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Autore: Emily Alexandre    05/07/2012    4 recensioni
Un castello da conquistare, un cavaliere senza nome e una dama che conosce il suo destino.
"Il momento era giunto, il nome sarebbe stato rivelato e il destino di Camelot si sarebbe compiuto e lei era ricorsa a tutte le arti magiche che conosceva per far sì che egli fosse protetto. Il suo bambino, la sua gloria. Avrebbe voluto fermare il tempo, impedire lo svolgersi degli eventi ed evitare a tutti quel dolore: ad Artù, il buon re Artù che aveva messo la fratellanza dei cavalieri al di sopra di qualsiasi altro valore, a Ginevra, che era altezzosa, sì, ma che amava profondamente il suo re, e al cavaliere senza nome, che non si sarebbe mai perdonato."
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lancillotto | Coppie: Nimue/Viviana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Camelot'
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The Nameless Knight

 

  Era fresca l’aria, quella mattina; l’inverno era ormai alle loro spalle e la fanciulla ammirava dall’alto il castello, mentre il vento le faceva volteggiare l’abito attorno alle gambe. La conoscenza era un dono prezioso, ma sul suo cuore pesava come un fardello insopportabile: non vi era nulla che lei non potesse vedere, nessun passato che non conoscesse, nessun presente ignoto, nessun futuro insondabile.
Camelot appariva così quieta ai suoi piedi, così lascivamente persa nelle attività quotidiane, così armonica da sembrare impossibile da immaginare un futuro in cui tutto sarebbe stato capovolto, eppure lei sapeva che ciò sarebbe successo. E che sarebbe stata causa sua.
 
Quando il giovane era arrivato da lei, poco più che fanciullo, la Dama l’aveva accolto sotto la sua ala, conscia del ruolo che quel ragazzo dagli occhi blu avrebbe svolto.
-Qual è il tuo nome, cavaliere?- gli aveva domandato.
-Non sono un cavaliere.
-No, ma lo sarai. Qual è il tuo nome, cavaliere?
-Non ho nome, mia signora. Vengo a chiederne uno a voi.
L’aveva istruito, gli aveva assegnato il miglior maestro d’armi, ma non gli aveva mai dato un nome: non era ancora il momento.
 
Ricordava  bene il giorno in cui, dopo averlo vestito del colore del suo casato, il bianco, la Dama l’aveva condotto al cospetto di re Artù, perché il giovane diventasse cavaliere; aveva mantenuto la sua promessa, il fanciullo senza nome era diventato cavaliere e lei, pur non avendovi partecipato, conosceva ogni dettaglio della cerimonia d’investitura. Non passava giorno in cui non usasse il suo dono per assicurarsi che il suo protetto stesse bene, e sorrideva ogni volta che lo vedeva sfoggiare il bianco nelle occasioni ufficiali: lei non dimenticava, ma neppure veniva dimenticata.
Non era trascorso neppure un mese, ma il destino stava per compiersi, il nome stava per essere pronunciato e avrebbe sconvolto le sorti di Camelot e, forse, dell’intera Britannia.
 
-Perché mi state portando da Artù, Dama del Lago?
-Perché è un prode re, e nobile d’animo. So che è la cosa giusta da fare.
-E lì avrò un nome?
-Mio caro ragazzo, un giorno il tuo nome ti sarà rivelato, ma non accelerare i tempi, perché forse, un domani, rimpiangerai quella scoperta.
 
Era coraggioso, il suo giovane cavaliere, ma dopotutto era il motivo per cui l’aveva preso con sé: l’animo leale, il suo coraggio, la sua dedizione… E il paradosso. Lui, il migliore tra tutti, proprio lui sarebbe sprofondato nel baratro della vergogna, trascinando lungo un abisso che l’avrebbe schiacciato, stravolgendo i suoi equilibri e i suoi credo. La Dama sospirò e chiuse gli occhi, lasciando che la sua mente si allontanasse da quei luoghi per arrivare ai piedi di un castello diroccato, le cui mura trasudavano dolore.
Un tempo, quel luogo era conosciuto come la Gioiosa Guardia, e il suo cavaliere stava fermo al suo cospetto, ritto sul cavallo da cui pendevano i tre scudi incantati.
Aveva già incrociato l’ancella che lei gli aveva inviato, aveva ricevuto gli scudi il cui biancore era interrotto solo da bande rosse: una sul primo, due sul secondo, tre sul terzo, e ogni banda rappresentava la forza di un uomo. Il momento era giunto, il nome sarebbe stato rivelato e il destino di Camelot si sarebbe compiuto e lei era ricorsa a tutte le arti magiche che conosceva per far sì che egli fosse protetto. Il suo bambino, la sua gloria. Avrebbe voluto fermare il tempo, impedire lo svolgersi degli eventi ed evitare a tutti quel dolore: ad Artù, il buon re Artù che aveva messo la fratellanza dei cavalieri al di sopra di qualsiasi altro valore, a Ginevra, che era altezzosa, sì, ma che amava profondamente il suo re, e al cavaliere senza nome, che non si sarebbe mai perdonato.
Lo vide osservare le mura della Dolorosa Guardia, come era stata ribattezzata dopo la conquista di Brandus, signore delle Isole; vide i cavalieri uscire per sfidarlo, ridendo di lui, solo in mezzo a loro.
La mano della Dama si strinse sul petto mentre la battaglia infuriava, mentre il suo cavaliere fu più volte sul punto di cadere, mentre cambiava gli scudi ottenendo la forza che lei gli aveva fornito.
Infine, una lacrima le solcò il volto e neppure lei, che tutto sapeva, avrebbe potuto dire se fosse di gioia per la vittoria o di dolore per l’infausto destino, ormai inevitabile. Il suo nome, quel nome tanto caro che ancora doveva essere svelato, sarebbe stato coperto dall’infamia, senza rendersi conto che nessuno avrebbe potuto nulla contro la più potente delle magie, contro il desiderio, contro l’amore… Neppure la lealtà. Neppure l’affetto e il rispetto.
Il cavaliere entrò nella città tra le grida di gioia di chi aveva sopportato le oppressioni dell’invasore per anni, ma non si fermò a festeggiare. Salì la seconda cinta di mura e, accompagnato dall’ancella Saraide, giunse fino al cimitero dove, su una lastra, erano incise queste parole. “Soltanto colui che saprà conquistare la Dolorosa Guardia potrà aprire questa tomba.
La Dama sorrise appena ed aprì gli occhi, decisa a non guardare. Sapeva cosa sarebbe successo, non poteva infliggersi quel dolore.
 
Il cavaliere giunse da lei due giorni dopo, con gli occhi brillanti della gioia di chi ha finalmente scoperto la propria identità, di chi può finalmente ricoprire a cuor leggero il proprio posto nel mondo.
-Dama del Lago, ho aperto la tomba.
-Cosa c’era scritto?- Chiese, pur sapendolo.
-“Qui giacerà Lancillotto del Lago, figlio di re Ban di Benoic.”
La dama annuì. -Qual è il tuo nome, cavaliere?
-Lancillotto.
 


Note: A volte ho bisogno di tornare a casa, di tornare a Camelot, in quei luoghi che sono sempre stati parte della mia vita... La Dama del Lago, Lancillotto, la sensazione di un ineluttabile destino. L'idea di Ginevra e Lancillotto traditori dal cuore di ghiaccio è sempre stata anni luce lontana da me: ho sempre fermamente creduto nel cuore leale del cavaliere e nell'amore della regina verso il marito... Semplicemente, ciò che è successo doveva succedere, ed è l'idea alla base di questa breve storia, in fondo.
Detto questo, non vi annoio, perché lascio che sia la one shot a parlare per me.
Se siete arrivati fin qui, grazie.

   
 
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