviamente non ci aveva creduto e si era alzato dal tavolo senza nemmeno finire il suo pollo.
In nessun modo gli interesso, si comporta solo da buon vicino.
Perché un buon vicino provava a baciarti cinque volte, vero?
Quella era la cosa che non gli tornava, se Minho non lo avesse trovato un minimo attraente non avrebbe cercato un contatto con lui, no?
Anche se Il fatto che non ci fosse mai riuscito, a baciarlo davvero, gli faceva credere che la sua cotta rimaneva comunque a senso unico.

L’esibizione di Jonghyun finì dopo qualche minuto, in cui il più grande si era perso nelle immagini di Minho e di quello che stava accadendo tra di loro, e tutta la gente presente in sala si alzò per applaudire il nuovo talento del club di musica.
Non era invidioso di quel passaggio di nomina, in fin dei conti lui stava chiudendo del tutto con la strada dell’artista e la musica sarebbe rimasta solamente un hobby, come la pesca o altre cose che gli piacevano. In più Jonghyun era davvero bravo e lui aveva intenzione di campare di testi e note, quindi si meritava tutta quella acclamazione, anche per evitare di buttarsi giù e cambiare idea (con i voti che aveva quell’anno, non sarebbe andato molto lontano se non avesse provato a sfondare con la musica).
Uscì dall’auditorium con gli sguardi della gente addosso e non ne capiva il motivo, davvero i suoi capelli attiravano così tanto l’attenzione?

“Ehi hyung, vai già via?”

“Oh, Minho-ah… P-pensavo di tornare a casa prima perché devo fare i bagagli.”

Alla fine aveva deciso di andare a vivere al campus dell’università, sarebbe stato più facile seguire le lezioni e non perderle a causa della metro o di altri mezzi pubblici. Jinki prendeva molto seriamente la sua carriera scolastica e non amava quando qualcosa si metteva nel mezzo, anche per quello aveva temuto che la strana amicizia con Minho e gli altri potesse rovinare i suoi piani; si era distratto parecchio in quell’ultimo anno, si era persino tinto i capelli alla fine della scuola!
Se fossero stati in altri tempi, o se lui avesse avuto una mentalità chiusa, avrebbe pensato che il più piccolo esercitava una pessima influenza su di lui.

“Quindi alla fine vai a vivere al campus?”

“Uhm, è la soluzione più logica per evitare di arrivare in ritardo alle lezioni e cose così…”

L’espressione del più piccolo era illeggibile, almeno per lui.
Non sembrava né felice, né tantomeno triste di non poterlo vedere tutti i giorni, e la cosa lo innervosiva parecchio; non erano amici adesso?
Avevano passato tutto l’anno insieme praticamente, anche a scuola, quindi perché in quel momento pareva indifferente alla sua partenza?
Non si sentiva nemmeno un po’ triste?
Non gli interessava davvero nulla di lui? Nonostante tutti quei mezzi baci… Era tutto nella sua testa, eh? Lo doveva sospettare, uno come Choi Minho non era tipo da confondersi con uno come Lee Jinki.

“Ti accompagno a casa, posso?”

“Non rimani a festeggiare il successo di Jonghyun?”

Il ragazzo scosse la testa buttando un’occhiata alla postazione di Jonghyun. Era ancora sul palco, i professori che si complimentavano con lui e qualcuno vestito elegantemente che gli stringeva la mano con forza; chissà chi diavolo era, da come si poneva pareva tanto una persona importante.

“Non credo farà molto caso alla mia assenza, non credi? E poi voglio portarti a vedere una cosa, è da un po’ che ci penso ma… ma tu sei sempre stato impegnato con lo studio.”

Jinki alzò un sopracciglio a quella frase, dove voleva portarlo? Già solo il fatto che volesse portarlo da qualche parte - magari il suo posto segreto? – lo lasciava parecchio sorpreso, sapere che stava pensando a quella cosa da un po’, non faceva altro che aumentare il suo sbigottimento.
Non si sarebbe mai abituato al comportamento di Minho, a volte lo vedeva preso dalla sua compagnia ma altre…. Altre lo ignorava bellamente e non lo degnava nemmeno di un saluto, come se non lo sopportasse.

Sospirando, abbassò lo sguardo per un attimo prima di acconsentire ad uscire con lui. Non poteva essere così tremendo accontentarlo, giusto? In fin dei conti voleva solamente portarlo a fare un giro, forse voleva parlargli perché aveva bisogno di un consiglio; delle volte si era confidato con lui, rivelandogli le preoccupazioni che aveva.
I suoi sogni e tutto quello che avrebbe voluto fare davvero.

“E’ un bel posto hyung!”

Il più grande abbozzò un sorriso, l’ultima volta che Minho gli aveva assicurato qualcosa lui era finito coi capelli tinti. Ma come poteva rifiutare qualcosa al più piccolo? Era impossibile considerando la sua immensa cotta per lui, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di stare ancora un po’ in sua compagnia, in fondo si sarebbe trasferito presto ed avrebbe avuto tutto il tempo per dimenticarlo.

Presero i mezzi pubblici per arrivare nel posto che il gigante Choi voleva mostrargli, essendo primavera l’aria era tiepida e a Jinki non dava fastidio starsene in giro senza sapere quale fosse la propria metà, cosa che invece detestava in inverno.
Il tenue calore del sole lo rilassava, dopo mesi passati sui libri e con la luce artificiale della sua fedele lampada, sentire quei raggi dorati che gli baciavano il viso lo facevano sorridere (era sempre stato un tipo volubile col tempo, non ai livelli di un meteoropatico comunque).
Quando Minho gli fece segno di seguirlo, si ritrovò davanti ad una scalinata, una di quelle che aveva visto sempre e solo alla tv: erano davanti ad un tempio, vero?
Che ci facevano là?

“Un tempio?”

“Sì, un tempio. Devi sempre fare domande?”

Il suo tono non era arrabbiato, per quanto non sembrasse nemmeno divertito, probabilmente si stava semplicemente chiedendo perché volesse sapere sempre tutto, eh?
Scosse la testa in attesa di una spiegazione, voleva solamente che gli spiegasse come mai erano andati proprio ad un tempio, insomma, lui non doveva pregare e non c’era nessuna festività nelle vicinanze.

“E’ un tempio famoso per i suoi ciliegi e per il tè, ma volevo mostrarti solamente i ciliegi.”

E chi ce lo faceva il rude Choi Minho come uno a cui piacevano i ciliegi?
Uno strano rossore aveva colorato le guance dell’altro ragazzo e Jinki aveva abbozzato un sorriso contento, era una delle rare volte in cui lo vedeva in imbarazzo e quello lo faceva sciogliere dentro. Era come se il lato timido del più piccolo usciva solamente con lui, almeno nella sua testa.

“Andiamo allora, eh?”

Lo prese per un braccio e lo trascinò verso l’entrata del tempio. Minho non aveva opposto resistenza, anzi, si era lasciato trasportare da Jinki iniziando a dargli le indicazioni per raggiungere il viale con i ciliegi.
I ciliegi sono romantici, eh? Se solo gli piacessi davvero e non come un amico…
A quel punto avrebbe già iniziato a pensare a svariati baci sotto le foglie rosa dei ciliegi, magari qualcuna di esse che cadeva sopra le loro teste dando al tutto un’atmosfera ancora più romantica. E poi i violini e le campanelle e gli uccellini che cinguettavano… ok, stava decisamente esagerando in quel momento.

“E’ davvero stupendo, Minho.”

I suoi occhi stavano vagando per tutto il paesaggio di fronte a sé: i ciliegi facevano da contorno ad un bellissimo parco curato. Il viale era formato da pietre grandi e lisce, disposte in verticale, di colore rosa che riprendevano gli alberi tutto attorno.
C’erano gli uccellini, come nella sua mente, e canticchiavano felici mentre gironzolavano per aria: non aveva mai visto qualcosa di così bello in tutta la sua vita. Beh, a parte Minho.

“Jinki-hyung…”

“Uhm?”

Jinki si era voltato immediatamente verso Minho, lo aveva chiamato con un tono di voce così fievole che aveva pensato volesse dirgli qualcosa di importante.
Rimase sconvolto quando, invece di un discorso su quanto gli sarebbe mancato (o su quanto volesse giocare a calcio da professionista), le labbra del più piccolo si scontrarono con le proprie.
Era stato un attimo, attimo in cui il mondo si era fermato e la sua mente aveva smesso di funzionare, ma le sensazioni che aveva provato erano state più che forti; praticamente si sentiva come un uragano in testa, nel corpo.
Aveva creduto che dopo quel semplice sfioramento, andato a buon punto almeno stavolta, non sarebbe arrivato altro – in fondo credeva ancora di non interessare a Minho- ma si era sbagliato: le labbra dell’altro ragazzo si erano chiuse nuovamente sulle sue.
Sentì il labbro inferiore venire bagnato dalla punta della lingua del più alto ed arrossì immediatamente. Aprì la bocca piano piano, chiudendo gli occhi per evitare di osservare tutto quello che stava succedendo ed anche per non far credere a Minho che quel bacio non gli interessasse, e quella lingua cominciò ad invaderlo.
Sta succedendo per davvero?
Era una cosa talmente bella che faticava a crederci.

Si stavano baciando sul serio e lo stavano facendo con passione, qualcosa che Jinki non aveva mai creduto di possedere, e si erano persino ritrovati sotto un ciliegio (sì, come la visione che aveva avuto mentre saliva la scalinata). Mancavano solamente le campanelle e gli uccellini, poi sarebbe stato tutto come aveva immaginato!

“C-che vuol dire?”

“Era da un po’ di tempo che lo volevo fare… Insomma, non erano evidenti tutti quei segnali?”

“No? Voglio dire… forse per qualcuno di sveglio sì.”

Si era appena dato del cretino da solo, ma non gli importava perché lui non aveva davvero recepito nessun segnale da Minho. Va bene, c’erano state quelle cinque volte in cui si erano quasi baciati, in una era persino ubriaco, ma non voleva dire niente se non c’era mai stato un vero bacio alla fine. Quindi sì, per lui era stato più facile pensare che il più piccolo volesse giocare  piuttosto che credere che avesse una cotta sul serio.

“Visto che devi partire, volevo solo darti un motivo per uscire dal campus di tanto in tanto.”

Minho aveva ghignato dopo quella frase, mentre Jinki aveva roteato gli occhi e lo aveva spinto a sé facendo aderire i loro corpi, poi si era chinato nuovamente sul suo volto osservandolo con uno sguardo dolce. Era ancora più bello visto così da vicino, quel ragazzo aveva un fascino tutto suo e Jinki si sentiva sempre morire quando lo vedeva o lo aveva vicino, anche se averlo ancora più vicino lo avrebbe portato alla morte.

“Uhm, potrei pensarci… dipende da cosa hai da offrirmi.”

Sorridendo, il più grande chiuse lo spazio che lo divideva dall’altro ragazzo e catturò le sue labbra in un altro bacio.
Alla fine quell’anno non era stato poi tanto male, nonostante fosse uscito durante il periodo di esami, nonostante si fosse tinto i capelli… Era stato divertente venire messo sulla “cattiva” strada dal più piccolo, no? Aveva ottenuto un bacio dopo svariati tentativi.
   
 
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